Tutto torna (seconda parte)
di
fabioGT
genere
etero
Estate 2018
Tra Andrea e Brenda non si stabilì un rapporto stabile e ufficiale, ma una sorta di surrogato. Sia pure sotto traccia tenendo segreta la loro frequentazione.
Brenda, forte della verde età e di un mare di conoscenze, era libera di andare al letto con chiunque solleticasse il suo estro. Generalmente con coetanei, ma anche con qualche maturo di passaggio. Pure Andrea si riteneva al di fuori di alcun vincolo. Ma nel suo caso, anche per via dei tre decenni in più, preferiva dosare le energie, riservandole esclusivamente per lei. In attesa dell’occasione giusta per zompare sulla madre, che poi era l’obiettivo primario fin da subito.
Parafrasando un paragone calcistico, Brenda era la semifinale di Champions League. Traguardo prestigioso e riservato a pochi, certo, ma Sonia era la finalissima. E portarsela a letto equivaleva a sollevare al cielo la coppa dalle grandi orecchie. E Andrea scendeva in campo per vincere, da sempre. Al punto che, piuttosto che pareggiare, preferiva perdere. Mai accontentarsi, e giocare unicamente all’attacco, qualunque sia la posta in palio.
Intendiamoci, Brenda a letto era una forza della natura, già sufficientemente esperta e provvista di una collezione di curve che solo a guardarle erano più efficaci del Viagra. Non esistevano particolari limiti per lei. Tutto era concesso e tutto lei concedeva. Era capace di filare come un treno senza soste, ma possedeva anche un certo giudizio, specialmente nei momenti in cui Andrea, per forza di cose, aveva bisogno di recuperare le forze profuse. Manco a dirlo, poi, quel seno imponente, sodo, tondo e accessoriato di due meravigliosi capezzoli rosei e perennemente turgidi completava il quadro.
Non se ne stancava mai, e Brenda lo assecondava ben volentieri. Era a sua volta soggiogata e intrigata da quel partner avanti negli anni ma allo stesso tempo giovanile, moderno e al passo con i tempi. Un binomio azzeccato e complementare, quello fra loro due. Peccato solo, almeno per Brenda, che avesse una madre altrettanto valente.
I tempi erano di nuovo maturi per incontrare Sonia una seconda volta, ma Andrea convenne che doveva sembrare frutto del caso. E dopo ponderate riflessioni elaborò un piano semplice e credibile, che verteva su fondamenta scontate. Era il culmine dell’estate, giusto? Quindi che male c’era se 'casualmente' si fosse trovato nel lungomare giusto e al momento giusto, magari con l’inconsapevole complicità di Brenda?
“Dimmi un po’: se io e te ci incontrassimo da qualche parte, per esempio in spiaggia, senza averlo programmato, come ci regoliamo? Fingiamo di non conoscerci?” le aveva chiesto una sera, apparentemente soprappensiero.
“Ma no, perché? Al limite ci salutiamo e discorriamo facendo finta di conoscerci superficialmente. Del resto è improbabile che sarei da sola, quindi dovremo frenare i nostri bassi istinti”, aveva risposto la ragazza, strizzando l’occhio nel pronunciare gli ultimi due termini.
“In genere con chi sei, quando vai al mare?”
“Quasi sempre con mamma. A volte si aggrega qualche amico, ma le più volte ci vado solo con lei.”
Era la risposta che Andrea voleva sentire.
Qualche giorno dopo, in tarda mattinata, entrò in azione.
La calda stagione era all’apice, e come sempre la riviera ligure di ponente era stata presa d’assalto dai turisti. E Andrea, in fin dei conti, era uno di loro. Lungo le spiagge, sia pubbliche che private, non c’era più posto per collocare altri ombrelloni i sedie a sdraio. L’umanità presente era variegata, composta prevalentemente da bagnanti che non provavano alcun imbarazzo a mostrare corpi in evidente sovrappeso, con tanto di pancioni e chiappone larghe e flaccide.
In mezzo a tale festival del colesterolo, Sonia e Brenda parevano provenire da un altro pianeta. Certo, per la verità un po’ di pancetta faceva la sua bella mostra anche in quest’ultima, ma nessuno ci faceva caso, dato che l’occhio cadeva, anzi si 'incollava' su quel mastodontico paio di tettone. E meno male che stavolta aveva rinunciato al topless, sfoderando comunque un bikini ambrato di tutto rispetto. Come del resto aveva fatto Sonia, preferendone uno nero. E a differenza della figlia, la venezuelana non aveva un filo di grasso, sfoderando a sua volta un fisico semplicemente perfetto. Sovrastato per giunta da un seno che solo di poco non eguagliava le dimensioni di quello di Brenda.
Inutile dire che madre e figlia avevano costantemente gli sguardi puntati addosso, ma fingevano di non darci peso. Ma in verità ne erano lusingate. Sentirsi mangiate con gli occhi era una sensazione piacevole e inebriante, ma per darsi un tono, come la prassi imponeva, respingevano con cortese fermezza ogni sorta di approccio da parte di immancabili mosconi. Che presto o tardi davano l’addio ai sogni di gloria allorché capivano che le due ‘non ci stavano’. E in particolar modo con mosconi sconosciuti. Per concedersi a qualcuno Sonia e Brenda dovevano fidarsi ciecamente, altrimenti c’era poco da fare. Sonia in particolar modo, considerando la lunga storia d’amore vissuta in passato.
Per sua fortuna Andrea De Carolis non era esattamente uno sconosciuto, quindi le sue carte poteva giocarsele. E difatti entrò in ballo con l’intenzione di giocarsele tutte. Ma stavolta con Sonia, naturalmente, visto che con la figlia non ne aveva bisogno.
Non aveva l’aspetto di un bagnante. Ma nemmeno di uno che si era trovato per caso a passeggiare lungo il bagnasciuga. Per una volta aveva messo da parte il cappellino Bud’s, sostituendolo con uno azzurro, senza scritte e più leggero, molto pratico in estate. Barba incolta, polo Lacoste blu scura, jeans neri e scarpette di tela. Per il caldo torrido che picchiava in quei giorni si era tenuto pesantino. Fortuna che una piacevole brezza mitigava il gravoso peso dell’afa, almeno sul lungomare.
Non fu per agevole individuare chi cercava tra la calca, e dovette impegnarsi per una buona mezz’ora. Finché la sua costanza venne premiata.
Distese nelle loro sdraio e con occhiali da sole di ordinanza, mamma e figlia arrostivano sotto il solleone con apparente indifferenza verso la varia umanità che le attorniava.
Malgrado l’apparenza, non stavano schiacciando un pisolino, anche se ci stavano provando. Del resto quel giorno si prevedevano temperature oltre i trentacinque, quindi condizioni piuttosto disagevoli per sperare di abbioccarsi.
A un tratto Sonia si accorse che il sole era sparito. Strano, dal momento che nel cielo non si trovava una nuvola neanche a cercarla col lanternino. Per vederci chiaro, e in ogni senso, si sfilò gli occhiali e si avvide che qualcuno si era frapposto tra lei e la nostra stella. Un uomo, pochi dubbi in merito, anche se ne distingueva solo i contorni. Per il resto nulla di più che uno spettro scuro, circonfuso di luminescenza diurna.
Un istante dopo, lo spettro parlò.
“Piccolo il mondo. Tu sei… Sonia, esatto?”
Andrea ricordava benissimo quel nome. Non lo avrebbe mai dimenticato. Ma un minimo di pretattica non guastava.
La donna annuì stranita. Quella voce non le era nuova, ma sul momento non sapeva a quale volto abbinarla.
“Mentre tu sei… Brenda, dico bene?”
La ragazza annuì sorridendo. “Tu invece sei quello dello smartphone ritrovato. Angelo, giusto?” Non si era fatta cogliere impreparata e recitava con realismo la sua parte.
“Andrea”, la corresse lui, ricambiando il sorriso.
“Non lo riconosci, mamma? É quel signore gentile che ha trovato il tuo telefonino sul treno, qualche settimana fa.”
Nell’apprendere l’identità del nuovo arrivato, Sonia ebbe un tuffo al cuore. E il fatto che fosse così esposta, abbronzata e seminuda, la imbarazzò non poco. Eppure era normale essere così poco vestita, dal momento che si trovava in spiaggia, e non a una funzione religiosa. Certo che si ricordava di lui. Persino più di quanto Andrea potesse sperare. Sonia aveva pensato spesso a quell’individuo magnetico e misterioso, pur non confidandosi con Brenda.
“Sì, certo, che piacere. Come mai da queste parti?”
Andrea aveva la risposta pronta. ”Mi sono un po’ stufato di bighellonare nei soliti posti. Sino a oggi non ero mai stato in questa cittadina. La vedevo solo attraverso i finestrini del treno. Così stamani mi sono deciso a farci un salto. E non mi sembra un posticino così male.”
“Vero, ci si trova bene, in effetti. Magari un po’ affollato, ma del resto siamo al top della stagione”, convenne Sonia. Malgrado la sorpresa e il disagio, si era espressa senza tentennamenti. Ma una volta resasi conto dell’inevitabile, e cioè che Andrea le fissava prevalentemente il seno, un formicolio di eccitazione la percorse dalla testa ai piedi.
Per una volta il davanzale di Brenda passava in secondo piano. Ma non del tutto, naturalmente. Ogni tanto Andrea glielo sbirciava con intenzione. La ragazza ne era ben consapevole, e per qualche secondo valutò se fosse il caso di lavarti il reggiseno e rimanere in topless. Ma poi lasciò perdere. Sarebbe stato troppo plateale.
In altri momenti, ma in situazione analoga a quella, Andrea avrebbe mandato il soffitta il suo proverbiale self-control e si sarebbe prodotto in una erezione da record. Ma non in 'quel' momento lì, appunto. L’obiettivo di quella sortita mattutina era di ristabilire i contatti con Sonia, e stavolta il modo permanente. E dal momento che godeva di un’ottima memoria, non esitò a calare una carta che teneva in serbo fin dal giorno del loro primo incontro.
“E poi ammetto che sotto sotto speravo di beccare proprio voi, dal momento che abbiamo lasciato in sospeso un drink al bar… dico bene?”
“Verissimo!” squittì Brenda, cogliendo la palla al balzo, con abbinato sussulto di poppe.
“Certo, naturalmente…” le fece eco la madre, sia pure non molto convinta. ”Del resto mi sento sempre in debito con lei, facendomi risparmiare un mare di seccature ritrovando il mio telefono.”
“Sbaglio o ci davamo del tu?” Andrea lo chiese sfoderando un ghigno da simpatica canaglia quale cercava di apparire. Riuscendovi molto bene, in effetti.
“Hai ragione”, ammise Sonia, calando una mano sulla fronte come visiera, riuscendo così a inquadrarlo meglio. E di nuovo si meravigliò di come potesse sentirsi turbata da un uomo tutto sommato comune, a parte la statura più elevata della media. La risposta forse era nel modo in cui la guardava. Era uno sguardo che implicava apprezzamento, certo, oltre che desiderio libidinoso e la promessa di farla benedire di essere donna. Ma c’era anche altro. Quegli occhi celavano qualcosa. Una sorta di indecifrabile retrogusto, che poteva significare tutto o niente. Oltre che di amare, Andrea era capace di odiare con la medesima intensità? In ogni caso avrebbe voluto urlargli di saltarle addosso, ora, imponendogli di metterle le mani addosso, ovunque, per poi trombarsela selvaggiamente, a più riprese, ancora e ancora, davanti a tutti, nel bel mezzo di una spiaggia assolata.
Ma ovviamente non poteva farlo, anche se quelle brame peccaminose la fecero vistosamente arrossire.
Andrea finse di non accorgersene. ”Oppure, vista l’ora, che ne direste di pranzare insieme? Per me sarebbe un onore avervi come ospiti.”
Madre e figlia si scambiarono occhiate differenti. Brenda, manco a dirlo, aveva accettato ancor prima che Andrea finisse di parlare. Sonia invece era spiazzata. Un invito a pranzo non lo aveva messo in preventivo. Prima di pronunciarsi cercò di rammentare eventuali impegni o cavare banali scuse che giustificassero un diniego, malgrado fosse decisamente tentata. Ma non le sovvenne alcunché. Era una giornata scevra di incombenze, quella, come molte altre lì in riviera.
Al diavolo, ma sì. Male che vada scoprirò di averlo sopravvalutato, e il tutto si scioglierà come neve al sole, pensò.
“D’accordo. Dove ci porti?” concesse infine.
Fu un pranzo leggero e informale, a base di pesce. Il ristorantino sorgeva lungo la spiaggia stessa, a cento metri da dove si era svolto il ‘casuale’ incontro tra i tre.
Non avendo programmato l’evento, Sonia e Brenda non avevano avuto modo di abbigliarsi in maniera consona. Entrambe avevano cercato di fasciare i loro generosi busti con delle t-shirt bianche, abbinate a pantaloncini ridotti, specialmente quello di Brenda. T-shirt che facevano quello che potevano, ma le forme di quei seni straripanti si scorgevano anche a distanza. Con inevitabile e, in alcuni tratti, malcelato compiacimento dello scrittore.
Almeno inizialmente, Sonia era la più imbarazzata. Ma presto si trovò a suo agio grazie allo stesso Andrea. Fra battute spensierate, spesso autoironiche e mai allusive, oltre a un eloquio da perfetto padrone di casa, non la fece pentire di avere accettato l’invito. Inoltre aveva smesso di fissarla come fosse una bestia rara, riuscendo persino a ignorare quel paio di seni così conturbanti, almeno in apparenza. Non era ancora il momento di palesare le sue intenzioni. Attendeva di rimanere solo con la bella venezuelana.
Cosa che avvenne quasi a fine pasto.
“Scusate, torno subito”, annunciò Brenda, alzandosi e dirigendosi alla toilette.
Andrea e Sonia gustarono una fetta di torta gelato alla fragola, e tra loro calò una coltre di silenzio. Che non durò a lungo.
“Veramente in gamba, tua figlia. Certo, non come te, ma quasi.”
Sonia arrossì. ”Grazie”, fu in grado di dire, con un timido sorriso.
“Non avrei dubbi su chi scegliere tra voi due”, incalzò Andrea. Sondava il terreno senza strafare. Sia pure con l’obiettivo di portare a casa la vittoria.
“Ma figurati! Come se non vi conoscessi, voi uomini, specialmente di una certa età come te!” lo rimbeccò lei tra il serio e il faceto. ”Sempre a caccia di carne fresca. Più sono giovani e meglio è. Così vi illudete di sembrare giovani anche voi, ma alla resa dei conti risultate più ridicoli di quello che già siete.”
Andrea scoppiò a ridere, subito imitato dalla sua ospite. Sonia aveva espresso un concetto di cui era convinta, ma aveva smussato gli spigoli con quella risata spontanea.
“Ammetto che quanto affermi non è solo un patetico luogo comune, ahimè. Le più volte è tristemente vero. Ma non in questo caso.”
“Eppure non mi sembri il tipico sfigato che non ha successo con le donne. Scommetto che la tua rubrica telefonica è una specie di harem.”
“Fosse vero. Ma già che siamo in argomento, perdonami un’autodenuncia, Sonia.”
Sonia inarcò un sopracciglio. “Cioè?”
“Be’… Sì, insomma mi sono permesso di salvare il tuo numero, quel giorno in cui ebbi in custodia il tuo telefonino. É stato più forte di me. Ti dispiace? Sincera.”
Sonia soppesò la confessione per qualche momento. Non era del tutto sorpresa, ma era indecisa se presentargli legittime rimostranze, oppure soprassedere. In lontananza si avvide che Brenda stava facendo ritorno dalla toilette, così si affrettò a rispondere.
“No, non mi dispiace.” E non aggiunse altro.
“Ottimo. Perché più tardi mi farò vivo. C’è una cosa che vorrei domandarti. Ma adesso non faccio in tempo. Sta tornando la carne fresca.”
E per la seconda volta in un minuto scoppiarono a ridere all’unisono.
Brenda li raggiunse proprio in quel momento, perplessa da tanta ilarità, ma sorridendo a sua volta. ”Mi sono persa qualcosa?”
Al termine del pranzo le due donne si congedarono baciandolo sulla guancia, con la raccomandazione di mantenersi in contatto. In fondo l’estate era ancora lunga. Dal momento in cui Andrea si era palesato in spiaggia, sino a quello dei saluti, lui e Brenda non erano mai rimasti soli, e quindi non avevano potuto darsi appuntamento. Poco male. Avrebbe rimediato con un sms, e in ogni caso adesso era Sonia la preda da conquistare. Certo, non avrebbe relegato Brenda agli estremi margini, poco ma sicuro. Lo ragazza lo faceva impazzire, e deteneva un corpo da favola, ma Sonia era il top. La Coppa dei Campioni, appunto.
Così attese il calare della sera, senza inviare né ricevere messaggi da Brenda, ai quali comunque non avrebbe risposto subito, e si apprestò a telefonare alla madre. Sperando che in quel momento fosse sola, o almeno non con Brenda.
Gli venne risposto al terzo squillo.
“Ciao, bella mora. Sono Andrea, disturbo?”
“Ciao. No, figurati. Dimmi pure.”
Da uomo di mondo, Andrea indovinò che Sonia era sincera, e che gradiva eccome quella chiamata.
“Hai già cenato? Io non ancora.”
“Sto per farlo. Sto aspettando che Brenda ritorni dal negozietto dietro l’angolo, dove è andata per comprare due cosette. Ti unisci a noi? Il pranzo l’hai offerto tu, mi sembra giusto ripagare.”
Andrea era tentato, ma aveva altri progetti.
“Gentilissima, ma se non sono troppo sfacciato preferirei incontrarti da sola. Magari con calma, dopo che avrete finito. Oggi è sabato, dici che Brenda si precipiterà in discoteca con gli amici?”
“Non sprecherebbe mai un sabato sera. Sarebbe una tragedia.”
“E quindi la mammina resterà sola soletta fino al suo ritorno, chissà a quale ora antelucana, è corretto?”
“Fossi matta ad aspettarla sveglia, significherebbe passare una notte in bianco”, scherzò Sonia. ”Comunque non rientra mai prima delle quattro del mattino, specialmente da quando è maggiorenne.”
“Capisco… E che ne dici di passare alcune di quelle ore vuote… con me? Così potrò dirti quella cosa di cui ti ho accennato a pranzo…”
“Cosa ti impedisce di parlarmene adesso, già che ci siamo? Cosa avrai da dirmi con tanta urgenza e segretezza?” tergiversò lei. Che in realtà stava menando il can per l’aia. Rivedere Andrea, e stavolta da sola, era una prospettiva che la solleticava mica poco.
“Incontriamoci dopo cena e lo saprai”, ribadì lui.
“Sei proprio un tipo misterioso, sai?”
“Be’, mi hanno definito in tanti modi. E spesso ci hanno preso, lo ammetto. Allora? Se vuoi vengo a prenderti di persona, se mi dai l’indirizzo…”
“Potrei anche dartelo, ma non so l’ora esatta in cui Brenda uscirà.”
“Vorrà dire che appena avremo campo libero mi avvisi per telefono. So aspettare, non sarà un problema.”
Sonia finse di pensarci ancora un po’, ma alla fine diede volentieri il suo assenso. ”E va bene. Voglio fidarmi. Qualche idea su dove vorresti portarmi?”
“Ne potremo discutere se mi offrirai qualcosa a casa tua, così potremo parlare lontano da orecchie indiscrete. Poi decideremo sul da farsi.”
“Faccio bene a fare entrare in casa uno come te? Non sei pericoloso, vero?” Sonia scherzava, ma non del tutto. Andrea era pur sempre un mezzo sconosciuto.
“Parola di boy-scout, puoi fidarti.”
L’appartamento estivo di Sonia si trovava al terzo piano di una modesta palazzina sprovvista di ascensore. Sui settanta metri quadri, lo aveva acquistato alcuni anni prima, in comproprietà con Angela, la sua unica sorella. Quest’ultima le aveva tenuto compagnia fino a una settimana prima. Poi era tornata nella grande Milano per questioni di lavoro.
Andrea citofonò un quarto d’ora dopo il via libera di Sonia. Brenda era infatti uscita a godersi il sabato sera attorniata dal solito stuolo di amicizie. Gli venne aperto il portone principale e affrontò le tre rampe di scale, finché non giunse a destinazione.
Sonia lo accolse sulla soglia di casa. Bellissima e sorridente come sempre, era rimasta in abbigliamento casual, consapevole di essere comunque irresistibile, qualunque indumento indossasse.
Si salutarono scambiandosi baci sulle guance, dopodiché si chiusero la porta alle loro spalle.
E per lei fu come cadere in un baratro.
Andrea saltò i convenevoli. Afferrò la donna da dietro, mentre gli faceva strada, verso la stanza principale, che fungeva sia da cucina che da sala da pranzo.
Non le concesse l’opportunità di gridare, visto che le tappò la bocca con mano ferrea e salda. Per qualche interminabile, angoscioso istante, non fu in grado di respirare.
L’uomo le spinse la sviluppata erezione tra le natiche, che in quel momento erano fasciate da un tanga e da leggings grigio scuri. E malgrado fosse consapevole che stava per essere stuprata, a quel contatto la donna si eccitò all’istante, la figa già inzuppata e il seno che si espandeva come vivesse di vita propria.
“Troia. Sei una grandissima troia”, le ringhiò Andrea a un orecchio, mentre cercava di sganciare la cintola dei pantaloni. Lo spingeva una irresistibile, libidinosa voglia di sodomizzarla lì, lungo un corridoio stretto e male illuminato. E la voleva sentire gemere di piacere, ma anche frignare dal dolore. Senza farsi incantare dalla blanda resistenza che gli opponeva. Era solo una finzione, nel contesto di un banale gioco delle parti.
“Lo so che lo vuoi, puttana”, e intanto era quasi uscito nel suo intento. Il membro gonfio e voglioso stava per ottenere soddisfazione, e pazienza se non aveva con sé un preservativo. Per una volta ne avrebbe fatto a meno.
Quando lo sguainò del tutto, passò ai leggings. Opposero più resistenza del previsto, così decise di distenderla lungo il pavimento, senza tante cerimonie, spingendola e facendo forza col suo corpo. Sonia stramazzò a terra, battendo la tempia e cacciando un urlo. Per avere maggiore libertà di azione Andrea aveva smesso di tapparle la bocca, utilizzando le mani per abbassare, o al limite strappare a brandelli, quei dannatissimi leggings.
Ebbe successo in entrambe le opzioni, nel senso che l’indumento fu finalmente calato, ma anche danneggiato da due vistosi strappi in alto. L’ultimo ostacolo era il tanga nero, ma non fu un problema. Una volta strappatolo con una violenza spropositata, che fece di nuovo strillare Sonia, la strada era libera.
Lo scrittore spinse il suo membro con foga rabbiosa, più e più volte, follemente determinato a sodomizzare la sua preda. Quest’ultima cercava di divincolarsi, ma con scarsa convinzione. Una parte di lei si ribellava con tutte le sue forze, ma la parte preponderante ne era semplicemente soggiogata, e lo accettava di buon grado.
Al punto che trovava intollerabile il fatto di trovarsi distesa lungo il pavimento, in posizione alquanto scomoda e in evidenti difficoltà respiratorie. E sì, perché nel frattempo Andrea era tornato a tapparle la bocca e parte delle narici. Mai dire mai.
“Troia schifosa!” insisteva nel frattempo, col cazzo sempre più impegnato a farsi strada lungo il tunnel anale. E più avanzava, più Sonia pregustava un orgasmo selvaggio, feroce e preponderante rispetto alle strazianti fitte che si sprigionavano dai recessi del fondoschiena.
L’orgasmo anale, infatti, era sempre stato quello più immediato, intenso e ineluttabile per lei. Essere impalata comportava spesso immancabili svantaggi, oltre che copiose emorragie. Ma alla fine il premio era in misura esponenziale. In qualche modo Andrea lo aveva intuito, oppure aveva tirato a indovinare, poco importava. Voleva essere sfondata? Molto bene, lui era lì per quello.
Sonia, perfino in anticipo rispetto a quanto Andrea si aspettava, fu travolta da un’ondata di godimento tale che per poco non si sentì mancare. Nei momenti topici, poi, si impose di stringere i denti fin quasi a sanguinare dalle gengive, pur di non ululare a tutto fiato. Andrea, consapevole della situazione, non fece nulla per allentare la pressione. Ci diede dentro con ritmo sostenuto, senza lesinare forza e potenza alcuna. E fu il primo a rendersi conto che dal retto di Sonia ne fuoriuscivano delle perdite. Non si stupì più di tanto. Quello della venezuelana era obiettivamente stretto, e qualche conseguenza era da mettere in preventivo. E in ogni caso non pareva essersene accorta.
Superato l’apice del piacere, Sonia cessò la sua blanda resistenza passiva. Il corpo attraversato da fremiti, gli abiti fradici di sudore, i capelli ugualmente madidi. Ebbe un sussulto e un gemito quando Andrea estrasse il membro, sempre duro e ben gonfio. Lo fece senza curarsi di essere delicato. Come quando si estrae di forza una freccia conficcata nel costato. Aveva una voglia matta di sborrare, ma non dentro quel culo, pur così tonico, modellato e invitante.
No, Andrea prediligeva un’altra parte di quel corpo da favole, ed era lì che vi avrebbe riversato il suo viscoso seme.
Ovviamente mirava a quelle tettone da vaccona.
Così la costrinse a voltarsi e a mettersi supina, lunga distesa nel pavimento, con lui sempre addosso. Non indugiò un istante e le strappò quanto aveva addosso, infischiandosene se con tanta rudezza poteva causarle graffi o abrasioni. Per lui ora esistevano solo le sue tettone sode e accoglienti, e quando finì per denudarle fu l’unico momento in cui ebbe una breve esitazione. Che poi era più che giustificata.
Se le tettone di Brenda erano il non plus ultra, quelle di Sonia erano la perfezione assoluta. E questo malgrado lei avesse quasi il doppio degli anni della figlia. Anche le mammellone di Sonia, grossomodo, avevano una forma a metà strada fra tonde e a pera. In parte come quelle di Brenda, appunto, ma in parte no. Di forma leggermente diversa, quindi, ma dall’aspetto favoloso. Inoltre in quei momenti, inevitabilmente, le si erano espanse da quasi una taglia, e i capezzoli rosei, ovali, proporzionati con le dimensioni del seno stesso, adesso erano gonfi e turgidi come due monete sovrapposte.
Impossibile opporsi all’istinto di posarci sopra le labbra per leccarli, baciarli, ciucciarli… E fu quello che Andrea fece, superando l’impasse e affondando la testa tra quei promontori. E di nuovo con nessun riguardo verso chi stava sotto di lui, né tantomeno un accenno a premure o delicatezza.
Non solo. Dopo un paio di minuti trascorsi nel tentativo vano di 'consumare' quel seno così superbo, Andrea fu pervaso dalla voglia insana di mordicchiarlo. Dapprima addentando un capezzolo per volta, con una certa benevolenza, ma poi, progressivamente, mordendo sempre più forte, ancora e ancora, godendo degli strilli disperati della sua vittima, ormai alla sua completa mercé.
E più Sonia urlava, più lui infieriva, posseduto da un’aberrazione non gestibile, sadica e crescente, che non aveva sperimentato prima.
“Zitta, puttana!” abbaiò quando non ne poté più dei suoi lamenti, centrandole il viso con una sberla così energica che echeggiò tra le pareti. Sonia fu a un passo dal perdere i sensi, e comunque rimase stordita e catatonica per alcuni minuti, durante i quali Andrea non rimase certo a guardare.
Il suo pene infatti affondava in mezzo a quelle mammelle tanto bramate, compresse dalle sue stesse mani, spingendo il bacino avanti e dietro, nel limite consentito dal movimento pelvico. Quando Sonia si rese conto di cosa stesse accadendo, avvertì una nuova ondata di calore sprigionare dal bassoventre. Sentire un cazzo prossimo a eiaculare era qualcosa che la mandava su di giri sino a livelli assoluti. E nonostante perdurasse la posizione scomoda e precaria, con conseguenti difficoltà respiratorie, l’istinto prese il sopravvento.
Senza che Andrea glielo chiedesse, allungò e spalancò la bocca, con la quale accolse la punta del membro che emergeva tra le mammelle. Operazione tutt’altro che agevole e ulteriormente scomoda. Le vertebre cervicali presero a manifestare tutta la loro contrarietà, attraverso fitte intense e lancinanti. Tuttavia Sonia le ignorò. Ormai aveva attivato il pilota automatico, e qualunque cosa potesse accadere intorno a lei non la scalfiva nemmeno. Avrebbe pagato dazio più tardi, a freddo, senza beneficiare di alcuno sconto.
Naturalmente Andrea la agevolò, spingendo a sua volta, pur proseguendo a mantenere gran parte del pene immerso tra i seni. Per fortuna di Sonia gli mancava poco, molto poco, altrimenti avrebbe riportato danni piuttosto seri. Col collo, ma in fondo con l’interezza del corpo umano, non si scherzava a cuor leggero.
“Su! Così! Cosiii!!! Succhiamelo, troia! Succhiamelooo!!!”
E manco a dirsi, a quelle contumelie Sonia si galvanizzò ancora di più, profondendo tutto l’impegno e la foga della quale era capace.
Il risultato non si fece attendere. Preceduto da gemiti che si ripetevano intensi e strozzati, per Andrea l’orgasmo si manifestò con tutta la sua pienezza. Sonia accolse in bocca quando più sperma possibile, e quello che le sfuggì finì per riversarsi sui seni, in mezzo al meraviglioso solco. Il godimento che l’uomo provò fu talmente acuto da impedirgli di proferire versi o parole. Erano anni che non sperimentava nulla di simile. Sostenere che per alcuni momenti aveva varcato le soglie del paradiso era quantomeno riduttivo.
E quando la curva del piacere iniziò a decrescere, non gli riuscì più di mantenere quella postura. Così si riversò sul pavimento, lungo il fianco sinistro, momentaneamente impossibilitato di dire, pensare o fare qualunque cosa. Solo il respiro affannoso, che gradualmente scemava, rompeva un silenzio irreale.
Dal canto su, Sonia provò finalmente sollievo dalla sconveniente postura a cui era stata costretta fino a quel momento. Ma pur intirizzita, legnosa e alle prese con stringenti fitte a collo e torace, sentì il calore interno farsi ancora più rovente. In frangenti simili doveva lottare con tutte le sue forze per non sbraitare “Scopami!” a colui che era causa ed effetto di cotanto estro.
Ma non essendo Andrea nato ieri, bastò uno scambio di sguardi affinché si rendesse conto che Sonia lo reclamava ancora, e in maniera ancora più coinvolgente.
“Porco”, sibilò lei drizzandosi in piedi, con non poche difficoltà.
“Troiaccia”, replicò lui, prendendosi il suo tempo.
“In camera da letto staremo più comodi. Non farmi aspettare troppo, maiale.” E detto questo, la donna sparì dalla sua vista.
“Aspetterai il tempo che ci vorrà, puttana”, chiarì Andrea, tanto per ribadire chi teneva le redini della situazione. Ma tutto sommato Sonia non dovette attendere più di tanto.
Una manciata di minuti, e tutto ricominciava. Ma stavolta sopra un confortevole materasso.
Autunno 2020
Nonostante le ammaccature, l’umiliazione subita e l’orgoglio ferito, il vigile urbano Carmine Curreri tenne il becco chiuso. Non si confidò con anima viva, e per la prima volta nella vita riconobbe di aver trovato sulla sua strada un tipo più cazzuto di lui.
Del resto, se anche avesse voluto denunciare quello stronzo allergico alle mascherine che era comparso dal nulla poche settimane prima, che prove aveva? Nessuna. Solo aria fritta e un paio di microfratture alle vertebre.
E rigò dritto anche con Greta e Rosaria, memore dell’ultima, cordiale richiesta da parte del suo aggressore. Nessuna conversione sulla via di Damasco, per carità, ma da quel giorno smise di rivolgersi a loro con toni scontrosi e che non ammettevano repliche.
Le due ragazze se ne avvidero con piacere, e da quel giorno considerarono che sì, forse dirigere il traffico non era poi così male. Sempre meglio che squagliarsi da mattina e sera in una conceria.
Nel frattempo il triangolo amoroso procedeva senza intoppi. Ma c’era un ma.
Se con Rosaria non vi erano particolari limitazioni, nel senso che era disponibile a fare sesso completo e persino anale, con Greta il discorso era differente.
Su Andrea riversava tutta se stessa, impegnandosi a farlo godere meglio che poteva, e su questo non aveva rivali. Naturalmente Andrea gongolava per tutto ciò. In un certo senso Greta era la partner da letto che ogni uomo sognava. Persino quelli più imbranati o maldestri, che sotto le lenzuola collezionavano prestazioni scialbe, con lei avrebbero fatto un figurone. E grazie al cavolo, dal momento che faceva tutto lei.
Ma ad Andrea non bastava più. Okay, come pompinara e segaiola Greta faceva parte dell’Olimpo, ma una bella vulva pelosa tra le gambe ce l’aveva anche lei. Che però non metteva mai a disposizione. Quella landa dei suoi ‘paesi bassi’ era off-limits per chiunque, a eccezione del fidanzato. Diciamo che la ragazza, così facendo, metteva a tacere i blandi rimorsi di coscienza che la sfioravano al termine di ogni tradimento. E poi, almeno dal punto di vista ‘vaginale’, poteva dirsi fedele, dato che la dava solo a lui.
E più passava il tempo, più la cosa gli risultava indigesta. Andrea intendeva scoparsela con tutti i crismi, quella troietta in uniforme da vigilessa, nella pienezza e nella completezza di una penetrazione lenta e prolungata. Ma non c’era mai verso. Con sorridenti dinieghi, ma anche con l’ausilio dei suoi irresistibili pompini, Greta la sfangava sempre. Finché Andrea stabilì che avrebbe ottenuto quello che voleva, con le buone o con le cattive, e anche molto presto.
Basta cazzate. Era tempo di infilzarla per benino, la santerellina con la faccia da puttanella.
Quella sera filava liscia come al solito. Lui disteso lungo il letto di Greta, completamente nudo; lei seduta sulle sue cosce a gambe divaricate, con indosso solo un perizoma amaranto. Con la mano destra gli stava lavorando il cazzo in piena erezione, tramite i consueti movimenti inizialmente calibrati. Col passare dei minuti avrebbe aumentato il ritmo, ma per ora se la godeva, mentre lui si trastullava col suo appetitoso seno.
Andrea adorava perdersi tra quelle belle tette, specialmente quando Greta glielo menava di par suo. Amava strizzarle, stringerle, palpeggiarle, sollevarle, unirle, schiaffeggiarle. E lei reagiva sempre al medesimo modo, ossia gemendo se sorridendo più maliziosa che mai.
Ma quella volta non era sufficiente. Era tempo di fare il salto di qualità, e per quanto ne sapeva, aveva aspettato fin troppo.
“Oggi voglio scoparti. Senza se e senza ma. E non accetterò una risposta negativa.”
Greta non si scompose. Intensificò leggermente il ritmo della sega e continuò a sorridere.” Pensavo che quello che ti faccio ogni volta ti fosse più che sufficiente…”
“No. O comunque non più. Sono settimane che smanio dalla voglia di penetrarti. E sono sicuro che lo vuoi anche tu. Quindi cosa ci impedisce di farlo?”
“Te l’ho già spiegato, mi pare. Io lo faccio solo col mio fidanzato. Sono fatta così, vedi di accontentarti. Non mi sembra che ti vada così male, no?” Altro cambio di velocità. Evidentemente anche stavolta la ragazza si illudeva di cavarsela a buon mercato. Presto avrebbe raggiunto un ritmo insostenibile, per poi farlo schizzare spremendolo come un limone, sino a cavare l’ultima goccia. E arrivederci alla prossima. E tutto lasciava intendere che vi sarebbe riuscita anche stavolta.
“Da me non lo saprebbe di sicuro”, cercò di rassicurarla lui, ma da quell’orecchio Greta non voleva proprio sentire.
“Non ne dubito, ma lo saprei io.”
“Pure moralista adesso, la mia troietta preferita, mh…”
La manovra diversiva sembrava che stesse per ottenere i frutti sperati. Al punto che Andrea per qualche istante soppesò l’idea di lasciarsi andare e consentire alla natura di fare il suo corso. Ci andò davvero vicino. Ma recuperò l’autocontrollo appena in tempo.
Con un guizzo improvviso sollevò il busto e con la mano sinistra le afferrò il perizoma, senza badare a complimenti. L’intento era quello di abbassarli, oppure strapparli, a seconda del livello di collaborazione ricevuta.
“Mi sono rotto! Fatti una buona volta chiavare, puttana!”
“Piantala! Mi fai male!”
Ma Andrea non volle sentire ragioni. ”Ce l’hai anche te, no? Allora usala!”
Senza fare troppi sforzi riuscì a distenderla, caricandola col suo stesso peso. Nel contempo aveva calato il perizoma quanto bastava. Ora si trattava di allargarle le gambe, ma Greta opponeva un’ostinata resistenza.
“Nooo!!! Non voglio, lasciami!”
“Storie. Sì che lo vuoi, mignottella! Lo volete tutte, puttane o santarelline. Che poi puttane lo siete tutte, nessuna esclusa!”
E mentre sbraitava, Andrea cercava di farsi un varco, deciso a conquistare il suo personalissimo Sacro Graal. Peccato per lui che Greta glielo impedisse con tutte le sue forze. Il tira e molla si dilungò per un pezzo, con lui che all’eccitazione sentiva montare rabbia e frustrazione. Finché si stufò e di punto in bianco la colpì con un sonoro ceffone a una guancia.
Greta cacciò un urlo, e di riflesso lo centrò con una ginocchiata ai genitali. Tale contromossa sortì gli effetti sperati. Andrea si piegò in due, portandosi le mani nella parte offesa, in preda a un dolore lancinante e debilitante. Era anche impossibilitato di parlare o di produrre alcun movimento. La botta di Greta era stata a regola d’arte, poco ma sicuro.
Quest’ultima si affrettò a schizzare via dal letto e prese a rivestirsi di gran lena. Oltre che a essere scioccata era visibilmente alterata.
“Non permetterti mai più! Mai più, hai capito?! Grandissimo coglione!”
Andrea avrebbe voluto replicare a tono, ma era ancora impossibilitato a farlo.
“Tra noi è finita! Sbrigati a levare le tende, e non farti più vedere, bastardo!” Detto questo, Greta finì di vestirsi e abbandonò la stanza. Si sarebbe barricata in bagno finché lo sgradito ospite non si fosse congedato. E già che c’era si sarebbe regalata una bella vasca di acqua calda e tonificante. Ne aveva proprio bisogno. Avrebbe contribuito a farle cessare i tremori che ancora le pervadevano tutto il corpo. Ma guarda chi cazzo si era portata in casa. Uno stupratore! Ben le stava, però. Sarebbe stata una lezione di vita, e in futuro avrebbe selezionato con cura chi portarsi a letto, specialmente a casa sua.
Dal canto suo, Andrea faticò non poco a ristabilizzarsi dopo il devastante pestone. Dieci minuti dopo fu finalmente in grado di ricomporsi, e di abbandonare il campo.
Non prima di aver scritto GRANDISSIMA PUTTANA nello specchio da parete della stanza di lei, tramite un pennarello indelebile rosso che aveva scorto nella vicina scrivania. In verità avrebbe preferito urlarglielo a squarciagola mentre si dirigeva all’uscita, ma non era ancora in grado.. Era già tanto se riusciva a mettere un passo dietro l’altro senza crollare come un sacco di patate.
“Pronto, Andrea?”
“Ciao Rosaria, come va?”
“Bene, grazie. Senti…”
“Lo so, vuoi sapere la mia versione di quello che è successo con Greta l’altra sera”, la prevenne lui. ”Cosa vuoi che ti dica, ho perso la bussola. A volte può capitare. Quel che è certo è che non succederà più.”
“In effetti non me l’aspettavo. Eppure mi rifiuto di credere che sei il mostro che mi ha descritto ieri.”
“A proposito, come sta? Ho provato a chiamarla e a messaggiarla, ma probabilmente ha bloccato il mio contatto. L’ho fatta davvero grossa, lo so, e vorrei tanto scusarmi.”
“Sopravviverà. Greta è una roccia, e qualunque cosa le capita, le scivola addosso senza lasciare tracce. Certo, con lei non bisogna tirare troppo la corda, ma questo credo valga per tutti.”
“Parole sante. E tu invece come stai? É da un po’ che… non ti poso le zampe addosso. O sono squalificato?”
“Ahah, ma no. Anzi, se devo essere franca, ti ho chiamato soprattutto per questo…”
“Ah sì? Ottimo, sono tutto orecchie.”
“Presto detto. Greta oggi entra in servizio alle quattordici, sino alle venti. Io niente, giornata vuota, questa. Non c’è nemmeno il mio fidanzato, perciò…”
“Messaggio recepito. A più tardi, bocconcina.”
Estate 2028
Dopo la notte dello ‘stupro consensuale’, il rapporto tra Andrea e Sonia si stabilizzò nel classico binomio padrone/schiava. Mentre quello tra lui e Brenda, che rimaneva sempre clandestino, si manteneva sempre a livelli ormai consueti e collaudati, ma mai banali o ripetitivi.
Brenda era una forza della natura, e se fosse stato per lei avrebbe trascorso le intere ventiquattr’ore giornaliere a fare sesso con lui. Andrea, dal suo canto, spesso la idealizzava come una cavalla indomabile, e lui il suo domatore che faceva tutto quello che poteva placarne l’impeto. Spesso riuscendovi a gran fatica. O non riuscendoci proprio.
Forse né Brenda e né tantomeno Sonia lo avrebbero ammesso, ma entrambe, inesorabilmente, svilupparono per Andrea una vera e propria dipendenza. E in parte, ma solo in parte, questo valeva anche per lui.
E districarsi tra quelle due relazioni parallele non era per niente agevole. Occorreva incastrare i tempi in maniera esemplare, sia che incontrasse la madre, sia che incontrasse la figlia. Sino a quando sarebbe riuscito a tenere le due realtà separate? Tutto sommato gli importava poco. Anzi, a dirla tutta, l’aspirazione più grande di Andrea era di portarsele a letto entrambe, dando forma a un sogno molto comune tra chi stravede per le donne mature ma non disdegna le giovanissime. E per farcela lo scrittore puntava sul fatto che era chiaro che Sonia e Brenda lo veneravano come una divinità, e che ormai ne erano completamente succubi. Sia pure in maniere differenti.
Sonia era soggiogata dalla versione rude, dura e spietata di Andrea, mentre Brenda stravedeva per le sue doti amatoriali, e del fatto che fosse così maturo ma anche affascinante e intrigante. Difficile stabilire chi fosse la più presa delle due, anche perché ad Andrea ci tenevano in modo diverso.
Però se per Sonia si trattava di un rapporto scabroso, intenso e consenziente dominazione, per Brenda entravano in gioco i sentimenti. Che le piacesse o meno si stava innamorando sempre di più, al punto che si stava stufando di quella stupida clandestinità. Desiderava ardentemente vivere la sua storia alla luce del sole, e chi se ne fregava della differenza di età. Per certe cose l’anagrafe non conta, giusto? O valeva solo per chi era dentro la mischia?
Giorno dopo giorno, però, la determinazione di Brenda cresceva. E tutte le volte che si incontrava col suo adorato cinquantenne sollevava puntualmente l’argomento. Sulle prime Andrea aveva traccheggiato, o inventato scuse o pretesti per rinviare ogni annuncio ufficiale. Che poi consisteva nell’informare Sonia, nulla di più. E dal momento che Andrea aveva come scopo finale un bel 'threesome' non certo platonico, alla fine capitolò.
Alla prima occasione lui e Brenda avrebbero comunicato a Sonia della loro relazione.
Come avrebbe reagito la venezuelana?
Alla fine, in verità, Sonia venne a scoprirlo da sola.
Per caso, come spesso avviene in casi simili.
In una tarda mattinata di inizio settembre si era recata al centro commerciale più rinomato della provincia. Aveva bisogno di fare spese varie, sia di generi alimentari che di prodotti per la pulizia della casa. Invano aveva cercato di contattare Brenda, che però si era resa irraggiungibile, come sovente le accadeva negli ultimi tempi.
Okay, niente di male. Vista la bellissima età, la sua unica figlia aveva tutto il diritto di svagarsi come meglio preferiva. L’importante era che non frequentasse gentaglia non affidabile. O peggio ancora damerini di passaggio che avevano come unico scopo di portarsela a letto per poi scomparire prima dell’alba. Del resto era stata giovane anche lei, e in fin dei conti lo era ancora.
L’incontro con Andrea e Brenda fu uno scontro sfiorato, per la verità. Tra carrelli della spesa.
Sonia aveva terminato di riempire il suo, e si stava dirigendo alle casse, sbirciando qua e là, nel caso le sovvenisse qualcos’altro da prendere. E se si fosse trattato di codice stradale, lei avrebbe avuto torto marcio, dal momento che proveniva da sinistra. Ma entrambi i carrelli interessati si arrestarono giusto in tempo. Sonia si rivolse alla persona che lo conduceva, per scusarsi con un sorriso di circostanza, ma quando riconobbe Brenda, e soprattutto colui che la accompagnava, ogni parola le morì in gola. E la scena fu spietata, dato che Andrea stava giusto posando sul carrello un pacco di frollini dietetici. Non poteva nemmeno sostenere di essere capitato lì per caso, nel punto sbagliato e al momento sbagliato.
Tra i tre calò il gelo. Occorsero alcuni secondi prima che qualcuno si decidesse a parlare, e fu Andrea.
“Ciao, Sonia.”
L’interpellata lo ignorò platealmente. Tutta la sua attenzione era incentrata sulla figlia, a sua volta imbarazzata e indecisa su cosa dire. La scrutava con uno sguardo di fuoco, che faceva anche trasparire sbigottimento e delusione. Tu, proprio tu, sembrava accusarla. Tutte, ma non te, figlia mia.
“Immagino che non rientrerai per il pranzo”, le disse infine.
“Io…” abbozzò Brenda, visibilmente arrossita.
“Vi auguro buona giornata.”
Senza attendere repliche, che poi non avrebbe neanche ascoltato, Sonia si congedò, dirigendosi a testa alta alle casse.
Andrea e Brenda si guardarono negli occhi, sentendosi come due mocciosi pizzicati a marinare la scuola. Le loro espressioni implicavano una domanda per la quale non c’era ancora una risposta: E adesso?
“Deve averti dato di volta il cervello, non c’è altra spiegazione. Vi rendete conto di quanto siete ridicoli?”
“Ma mamma…”
“Da quanto tempo va avanti questa storia? E quando ne sarei stata informata, se oggi non vi avessi incontrati per caso? Ma sì, in fondo sono solo la tua stupida madre, che diritto avrei di sapere?”
“Magari non ti ho detto nulla perché sapevo che reagivi come stai reagendo ora, non trovi?”
“Su questo non riesco proprio a darti torto, cretina!”
Sonia, a dir poco, era furente e inviperita. Erano le otto di sera di quella stessa giornata, culminata con l’incontro inaspettato al centro commerciale. Dopo la spesa era tornata a casa come in trance, e si era preparata il pranzo come un automa. La mente altrove. Pensieri che ricadevano verso Andrea De Carolis che affondava le mani sulla sua bambina, che pareva adorarlo. Come del resto lo adorava lei, sia pure per vie diverse.
Gran parte del cibo era finito nella spazzatura, e per tutto il giorno si era sentita inappetente. Di cenare non se ne parlava, sarebbe stato un secondo spreco. Poi era rincasata Brenda, e senza giri di parole si era subito sfogata su di lei.
“Non capisco perché te la prendi tanto a cuore. Eppure non è la prima volta che mi vedi con uno più grande di me.”
“Hai solo vent’anni, Brenda. Venti! Lui ne ha più del doppio, possibile che non lo capisci? É vero, tra le decine di ragazzi che mi hai portato in casa c’era qualcuno un po’ più grande di te, ma mai un cinquantenne! Hai deciso di fare ridere tutta la riviera, portandotelo a spasso?” Sonia proprio non si capacitava.
“Che rida quanto vuole, la riviera! Andrea mi piace, e di cosa pensa la gente non mi è mai interessato, e questo dovresti saperlo bene!” Anche Brenda aveva cominciato ad alzare la voce.” Ha l’età che ha, e con questo? A essercene, persone responsabili e mature come lui! Il mondo sarebbe un posto migliore!”
A quelle parole, per lei farneticanti, Sonia rischiò di esplodere definitivamente. Per la prima volta in vita sua provò l’impulso omicida di strangolarla con le proprie mani.
Un posto migliore?! Avrebbe replicato sbraitando. Non capisci che ti stai portando a letto uno psicopatico? Vuoi fare la mia stessa fine?!
Ma chiaramente tutto ciò non poteva esternarglielo. Anche perché avrebbe dovuto spiegare come mai fosse così informata su Andrea. E soprattutto non poteva aggiungere che a lei Andrea piaceva così. Non le interessava la classica relazione tutta sesso, coccole e pasticcini. Da qualche anno aveva capito che solo le maniere rudi e spicce, con una moderata infarinatura di sadismo, erano capaci di condurla alla meta. E che meta! Certo, era ancora innamorata di Fabio, il padre naturale di Benda. E lo sarebbe stata per sempre. Ma ormai era capitolo chiuso, quindi tanto valeva guardarsi attorno. Era ancora troppo giovane per fossilizzarsi come una vedova inconsolabile.
“Va tutto bene, mamma, davvero”, proseguì la ragazza con tono distensivo. Odiava litigare, e meno che mai con lei. ”É diverso da tutti gli altri. Mi rispetta, mi vuole bene e mi fa sentire importante. Cos’altro potrei desiderare?”
“Sei maggiorenne e vaccinata. Fai come preferisci. Ma non portarmelo a casa. Non ce lo voglio vedere, mi sono spiegata?”
“Come vuoi…” si arrese Brenda. Quando Sonia era così perentoria non c’era verso di discutere. Sarebbe stato tempo perso. Ma in cuor suo si auspicava che presto o tardi le avrebbe fatto cambiare opinione.
Andrea era fantastico. Era il 'suo' Andrea. Alla faccia di chi non lo gradiva.
“Porco… maledetto… schifoso maiale…”
Nonostante Sonia fosse impegnata a eseguire un magistrale fellatio, ogni manciata di secondi si interrompeva per esternare ad Andrea cosa pensava di lui. Il fattore scatenante era stato naturalmente il rapporto tra lui e Brenda, che i due avevano debitamente nascosto. Almeno finché non li aveva pizzicati al centro commerciale.
Sonia e Andrea in quel momento si trovavano al solito alberghetto che avevano scelto da tempo come alcova. L’igiene e il servizio in camera lasciavano a desiderare, ma in compenso discrezione e riservatezza erano degni di un cinque stelle.
Andrea era in piedi, vestito, con i soli jeans calati. Il membro in massima espansione era quasi del tutto dentro la bocca di Sonia. Lei invece era completamente nuda, a parte il tanga e le scarpette dai tacchi vertiginosi. Inginocchiata, era a buon punto della prestazione. Ancora poco, poi l’uomo le sarebbe venuto addosso, e come al solito avrebbe distribuito il seme fra bocca, collo e seni.
“Zitta e succhia, puttana!” ribatteva lui ogni qualvolta la donna si interrompeva per insultarlo. Sonia sapeva che stava giocando col fuoco, eppure non riusciva a non dirgliene quattro. In fondo il bastardo che aveva di fronte si scopava allegramente la sua bambina, cazzo. Non poteva cavarsela così a buon mercato.
Peccato che Andrea fosse uno che quando non apprezzava un gioco, non la mandava certo a dire. Anzi, nell’occasione era strato fin troppo tollerante, ma la pazienza era agli sgoccioli.
“Verme… maledetto… sporcaccione…”
Basta, la misura era colma.
Il sonoro ceffone che raggiunse la guancia sinistra di Sonia echeggiò nei quattro angoli della camera. Colta di sorpresa, lei si piegò di lato, fin quasi a riversarsi lungo il pavimento. Tuttavia riuscì a restare prona, stordita e dolorante, la gota rovente.
“Quando ti ordino qualcosa devi ubbidire all’istante, troia! Mi sono spiegato?”
Sonia riuscì appena ad abbozzare col capo.
“Mi sono spiegato?!” ripeté Andrea, con un tono così vibrante da non promettere niente di buono.
“Sì… sì!”
“Molto bene. Ora riprendi quello che hai interrotto. E peggio per te se ti fermi anche solo per respirare. Dimostrami che sei meglio di quella mignotta di tua figlia!”
‘Maledetto bastardo…’ Una lacrima scorse lungo la gota offesa, mentre i rantoli di Andrea crescevano di ritmo e intensità. Presto l’avrebbe nuovamente inondata di seme caldo e appiccicoso.
Dio, come lo adorava.
“Come hai fatto a capire che volevo essere trattata così?”
“Così come?”
“Andiamo, hai capito. A parole non sono quasi mai riuscita a dirlo a nessuno. Tranne che col padre di Brenda. E nemmeno con te ce l’avrei fatta.”
Dopo il solito, cruento rapporto sessuale, Andrea e Sonia cenavano all’aperto, in un ristorante di una località poco distante da dove la donna soggiornava. E come sempre accadeva quando i due non erano impegnati in pratiche sessuali, l’atteggiamento di Andrea era ben differente. Al di fuori del contesto sado-maso tornava a essere premuroso, affettuoso e cordiale. La collocava su un piedistallo, e forse con maggiore grazia di come faceva con Brenda. La quale, però, era del tutto ignara del suo lato oscuro.
Brenda non si sarebbe fatta maltrattare, poco ma sicuro. E Andrea lo aveva intuito fin da tempi non sospetti. Invece per la madre il discorso era stato diverso.
“Diciamo che la prima volta sono partito a testa bassa, senza pensarci troppo. Qualcosa nel tuo sguardo mi diceva che non cercavi il classico tenero amante tutto rose e miele.”
“Ti sei buttato e ti è andata bene, quindi…”
“Chiaramente ero pronto a bloccarmi in qualsiasi momento. Ancora non ti conoscevo, e in frangenti simili non è facile capire fino a quando puoi spingerti. Anche perché un paio di ore dopo rischi di trovarti chiuso al gabbio. E ti lascio immaginare come vengono trattati in carcere i detenuti accusati di stupro e violenza sessuale. A proposito, come va la guancia? Temo di aver picchiato davvero duro, stavolta” E a quelle parole Andrea le carezzò dolcemente la parte offesa del viso, che comunque aveva riacquisito il colorito naturale.
“Va bene, tranquillo”, lo rassicurò lei, sorridendo, trattenendogli la mano sulla guancia. ”E mi hai colpita come volevo io. Bravissimo”
“Già che ci siamo, scusa ancora se ti ho tenuta nascosta la mia storia con Brenda. La verità penso puoi intuirla. Avrei preferito arrivare a te 'direttamente', senza coinvolgerla più di tanto. Poi okay, è andata come è andata.”
“Sì, posso capirlo. Forse dovrei essere infuriata con entrambi, e agli inizi lo ero eccome. Ma quando vedo come lei si sente felice con te, be’, non posso non provarne piacere. Però dimmi una cosa, in tutta sincerità…”
Andrea smise di addentare un cosciotto di pollo bollito e le dedicò la massima attenzione. Sapeva quando Sonia stava per parlare seriamente. Ormai la conosceva a sufficienza.
“Cosa rappresenta per te questo rapporto con lei? Una banale storia di sesso con una ragazza fresca e instancabile, o qualcosa di più?”
Andrea a tal proposito nutriva pochi dubbi. ”Tua figlia per me è molto importante. Certo, messo alle strette sceglierei te, poco ma sicuro. Se sulle prime era un mezzo molto piacevole per arrivare a te, adesso a lei ci tengo tantissimo. Le voglio molto, molto bene, Sonia.”
Sonia annuì, e gli credette. Del resto, come si faceva a non affezionarsi a Brenda? E per giunta ricambiato con gli interessi, proprio come stava accedendo ad Andrea. Brenda era speciale. Più unica che rara. E lei era la sua fortunatissima madre.
“E già che ci siamo”, proseguì lui, ”comincio ad averne piene le scatole di questa doppia vita clandestina che conduco con voi due. Le classiche rette parallele che non si incontrano mai. Non trovi anche tu che sia tempo di mettere le carte in tavola, una volta per tutte? Io mi trovo a meraviglia con entrambe, e a mio avviso è tempo di fare un bel discorsetto a Brenda, che ne pensi?
“Ammetto che da qualche tempo ci sto ragionando anche io”, disse Sonia, che nel frattempo aveva interrotto il pasto .”E sono d’accordo con te. Al diavolo la clandestinità. Diciamoglielo e basta, e vediamo come va a finire.”
Andrea annuì convinto, suggellando le parole di Sonia con un sorso di ottimo Barolo. Già pregustava la straordinaria possibilità di portarsele a letto entrambe. E se il buon giorno si vedeva dal mattino…
Fu Sonia a prendersi l’onere di informare Brenda.
“Andrea vive una storia anche con me”, le aveva detto la mattina a colazione.
Brenda aveva sorriso, credendo che la madre scherzasse, e aveva continuato a spalmare la marmellata di mirtilli nelle fette biscottate. Ma non ci mise molto a capire che non era affatto una burla. Conosceva il momento in cui Sonia parlava seriamente. Di colpo aveva smarrito l’appetito. Ed era stata risucchiata da un vortice di emozioni contrastanti.
“Da quanto?” riuscì a chiedere dopo un po’.
“Poco dopo che ha iniziato con te, credo. E ieri, be’…”
“Ieri?”
“Ieri sera, a cena, ha ammesso che l’obiettivo principale ero io. Ma ha subito aggiunto che con te si trova benissimo e che…”
“E grazie al cavolo!” sbottò Brenda, picchiando una mano sul tavolo. Era palesemente delusa e arrabbiata. Ma non solo con Andrea e con Sonia, ma anche con se stessa.
“Calmati. Sto cercando di dire che nessuna di noi due dovrà rinunciare a niente. Anzi, forse i tempi sono maturi per consolidare questo rapporto a tre, non trovi?”
Brenda inarcò un sopracciglio. ”Spiegati meglio.”
“Per esempio, che male ci sarebbe se in questo momento ci fosse anche lui, a tavola con noi? Niente più sotterfugi, o finte scuse per me o te se lui esce con l’altra… Parlo di un rapporto aperto, insomma.”
“E per scopare come si fa? Facciamo a turno, magari dopo estrazione e sorte fatta da Andrea?”
“Non essere così volgare. Detesto quando ti esprimi in questo modo, e lo sai.”
“Oppure optiamo per un’orgetta a tre? Ma sì, diamoci alla pazza gioia”, incalzò Brenda, piccata e sarcastica. ”O anche a quattro, perché no? Coinvolgiamo zia Angela, che poveretta vive da anni come una reclusa. Un po’ di sesso spensierato non potrà che farle bene.”
“Okay, Okay. Come non detto. Fai conto che questa conversazione non sia mai avvenuta e lasciamo tutto com’è. Nemmeno io ero del tutto convinta, ma secondo Andrea la cosa era fattibile, tutto qua.”
“É stata idea sua?”
“Esatto. E se ci pensi bene la soluzione da lui proposta è il male minore. Non te ne avrei parlato se non ci avessi pensato a lungo, stanotte. Perlomeno pensaci. Non devi per forza decidere adesso, sui due piedi.”
“Non occorre. Ho già deciso, e la mia risposta è no. E stasera lo stronzo mi sente, eccome se mi sente! Non mi ero mai sentita un rimpiazzo, cavolo. Accidenti a lui e a te, mamma!” Il rancore di Brenda era crescente, e non voleva sentire ragioni.”
“Ma non lo sei! Scherzi?”
“Un ripiego. Un banale piano B. Ecco cosa sono stata per lui, sinora! Non riesco a crederci!” Ancora poco e Brenda sarebbe scoppiata in lacrime. Del resto aveva appena vent’anni, e il suo lato infantile non era poi un così lontano ricordo. E il fatto che Sonia l’avesse coccolata e viziata per tutta la vita non migliorava la situazione.
A quel punto Sonia si pentì di essersi confidata. Okay, aveva agito su precisa volontà di Andrea, che in ogni caso presto o tardi avrebbe provveduto da sé. Ma alla fine si era rivelata una pessima idea.
“Va bene, controllati, figlia mia. Non ne parleremo più. Dopotutto io e te non abbiamo bisogno di nessuno, giusto?”
“Lo credevo anch’io. Ma poi abbiamo conosciuto Andrea. E da quel momento non ne sono più tanto sicura.”
Ma se non altro, Brenda riuscì a ricacciare dentro le lacrime, e a finire la colazione.
Autunno 2020
Andrea si presentò a casa di Rosaria alle tre del pomeriggio. Cinque minuti dopo i due erano già a letto, e ci stavano dando dentro. Avevano cinque ore tutte per loro, prima che Greta smontasse dal suo turno. E visto che Andrea l’ultima volta non le aveva lasciato un ricordo molto gradevole, era meglio non farsi trovare al suo rientro.
Fare sesso con una ragazza che aveva quasi trent’anni di meno era un’esperienza che Andrea avrebbe consigliato ai suoi coetanei. Rosaria era instancabile, disinibita, propensa a giochetti vari, e nel caso anche remissiva. Non vantava un seno degno di quello di Greta, ma in compenso il resto della carrozzeria era da leccarsi i baffi. Inoltre aveva una carnagione più scura della media, anche per via delle sue origini meridionali. Certo, a prima vista non aveva il sex-appeal della coinquilina, però il visino fintamente candido e ingenuo ispirava istintiva tenerezza.
Quel giorno Andrea ne scoprì un lato che non conosceva. Quello autolesionistico.
Accadde quasi per caso. A un certo punto del rapporto, con lui disteso e Rosaria a cavalcarlo, Andrea le strinse le mani attorno al collo, più che altro per finta, senza pressare più di tanto. Infatti accennò subito a staccarle, ma Rosaria lo stoppò..
“Dai, stringi”, lo esortò sorridendo.
“Sicura?”
Lei annuì e fu accontentata. Inizialmente con una certa riluttanza, ma poi la stretta divenne sempre più ferrea, finché Rosaria fu incapace di respirare, il volto paonazzo e gli occhi che minacciavano di schizzare fuori dalle orbite. Andrea a quel punto mollò la presa, come se stesse stringendo un ferro rovente.
Rosaria prese a tossire e singhiozzare, scuotendosi in una maniera che lui trovò molto sexy (era pur sempre nuda). E soprattutto riprese a respirare, dettaglio mica da poco, e a riacquistare il colorito naturale del viso.
“Wow!” esclamò quando fu in grado di parlare. ”Forte! Lo rifacciamo?”
“Tu sei matta come un cavallo”, sospirò lui, che non riuscì a mascherare il sollievo per il mancato pericolo. Ci mancava solo che Rosaria tirasse le cuoia sotto le sue mani, e mentre se la stava allegramente scopazzando.
“Mi piace sperimentare cose nuove, che c’è di male?” lo rintuzzò lei, mentre ancora si gustava l’esperienza appena terminata.
“A parte rischiare di morire per soffocamento o a causa del collo spezzato, dici? Ma niente, che sarà mai?”
“Dai, ti prego Andrea, rifacciamolo. E stavolta non fermarti così presto. Fammi intravedere il famoso tunnel, sia pure a debita distanza.”
Andrea, disorientato come raramente gli era successo in passato, volle scrutarla attentamente negli occhi prima di pronunciarsi. E vi lesse la tipica determinazione dei giovani quando si mettono in testa qualcosa. Fosse anche la più sconveniente o pericolosa.
E in casi del genere forse c’era un sistema collaudato per riportarli ai più miti consigli, e cioè accontentarli.
Possibilmente al 110 percento.
Come dire che, se hai voluto la bici…
“Be’, se vuoi potremmo rendere le cose molto più interessanti… Del resto il tempo non ci manca, giusto?”
“Certo! Quasi quattro ore, per la precisione, prima che rientri Greta.”
“Okay. Allora vediamo se l’idea che mi è venuta riuscirà a intrigarti…”
Rosaria era tutta orecchi.
“Ma prima, che ne diresti di portare a temine la scopata?”
Rosaria si dichiarò d’accordo.
Come prima cosa, al termine dell’atto sessuale, i due amanti si chiusero in bagno per concedersi una doccia in comune. Ci mancò poco che, già che c’erano, realizzassero il bis, ma alla fine soprassedettero.
Una volta lavati, profumati e asciutti, e assaporato uno squisito tè al limone preparato da Rosaria, Andrea illustrò la sua pensata.
“Si potrebbe introdurre una variante mica da poco, tanto per cominciare. Che ne dici se anziché sperimentare l’anossia tramite strangolamento manuale, la facciamo causare da una vera e propria forca? Un bel nodo scorsoio, col tuo bel corpicino sospeso nel vuoto, mediante una robusta corda al collo che lentamente ti porta a sfiorare il punto di non ritorno?”
“Grande! Sì, mi piacerebbe provarlo! Oltretutto da qualche parte dovremmo avere una fune resistente, lunga almeno tre metri… pensi che basterebbero?”
“Credo di sì, ma… sei sicura? I rischi ci sono tutti, e non sono pochi…”
“Certo che lo sono! Ma spiegami una cosa: mi impiccheresti mentre stiamo scopando?”
“Ovvio”, sorrise lui. ”Il fine del gioco è appunto sborrare dentro la tua bella fighetta mentre sono disteso sulla schiena, con te sopra, aggravata dal cappio che ti tira e ti strozza dall’alto.” Poi, dopo qualche secondo di sospensione, aggiunse strizzandole un occhio: ”E se tanto mi dà tanto, dovresti provare un orgasmino davvero notevole. Di quelli che si ricordano a lungo, bocconcina”.
“Wow! Sì, sì, facciamolo! Assolutamente!”
“Perfetto. Sì, una fune di tre metri dovrebbe bastare. Ora ti spiego come e dove ci collochiamo.”
La casa in cui Greta e Rosaria convivevano era composta da due piani. Erano collegati tra loro da una scala dai gradini marmorei, che si arrampicava lungo la parete, mentre una ringhiera in ferro accompagnava chi vi saliva o vi scendeva. Andrea pensò di legare un’estremità della corda nel punto più alto del corrimano. Dopodiché volle testare di persona quello che appariva evidente, e cioè che la struttura metallica era in grado di reggere ben oltre i suoi settantacinque chili circa.
Andrea volle addirittura strafare, e si inerpicò lungo la corda sino a un metro da terra. Vi rimase sospeso per due minuti, sotto lo sguardo interessato di Rosaria.
“Sì, direi che possiamo andare a colpo sicuro. Abbiamo il tuo patibolo, contenta?”
“Sì, tanto! Su, ora scendi e aiutami a spostare il materasso.”
L’ideale sarebbe stato il letto vero e proprio, ma sul momento era un po’ complicato rimuoverlo, e comunque dipendeva dalla riuscita dell’esperimento. Se tutto si fosse svolto secondo il gradimento di Rosaria, la prossima volta avrebbero fatto le cose a puntino.
Così i due amanti distesero il materasso del letto di lei in corrispondenza del capo della corda sospesa per aria. Andrea, con insospettabile abilità, ne ricavò in breve un cappio dignitoso, certamente in grado di sostenere l’esiguo peso della vigilessa. Dopo due o tre ritocchi, cappio e corda avevano raggiunto l’altezza ideale.
“Perfetto così. Sì può senz’altro cominciare, se ne sei ancora convinta.”
“Certo che lo sono! Più che mai!” La fregola di Rosaria per provare immantinente la nuova esperienza era lampante. Ad Andrea ricordò l’entusiasmo di uno scolaretto la sera prima della gita studentesca di primavera.
Così, dopo averle assicurato il cappio attorno al collo, stringendolo con una certa energia, si distese lungo il materasso. Entrambi erano completamente nudi a eccezione dei boxer di Andrea, che si calò un attimo dopo. L’erezione che si liberò all’aria aperta era ai massimi storici, e Rosaria ne fu più che lusingata. Stava già respirando con affanno, ma nel complesso teneva abbastanza bene.
Andrea aveva calcolato la lunghezza della corda con precisione millimetrica. Rosaria era infatti in grado di cavalcarlo con tutto il suo peso, ma era costretta a tenersi più eretta possibile per non trovarsi con le via respiratorie ostruite.
“Vado?” domandò lui dopo averla penetrata con estrema facilità. Rosaria non si fidò di rispondere a voce o con un cenno del capo, così sollevò in alto un pollice. ”Perfetto.”
Andrea cominciò a dimenare il bacino, mentre Rosaria lo agevolava meglio che poteva. Nonostante la gravosa postura, la stretta al collo più implacabile del previsto, che avrebbe consigliato la massima immobilità, la ragazza era eccitatissima, e con la pelle d’oca. I capezzoli le si inturgidirono come di rado era mai accaduto, e quando Andrea la accarezzò i fianchi e i glutei si sentì pervadere da una piacevole scossa elettrica.
Andrea si impegnò allora non far calare l’intensità della situazione, e da sotto spinse più volte, ma senza strafare. Si rendeva conto infatti che rischiava di eiaculare con largo anticipo.
I gemiti di Rosaria intanto erano divenuti di difficile interpretazione: godimento o spasmi di insopportabile patimento? Vallo a sapere.
Molto più probabile che si trattasse di un perfetto mix.
Ciò che era certo, anche se Andrea non poteva averne la sicurezza assoluta, era che Rosaria voleva continuare, e a ogni costo.
Eppure si percepiva chiaramente come fosse in apnea. Per non parlare del viso paonazzo e degli scossoni sempre più frequenti. L’istinto di conservazione cercava di fare valere le sue ragioni.
In ogni caso, grazie al cielo, non si superò il limite invalicabile. Andrea decise che era stupido e controproducente, così si abbandonò a un intenso orgasmo, appagante e liberatorio. Del resto capitava sempre così, con Rosaria. Lo faceva godere in modo speciale. Chissà, forse grande merito era per via della sua carne fresca e appetibile.
Stavolta però non restò disteso a farsi cullare dagli scampoli di quanto appena scemato. Urgeva soccorrere Rosaria prima che fosse troppo tardi, e così fece.
E anche in questo caso, non appena l’aria tornò a ossigenarle i polmoni, la ragazza fu combattuta da sensazioni contrastanti. Ma quella che soverchiava tutte era l’esaltazione.
“Fantastico!” esclamò appena poté, massaggiandosi il collo, pesantemente solcato dai segni lasciati dalla corda. ”Certo, ho provato paura, panico, angoscia… ma soprattutto eccitazione allo stato puro! Mai vista una cosa simile!” Da come rideva e gesticolava, non sembrava una che era stata a un passo da una morte orribile.
“Okay, ma per quanto mi riguarda la professione di boia termina qua. Mi sono eccitato un mondo anche io, lo ammetto, ma sapessi che strizza, a un certo punto…”
“Vuoi scherzare?! Invece ti dico che la prossima volta dobbiamo fare di meglio. Ed è possibile, fidati.”
“Benedetta ragazza, ancora pochi minuti ed eri bella che pronta per una sana autopsia, non so se mi spiego…”
“Forse non mi sono spiegata, Andrea. É andato tutto a meraviglia, ma sono consapevole che non è il caso di sfidare troppo la sorte. Tuttavia…”
“Tuttavia?”
“Insomma, la farò breve. Stavo per venire, ma tu, ecco… ci sei arrivato prima.”
Andrea si diede una pacca in fronte. ”Cacchio, sono dolente, bocconcina. Ma sai, dopo sborrato mi interessava solo di ‘disimpiccarti’, e ammetterai che era una motivazione più che valida. Però Okay, anche tu hai le tue legittime pretese, ci mancherebbe.”
“E quindi? Sei d’accordo che è il caso di riprovare?”
“E sia. Ma non oggi. Del resto dobbiamo rimettere tutto a posto, prima che la tua coinquilina ritorni. Greta non è una stupida, non vorrei che fiutasse il marcio.” Poi, osservandole con occhio clinico le piaghe sul collo, aggiunse: ”E per qualche giorno ti consiglio di coprirlo per benino. Se Greta o il tuo fidanzato se ne accorgono, non so proprio che scusa potresti trovare.”
Rosaria annuì, facendo scorrere delicatamente le dita lungo la pelle offesa del collo. Per fortuna era autunno inoltrato. Un maglione a collo altro non avrebbe destato sospetti o domande fuori luogo.
Estate 2018
Brenda vantava molte qualità, ma non certo quella della pazienza o della diplomazia.
Aveva convocato, o meglio 'precettato', Andrea per il primo pomeriggio. Ma stavolta presso un locale pubblico. Al diavolo alberghi o pensioni di quart’ordine. Anche perché, sotto sotto, alla fine temeva di cascarci e di perdonarlo nel modo più naturale che esista, e a lei stavolta non andava.
O almeno non prima di un definitivo chiarimento. Meglio piantare i giusti paletti laddove occorreva, e tracciare determinati confini, prima che nascessero ulteriori equivoci.
Dopo un tiepido saluto, specialmente da parte di lei, i due si erano seduti a un tavolino all’aperto. Entrambi avevano ordinato un tè freddo alla pesca, che Brenda nemmeno sfiorò.
“Mamma mi ha parlato di voi due”, cominciò andando subito al punto. ”E questo posso capirlo. Accettarlo magari no, perché credevo di bastarti io…”
“Senti, Brenda…”
“Silenzio. Non ho ancora finito.” Mai vista una Brenda tanto irrequieta. Per l’occasione aveva rinunciato a vestirsi da svampita provocante, senza un accenno di scollatura. ”Ciò che mi ha ferita di più è stata l’arrendevolezza di lei, che per giunta mi ha proposto una sorta di mutua frequentazione a tre. Un triangolo bello e buono e alla luce del sole. Come nelle favolette per bambini: io, tu e lei sempre insieme. Mica male per uno della tua età, vero? Be’, come l’ho detto a lei, ora lo riferisco a te. Scordatevelo. Mi sono spiegata?”
Tanti saluti all’orgetta con mamma e figlia, pensò Andrea sospirando. Del resto sarebbe stato troppo bello, o semplicemente 'troppo', e ne era sempre stato consapevole.
In fondo andava alla grande anche così. Si portava a letto due donne favolose, curve mozzafiato e perennemente disponibili non appena schioccava le dita. Cosa pretendeva di più?
“Brenda, lo so, non sono stato corretto nei tuoi confronti. Certo, entrambi siamo liberi di coltivare altre amicizie e vivere avventure con chi vogliamo, ma con tua madre avrei dovuto tirarmi indietro.”
“Poco ma sicuro.”
“Okay, ma ormai è successo. So che sei furiosa con me, e mi dispiace. Ma a te ci tengo, Brenda. Molto più di quanto credi. Perciò dimmelo tu cosa devo fare. Vuoi che non la cerchi più? Preferisci che le cose tornino come agli inizi, quando Sonia restava ai margini? Tu dillo e io lo farò.”
Brenda meditò a lungo, prima di rispondere. C’era da credergli? Non lo conosceva ancora abbastanza per poterlo affermare con certezza.
“Davvero lo faresti?”
Come no. E gli asini volano, pensò Andrea, che non aveva alcuna intenzione di rinunciare a nessuna delle due. Con o senza orgetta. ”Sono uno di parola. Tu chiedi e io eseguirò.”
Lei annuì, e fu quasi sul punto di credergli per davvero. Ma poi pensò che non voleva far soffrire Sonia, che aveva tutto il diritto di amare chi voleva. E inoltre, malgrado la giovane età, sapeva come erano fatti gli uomini. Eccome se li conosceva! E Andrea, pur essendo una persona speciale, non faceva eccezione. Prima o poi avrebbe ripreso i contatti con Sonia, di nascosto, e la madre era troppo influenzabile per respingerlo. Sarebbe stata una battaglia persa in partenza. Tanto valeva giocare a carte scoperte, in un tavolo con tre giocatori.
“Non voglio costringerti a tanto. A me basta che mi teniate fuori quando stai con lei. E altrettanto dovrà fare lei quando stai con me. In pratica vi sto chiedendo che non cambi niente. Alla fin fine, è il male minore.” E finalmente Brenda sorseggiò il suo tè freddo, che con l’arsura che dominava quei giorni, era quello che ci voleva. Sembrava un’estate destinata a durare a lungo, canicola compresa.
“Se devo essere sincero, questo tuo atteggiamento ti fa onore. Un’altra al tuo posto mi avrebbe rovesciato il tè in faccia.”
“Magari sono ancora in tempo a farlo, chi lo sa?”
Entrambi scoppiarono a ridere.
Ma un momento dopo, Brenda tornò seria. O perlomeno così tentò di sembrare.
“Però non te la caverai così a buon mercato. Ora hai il dovere morale di esaudire una mia richiesta.”
“Chiedi e ti sarò dato”, la sollecitò Andrea, che un attimo dopo si morse la lingua. Scrutò diffidente l’espressione arcigna della ragazza, ricevendo così conferma dei suoi timori. ”Oh, no, ancora quella fissazione?”
“Indovinato”, confermò lei, lapidaria.
“Proprio non riesci a liberartene, eh? Eppure se ben ricordi ero stato chiaro fin dall’inizio…”
“Anche io ero stata abbastanza chiara, mi sembra. E stavolta si farà a modo mio, prendere o lasciare.”
Man mano che l’intesa sessuale era cresciuta, Brenda si era fatta sempre più spregiudicata. Proponeva ad Andrea diverse varianti sul tema, oppure se le inventava sul momento.
Come Rosaria un paio di anni dopo, in pratica, con la differenza che la vigilessa non prendeva mai iniziative, aderendo però con entusiasmo a quelle che le venivano proposte. Brenda invece amava fare entrambe le cose.
E generalmente Andrea l’aveva sempre accontentata, simulando partecipazione e coinvolgimento anche quando l’entusiasmo era quello che era.
In un’occasione si era opposto seccamente, diffidandola per giunta dall’insistere. Sarebbe stato irremovibile.
“Voglio che mi stringi il collo più forte che puoi”, gli aveva chiesto di fare, ”fermandoti un momento prima che sia troppo tardi. E tutto mentre stiamo scopando, naturalmente.”
“Tu sei completamente fuori”, aveva ribattuto Andrea quando optava per una risposta civile. Perché alle successive richieste, che non erano mai cessate, aveva preso a replicare in malo modo. E spesso piuttosto volgarmente.
Ma Brenda era una ragazza testarda e determinata, e quando si metteva qualcosa sulla zucca era quasi impossibile che finisse per accantonarla.
“Se proprio ci tieni, rivolgiti a uno dei tuoi mille amici. Non avresti che l’imbarazzo della scelta, mi pare”, le aveva consigliato lui, esasperato.
“Figuriamoci! Per realizzare una pratica simile occorre una persona affidabile e misurata, che tenga a bada gli ormoni e sappia quando è il momento di dire stop”, lo aveva prontamente rimbeccato lei. ”Senza che nel giro di mezza giornata lo verrebbe a sapere tutta la riviera di Ponente. No, devi farlo tu perché sai tenere un segreto, e perché alla riservatezza ci tieni molto di più dei miei cosiddetti amici.”
E adesso, dopo che Andrea e Sonia si erano sputtanati da soli, Brenda era in posizione di vantaggio. E intendeva mantenerla. Almeno fino a quando lo scrittore non l’avrebbe aiutata a provocarle un’ipossia indotta.
Un chiodo fisso? Forse, o anche qualcosa di più.
Andrea sorseggiò l’ultimo sorso di tè, del quale quasi non assaporò il gusto. Era spalle al muro, o poco ci mancava. Tuttavia fece un ultimo tentativo per dissuaderla.
“Ti rendi conto che potresti lasciarci la pelle, stupidina?”
“Ci ho pensato tanto, e ammetto che non è un’ipotesi da scartare. Ma se sei preoccupato di finire nei guai con la legge, ho un’idea che dovrebbe levarti gli ultimi dubbi.”
“Sentiamo ‘sto lampo di genio.”
Lei si schiarì la voce. ”Girerò un video nel quale ti solleverò da ogni responsabilità nel caso accadesse l’irreparabile. Dirò che sono consenziente. Anzi, meglio ancora: dichiarerò che è stata solo e unicamente idea mia…”
“…che poi è la pura verità”, rimarcò Andrea.
“Verissimo. E farò presente tutte le tue perplessità, i dubbi, la tua riluttanza eccetera. Sarà esclusivamente colpa mia, senza nessun briciolo di dubito in merito. Ne verresti fuori più candido di quando sei entrato. Va bene così? Ti sentiresti abbastanza rassicurato, in questo modo?”
Andrea rimase impassibile per pochi istanti, dopodiché scoppiò a ridere. Fu più forte di lui, non poté evitarlo.
“Mai sentite tante cazzate affastellate una sopra l’altra! Ti rendi conto che qualsiasi avvocatuccio da quattro soldi smonterebbe questa stronzata del video in men che non si dica, asserendo che quando l’hai girato eri priva delle tue facoltà mentali?”
Brenda sobbalzò. Questa nuova prospettiva l’aveva colta alla sprovvista.
“E di conseguenza, secondo te, a chi addebiteranno le colpe? Ma sul fesso che ti ha dato manforte, naturalmente, e cioè il sottoscritto!” incalzò Andrea. ”Tiro a indovinare: scommettiamo che questo tuo stupido capriccio, poi tramutatosi in tragedia, mi costerebbe un quarto di secolo dietro le sbarre?”
Adesso, sia pur di misura, Andrea era tornato in posizione di vantaggio. Forse poteva permettersi di mercanteggiare. Oppure, meglio ancora, faceva ancora in tempo a sottrarsi dall’incombenza. Infatti Brenda fu sul punto, se non di rinunciare, perlomeno di ridimensionare le sue richieste. Ma lo stallo non perdurò a lungo.
Ci pensò per parecchio, facendosi portare una nuova tazza di tè, mentre Andrea preferì un ghiacciolo alla menta. Ma alla fine tornò alla carica.
“E va bene. Niente video o dichiarazioni registrate. Hai ragione. Se ti trascinassero in tribunale, ne usciresti probabilmente in manette. Ma se nessuno sapesse che sei stato coinvolto, e lasciassimo intendere che ho fatto tutto da sola? Non avresti più niente da temere, esatto?
“Immagino di sì. Cos’altro ti frulla per la mente, testolina?”
“Adesso ti spiego…” E nello sguardo risoluto della ragazza, Andrea vi lesse che alla fine l’avrebbe spuntata lei.
Autunno 2020
Andrea e Rosaria si rividero una settimana dopo. Stessa location – casa di lei e di Greta -, stesso orario pomeridiano. Con Greta di nuovo assente per ragioni di servizio.
Lo scrittore l’aveva avvisata già da un paio di giorni che aveva trovato la ‘variante’ che era mancata la prima volta, ma che prima di metterla in pratica era necessario parlarne.
E anche dettagliatamente.
Stavolta nulla doveva essere lasciato al caso.
Rosaria era su di giri e moriva dalla voglia di sapere.
I due si trovavano in cucina a sorseggiare il primo caffè del pomeriggio, con Andrea che non sapeva in che maniera arrivare al dunque. Finché fu la stessa Rosaria a sollecitarlo.
“Su, sputa il rospo. Cosa bolle in pentola?”
Prima di rispondere, Andrea si prese qualche secondo per svuotare la sua tazzina. Poi la posò e iniziò a illustrare la sua trovata.
Estate 2018
“Innanzitutto accadrà a casa mia, in un momento in cui mamma non ci sarà. Il giorno utile dovrebbe essere dopodomani. So che si incontrerà con la sorella per andare a fare shopping. In genere succede un paio di volte al mese”, cominciò a dire Brenda.
“Pienamente d’accordo. Sonia non deve assolutamente sapere cosa bolle in pentola”, assentì Andrea.
Sia lui che Brenda erano all’ennesimo bicchiere ti tè freddo, stavolta deteinato. Altrimenti tanti saluti al sonno notturno.
“Quando mi raggiungerai a casa non dovrai farti vedere da anima viva. Fai molta attenzione, quindi. Ufficialmente sarai da tutt’altra parte”, proseguì la ragazza.
“Più facile a dirsi che a farsi”, obiettò Andrea. ”Viviamo in un’epoca nella quale siamo circondati da telecamere di sorveglianza, e la via dove sorge casa vostra non fa eccezione. In qualche modo potrebbe restare una prova certa della mia presenza.”
“Vero, ma siccome ti renderai irriconoscibile, e non è poi così difficile, le telecamere registreranno la presenza di uno sconosciuto che rimarrà per sempre tale. Non ti farai cogliere impreparato.”
Andrea annuì. Brenda non finiva mai di stupirlo per l’acume e scaltrezza. No, non era solo la titolare di un gran bel paio di tettone. Era molto, molto di più.
“Una volta che mi avrai raggiunta, ti mostrerò una dichiarazione scritta e firmata da me. Leggila e basta, non toccarla. Meno impronte lascerai e meglio sarà.”
“Che tipo di dichiarazione?”
“Sarà una finta lettera d’addio. In pratica se ci lascio la pelle tutti sapranno che ero depressa, scoraggiata e delusa dagli uomini e dalla vita. Le solite cazzate, insomma. Passerà per un suicidio vero e proprio, e nessuno avrà modo di dubitarne. Carta canta, come si dice.”
Andrea era incerto. ”Tua madre avrebbe tutte le ragioni per avanzare seri dubbi. Non scordare che ti conosce meglio di chiunque altro. Scoppierebbe a ridere se qualcuno insinuasse che hai simili aspirazioni.”
“E avrebbe ragione, dal momento che ho intenzione di campare cent’anni, caro il mio saputello. Ma che lo voglia o meno, anche lei dovrà farsi piacere la versione ufficiale, e cioè che mi sarò tolta la vita. Soffrirebbe ancora di più se sapesse che sono morta a causa di un gioco finito male. E si domanderebbe se in quel momento ero effettivamente da sola.
“E già. Chi si suicida lo fa sempre in beata solitudine. A meno che non lo faccia solo per attirare l’attenzione, finendo poi per non suicidarsi affatto.”
“Pienamente d’accordo.”
“Però dimentichi un dettaglio mica da poco”, proseguì Andrea. ”Ti faranno l’autopsia, che nei casi di suicidio è pressoché scontata, e scopriranno che poco prima di morire hai fatto sesso. E tua madre intuirebbe subito con chi.”
Ma Brenda aveva pensato a tutto. ”Se faremo sesso, sarà dopo. Non è il caso di farlo prima, andandosela così a cercare.”
“Quindi, se ho ben capito, vuoi provare cosa significa farsi appendere a un cappio ed essere a un passo dalla morte, senza tuttavia cercare l’orgasmo… anossico, diciamo.”
“Sì. Ci ho pensato a fondo. Poi chissà. Un’altra volta potremmo tentare le due cose insieme. Sarebbe fantastico.”
Andrea fu a un passo da esprimere il classico ‘ma tutte a me capitano quelle strane?’, ma si morse la lingua per tempo.
“Per quanto mi riguarda, una volta deve bastare e avanzare. Non dare per scontato che ti assisterò tutte le volte che ti viene il prurito”, preferì avvisare.
“Va bene, come credi. Pensiamo a come andrà questo tentativo, poi chi vivrà vedrà.”
Mai una chiusa di frase solenne si sarebbe rivelata tanto profetica.
Ma naturalmente i due amanti non potevano ancora saperlo.
E come preventivato da Brenda, due giorni dopo Sonia annunciò che si sarebbe assentata fino a tardi. La sorella Angela, con cui la ragazza legava da sempre, la aspettava per il rito dello shopping. Generalmente Brenda si aggregava, ma altre volte preferiva la compagnia degli amici, o meglio ancora di Andrea.
Lo scrittore si fece vivo mezz’ora dopo. La trovò che non stava nella pelle.
“Hai un collo così bello e delicato”, tentò per l’ennesima volta di dissuaderla lui. ”Possibile che vuoi rovinartelo per uno stupido sfizio?”
“Strano. Avrei giurato che la tua parte preferita del mio corpo si trovasse un po’ più a sud del collo. E ti assicuro che non la coinvolgeremo minimamente, e una volta toltomi lo sfizio, come dici tu, ti accoglierà volentieri come sempre”, aveva replicato lei più seria che faceta.
“E vorrei vedere! Nel caso che non l’avessi capito, se ti sto dando corda in tutti i sensi è perché ne sento una lacerante nostalgia, mannaggia a te…”
“Esagerato. Sono passati solo due giorni dall’ultima volta che te le sei spupazzate.”
“Così tanti? Come dire un secolo fa, cazzo.”
L’appartamento estivo di Sonia era ubicato al terzo piano e ultimo piano di una palazzina ristrutturata in tempi remoti. Tramite una botola, che aprendosi faceva calare una scala pieghevole, era possibile accedere al soffitto. Nella soffitta Brenda aveva rinvenuto una corda che faceva al caso suo, dallo spessore di un paio di centimetri. Era lunga quasi quattro metri, e al momento opportuno ne avrebbe assicurato un capo attorno a una colonna portante che troneggiava al centro del sottotetto. Il resto della corda sarebbe stato calato lungo la botola, sin quasi toccare il pavimento dabbasso.
Quando Andrea era arrivato, tutto era praticamente pronto per ‘l’esecuzione’. A parte il cappio, che Brenda non era riuscita ad annodare con efficacia.
“A questo dovrai pensarci tu”, gli aveva detto, ”ma prima indossa questi guanti in lattice. Non devono esserci impronte di nessuno, a parte le mie.”
“Hai proprio pensato a tutto. Cominci a farmi paura, sai?”
“Leggo molti gialli”, confessò lei porgendogli i guanti. ”E non mi perdo una puntata di C.S.I.”
“Buono a sapersi”, ed entrambi scoppiarono a ridere, stemperando così una tensione che si tagliava col coltello.
Ma la parentesi ilare si chiuse rapidamente. Brenda tornò a essere scrupolosa. ”Direi che è quasi tutto, a parte il cosiddetto ‘biglietto d’addio’. Se ti volti potrai leggerlo tu stesso. Ma senza toccarlo. Anche se hai i guanti non si sa mai.”
Andrea le prestò ascolto e si chinò a leggere. Si trattava di un foglio A4 per stampanti, dove la ragazza aveva vergato alcune semplici righe, con la consueta calligrafia elegante e femminile.
‘Scusatemi, ma non ce la faccio più. É una vita senza senso, senza gioie e senza alcuno scopo. Tranne te, mamma adorata, nessuno mi ha mai apprezzata come meritavo. Perdonatemi, se potrete.’
Seguiva, in basso a destra, un laconico Brenda.
“Allora, che ne dici?” domandò lei non appena Andrea finì di leggere.
“Mah, non so. Non sembra molto credibile. Ricalca il tipico, estremo saluto di chi è piombato nella più cupa depressione. E tutti sanno che sei tutt’altro che depressa, bocconcina.”
“Vorrà dire che penseranno che la mia era tutta apparenza, e che in verità ero la tipica bambocciona che non sapeva apprezzare quello che aveva attorno, senza riuscire a trovare il coraggio di confidarsi con anima viva. Nemmeno con l’amata mammina.”
“Per fortuna a parte me non lo leggerà nessun altro, visto che fra poco, dopo che ti sarai fatta passare la fregola, lo strapperemo in mille pezzettini.”
“Infatti. Sarà proprio così.”
Autunno 2020
“Sei pienamente consapevole che potresti soccombere, sì? La vita e tua e puoi farne quello che vuoi, ma se le cose dovessero andare per il verso sbagliato, non ci sto a finire i miei giorni dietro le sbarre. Concordi anche tu?”
“Sì, naturalmente sono io a volerlo, non te. Quindi cosa proponi?” si informò Rosaria.
“I piani più semplici sono sempre i migliori. Se ci lasci le penne, insomma, tutti dovranno credere che si tratta di un suicidio.”
“Anch’io avevo pensato a qualcosa del genere. Mi fa piacere che lo hai fatto anche tu. E sarà proprio così, contaci.”
“Okay, ma dovrà essere un suicidio al di sopra di ogni sospetto. Con tanto di messaggio d’addio, dove spiegherai le ragioni del tuo insano gesto. Prendere o lasciare.”
Rosaria sorrise a modo suo, con la consueta espressione furbetta. Evidentemente anche stavolta aveva anticipato le obiezioni di Andrea.
“Non dirmi che…”
“E invece sì! Ecco, leggi se va bene.” E così dicendo, la ragazza posò sul tavolo di fianco alle tazzine di caffè un foglietto scritto di suo pugno.
Andrea non lo sfiorò nemmeno, limitandosi a piegare la testa per leggerlo da vicino. La calligrafia di Rosaria era molto comprensibile, e al limite dell’adolescenziale. Del resto aveva poco più di vent’anni.
‘Sono troppo stanca e delusa per tirare avanti. Chi mi vuole davvero bene mi capirà. Ricordatemi sempre con allegria, perché è giusto così. Addio, Rosaria.’
“Essenziale, e con un filo di mistero rimasto in sospeso”, commentò Andrea dopo averlo letto due volte.
“Ma sì. Al diavolo le disperate letterine d’addio strappalacrime! Anche perché sono la prima ad augurarmi che non venga mai letto da nessuno. Se sei d’accordo lo lascerei all’ingresso della stanza dove… mi suiciderò.”
“Come vuoi, ma prima laviamo per bene le tazzine. Non si sa mai.”
E così il dado era tratto.
Lo scenario era il medesimo della volta precedente, quindi anche stavolta la corda era stata assicurata al corrimano della ringhiera che si avvitava tra pianterreno e primo piano. Stavolta il materasso era rimasto dov’era, a differenza della volta precedente. L’auspicio era di tornare a occuparlo quanto prima, possibilmente per scoparci sopra. In quei momenti, insomma, l’abitazione delle due vigilesse sembrava tutto tranne che un’alcova.
Mezz’ora dopo aver accuratamente lavato e asciugato il servizio da caffè, Rosaria pendeva dalla corda. Ma per ora la pressione del cappio realizzato da Andrea era lieve. La ragazza infatti era in piedi sulla seggiola in legno che sul momento le impediva di passare a una posizione ben più precaria. Ma ancora per poco, a quanto pareva.
“Te lo domando per l’ultima volta, Rosaria: sei sicura? Sei veramente intenzionata a calciare via la sedia? Riflettici ancora, per favore.”
Ma Rosaria, sorridente e sbarazzina, non palesava ombre di tentennamento alcuno. ”L’importante è che tu intervenga al momento giusto, né prima e né dopo. Ti chiedo solo quello.”
“Robetta da niente, direi. Lasciami spiegare un dettaglio rilevante. Non sarà un’impiccagione classica, diciamo.”
“Cioè?”
“Non so se ci hai mai fatto caso, per esempio nei film western. Ai condannati viene fatto mancare il terreno sotto i piedi, mediante l’improvvisa apertura di una botola. Inoltre attorno alle caviglie vengono zavorrati pesantemente, per ragioni facili da intuire.”
“Sì, qualcosa mi ricordo, certo. Non amo i western, ma da bambina ero costretta a sorbirmeli, a meno che non volessi finire a letto presto. Mio padre non se ne perdeva uno.”
“Uomo dai gusti apprezzabili. Comunque sia, lo scopo della botola spalancata di colpo, e della relativa zavorra, era quello di uccidere all’istante il condannato, che si ritrovava il collo spezzato in men che non si dica. Una morte pressoché istantanea.”
“Ancora non ti seguo…”
“Presto detto. Senza questi accorgimenti, il disgraziato era destinato a una morte lenta e dolorosa, mediante soffocamento. Una fine che non augurerei al mio peggior nemico. Pare che anche Saddam Hussein fece una fine del genere. Ed è il tipo di agonia che stai rischiando te, piccola incosciente. Un po’ perché sei leggerina, un po’ perché col solo gesto di scostare la seggiola non riceverai una spinta abbastanza violenta da farti spezzare il collo. Moriresti male. Molto male.”
“Sì dà il caso che non voglio affatto morire, e che se sei qui ad assistermi, non ho da temere alcunché. Conto su di te, cretino. E poi a me interessa proprio il ‘quasi’ soffocamento, e non spezzarmi l’osso del collo. C’è altro o possiamo finalmente procedere?”
“La pelle è tua, benedetta ragazza. Tutta tua.”
Non restava altro da dire. Come concordato, Andrea non sarebbe intervenuto nemmeno per rimuovere la sedia. Lo avrebbe fatto lei, con un colpo secco alla spalliera. Dopodiché… Dio solo sapeva cosa Rosaria credeva di aspettarsi.
“Okay, vado. Sono sicura che capirai quando sarà il momento di intervenire. Del resto mi agiterò come un pesce appena pescato. Non puoi sbagliare.”
“Nel caso riavvicinerò la sedia e la rimetterò in piedi, oltre che sollevarti di peso. E se non sarai in grado di liberarti dal cappio, ti aiuterò io.”
Rosaria annuì. Esitò qualche momento, più per concentrarsi che per un’eventuale ripensamento.
Ripensamento che, se mai potesse esserci, non raggiungeva il 'quorum'. Prevaleva nettamente la brama di provare una sensazione divenuta vera e propria ossessione.
Fu un attimo. La ragazza sollevò entrambi i piedi, colpì con una botta secca la spalliera, e la seggiola si rovesciò con un tonfo, attutito dallo spessore del tappeto.
E per lei cominciò l’agonia.
Estate 2018
Forte del fatto che aveva le mani protette dai guanti di lattice, Andrea non aveva timore di lasciare impronte, e così aveva confezionato un nodo scorsoio degno delle esecuzioni di Tombstone e Dodge City.
E dopo aver fatto tre o quattro prove, lui e Brenda avevano ridotto la lunghezza del cavo al punto giusto.
Tutto era pronto, quindi.
Alla ragazza non restava altro che salire sulla sedia e infilare la testa nel cappio, cominciando a stringerselo attorno al collo. Al resto avrebbe pensato la forza di gravità. Con Andrea unico spettatore pronto a intervenire.
“C’è una cosa che non ho capito”, disse lui poco prima che Brenda si innalzasse sulla sedia. “Se ben ricordo agli inizi parlavi di scopare mentre rimanevi sospesa con la corda al collo. Come mai ci hai ripensato?”
“Preferisco fare le cose per gradi. Oggi vediamo cosa si prova a rischiare la morte per impiccagione, mentre domani mi farò impiccare mentre scopiamo. Sempre che ne valga la pena.”
“Be’, allora non farmi aspettare troppo. Quando avrai finito intendo scoparti in modo animalesco. Donna avvisata…”
“Porco!” sorrise lei. E prese il suo posto in piedi sulla sedia.
Come concordato, Andrea non la aiutò nemmeno stavolta. Del resto non occorreva.
“Caspita, come tira. E come stringe”, commentò dopo aver infilato il collo nel cappio e avendolo stretto per benino. ”Bravo, hai fatto un buon lavoro.”
“Grazie, ma non c’è bisogno che testi l’intera capacità di utilizzo di quel dannato pendaglio. Per me potresti scendere anche ora. Hai la mia parola che non ti irriderei per questo.”
“Come no. Da quando ti conosco non fai che prendermi in giro per le mie gaffe e il mio aspetto fisico. Ti conosco mascherina.” Per la prima volta nel tono di Brenda traspariva una lieve incrinatura. Dovuta sicuramente al nervosismo.
“E capirai. Io il tuo corpo lo venero. É normale che un po’ ci scherzi sopra. Dai ragazzaccia, rinuncia e scendi da quella trappola, che andiamo a divertirci a letto…”
“Ci divertiremo tra un minuto. Stai in campana, piuttosto.”
Detto questo, Brenda si guardò attorno. Poi puntò lo sguardo verso il basso. Superata una breve esitazione spinse la seggiola di lato. Quest’ultima non cadde, ma fu allontanata il tanto che bastava per rimanere fuori dalla portata dei suoi piedi.
Fu molto peggio di quanto si aspettasse. Il respiro venne subito a mancare, e una scossa elettrizzante di panico allo stato puro la pervase da cima a fondo.
Gesù, che razza di stronzata le era saltata in mente? No, non poteva resistere un momento di più.
Così accantonò orgoglio e dignità del tutto fuori luogo, il viso vermiglio e il debito di ossigeno sempre più gravoso, e cominciò a fare cenni disperati ad Andrea.
Il quale però non si schiodò di un millimetro.
Autunno 2020
La prima cosa che passò per la mente di Rosaria, una volta rimasta a penzolare come un salame, fu che non si aspettava di pesare così tanto.
No, le cose non stavano andando come aveva immaginato.
Andavano molto, molto peggio. Ed era solo l’inizio.
Che stupida era stata a non incanalare una buona riserva d’aria, come fanno gli apneisti prima di immergersi.
Era più intensa la fitta lancinante della stretta al collo, o la spaventosa incapacità di respirare? Forse entrambe le cose. Di sicuro i polmoni erano sul punto di scoppiare.
Basta! Tempo di finirla con questa puttanata. E meno male che non aveva abbinato l’agonia al sesso. Bel modo di merda sarebbe stato per lasciare questo mondo.
Avendo la testa impossibilitata a muoversi, cercò aiuto con lo sguardo sgranato e con gesti disperati delle mani. Non occorreva poi chissà quale acume per capire che stava soccombendo.
Andrea lo comprese anche prima di lei, ma si limitò a tenere le braccia incrociate e a osservarla come se Rosaria non fosse fisicamente lì. Come se assistesse a una scena finta attraverso la televisione.
No, non sarebbe intervenuto. Il destino di quella sventurata ragazza era segnato.
Estate 2018
Una statua di sale. Ecco come appariva Andrea mentre la povera Brenda si dimenava, tentava di liberarsi e annaspava lungo la corda che la stava uccidendo.
In quei drammatici frangenti lo scrittore scoprì di essere irresistibilmente attratto dal mistero dell’agonia e della successiva dipartita. Brenda gli stava soccombendo sotto gli occhi e lui faceva il tifo per il Grande Mietitore, pur rendendosi conto che una ragazza simile non l’avrebbe incontrata mai più.
Ma era più forte di lui.
Ancor meglio di una scopata super. Con un’erezione che gli nacque spontanea e prepotente, tanto per rimanere in tema.
Alla figlia di Sonia non restò altro che puntare gli occhi strabuzzanti e accusatori verso colui che, benché non avesse fatto proprio nulla, era diventato di colpo il suo boia.
'Perché?! Cosa ti ho fatto di male per meritarmi questo?' Gli urlava quello sguardo che attimo dopo attimo stava smarrendo la luce che la teneva abbrancata alla vita.
'Aiutami! Ti scongiuro, fai qualcosa!' Avrebbe voluto urlare, ma era impossibilitata a farlo.
Brenda resistette stoicamente per interminabili secondi, ma alla fine dovette capitolare.
Gli occhi le si chiusero per sempre, le braccia le piombarono inerti lungo i fianchi, le gambe smisero di sussultare. Da lì in poi, solo tenebre per lei.
Andrea la vegliò per diversi, irreali minuti. Il volto inespressivo, le braccia conserte, l’erezione che lentamente perdeva forma. Qualcosa che era paragonabile a quando si vende l’anima al diavolo, e pur andando contro ogni logica lo si fa volentieri.
Non seppe dire quanto tempo fosse passato prima che finalmente si riscosse. Non si trattò di un risveglio istantaneo, bensì come riprendere i sensi gradualmente, dopo aver subito un intervento chirurgico con relativa anestesia.
Una volta dissolto il torpore, fu sul punto di rivolgersi a lei per sapere come stava, ma poi si rese conto quanto sarebbe stato assurdo.
Così preferì non fare assolutamente niente.
Tranne abbandonare Brenda e la sua abitazione prima che Sonia facesse ritorno.
A quel punto non sarebbe stato molto astuto farsi trovare lì.
Autunno 2020
Incredulità, sofferenza mai sperimentata prima e panico isterico erano le tre sensazioni estreme che stavano accompagnando Rosaria verso la fine.
Incredulità, certo, poiché non riusciva a credere cosa vedevano i suoi occhi, sempre più velati di ombre incalzanti. Mentre Andrea non muoveva un muscolo per prestarle soccorso. Si limitava a fare lo spettatore passivo.
Non erano questi i patti, cazzo. Possibile che godesse nel vederla in preda a spasmi e scosse atroci, mentre la vita la stava abbandonando? A quanto pareva sì.
Sofferenza, certo, perché il cappio tirava e stringeva peggio di un tormento dantesco. Per non parlare dell’eccezionale scomodità a cui era costretta. Tutto, ma proprio tutto, in quei tragici momenti girava contro di lei, senza presentare la benché minima via di fuga. Che almeno finisse presto, Cristo!
E poi il panico. L’isteria. L’orrore puro. Se non l’avesse uccisa il soffocamento, avrebbe provveduto l’indicibile spavento; una sensazione di acuto terrore che l’avrebbe scortata fino all’aldilà anche dopo la tortura fisica.
“Sai, cara Rosaria?” disse finalmente Andrea, muovendo appena le labbra e scrutandola con occhi spiritati. ”Non sei la prima a cui presto assistenza mentre cerca di impiccarsi, illudendosi che il gioco si arresti per tempo, e dopo tutti a casa. E non sei la prima a fare la fine che stai facendo. E sai cosa ho scoperto assistendo alle vostre agonie? Che mi piace da impazzire…”
Furono le ultime parole che Rosaria udì prima di chiudere gli occhi per sempre.
Autunno 2018
Brenda fu meno fortunata. Quando Sonia rincasò, pendeva dall’improvvisata forca da circa mezz’ora. E tuttavia non morì.
Ma forse sarebbe stato molto meglio.
La prolungata anossia le provocò danni cerebrali irreversibili, e comunque non riprese mai i sensi.
Da quel giorno il suo armonioso corpo perse vitalità, divenendo l’involucro sempre più sfornato di un vegetale.
Come prevedibile, i primi tempi per Sonia furono devastanti. Cadde nella più profonda prostrazione, cominciò a trascurarsi e presto un po’ di grigio fece capolino tra i suoi bei capelli corvini. E anche le prime rughe di espressione fecero la loro scomparsa, come se non avessero aspettato altro, impietose e inopportune.
Tuttavia la donna tentò in qualche modo di reagire. Una delle prime misure che prese fu di rompere i ponti con Andrea. Quest’ultimo tentò di starle vicino più che poté, ma Sonia, pur non esprimendolo mai a voce, gli addossava gran parte delle colpe.
Non poteva concepire e tollerare l’ipotesi che Brenda, così innamorata della vita e ancora così giovane, avesse voluto 'realmente' togliersi la vita. Doveva esserci sotto qualcosa. Qualcosa che, però, allo stato attuale non era in grado di provare, e forse non vi sarebbe mai riuscita. Andrea doveva sapere qualcosa, poco ma sicuro. Ma lui negò recisamente, dichiarandosi spiazzato e stupefatto quanto lei.
Non tardò a congedarlo, intimandogli di non farsi più vedere.
Il magnetismo che l’aveva irresistibilmente attratta si era dissolto dal giorno alla notte. La dipendenza di Sonia verso di lui fu come se non fosse mai esistita. Ognuno per la sua strada.
Una decina di giorni dopo, riuscì a fare trasferire Brenda a Milano, facendola ricoverare in una rinomata clinica privata.
Nessuna speranza, comunque, che la bella addormentata si risvegliasse. Nella vita reale, i principi azzurri dal bacio fatato latitavano a tempo indeterminato.
Ma per Sonia era importante allontanarsi da quei luoghi dove era stata felice, intrigata e successivamente traumatizzata. Un modo come un altro per voltare pagina.
Ci fu un unico lato positivo, sia pure temporaneo: il dramma di Brenda rifece incrociare i destini di Sonia e di Fabio, il padre naturale della ragazza. L’unico vero, grande e tormentato amore della venezuelana.
Dopo di lui, poco altro. Andrea De Carolis compreso.
Tra Andrea e Brenda non si stabilì un rapporto stabile e ufficiale, ma una sorta di surrogato. Sia pure sotto traccia tenendo segreta la loro frequentazione.
Brenda, forte della verde età e di un mare di conoscenze, era libera di andare al letto con chiunque solleticasse il suo estro. Generalmente con coetanei, ma anche con qualche maturo di passaggio. Pure Andrea si riteneva al di fuori di alcun vincolo. Ma nel suo caso, anche per via dei tre decenni in più, preferiva dosare le energie, riservandole esclusivamente per lei. In attesa dell’occasione giusta per zompare sulla madre, che poi era l’obiettivo primario fin da subito.
Parafrasando un paragone calcistico, Brenda era la semifinale di Champions League. Traguardo prestigioso e riservato a pochi, certo, ma Sonia era la finalissima. E portarsela a letto equivaleva a sollevare al cielo la coppa dalle grandi orecchie. E Andrea scendeva in campo per vincere, da sempre. Al punto che, piuttosto che pareggiare, preferiva perdere. Mai accontentarsi, e giocare unicamente all’attacco, qualunque sia la posta in palio.
Intendiamoci, Brenda a letto era una forza della natura, già sufficientemente esperta e provvista di una collezione di curve che solo a guardarle erano più efficaci del Viagra. Non esistevano particolari limiti per lei. Tutto era concesso e tutto lei concedeva. Era capace di filare come un treno senza soste, ma possedeva anche un certo giudizio, specialmente nei momenti in cui Andrea, per forza di cose, aveva bisogno di recuperare le forze profuse. Manco a dirlo, poi, quel seno imponente, sodo, tondo e accessoriato di due meravigliosi capezzoli rosei e perennemente turgidi completava il quadro.
Non se ne stancava mai, e Brenda lo assecondava ben volentieri. Era a sua volta soggiogata e intrigata da quel partner avanti negli anni ma allo stesso tempo giovanile, moderno e al passo con i tempi. Un binomio azzeccato e complementare, quello fra loro due. Peccato solo, almeno per Brenda, che avesse una madre altrettanto valente.
I tempi erano di nuovo maturi per incontrare Sonia una seconda volta, ma Andrea convenne che doveva sembrare frutto del caso. E dopo ponderate riflessioni elaborò un piano semplice e credibile, che verteva su fondamenta scontate. Era il culmine dell’estate, giusto? Quindi che male c’era se 'casualmente' si fosse trovato nel lungomare giusto e al momento giusto, magari con l’inconsapevole complicità di Brenda?
“Dimmi un po’: se io e te ci incontrassimo da qualche parte, per esempio in spiaggia, senza averlo programmato, come ci regoliamo? Fingiamo di non conoscerci?” le aveva chiesto una sera, apparentemente soprappensiero.
“Ma no, perché? Al limite ci salutiamo e discorriamo facendo finta di conoscerci superficialmente. Del resto è improbabile che sarei da sola, quindi dovremo frenare i nostri bassi istinti”, aveva risposto la ragazza, strizzando l’occhio nel pronunciare gli ultimi due termini.
“In genere con chi sei, quando vai al mare?”
“Quasi sempre con mamma. A volte si aggrega qualche amico, ma le più volte ci vado solo con lei.”
Era la risposta che Andrea voleva sentire.
Qualche giorno dopo, in tarda mattinata, entrò in azione.
La calda stagione era all’apice, e come sempre la riviera ligure di ponente era stata presa d’assalto dai turisti. E Andrea, in fin dei conti, era uno di loro. Lungo le spiagge, sia pubbliche che private, non c’era più posto per collocare altri ombrelloni i sedie a sdraio. L’umanità presente era variegata, composta prevalentemente da bagnanti che non provavano alcun imbarazzo a mostrare corpi in evidente sovrappeso, con tanto di pancioni e chiappone larghe e flaccide.
In mezzo a tale festival del colesterolo, Sonia e Brenda parevano provenire da un altro pianeta. Certo, per la verità un po’ di pancetta faceva la sua bella mostra anche in quest’ultima, ma nessuno ci faceva caso, dato che l’occhio cadeva, anzi si 'incollava' su quel mastodontico paio di tettone. E meno male che stavolta aveva rinunciato al topless, sfoderando comunque un bikini ambrato di tutto rispetto. Come del resto aveva fatto Sonia, preferendone uno nero. E a differenza della figlia, la venezuelana non aveva un filo di grasso, sfoderando a sua volta un fisico semplicemente perfetto. Sovrastato per giunta da un seno che solo di poco non eguagliava le dimensioni di quello di Brenda.
Inutile dire che madre e figlia avevano costantemente gli sguardi puntati addosso, ma fingevano di non darci peso. Ma in verità ne erano lusingate. Sentirsi mangiate con gli occhi era una sensazione piacevole e inebriante, ma per darsi un tono, come la prassi imponeva, respingevano con cortese fermezza ogni sorta di approccio da parte di immancabili mosconi. Che presto o tardi davano l’addio ai sogni di gloria allorché capivano che le due ‘non ci stavano’. E in particolar modo con mosconi sconosciuti. Per concedersi a qualcuno Sonia e Brenda dovevano fidarsi ciecamente, altrimenti c’era poco da fare. Sonia in particolar modo, considerando la lunga storia d’amore vissuta in passato.
Per sua fortuna Andrea De Carolis non era esattamente uno sconosciuto, quindi le sue carte poteva giocarsele. E difatti entrò in ballo con l’intenzione di giocarsele tutte. Ma stavolta con Sonia, naturalmente, visto che con la figlia non ne aveva bisogno.
Non aveva l’aspetto di un bagnante. Ma nemmeno di uno che si era trovato per caso a passeggiare lungo il bagnasciuga. Per una volta aveva messo da parte il cappellino Bud’s, sostituendolo con uno azzurro, senza scritte e più leggero, molto pratico in estate. Barba incolta, polo Lacoste blu scura, jeans neri e scarpette di tela. Per il caldo torrido che picchiava in quei giorni si era tenuto pesantino. Fortuna che una piacevole brezza mitigava il gravoso peso dell’afa, almeno sul lungomare.
Non fu per agevole individuare chi cercava tra la calca, e dovette impegnarsi per una buona mezz’ora. Finché la sua costanza venne premiata.
Distese nelle loro sdraio e con occhiali da sole di ordinanza, mamma e figlia arrostivano sotto il solleone con apparente indifferenza verso la varia umanità che le attorniava.
Malgrado l’apparenza, non stavano schiacciando un pisolino, anche se ci stavano provando. Del resto quel giorno si prevedevano temperature oltre i trentacinque, quindi condizioni piuttosto disagevoli per sperare di abbioccarsi.
A un tratto Sonia si accorse che il sole era sparito. Strano, dal momento che nel cielo non si trovava una nuvola neanche a cercarla col lanternino. Per vederci chiaro, e in ogni senso, si sfilò gli occhiali e si avvide che qualcuno si era frapposto tra lei e la nostra stella. Un uomo, pochi dubbi in merito, anche se ne distingueva solo i contorni. Per il resto nulla di più che uno spettro scuro, circonfuso di luminescenza diurna.
Un istante dopo, lo spettro parlò.
“Piccolo il mondo. Tu sei… Sonia, esatto?”
Andrea ricordava benissimo quel nome. Non lo avrebbe mai dimenticato. Ma un minimo di pretattica non guastava.
La donna annuì stranita. Quella voce non le era nuova, ma sul momento non sapeva a quale volto abbinarla.
“Mentre tu sei… Brenda, dico bene?”
La ragazza annuì sorridendo. “Tu invece sei quello dello smartphone ritrovato. Angelo, giusto?” Non si era fatta cogliere impreparata e recitava con realismo la sua parte.
“Andrea”, la corresse lui, ricambiando il sorriso.
“Non lo riconosci, mamma? É quel signore gentile che ha trovato il tuo telefonino sul treno, qualche settimana fa.”
Nell’apprendere l’identità del nuovo arrivato, Sonia ebbe un tuffo al cuore. E il fatto che fosse così esposta, abbronzata e seminuda, la imbarazzò non poco. Eppure era normale essere così poco vestita, dal momento che si trovava in spiaggia, e non a una funzione religiosa. Certo che si ricordava di lui. Persino più di quanto Andrea potesse sperare. Sonia aveva pensato spesso a quell’individuo magnetico e misterioso, pur non confidandosi con Brenda.
“Sì, certo, che piacere. Come mai da queste parti?”
Andrea aveva la risposta pronta. ”Mi sono un po’ stufato di bighellonare nei soliti posti. Sino a oggi non ero mai stato in questa cittadina. La vedevo solo attraverso i finestrini del treno. Così stamani mi sono deciso a farci un salto. E non mi sembra un posticino così male.”
“Vero, ci si trova bene, in effetti. Magari un po’ affollato, ma del resto siamo al top della stagione”, convenne Sonia. Malgrado la sorpresa e il disagio, si era espressa senza tentennamenti. Ma una volta resasi conto dell’inevitabile, e cioè che Andrea le fissava prevalentemente il seno, un formicolio di eccitazione la percorse dalla testa ai piedi.
Per una volta il davanzale di Brenda passava in secondo piano. Ma non del tutto, naturalmente. Ogni tanto Andrea glielo sbirciava con intenzione. La ragazza ne era ben consapevole, e per qualche secondo valutò se fosse il caso di lavarti il reggiseno e rimanere in topless. Ma poi lasciò perdere. Sarebbe stato troppo plateale.
In altri momenti, ma in situazione analoga a quella, Andrea avrebbe mandato il soffitta il suo proverbiale self-control e si sarebbe prodotto in una erezione da record. Ma non in 'quel' momento lì, appunto. L’obiettivo di quella sortita mattutina era di ristabilire i contatti con Sonia, e stavolta il modo permanente. E dal momento che godeva di un’ottima memoria, non esitò a calare una carta che teneva in serbo fin dal giorno del loro primo incontro.
“E poi ammetto che sotto sotto speravo di beccare proprio voi, dal momento che abbiamo lasciato in sospeso un drink al bar… dico bene?”
“Verissimo!” squittì Brenda, cogliendo la palla al balzo, con abbinato sussulto di poppe.
“Certo, naturalmente…” le fece eco la madre, sia pure non molto convinta. ”Del resto mi sento sempre in debito con lei, facendomi risparmiare un mare di seccature ritrovando il mio telefono.”
“Sbaglio o ci davamo del tu?” Andrea lo chiese sfoderando un ghigno da simpatica canaglia quale cercava di apparire. Riuscendovi molto bene, in effetti.
“Hai ragione”, ammise Sonia, calando una mano sulla fronte come visiera, riuscendo così a inquadrarlo meglio. E di nuovo si meravigliò di come potesse sentirsi turbata da un uomo tutto sommato comune, a parte la statura più elevata della media. La risposta forse era nel modo in cui la guardava. Era uno sguardo che implicava apprezzamento, certo, oltre che desiderio libidinoso e la promessa di farla benedire di essere donna. Ma c’era anche altro. Quegli occhi celavano qualcosa. Una sorta di indecifrabile retrogusto, che poteva significare tutto o niente. Oltre che di amare, Andrea era capace di odiare con la medesima intensità? In ogni caso avrebbe voluto urlargli di saltarle addosso, ora, imponendogli di metterle le mani addosso, ovunque, per poi trombarsela selvaggiamente, a più riprese, ancora e ancora, davanti a tutti, nel bel mezzo di una spiaggia assolata.
Ma ovviamente non poteva farlo, anche se quelle brame peccaminose la fecero vistosamente arrossire.
Andrea finse di non accorgersene. ”Oppure, vista l’ora, che ne direste di pranzare insieme? Per me sarebbe un onore avervi come ospiti.”
Madre e figlia si scambiarono occhiate differenti. Brenda, manco a dirlo, aveva accettato ancor prima che Andrea finisse di parlare. Sonia invece era spiazzata. Un invito a pranzo non lo aveva messo in preventivo. Prima di pronunciarsi cercò di rammentare eventuali impegni o cavare banali scuse che giustificassero un diniego, malgrado fosse decisamente tentata. Ma non le sovvenne alcunché. Era una giornata scevra di incombenze, quella, come molte altre lì in riviera.
Al diavolo, ma sì. Male che vada scoprirò di averlo sopravvalutato, e il tutto si scioglierà come neve al sole, pensò.
“D’accordo. Dove ci porti?” concesse infine.
Fu un pranzo leggero e informale, a base di pesce. Il ristorantino sorgeva lungo la spiaggia stessa, a cento metri da dove si era svolto il ‘casuale’ incontro tra i tre.
Non avendo programmato l’evento, Sonia e Brenda non avevano avuto modo di abbigliarsi in maniera consona. Entrambe avevano cercato di fasciare i loro generosi busti con delle t-shirt bianche, abbinate a pantaloncini ridotti, specialmente quello di Brenda. T-shirt che facevano quello che potevano, ma le forme di quei seni straripanti si scorgevano anche a distanza. Con inevitabile e, in alcuni tratti, malcelato compiacimento dello scrittore.
Almeno inizialmente, Sonia era la più imbarazzata. Ma presto si trovò a suo agio grazie allo stesso Andrea. Fra battute spensierate, spesso autoironiche e mai allusive, oltre a un eloquio da perfetto padrone di casa, non la fece pentire di avere accettato l’invito. Inoltre aveva smesso di fissarla come fosse una bestia rara, riuscendo persino a ignorare quel paio di seni così conturbanti, almeno in apparenza. Non era ancora il momento di palesare le sue intenzioni. Attendeva di rimanere solo con la bella venezuelana.
Cosa che avvenne quasi a fine pasto.
“Scusate, torno subito”, annunciò Brenda, alzandosi e dirigendosi alla toilette.
Andrea e Sonia gustarono una fetta di torta gelato alla fragola, e tra loro calò una coltre di silenzio. Che non durò a lungo.
“Veramente in gamba, tua figlia. Certo, non come te, ma quasi.”
Sonia arrossì. ”Grazie”, fu in grado di dire, con un timido sorriso.
“Non avrei dubbi su chi scegliere tra voi due”, incalzò Andrea. Sondava il terreno senza strafare. Sia pure con l’obiettivo di portare a casa la vittoria.
“Ma figurati! Come se non vi conoscessi, voi uomini, specialmente di una certa età come te!” lo rimbeccò lei tra il serio e il faceto. ”Sempre a caccia di carne fresca. Più sono giovani e meglio è. Così vi illudete di sembrare giovani anche voi, ma alla resa dei conti risultate più ridicoli di quello che già siete.”
Andrea scoppiò a ridere, subito imitato dalla sua ospite. Sonia aveva espresso un concetto di cui era convinta, ma aveva smussato gli spigoli con quella risata spontanea.
“Ammetto che quanto affermi non è solo un patetico luogo comune, ahimè. Le più volte è tristemente vero. Ma non in questo caso.”
“Eppure non mi sembri il tipico sfigato che non ha successo con le donne. Scommetto che la tua rubrica telefonica è una specie di harem.”
“Fosse vero. Ma già che siamo in argomento, perdonami un’autodenuncia, Sonia.”
Sonia inarcò un sopracciglio. “Cioè?”
“Be’… Sì, insomma mi sono permesso di salvare il tuo numero, quel giorno in cui ebbi in custodia il tuo telefonino. É stato più forte di me. Ti dispiace? Sincera.”
Sonia soppesò la confessione per qualche momento. Non era del tutto sorpresa, ma era indecisa se presentargli legittime rimostranze, oppure soprassedere. In lontananza si avvide che Brenda stava facendo ritorno dalla toilette, così si affrettò a rispondere.
“No, non mi dispiace.” E non aggiunse altro.
“Ottimo. Perché più tardi mi farò vivo. C’è una cosa che vorrei domandarti. Ma adesso non faccio in tempo. Sta tornando la carne fresca.”
E per la seconda volta in un minuto scoppiarono a ridere all’unisono.
Brenda li raggiunse proprio in quel momento, perplessa da tanta ilarità, ma sorridendo a sua volta. ”Mi sono persa qualcosa?”
Al termine del pranzo le due donne si congedarono baciandolo sulla guancia, con la raccomandazione di mantenersi in contatto. In fondo l’estate era ancora lunga. Dal momento in cui Andrea si era palesato in spiaggia, sino a quello dei saluti, lui e Brenda non erano mai rimasti soli, e quindi non avevano potuto darsi appuntamento. Poco male. Avrebbe rimediato con un sms, e in ogni caso adesso era Sonia la preda da conquistare. Certo, non avrebbe relegato Brenda agli estremi margini, poco ma sicuro. Lo ragazza lo faceva impazzire, e deteneva un corpo da favola, ma Sonia era il top. La Coppa dei Campioni, appunto.
Così attese il calare della sera, senza inviare né ricevere messaggi da Brenda, ai quali comunque non avrebbe risposto subito, e si apprestò a telefonare alla madre. Sperando che in quel momento fosse sola, o almeno non con Brenda.
Gli venne risposto al terzo squillo.
“Ciao, bella mora. Sono Andrea, disturbo?”
“Ciao. No, figurati. Dimmi pure.”
Da uomo di mondo, Andrea indovinò che Sonia era sincera, e che gradiva eccome quella chiamata.
“Hai già cenato? Io non ancora.”
“Sto per farlo. Sto aspettando che Brenda ritorni dal negozietto dietro l’angolo, dove è andata per comprare due cosette. Ti unisci a noi? Il pranzo l’hai offerto tu, mi sembra giusto ripagare.”
Andrea era tentato, ma aveva altri progetti.
“Gentilissima, ma se non sono troppo sfacciato preferirei incontrarti da sola. Magari con calma, dopo che avrete finito. Oggi è sabato, dici che Brenda si precipiterà in discoteca con gli amici?”
“Non sprecherebbe mai un sabato sera. Sarebbe una tragedia.”
“E quindi la mammina resterà sola soletta fino al suo ritorno, chissà a quale ora antelucana, è corretto?”
“Fossi matta ad aspettarla sveglia, significherebbe passare una notte in bianco”, scherzò Sonia. ”Comunque non rientra mai prima delle quattro del mattino, specialmente da quando è maggiorenne.”
“Capisco… E che ne dici di passare alcune di quelle ore vuote… con me? Così potrò dirti quella cosa di cui ti ho accennato a pranzo…”
“Cosa ti impedisce di parlarmene adesso, già che ci siamo? Cosa avrai da dirmi con tanta urgenza e segretezza?” tergiversò lei. Che in realtà stava menando il can per l’aia. Rivedere Andrea, e stavolta da sola, era una prospettiva che la solleticava mica poco.
“Incontriamoci dopo cena e lo saprai”, ribadì lui.
“Sei proprio un tipo misterioso, sai?”
“Be’, mi hanno definito in tanti modi. E spesso ci hanno preso, lo ammetto. Allora? Se vuoi vengo a prenderti di persona, se mi dai l’indirizzo…”
“Potrei anche dartelo, ma non so l’ora esatta in cui Brenda uscirà.”
“Vorrà dire che appena avremo campo libero mi avvisi per telefono. So aspettare, non sarà un problema.”
Sonia finse di pensarci ancora un po’, ma alla fine diede volentieri il suo assenso. ”E va bene. Voglio fidarmi. Qualche idea su dove vorresti portarmi?”
“Ne potremo discutere se mi offrirai qualcosa a casa tua, così potremo parlare lontano da orecchie indiscrete. Poi decideremo sul da farsi.”
“Faccio bene a fare entrare in casa uno come te? Non sei pericoloso, vero?” Sonia scherzava, ma non del tutto. Andrea era pur sempre un mezzo sconosciuto.
“Parola di boy-scout, puoi fidarti.”
L’appartamento estivo di Sonia si trovava al terzo piano di una modesta palazzina sprovvista di ascensore. Sui settanta metri quadri, lo aveva acquistato alcuni anni prima, in comproprietà con Angela, la sua unica sorella. Quest’ultima le aveva tenuto compagnia fino a una settimana prima. Poi era tornata nella grande Milano per questioni di lavoro.
Andrea citofonò un quarto d’ora dopo il via libera di Sonia. Brenda era infatti uscita a godersi il sabato sera attorniata dal solito stuolo di amicizie. Gli venne aperto il portone principale e affrontò le tre rampe di scale, finché non giunse a destinazione.
Sonia lo accolse sulla soglia di casa. Bellissima e sorridente come sempre, era rimasta in abbigliamento casual, consapevole di essere comunque irresistibile, qualunque indumento indossasse.
Si salutarono scambiandosi baci sulle guance, dopodiché si chiusero la porta alle loro spalle.
E per lei fu come cadere in un baratro.
Andrea saltò i convenevoli. Afferrò la donna da dietro, mentre gli faceva strada, verso la stanza principale, che fungeva sia da cucina che da sala da pranzo.
Non le concesse l’opportunità di gridare, visto che le tappò la bocca con mano ferrea e salda. Per qualche interminabile, angoscioso istante, non fu in grado di respirare.
L’uomo le spinse la sviluppata erezione tra le natiche, che in quel momento erano fasciate da un tanga e da leggings grigio scuri. E malgrado fosse consapevole che stava per essere stuprata, a quel contatto la donna si eccitò all’istante, la figa già inzuppata e il seno che si espandeva come vivesse di vita propria.
“Troia. Sei una grandissima troia”, le ringhiò Andrea a un orecchio, mentre cercava di sganciare la cintola dei pantaloni. Lo spingeva una irresistibile, libidinosa voglia di sodomizzarla lì, lungo un corridoio stretto e male illuminato. E la voleva sentire gemere di piacere, ma anche frignare dal dolore. Senza farsi incantare dalla blanda resistenza che gli opponeva. Era solo una finzione, nel contesto di un banale gioco delle parti.
“Lo so che lo vuoi, puttana”, e intanto era quasi uscito nel suo intento. Il membro gonfio e voglioso stava per ottenere soddisfazione, e pazienza se non aveva con sé un preservativo. Per una volta ne avrebbe fatto a meno.
Quando lo sguainò del tutto, passò ai leggings. Opposero più resistenza del previsto, così decise di distenderla lungo il pavimento, senza tante cerimonie, spingendola e facendo forza col suo corpo. Sonia stramazzò a terra, battendo la tempia e cacciando un urlo. Per avere maggiore libertà di azione Andrea aveva smesso di tapparle la bocca, utilizzando le mani per abbassare, o al limite strappare a brandelli, quei dannatissimi leggings.
Ebbe successo in entrambe le opzioni, nel senso che l’indumento fu finalmente calato, ma anche danneggiato da due vistosi strappi in alto. L’ultimo ostacolo era il tanga nero, ma non fu un problema. Una volta strappatolo con una violenza spropositata, che fece di nuovo strillare Sonia, la strada era libera.
Lo scrittore spinse il suo membro con foga rabbiosa, più e più volte, follemente determinato a sodomizzare la sua preda. Quest’ultima cercava di divincolarsi, ma con scarsa convinzione. Una parte di lei si ribellava con tutte le sue forze, ma la parte preponderante ne era semplicemente soggiogata, e lo accettava di buon grado.
Al punto che trovava intollerabile il fatto di trovarsi distesa lungo il pavimento, in posizione alquanto scomoda e in evidenti difficoltà respiratorie. E sì, perché nel frattempo Andrea era tornato a tapparle la bocca e parte delle narici. Mai dire mai.
“Troia schifosa!” insisteva nel frattempo, col cazzo sempre più impegnato a farsi strada lungo il tunnel anale. E più avanzava, più Sonia pregustava un orgasmo selvaggio, feroce e preponderante rispetto alle strazianti fitte che si sprigionavano dai recessi del fondoschiena.
L’orgasmo anale, infatti, era sempre stato quello più immediato, intenso e ineluttabile per lei. Essere impalata comportava spesso immancabili svantaggi, oltre che copiose emorragie. Ma alla fine il premio era in misura esponenziale. In qualche modo Andrea lo aveva intuito, oppure aveva tirato a indovinare, poco importava. Voleva essere sfondata? Molto bene, lui era lì per quello.
Sonia, perfino in anticipo rispetto a quanto Andrea si aspettava, fu travolta da un’ondata di godimento tale che per poco non si sentì mancare. Nei momenti topici, poi, si impose di stringere i denti fin quasi a sanguinare dalle gengive, pur di non ululare a tutto fiato. Andrea, consapevole della situazione, non fece nulla per allentare la pressione. Ci diede dentro con ritmo sostenuto, senza lesinare forza e potenza alcuna. E fu il primo a rendersi conto che dal retto di Sonia ne fuoriuscivano delle perdite. Non si stupì più di tanto. Quello della venezuelana era obiettivamente stretto, e qualche conseguenza era da mettere in preventivo. E in ogni caso non pareva essersene accorta.
Superato l’apice del piacere, Sonia cessò la sua blanda resistenza passiva. Il corpo attraversato da fremiti, gli abiti fradici di sudore, i capelli ugualmente madidi. Ebbe un sussulto e un gemito quando Andrea estrasse il membro, sempre duro e ben gonfio. Lo fece senza curarsi di essere delicato. Come quando si estrae di forza una freccia conficcata nel costato. Aveva una voglia matta di sborrare, ma non dentro quel culo, pur così tonico, modellato e invitante.
No, Andrea prediligeva un’altra parte di quel corpo da favole, ed era lì che vi avrebbe riversato il suo viscoso seme.
Ovviamente mirava a quelle tettone da vaccona.
Così la costrinse a voltarsi e a mettersi supina, lunga distesa nel pavimento, con lui sempre addosso. Non indugiò un istante e le strappò quanto aveva addosso, infischiandosene se con tanta rudezza poteva causarle graffi o abrasioni. Per lui ora esistevano solo le sue tettone sode e accoglienti, e quando finì per denudarle fu l’unico momento in cui ebbe una breve esitazione. Che poi era più che giustificata.
Se le tettone di Brenda erano il non plus ultra, quelle di Sonia erano la perfezione assoluta. E questo malgrado lei avesse quasi il doppio degli anni della figlia. Anche le mammellone di Sonia, grossomodo, avevano una forma a metà strada fra tonde e a pera. In parte come quelle di Brenda, appunto, ma in parte no. Di forma leggermente diversa, quindi, ma dall’aspetto favoloso. Inoltre in quei momenti, inevitabilmente, le si erano espanse da quasi una taglia, e i capezzoli rosei, ovali, proporzionati con le dimensioni del seno stesso, adesso erano gonfi e turgidi come due monete sovrapposte.
Impossibile opporsi all’istinto di posarci sopra le labbra per leccarli, baciarli, ciucciarli… E fu quello che Andrea fece, superando l’impasse e affondando la testa tra quei promontori. E di nuovo con nessun riguardo verso chi stava sotto di lui, né tantomeno un accenno a premure o delicatezza.
Non solo. Dopo un paio di minuti trascorsi nel tentativo vano di 'consumare' quel seno così superbo, Andrea fu pervaso dalla voglia insana di mordicchiarlo. Dapprima addentando un capezzolo per volta, con una certa benevolenza, ma poi, progressivamente, mordendo sempre più forte, ancora e ancora, godendo degli strilli disperati della sua vittima, ormai alla sua completa mercé.
E più Sonia urlava, più lui infieriva, posseduto da un’aberrazione non gestibile, sadica e crescente, che non aveva sperimentato prima.
“Zitta, puttana!” abbaiò quando non ne poté più dei suoi lamenti, centrandole il viso con una sberla così energica che echeggiò tra le pareti. Sonia fu a un passo dal perdere i sensi, e comunque rimase stordita e catatonica per alcuni minuti, durante i quali Andrea non rimase certo a guardare.
Il suo pene infatti affondava in mezzo a quelle mammelle tanto bramate, compresse dalle sue stesse mani, spingendo il bacino avanti e dietro, nel limite consentito dal movimento pelvico. Quando Sonia si rese conto di cosa stesse accadendo, avvertì una nuova ondata di calore sprigionare dal bassoventre. Sentire un cazzo prossimo a eiaculare era qualcosa che la mandava su di giri sino a livelli assoluti. E nonostante perdurasse la posizione scomoda e precaria, con conseguenti difficoltà respiratorie, l’istinto prese il sopravvento.
Senza che Andrea glielo chiedesse, allungò e spalancò la bocca, con la quale accolse la punta del membro che emergeva tra le mammelle. Operazione tutt’altro che agevole e ulteriormente scomoda. Le vertebre cervicali presero a manifestare tutta la loro contrarietà, attraverso fitte intense e lancinanti. Tuttavia Sonia le ignorò. Ormai aveva attivato il pilota automatico, e qualunque cosa potesse accadere intorno a lei non la scalfiva nemmeno. Avrebbe pagato dazio più tardi, a freddo, senza beneficiare di alcuno sconto.
Naturalmente Andrea la agevolò, spingendo a sua volta, pur proseguendo a mantenere gran parte del pene immerso tra i seni. Per fortuna di Sonia gli mancava poco, molto poco, altrimenti avrebbe riportato danni piuttosto seri. Col collo, ma in fondo con l’interezza del corpo umano, non si scherzava a cuor leggero.
“Su! Così! Cosiii!!! Succhiamelo, troia! Succhiamelooo!!!”
E manco a dirsi, a quelle contumelie Sonia si galvanizzò ancora di più, profondendo tutto l’impegno e la foga della quale era capace.
Il risultato non si fece attendere. Preceduto da gemiti che si ripetevano intensi e strozzati, per Andrea l’orgasmo si manifestò con tutta la sua pienezza. Sonia accolse in bocca quando più sperma possibile, e quello che le sfuggì finì per riversarsi sui seni, in mezzo al meraviglioso solco. Il godimento che l’uomo provò fu talmente acuto da impedirgli di proferire versi o parole. Erano anni che non sperimentava nulla di simile. Sostenere che per alcuni momenti aveva varcato le soglie del paradiso era quantomeno riduttivo.
E quando la curva del piacere iniziò a decrescere, non gli riuscì più di mantenere quella postura. Così si riversò sul pavimento, lungo il fianco sinistro, momentaneamente impossibilitato di dire, pensare o fare qualunque cosa. Solo il respiro affannoso, che gradualmente scemava, rompeva un silenzio irreale.
Dal canto su, Sonia provò finalmente sollievo dalla sconveniente postura a cui era stata costretta fino a quel momento. Ma pur intirizzita, legnosa e alle prese con stringenti fitte a collo e torace, sentì il calore interno farsi ancora più rovente. In frangenti simili doveva lottare con tutte le sue forze per non sbraitare “Scopami!” a colui che era causa ed effetto di cotanto estro.
Ma non essendo Andrea nato ieri, bastò uno scambio di sguardi affinché si rendesse conto che Sonia lo reclamava ancora, e in maniera ancora più coinvolgente.
“Porco”, sibilò lei drizzandosi in piedi, con non poche difficoltà.
“Troiaccia”, replicò lui, prendendosi il suo tempo.
“In camera da letto staremo più comodi. Non farmi aspettare troppo, maiale.” E detto questo, la donna sparì dalla sua vista.
“Aspetterai il tempo che ci vorrà, puttana”, chiarì Andrea, tanto per ribadire chi teneva le redini della situazione. Ma tutto sommato Sonia non dovette attendere più di tanto.
Una manciata di minuti, e tutto ricominciava. Ma stavolta sopra un confortevole materasso.
Autunno 2020
Nonostante le ammaccature, l’umiliazione subita e l’orgoglio ferito, il vigile urbano Carmine Curreri tenne il becco chiuso. Non si confidò con anima viva, e per la prima volta nella vita riconobbe di aver trovato sulla sua strada un tipo più cazzuto di lui.
Del resto, se anche avesse voluto denunciare quello stronzo allergico alle mascherine che era comparso dal nulla poche settimane prima, che prove aveva? Nessuna. Solo aria fritta e un paio di microfratture alle vertebre.
E rigò dritto anche con Greta e Rosaria, memore dell’ultima, cordiale richiesta da parte del suo aggressore. Nessuna conversione sulla via di Damasco, per carità, ma da quel giorno smise di rivolgersi a loro con toni scontrosi e che non ammettevano repliche.
Le due ragazze se ne avvidero con piacere, e da quel giorno considerarono che sì, forse dirigere il traffico non era poi così male. Sempre meglio che squagliarsi da mattina e sera in una conceria.
Nel frattempo il triangolo amoroso procedeva senza intoppi. Ma c’era un ma.
Se con Rosaria non vi erano particolari limitazioni, nel senso che era disponibile a fare sesso completo e persino anale, con Greta il discorso era differente.
Su Andrea riversava tutta se stessa, impegnandosi a farlo godere meglio che poteva, e su questo non aveva rivali. Naturalmente Andrea gongolava per tutto ciò. In un certo senso Greta era la partner da letto che ogni uomo sognava. Persino quelli più imbranati o maldestri, che sotto le lenzuola collezionavano prestazioni scialbe, con lei avrebbero fatto un figurone. E grazie al cavolo, dal momento che faceva tutto lei.
Ma ad Andrea non bastava più. Okay, come pompinara e segaiola Greta faceva parte dell’Olimpo, ma una bella vulva pelosa tra le gambe ce l’aveva anche lei. Che però non metteva mai a disposizione. Quella landa dei suoi ‘paesi bassi’ era off-limits per chiunque, a eccezione del fidanzato. Diciamo che la ragazza, così facendo, metteva a tacere i blandi rimorsi di coscienza che la sfioravano al termine di ogni tradimento. E poi, almeno dal punto di vista ‘vaginale’, poteva dirsi fedele, dato che la dava solo a lui.
E più passava il tempo, più la cosa gli risultava indigesta. Andrea intendeva scoparsela con tutti i crismi, quella troietta in uniforme da vigilessa, nella pienezza e nella completezza di una penetrazione lenta e prolungata. Ma non c’era mai verso. Con sorridenti dinieghi, ma anche con l’ausilio dei suoi irresistibili pompini, Greta la sfangava sempre. Finché Andrea stabilì che avrebbe ottenuto quello che voleva, con le buone o con le cattive, e anche molto presto.
Basta cazzate. Era tempo di infilzarla per benino, la santerellina con la faccia da puttanella.
Quella sera filava liscia come al solito. Lui disteso lungo il letto di Greta, completamente nudo; lei seduta sulle sue cosce a gambe divaricate, con indosso solo un perizoma amaranto. Con la mano destra gli stava lavorando il cazzo in piena erezione, tramite i consueti movimenti inizialmente calibrati. Col passare dei minuti avrebbe aumentato il ritmo, ma per ora se la godeva, mentre lui si trastullava col suo appetitoso seno.
Andrea adorava perdersi tra quelle belle tette, specialmente quando Greta glielo menava di par suo. Amava strizzarle, stringerle, palpeggiarle, sollevarle, unirle, schiaffeggiarle. E lei reagiva sempre al medesimo modo, ossia gemendo se sorridendo più maliziosa che mai.
Ma quella volta non era sufficiente. Era tempo di fare il salto di qualità, e per quanto ne sapeva, aveva aspettato fin troppo.
“Oggi voglio scoparti. Senza se e senza ma. E non accetterò una risposta negativa.”
Greta non si scompose. Intensificò leggermente il ritmo della sega e continuò a sorridere.” Pensavo che quello che ti faccio ogni volta ti fosse più che sufficiente…”
“No. O comunque non più. Sono settimane che smanio dalla voglia di penetrarti. E sono sicuro che lo vuoi anche tu. Quindi cosa ci impedisce di farlo?”
“Te l’ho già spiegato, mi pare. Io lo faccio solo col mio fidanzato. Sono fatta così, vedi di accontentarti. Non mi sembra che ti vada così male, no?” Altro cambio di velocità. Evidentemente anche stavolta la ragazza si illudeva di cavarsela a buon mercato. Presto avrebbe raggiunto un ritmo insostenibile, per poi farlo schizzare spremendolo come un limone, sino a cavare l’ultima goccia. E arrivederci alla prossima. E tutto lasciava intendere che vi sarebbe riuscita anche stavolta.
“Da me non lo saprebbe di sicuro”, cercò di rassicurarla lui, ma da quell’orecchio Greta non voleva proprio sentire.
“Non ne dubito, ma lo saprei io.”
“Pure moralista adesso, la mia troietta preferita, mh…”
La manovra diversiva sembrava che stesse per ottenere i frutti sperati. Al punto che Andrea per qualche istante soppesò l’idea di lasciarsi andare e consentire alla natura di fare il suo corso. Ci andò davvero vicino. Ma recuperò l’autocontrollo appena in tempo.
Con un guizzo improvviso sollevò il busto e con la mano sinistra le afferrò il perizoma, senza badare a complimenti. L’intento era quello di abbassarli, oppure strapparli, a seconda del livello di collaborazione ricevuta.
“Mi sono rotto! Fatti una buona volta chiavare, puttana!”
“Piantala! Mi fai male!”
Ma Andrea non volle sentire ragioni. ”Ce l’hai anche te, no? Allora usala!”
Senza fare troppi sforzi riuscì a distenderla, caricandola col suo stesso peso. Nel contempo aveva calato il perizoma quanto bastava. Ora si trattava di allargarle le gambe, ma Greta opponeva un’ostinata resistenza.
“Nooo!!! Non voglio, lasciami!”
“Storie. Sì che lo vuoi, mignottella! Lo volete tutte, puttane o santarelline. Che poi puttane lo siete tutte, nessuna esclusa!”
E mentre sbraitava, Andrea cercava di farsi un varco, deciso a conquistare il suo personalissimo Sacro Graal. Peccato per lui che Greta glielo impedisse con tutte le sue forze. Il tira e molla si dilungò per un pezzo, con lui che all’eccitazione sentiva montare rabbia e frustrazione. Finché si stufò e di punto in bianco la colpì con un sonoro ceffone a una guancia.
Greta cacciò un urlo, e di riflesso lo centrò con una ginocchiata ai genitali. Tale contromossa sortì gli effetti sperati. Andrea si piegò in due, portandosi le mani nella parte offesa, in preda a un dolore lancinante e debilitante. Era anche impossibilitato di parlare o di produrre alcun movimento. La botta di Greta era stata a regola d’arte, poco ma sicuro.
Quest’ultima si affrettò a schizzare via dal letto e prese a rivestirsi di gran lena. Oltre che a essere scioccata era visibilmente alterata.
“Non permetterti mai più! Mai più, hai capito?! Grandissimo coglione!”
Andrea avrebbe voluto replicare a tono, ma era ancora impossibilitato a farlo.
“Tra noi è finita! Sbrigati a levare le tende, e non farti più vedere, bastardo!” Detto questo, Greta finì di vestirsi e abbandonò la stanza. Si sarebbe barricata in bagno finché lo sgradito ospite non si fosse congedato. E già che c’era si sarebbe regalata una bella vasca di acqua calda e tonificante. Ne aveva proprio bisogno. Avrebbe contribuito a farle cessare i tremori che ancora le pervadevano tutto il corpo. Ma guarda chi cazzo si era portata in casa. Uno stupratore! Ben le stava, però. Sarebbe stata una lezione di vita, e in futuro avrebbe selezionato con cura chi portarsi a letto, specialmente a casa sua.
Dal canto suo, Andrea faticò non poco a ristabilizzarsi dopo il devastante pestone. Dieci minuti dopo fu finalmente in grado di ricomporsi, e di abbandonare il campo.
Non prima di aver scritto GRANDISSIMA PUTTANA nello specchio da parete della stanza di lei, tramite un pennarello indelebile rosso che aveva scorto nella vicina scrivania. In verità avrebbe preferito urlarglielo a squarciagola mentre si dirigeva all’uscita, ma non era ancora in grado.. Era già tanto se riusciva a mettere un passo dietro l’altro senza crollare come un sacco di patate.
“Pronto, Andrea?”
“Ciao Rosaria, come va?”
“Bene, grazie. Senti…”
“Lo so, vuoi sapere la mia versione di quello che è successo con Greta l’altra sera”, la prevenne lui. ”Cosa vuoi che ti dica, ho perso la bussola. A volte può capitare. Quel che è certo è che non succederà più.”
“In effetti non me l’aspettavo. Eppure mi rifiuto di credere che sei il mostro che mi ha descritto ieri.”
“A proposito, come sta? Ho provato a chiamarla e a messaggiarla, ma probabilmente ha bloccato il mio contatto. L’ho fatta davvero grossa, lo so, e vorrei tanto scusarmi.”
“Sopravviverà. Greta è una roccia, e qualunque cosa le capita, le scivola addosso senza lasciare tracce. Certo, con lei non bisogna tirare troppo la corda, ma questo credo valga per tutti.”
“Parole sante. E tu invece come stai? É da un po’ che… non ti poso le zampe addosso. O sono squalificato?”
“Ahah, ma no. Anzi, se devo essere franca, ti ho chiamato soprattutto per questo…”
“Ah sì? Ottimo, sono tutto orecchie.”
“Presto detto. Greta oggi entra in servizio alle quattordici, sino alle venti. Io niente, giornata vuota, questa. Non c’è nemmeno il mio fidanzato, perciò…”
“Messaggio recepito. A più tardi, bocconcina.”
Estate 2028
Dopo la notte dello ‘stupro consensuale’, il rapporto tra Andrea e Sonia si stabilizzò nel classico binomio padrone/schiava. Mentre quello tra lui e Brenda, che rimaneva sempre clandestino, si manteneva sempre a livelli ormai consueti e collaudati, ma mai banali o ripetitivi.
Brenda era una forza della natura, e se fosse stato per lei avrebbe trascorso le intere ventiquattr’ore giornaliere a fare sesso con lui. Andrea, dal suo canto, spesso la idealizzava come una cavalla indomabile, e lui il suo domatore che faceva tutto quello che poteva placarne l’impeto. Spesso riuscendovi a gran fatica. O non riuscendoci proprio.
Forse né Brenda e né tantomeno Sonia lo avrebbero ammesso, ma entrambe, inesorabilmente, svilupparono per Andrea una vera e propria dipendenza. E in parte, ma solo in parte, questo valeva anche per lui.
E districarsi tra quelle due relazioni parallele non era per niente agevole. Occorreva incastrare i tempi in maniera esemplare, sia che incontrasse la madre, sia che incontrasse la figlia. Sino a quando sarebbe riuscito a tenere le due realtà separate? Tutto sommato gli importava poco. Anzi, a dirla tutta, l’aspirazione più grande di Andrea era di portarsele a letto entrambe, dando forma a un sogno molto comune tra chi stravede per le donne mature ma non disdegna le giovanissime. E per farcela lo scrittore puntava sul fatto che era chiaro che Sonia e Brenda lo veneravano come una divinità, e che ormai ne erano completamente succubi. Sia pure in maniere differenti.
Sonia era soggiogata dalla versione rude, dura e spietata di Andrea, mentre Brenda stravedeva per le sue doti amatoriali, e del fatto che fosse così maturo ma anche affascinante e intrigante. Difficile stabilire chi fosse la più presa delle due, anche perché ad Andrea ci tenevano in modo diverso.
Però se per Sonia si trattava di un rapporto scabroso, intenso e consenziente dominazione, per Brenda entravano in gioco i sentimenti. Che le piacesse o meno si stava innamorando sempre di più, al punto che si stava stufando di quella stupida clandestinità. Desiderava ardentemente vivere la sua storia alla luce del sole, e chi se ne fregava della differenza di età. Per certe cose l’anagrafe non conta, giusto? O valeva solo per chi era dentro la mischia?
Giorno dopo giorno, però, la determinazione di Brenda cresceva. E tutte le volte che si incontrava col suo adorato cinquantenne sollevava puntualmente l’argomento. Sulle prime Andrea aveva traccheggiato, o inventato scuse o pretesti per rinviare ogni annuncio ufficiale. Che poi consisteva nell’informare Sonia, nulla di più. E dal momento che Andrea aveva come scopo finale un bel 'threesome' non certo platonico, alla fine capitolò.
Alla prima occasione lui e Brenda avrebbero comunicato a Sonia della loro relazione.
Come avrebbe reagito la venezuelana?
Alla fine, in verità, Sonia venne a scoprirlo da sola.
Per caso, come spesso avviene in casi simili.
In una tarda mattinata di inizio settembre si era recata al centro commerciale più rinomato della provincia. Aveva bisogno di fare spese varie, sia di generi alimentari che di prodotti per la pulizia della casa. Invano aveva cercato di contattare Brenda, che però si era resa irraggiungibile, come sovente le accadeva negli ultimi tempi.
Okay, niente di male. Vista la bellissima età, la sua unica figlia aveva tutto il diritto di svagarsi come meglio preferiva. L’importante era che non frequentasse gentaglia non affidabile. O peggio ancora damerini di passaggio che avevano come unico scopo di portarsela a letto per poi scomparire prima dell’alba. Del resto era stata giovane anche lei, e in fin dei conti lo era ancora.
L’incontro con Andrea e Brenda fu uno scontro sfiorato, per la verità. Tra carrelli della spesa.
Sonia aveva terminato di riempire il suo, e si stava dirigendo alle casse, sbirciando qua e là, nel caso le sovvenisse qualcos’altro da prendere. E se si fosse trattato di codice stradale, lei avrebbe avuto torto marcio, dal momento che proveniva da sinistra. Ma entrambi i carrelli interessati si arrestarono giusto in tempo. Sonia si rivolse alla persona che lo conduceva, per scusarsi con un sorriso di circostanza, ma quando riconobbe Brenda, e soprattutto colui che la accompagnava, ogni parola le morì in gola. E la scena fu spietata, dato che Andrea stava giusto posando sul carrello un pacco di frollini dietetici. Non poteva nemmeno sostenere di essere capitato lì per caso, nel punto sbagliato e al momento sbagliato.
Tra i tre calò il gelo. Occorsero alcuni secondi prima che qualcuno si decidesse a parlare, e fu Andrea.
“Ciao, Sonia.”
L’interpellata lo ignorò platealmente. Tutta la sua attenzione era incentrata sulla figlia, a sua volta imbarazzata e indecisa su cosa dire. La scrutava con uno sguardo di fuoco, che faceva anche trasparire sbigottimento e delusione. Tu, proprio tu, sembrava accusarla. Tutte, ma non te, figlia mia.
“Immagino che non rientrerai per il pranzo”, le disse infine.
“Io…” abbozzò Brenda, visibilmente arrossita.
“Vi auguro buona giornata.”
Senza attendere repliche, che poi non avrebbe neanche ascoltato, Sonia si congedò, dirigendosi a testa alta alle casse.
Andrea e Brenda si guardarono negli occhi, sentendosi come due mocciosi pizzicati a marinare la scuola. Le loro espressioni implicavano una domanda per la quale non c’era ancora una risposta: E adesso?
“Deve averti dato di volta il cervello, non c’è altra spiegazione. Vi rendete conto di quanto siete ridicoli?”
“Ma mamma…”
“Da quanto tempo va avanti questa storia? E quando ne sarei stata informata, se oggi non vi avessi incontrati per caso? Ma sì, in fondo sono solo la tua stupida madre, che diritto avrei di sapere?”
“Magari non ti ho detto nulla perché sapevo che reagivi come stai reagendo ora, non trovi?”
“Su questo non riesco proprio a darti torto, cretina!”
Sonia, a dir poco, era furente e inviperita. Erano le otto di sera di quella stessa giornata, culminata con l’incontro inaspettato al centro commerciale. Dopo la spesa era tornata a casa come in trance, e si era preparata il pranzo come un automa. La mente altrove. Pensieri che ricadevano verso Andrea De Carolis che affondava le mani sulla sua bambina, che pareva adorarlo. Come del resto lo adorava lei, sia pure per vie diverse.
Gran parte del cibo era finito nella spazzatura, e per tutto il giorno si era sentita inappetente. Di cenare non se ne parlava, sarebbe stato un secondo spreco. Poi era rincasata Brenda, e senza giri di parole si era subito sfogata su di lei.
“Non capisco perché te la prendi tanto a cuore. Eppure non è la prima volta che mi vedi con uno più grande di me.”
“Hai solo vent’anni, Brenda. Venti! Lui ne ha più del doppio, possibile che non lo capisci? É vero, tra le decine di ragazzi che mi hai portato in casa c’era qualcuno un po’ più grande di te, ma mai un cinquantenne! Hai deciso di fare ridere tutta la riviera, portandotelo a spasso?” Sonia proprio non si capacitava.
“Che rida quanto vuole, la riviera! Andrea mi piace, e di cosa pensa la gente non mi è mai interessato, e questo dovresti saperlo bene!” Anche Brenda aveva cominciato ad alzare la voce.” Ha l’età che ha, e con questo? A essercene, persone responsabili e mature come lui! Il mondo sarebbe un posto migliore!”
A quelle parole, per lei farneticanti, Sonia rischiò di esplodere definitivamente. Per la prima volta in vita sua provò l’impulso omicida di strangolarla con le proprie mani.
Un posto migliore?! Avrebbe replicato sbraitando. Non capisci che ti stai portando a letto uno psicopatico? Vuoi fare la mia stessa fine?!
Ma chiaramente tutto ciò non poteva esternarglielo. Anche perché avrebbe dovuto spiegare come mai fosse così informata su Andrea. E soprattutto non poteva aggiungere che a lei Andrea piaceva così. Non le interessava la classica relazione tutta sesso, coccole e pasticcini. Da qualche anno aveva capito che solo le maniere rudi e spicce, con una moderata infarinatura di sadismo, erano capaci di condurla alla meta. E che meta! Certo, era ancora innamorata di Fabio, il padre naturale di Benda. E lo sarebbe stata per sempre. Ma ormai era capitolo chiuso, quindi tanto valeva guardarsi attorno. Era ancora troppo giovane per fossilizzarsi come una vedova inconsolabile.
“Va tutto bene, mamma, davvero”, proseguì la ragazza con tono distensivo. Odiava litigare, e meno che mai con lei. ”É diverso da tutti gli altri. Mi rispetta, mi vuole bene e mi fa sentire importante. Cos’altro potrei desiderare?”
“Sei maggiorenne e vaccinata. Fai come preferisci. Ma non portarmelo a casa. Non ce lo voglio vedere, mi sono spiegata?”
“Come vuoi…” si arrese Brenda. Quando Sonia era così perentoria non c’era verso di discutere. Sarebbe stato tempo perso. Ma in cuor suo si auspicava che presto o tardi le avrebbe fatto cambiare opinione.
Andrea era fantastico. Era il 'suo' Andrea. Alla faccia di chi non lo gradiva.
“Porco… maledetto… schifoso maiale…”
Nonostante Sonia fosse impegnata a eseguire un magistrale fellatio, ogni manciata di secondi si interrompeva per esternare ad Andrea cosa pensava di lui. Il fattore scatenante era stato naturalmente il rapporto tra lui e Brenda, che i due avevano debitamente nascosto. Almeno finché non li aveva pizzicati al centro commerciale.
Sonia e Andrea in quel momento si trovavano al solito alberghetto che avevano scelto da tempo come alcova. L’igiene e il servizio in camera lasciavano a desiderare, ma in compenso discrezione e riservatezza erano degni di un cinque stelle.
Andrea era in piedi, vestito, con i soli jeans calati. Il membro in massima espansione era quasi del tutto dentro la bocca di Sonia. Lei invece era completamente nuda, a parte il tanga e le scarpette dai tacchi vertiginosi. Inginocchiata, era a buon punto della prestazione. Ancora poco, poi l’uomo le sarebbe venuto addosso, e come al solito avrebbe distribuito il seme fra bocca, collo e seni.
“Zitta e succhia, puttana!” ribatteva lui ogni qualvolta la donna si interrompeva per insultarlo. Sonia sapeva che stava giocando col fuoco, eppure non riusciva a non dirgliene quattro. In fondo il bastardo che aveva di fronte si scopava allegramente la sua bambina, cazzo. Non poteva cavarsela così a buon mercato.
Peccato che Andrea fosse uno che quando non apprezzava un gioco, non la mandava certo a dire. Anzi, nell’occasione era strato fin troppo tollerante, ma la pazienza era agli sgoccioli.
“Verme… maledetto… sporcaccione…”
Basta, la misura era colma.
Il sonoro ceffone che raggiunse la guancia sinistra di Sonia echeggiò nei quattro angoli della camera. Colta di sorpresa, lei si piegò di lato, fin quasi a riversarsi lungo il pavimento. Tuttavia riuscì a restare prona, stordita e dolorante, la gota rovente.
“Quando ti ordino qualcosa devi ubbidire all’istante, troia! Mi sono spiegato?”
Sonia riuscì appena ad abbozzare col capo.
“Mi sono spiegato?!” ripeté Andrea, con un tono così vibrante da non promettere niente di buono.
“Sì… sì!”
“Molto bene. Ora riprendi quello che hai interrotto. E peggio per te se ti fermi anche solo per respirare. Dimostrami che sei meglio di quella mignotta di tua figlia!”
‘Maledetto bastardo…’ Una lacrima scorse lungo la gota offesa, mentre i rantoli di Andrea crescevano di ritmo e intensità. Presto l’avrebbe nuovamente inondata di seme caldo e appiccicoso.
Dio, come lo adorava.
“Come hai fatto a capire che volevo essere trattata così?”
“Così come?”
“Andiamo, hai capito. A parole non sono quasi mai riuscita a dirlo a nessuno. Tranne che col padre di Brenda. E nemmeno con te ce l’avrei fatta.”
Dopo il solito, cruento rapporto sessuale, Andrea e Sonia cenavano all’aperto, in un ristorante di una località poco distante da dove la donna soggiornava. E come sempre accadeva quando i due non erano impegnati in pratiche sessuali, l’atteggiamento di Andrea era ben differente. Al di fuori del contesto sado-maso tornava a essere premuroso, affettuoso e cordiale. La collocava su un piedistallo, e forse con maggiore grazia di come faceva con Brenda. La quale, però, era del tutto ignara del suo lato oscuro.
Brenda non si sarebbe fatta maltrattare, poco ma sicuro. E Andrea lo aveva intuito fin da tempi non sospetti. Invece per la madre il discorso era stato diverso.
“Diciamo che la prima volta sono partito a testa bassa, senza pensarci troppo. Qualcosa nel tuo sguardo mi diceva che non cercavi il classico tenero amante tutto rose e miele.”
“Ti sei buttato e ti è andata bene, quindi…”
“Chiaramente ero pronto a bloccarmi in qualsiasi momento. Ancora non ti conoscevo, e in frangenti simili non è facile capire fino a quando puoi spingerti. Anche perché un paio di ore dopo rischi di trovarti chiuso al gabbio. E ti lascio immaginare come vengono trattati in carcere i detenuti accusati di stupro e violenza sessuale. A proposito, come va la guancia? Temo di aver picchiato davvero duro, stavolta” E a quelle parole Andrea le carezzò dolcemente la parte offesa del viso, che comunque aveva riacquisito il colorito naturale.
“Va bene, tranquillo”, lo rassicurò lei, sorridendo, trattenendogli la mano sulla guancia. ”E mi hai colpita come volevo io. Bravissimo”
“Già che ci siamo, scusa ancora se ti ho tenuta nascosta la mia storia con Brenda. La verità penso puoi intuirla. Avrei preferito arrivare a te 'direttamente', senza coinvolgerla più di tanto. Poi okay, è andata come è andata.”
“Sì, posso capirlo. Forse dovrei essere infuriata con entrambi, e agli inizi lo ero eccome. Ma quando vedo come lei si sente felice con te, be’, non posso non provarne piacere. Però dimmi una cosa, in tutta sincerità…”
Andrea smise di addentare un cosciotto di pollo bollito e le dedicò la massima attenzione. Sapeva quando Sonia stava per parlare seriamente. Ormai la conosceva a sufficienza.
“Cosa rappresenta per te questo rapporto con lei? Una banale storia di sesso con una ragazza fresca e instancabile, o qualcosa di più?”
Andrea a tal proposito nutriva pochi dubbi. ”Tua figlia per me è molto importante. Certo, messo alle strette sceglierei te, poco ma sicuro. Se sulle prime era un mezzo molto piacevole per arrivare a te, adesso a lei ci tengo tantissimo. Le voglio molto, molto bene, Sonia.”
Sonia annuì, e gli credette. Del resto, come si faceva a non affezionarsi a Brenda? E per giunta ricambiato con gli interessi, proprio come stava accedendo ad Andrea. Brenda era speciale. Più unica che rara. E lei era la sua fortunatissima madre.
“E già che ci siamo”, proseguì lui, ”comincio ad averne piene le scatole di questa doppia vita clandestina che conduco con voi due. Le classiche rette parallele che non si incontrano mai. Non trovi anche tu che sia tempo di mettere le carte in tavola, una volta per tutte? Io mi trovo a meraviglia con entrambe, e a mio avviso è tempo di fare un bel discorsetto a Brenda, che ne pensi?
“Ammetto che da qualche tempo ci sto ragionando anche io”, disse Sonia, che nel frattempo aveva interrotto il pasto .”E sono d’accordo con te. Al diavolo la clandestinità. Diciamoglielo e basta, e vediamo come va a finire.”
Andrea annuì convinto, suggellando le parole di Sonia con un sorso di ottimo Barolo. Già pregustava la straordinaria possibilità di portarsele a letto entrambe. E se il buon giorno si vedeva dal mattino…
Fu Sonia a prendersi l’onere di informare Brenda.
“Andrea vive una storia anche con me”, le aveva detto la mattina a colazione.
Brenda aveva sorriso, credendo che la madre scherzasse, e aveva continuato a spalmare la marmellata di mirtilli nelle fette biscottate. Ma non ci mise molto a capire che non era affatto una burla. Conosceva il momento in cui Sonia parlava seriamente. Di colpo aveva smarrito l’appetito. Ed era stata risucchiata da un vortice di emozioni contrastanti.
“Da quanto?” riuscì a chiedere dopo un po’.
“Poco dopo che ha iniziato con te, credo. E ieri, be’…”
“Ieri?”
“Ieri sera, a cena, ha ammesso che l’obiettivo principale ero io. Ma ha subito aggiunto che con te si trova benissimo e che…”
“E grazie al cavolo!” sbottò Brenda, picchiando una mano sul tavolo. Era palesemente delusa e arrabbiata. Ma non solo con Andrea e con Sonia, ma anche con se stessa.
“Calmati. Sto cercando di dire che nessuna di noi due dovrà rinunciare a niente. Anzi, forse i tempi sono maturi per consolidare questo rapporto a tre, non trovi?”
Brenda inarcò un sopracciglio. ”Spiegati meglio.”
“Per esempio, che male ci sarebbe se in questo momento ci fosse anche lui, a tavola con noi? Niente più sotterfugi, o finte scuse per me o te se lui esce con l’altra… Parlo di un rapporto aperto, insomma.”
“E per scopare come si fa? Facciamo a turno, magari dopo estrazione e sorte fatta da Andrea?”
“Non essere così volgare. Detesto quando ti esprimi in questo modo, e lo sai.”
“Oppure optiamo per un’orgetta a tre? Ma sì, diamoci alla pazza gioia”, incalzò Brenda, piccata e sarcastica. ”O anche a quattro, perché no? Coinvolgiamo zia Angela, che poveretta vive da anni come una reclusa. Un po’ di sesso spensierato non potrà che farle bene.”
“Okay, Okay. Come non detto. Fai conto che questa conversazione non sia mai avvenuta e lasciamo tutto com’è. Nemmeno io ero del tutto convinta, ma secondo Andrea la cosa era fattibile, tutto qua.”
“É stata idea sua?”
“Esatto. E se ci pensi bene la soluzione da lui proposta è il male minore. Non te ne avrei parlato se non ci avessi pensato a lungo, stanotte. Perlomeno pensaci. Non devi per forza decidere adesso, sui due piedi.”
“Non occorre. Ho già deciso, e la mia risposta è no. E stasera lo stronzo mi sente, eccome se mi sente! Non mi ero mai sentita un rimpiazzo, cavolo. Accidenti a lui e a te, mamma!” Il rancore di Brenda era crescente, e non voleva sentire ragioni.”
“Ma non lo sei! Scherzi?”
“Un ripiego. Un banale piano B. Ecco cosa sono stata per lui, sinora! Non riesco a crederci!” Ancora poco e Brenda sarebbe scoppiata in lacrime. Del resto aveva appena vent’anni, e il suo lato infantile non era poi un così lontano ricordo. E il fatto che Sonia l’avesse coccolata e viziata per tutta la vita non migliorava la situazione.
A quel punto Sonia si pentì di essersi confidata. Okay, aveva agito su precisa volontà di Andrea, che in ogni caso presto o tardi avrebbe provveduto da sé. Ma alla fine si era rivelata una pessima idea.
“Va bene, controllati, figlia mia. Non ne parleremo più. Dopotutto io e te non abbiamo bisogno di nessuno, giusto?”
“Lo credevo anch’io. Ma poi abbiamo conosciuto Andrea. E da quel momento non ne sono più tanto sicura.”
Ma se non altro, Brenda riuscì a ricacciare dentro le lacrime, e a finire la colazione.
Autunno 2020
Andrea si presentò a casa di Rosaria alle tre del pomeriggio. Cinque minuti dopo i due erano già a letto, e ci stavano dando dentro. Avevano cinque ore tutte per loro, prima che Greta smontasse dal suo turno. E visto che Andrea l’ultima volta non le aveva lasciato un ricordo molto gradevole, era meglio non farsi trovare al suo rientro.
Fare sesso con una ragazza che aveva quasi trent’anni di meno era un’esperienza che Andrea avrebbe consigliato ai suoi coetanei. Rosaria era instancabile, disinibita, propensa a giochetti vari, e nel caso anche remissiva. Non vantava un seno degno di quello di Greta, ma in compenso il resto della carrozzeria era da leccarsi i baffi. Inoltre aveva una carnagione più scura della media, anche per via delle sue origini meridionali. Certo, a prima vista non aveva il sex-appeal della coinquilina, però il visino fintamente candido e ingenuo ispirava istintiva tenerezza.
Quel giorno Andrea ne scoprì un lato che non conosceva. Quello autolesionistico.
Accadde quasi per caso. A un certo punto del rapporto, con lui disteso e Rosaria a cavalcarlo, Andrea le strinse le mani attorno al collo, più che altro per finta, senza pressare più di tanto. Infatti accennò subito a staccarle, ma Rosaria lo stoppò..
“Dai, stringi”, lo esortò sorridendo.
“Sicura?”
Lei annuì e fu accontentata. Inizialmente con una certa riluttanza, ma poi la stretta divenne sempre più ferrea, finché Rosaria fu incapace di respirare, il volto paonazzo e gli occhi che minacciavano di schizzare fuori dalle orbite. Andrea a quel punto mollò la presa, come se stesse stringendo un ferro rovente.
Rosaria prese a tossire e singhiozzare, scuotendosi in una maniera che lui trovò molto sexy (era pur sempre nuda). E soprattutto riprese a respirare, dettaglio mica da poco, e a riacquistare il colorito naturale del viso.
“Wow!” esclamò quando fu in grado di parlare. ”Forte! Lo rifacciamo?”
“Tu sei matta come un cavallo”, sospirò lui, che non riuscì a mascherare il sollievo per il mancato pericolo. Ci mancava solo che Rosaria tirasse le cuoia sotto le sue mani, e mentre se la stava allegramente scopazzando.
“Mi piace sperimentare cose nuove, che c’è di male?” lo rintuzzò lei, mentre ancora si gustava l’esperienza appena terminata.
“A parte rischiare di morire per soffocamento o a causa del collo spezzato, dici? Ma niente, che sarà mai?”
“Dai, ti prego Andrea, rifacciamolo. E stavolta non fermarti così presto. Fammi intravedere il famoso tunnel, sia pure a debita distanza.”
Andrea, disorientato come raramente gli era successo in passato, volle scrutarla attentamente negli occhi prima di pronunciarsi. E vi lesse la tipica determinazione dei giovani quando si mettono in testa qualcosa. Fosse anche la più sconveniente o pericolosa.
E in casi del genere forse c’era un sistema collaudato per riportarli ai più miti consigli, e cioè accontentarli.
Possibilmente al 110 percento.
Come dire che, se hai voluto la bici…
“Be’, se vuoi potremmo rendere le cose molto più interessanti… Del resto il tempo non ci manca, giusto?”
“Certo! Quasi quattro ore, per la precisione, prima che rientri Greta.”
“Okay. Allora vediamo se l’idea che mi è venuta riuscirà a intrigarti…”
Rosaria era tutta orecchi.
“Ma prima, che ne diresti di portare a temine la scopata?”
Rosaria si dichiarò d’accordo.
Come prima cosa, al termine dell’atto sessuale, i due amanti si chiusero in bagno per concedersi una doccia in comune. Ci mancò poco che, già che c’erano, realizzassero il bis, ma alla fine soprassedettero.
Una volta lavati, profumati e asciutti, e assaporato uno squisito tè al limone preparato da Rosaria, Andrea illustrò la sua pensata.
“Si potrebbe introdurre una variante mica da poco, tanto per cominciare. Che ne dici se anziché sperimentare l’anossia tramite strangolamento manuale, la facciamo causare da una vera e propria forca? Un bel nodo scorsoio, col tuo bel corpicino sospeso nel vuoto, mediante una robusta corda al collo che lentamente ti porta a sfiorare il punto di non ritorno?”
“Grande! Sì, mi piacerebbe provarlo! Oltretutto da qualche parte dovremmo avere una fune resistente, lunga almeno tre metri… pensi che basterebbero?”
“Credo di sì, ma… sei sicura? I rischi ci sono tutti, e non sono pochi…”
“Certo che lo sono! Ma spiegami una cosa: mi impiccheresti mentre stiamo scopando?”
“Ovvio”, sorrise lui. ”Il fine del gioco è appunto sborrare dentro la tua bella fighetta mentre sono disteso sulla schiena, con te sopra, aggravata dal cappio che ti tira e ti strozza dall’alto.” Poi, dopo qualche secondo di sospensione, aggiunse strizzandole un occhio: ”E se tanto mi dà tanto, dovresti provare un orgasmino davvero notevole. Di quelli che si ricordano a lungo, bocconcina”.
“Wow! Sì, sì, facciamolo! Assolutamente!”
“Perfetto. Sì, una fune di tre metri dovrebbe bastare. Ora ti spiego come e dove ci collochiamo.”
La casa in cui Greta e Rosaria convivevano era composta da due piani. Erano collegati tra loro da una scala dai gradini marmorei, che si arrampicava lungo la parete, mentre una ringhiera in ferro accompagnava chi vi saliva o vi scendeva. Andrea pensò di legare un’estremità della corda nel punto più alto del corrimano. Dopodiché volle testare di persona quello che appariva evidente, e cioè che la struttura metallica era in grado di reggere ben oltre i suoi settantacinque chili circa.
Andrea volle addirittura strafare, e si inerpicò lungo la corda sino a un metro da terra. Vi rimase sospeso per due minuti, sotto lo sguardo interessato di Rosaria.
“Sì, direi che possiamo andare a colpo sicuro. Abbiamo il tuo patibolo, contenta?”
“Sì, tanto! Su, ora scendi e aiutami a spostare il materasso.”
L’ideale sarebbe stato il letto vero e proprio, ma sul momento era un po’ complicato rimuoverlo, e comunque dipendeva dalla riuscita dell’esperimento. Se tutto si fosse svolto secondo il gradimento di Rosaria, la prossima volta avrebbero fatto le cose a puntino.
Così i due amanti distesero il materasso del letto di lei in corrispondenza del capo della corda sospesa per aria. Andrea, con insospettabile abilità, ne ricavò in breve un cappio dignitoso, certamente in grado di sostenere l’esiguo peso della vigilessa. Dopo due o tre ritocchi, cappio e corda avevano raggiunto l’altezza ideale.
“Perfetto così. Sì può senz’altro cominciare, se ne sei ancora convinta.”
“Certo che lo sono! Più che mai!” La fregola di Rosaria per provare immantinente la nuova esperienza era lampante. Ad Andrea ricordò l’entusiasmo di uno scolaretto la sera prima della gita studentesca di primavera.
Così, dopo averle assicurato il cappio attorno al collo, stringendolo con una certa energia, si distese lungo il materasso. Entrambi erano completamente nudi a eccezione dei boxer di Andrea, che si calò un attimo dopo. L’erezione che si liberò all’aria aperta era ai massimi storici, e Rosaria ne fu più che lusingata. Stava già respirando con affanno, ma nel complesso teneva abbastanza bene.
Andrea aveva calcolato la lunghezza della corda con precisione millimetrica. Rosaria era infatti in grado di cavalcarlo con tutto il suo peso, ma era costretta a tenersi più eretta possibile per non trovarsi con le via respiratorie ostruite.
“Vado?” domandò lui dopo averla penetrata con estrema facilità. Rosaria non si fidò di rispondere a voce o con un cenno del capo, così sollevò in alto un pollice. ”Perfetto.”
Andrea cominciò a dimenare il bacino, mentre Rosaria lo agevolava meglio che poteva. Nonostante la gravosa postura, la stretta al collo più implacabile del previsto, che avrebbe consigliato la massima immobilità, la ragazza era eccitatissima, e con la pelle d’oca. I capezzoli le si inturgidirono come di rado era mai accaduto, e quando Andrea la accarezzò i fianchi e i glutei si sentì pervadere da una piacevole scossa elettrica.
Andrea si impegnò allora non far calare l’intensità della situazione, e da sotto spinse più volte, ma senza strafare. Si rendeva conto infatti che rischiava di eiaculare con largo anticipo.
I gemiti di Rosaria intanto erano divenuti di difficile interpretazione: godimento o spasmi di insopportabile patimento? Vallo a sapere.
Molto più probabile che si trattasse di un perfetto mix.
Ciò che era certo, anche se Andrea non poteva averne la sicurezza assoluta, era che Rosaria voleva continuare, e a ogni costo.
Eppure si percepiva chiaramente come fosse in apnea. Per non parlare del viso paonazzo e degli scossoni sempre più frequenti. L’istinto di conservazione cercava di fare valere le sue ragioni.
In ogni caso, grazie al cielo, non si superò il limite invalicabile. Andrea decise che era stupido e controproducente, così si abbandonò a un intenso orgasmo, appagante e liberatorio. Del resto capitava sempre così, con Rosaria. Lo faceva godere in modo speciale. Chissà, forse grande merito era per via della sua carne fresca e appetibile.
Stavolta però non restò disteso a farsi cullare dagli scampoli di quanto appena scemato. Urgeva soccorrere Rosaria prima che fosse troppo tardi, e così fece.
E anche in questo caso, non appena l’aria tornò a ossigenarle i polmoni, la ragazza fu combattuta da sensazioni contrastanti. Ma quella che soverchiava tutte era l’esaltazione.
“Fantastico!” esclamò appena poté, massaggiandosi il collo, pesantemente solcato dai segni lasciati dalla corda. ”Certo, ho provato paura, panico, angoscia… ma soprattutto eccitazione allo stato puro! Mai vista una cosa simile!” Da come rideva e gesticolava, non sembrava una che era stata a un passo da una morte orribile.
“Okay, ma per quanto mi riguarda la professione di boia termina qua. Mi sono eccitato un mondo anche io, lo ammetto, ma sapessi che strizza, a un certo punto…”
“Vuoi scherzare?! Invece ti dico che la prossima volta dobbiamo fare di meglio. Ed è possibile, fidati.”
“Benedetta ragazza, ancora pochi minuti ed eri bella che pronta per una sana autopsia, non so se mi spiego…”
“Forse non mi sono spiegata, Andrea. É andato tutto a meraviglia, ma sono consapevole che non è il caso di sfidare troppo la sorte. Tuttavia…”
“Tuttavia?”
“Insomma, la farò breve. Stavo per venire, ma tu, ecco… ci sei arrivato prima.”
Andrea si diede una pacca in fronte. ”Cacchio, sono dolente, bocconcina. Ma sai, dopo sborrato mi interessava solo di ‘disimpiccarti’, e ammetterai che era una motivazione più che valida. Però Okay, anche tu hai le tue legittime pretese, ci mancherebbe.”
“E quindi? Sei d’accordo che è il caso di riprovare?”
“E sia. Ma non oggi. Del resto dobbiamo rimettere tutto a posto, prima che la tua coinquilina ritorni. Greta non è una stupida, non vorrei che fiutasse il marcio.” Poi, osservandole con occhio clinico le piaghe sul collo, aggiunse: ”E per qualche giorno ti consiglio di coprirlo per benino. Se Greta o il tuo fidanzato se ne accorgono, non so proprio che scusa potresti trovare.”
Rosaria annuì, facendo scorrere delicatamente le dita lungo la pelle offesa del collo. Per fortuna era autunno inoltrato. Un maglione a collo altro non avrebbe destato sospetti o domande fuori luogo.
Estate 2018
Brenda vantava molte qualità, ma non certo quella della pazienza o della diplomazia.
Aveva convocato, o meglio 'precettato', Andrea per il primo pomeriggio. Ma stavolta presso un locale pubblico. Al diavolo alberghi o pensioni di quart’ordine. Anche perché, sotto sotto, alla fine temeva di cascarci e di perdonarlo nel modo più naturale che esista, e a lei stavolta non andava.
O almeno non prima di un definitivo chiarimento. Meglio piantare i giusti paletti laddove occorreva, e tracciare determinati confini, prima che nascessero ulteriori equivoci.
Dopo un tiepido saluto, specialmente da parte di lei, i due si erano seduti a un tavolino all’aperto. Entrambi avevano ordinato un tè freddo alla pesca, che Brenda nemmeno sfiorò.
“Mamma mi ha parlato di voi due”, cominciò andando subito al punto. ”E questo posso capirlo. Accettarlo magari no, perché credevo di bastarti io…”
“Senti, Brenda…”
“Silenzio. Non ho ancora finito.” Mai vista una Brenda tanto irrequieta. Per l’occasione aveva rinunciato a vestirsi da svampita provocante, senza un accenno di scollatura. ”Ciò che mi ha ferita di più è stata l’arrendevolezza di lei, che per giunta mi ha proposto una sorta di mutua frequentazione a tre. Un triangolo bello e buono e alla luce del sole. Come nelle favolette per bambini: io, tu e lei sempre insieme. Mica male per uno della tua età, vero? Be’, come l’ho detto a lei, ora lo riferisco a te. Scordatevelo. Mi sono spiegata?”
Tanti saluti all’orgetta con mamma e figlia, pensò Andrea sospirando. Del resto sarebbe stato troppo bello, o semplicemente 'troppo', e ne era sempre stato consapevole.
In fondo andava alla grande anche così. Si portava a letto due donne favolose, curve mozzafiato e perennemente disponibili non appena schioccava le dita. Cosa pretendeva di più?
“Brenda, lo so, non sono stato corretto nei tuoi confronti. Certo, entrambi siamo liberi di coltivare altre amicizie e vivere avventure con chi vogliamo, ma con tua madre avrei dovuto tirarmi indietro.”
“Poco ma sicuro.”
“Okay, ma ormai è successo. So che sei furiosa con me, e mi dispiace. Ma a te ci tengo, Brenda. Molto più di quanto credi. Perciò dimmelo tu cosa devo fare. Vuoi che non la cerchi più? Preferisci che le cose tornino come agli inizi, quando Sonia restava ai margini? Tu dillo e io lo farò.”
Brenda meditò a lungo, prima di rispondere. C’era da credergli? Non lo conosceva ancora abbastanza per poterlo affermare con certezza.
“Davvero lo faresti?”
Come no. E gli asini volano, pensò Andrea, che non aveva alcuna intenzione di rinunciare a nessuna delle due. Con o senza orgetta. ”Sono uno di parola. Tu chiedi e io eseguirò.”
Lei annuì, e fu quasi sul punto di credergli per davvero. Ma poi pensò che non voleva far soffrire Sonia, che aveva tutto il diritto di amare chi voleva. E inoltre, malgrado la giovane età, sapeva come erano fatti gli uomini. Eccome se li conosceva! E Andrea, pur essendo una persona speciale, non faceva eccezione. Prima o poi avrebbe ripreso i contatti con Sonia, di nascosto, e la madre era troppo influenzabile per respingerlo. Sarebbe stata una battaglia persa in partenza. Tanto valeva giocare a carte scoperte, in un tavolo con tre giocatori.
“Non voglio costringerti a tanto. A me basta che mi teniate fuori quando stai con lei. E altrettanto dovrà fare lei quando stai con me. In pratica vi sto chiedendo che non cambi niente. Alla fin fine, è il male minore.” E finalmente Brenda sorseggiò il suo tè freddo, che con l’arsura che dominava quei giorni, era quello che ci voleva. Sembrava un’estate destinata a durare a lungo, canicola compresa.
“Se devo essere sincero, questo tuo atteggiamento ti fa onore. Un’altra al tuo posto mi avrebbe rovesciato il tè in faccia.”
“Magari sono ancora in tempo a farlo, chi lo sa?”
Entrambi scoppiarono a ridere.
Ma un momento dopo, Brenda tornò seria. O perlomeno così tentò di sembrare.
“Però non te la caverai così a buon mercato. Ora hai il dovere morale di esaudire una mia richiesta.”
“Chiedi e ti sarò dato”, la sollecitò Andrea, che un attimo dopo si morse la lingua. Scrutò diffidente l’espressione arcigna della ragazza, ricevendo così conferma dei suoi timori. ”Oh, no, ancora quella fissazione?”
“Indovinato”, confermò lei, lapidaria.
“Proprio non riesci a liberartene, eh? Eppure se ben ricordi ero stato chiaro fin dall’inizio…”
“Anche io ero stata abbastanza chiara, mi sembra. E stavolta si farà a modo mio, prendere o lasciare.”
Man mano che l’intesa sessuale era cresciuta, Brenda si era fatta sempre più spregiudicata. Proponeva ad Andrea diverse varianti sul tema, oppure se le inventava sul momento.
Come Rosaria un paio di anni dopo, in pratica, con la differenza che la vigilessa non prendeva mai iniziative, aderendo però con entusiasmo a quelle che le venivano proposte. Brenda invece amava fare entrambe le cose.
E generalmente Andrea l’aveva sempre accontentata, simulando partecipazione e coinvolgimento anche quando l’entusiasmo era quello che era.
In un’occasione si era opposto seccamente, diffidandola per giunta dall’insistere. Sarebbe stato irremovibile.
“Voglio che mi stringi il collo più forte che puoi”, gli aveva chiesto di fare, ”fermandoti un momento prima che sia troppo tardi. E tutto mentre stiamo scopando, naturalmente.”
“Tu sei completamente fuori”, aveva ribattuto Andrea quando optava per una risposta civile. Perché alle successive richieste, che non erano mai cessate, aveva preso a replicare in malo modo. E spesso piuttosto volgarmente.
Ma Brenda era una ragazza testarda e determinata, e quando si metteva qualcosa sulla zucca era quasi impossibile che finisse per accantonarla.
“Se proprio ci tieni, rivolgiti a uno dei tuoi mille amici. Non avresti che l’imbarazzo della scelta, mi pare”, le aveva consigliato lui, esasperato.
“Figuriamoci! Per realizzare una pratica simile occorre una persona affidabile e misurata, che tenga a bada gli ormoni e sappia quando è il momento di dire stop”, lo aveva prontamente rimbeccato lei. ”Senza che nel giro di mezza giornata lo verrebbe a sapere tutta la riviera di Ponente. No, devi farlo tu perché sai tenere un segreto, e perché alla riservatezza ci tieni molto di più dei miei cosiddetti amici.”
E adesso, dopo che Andrea e Sonia si erano sputtanati da soli, Brenda era in posizione di vantaggio. E intendeva mantenerla. Almeno fino a quando lo scrittore non l’avrebbe aiutata a provocarle un’ipossia indotta.
Un chiodo fisso? Forse, o anche qualcosa di più.
Andrea sorseggiò l’ultimo sorso di tè, del quale quasi non assaporò il gusto. Era spalle al muro, o poco ci mancava. Tuttavia fece un ultimo tentativo per dissuaderla.
“Ti rendi conto che potresti lasciarci la pelle, stupidina?”
“Ci ho pensato tanto, e ammetto che non è un’ipotesi da scartare. Ma se sei preoccupato di finire nei guai con la legge, ho un’idea che dovrebbe levarti gli ultimi dubbi.”
“Sentiamo ‘sto lampo di genio.”
Lei si schiarì la voce. ”Girerò un video nel quale ti solleverò da ogni responsabilità nel caso accadesse l’irreparabile. Dirò che sono consenziente. Anzi, meglio ancora: dichiarerò che è stata solo e unicamente idea mia…”
“…che poi è la pura verità”, rimarcò Andrea.
“Verissimo. E farò presente tutte le tue perplessità, i dubbi, la tua riluttanza eccetera. Sarà esclusivamente colpa mia, senza nessun briciolo di dubito in merito. Ne verresti fuori più candido di quando sei entrato. Va bene così? Ti sentiresti abbastanza rassicurato, in questo modo?”
Andrea rimase impassibile per pochi istanti, dopodiché scoppiò a ridere. Fu più forte di lui, non poté evitarlo.
“Mai sentite tante cazzate affastellate una sopra l’altra! Ti rendi conto che qualsiasi avvocatuccio da quattro soldi smonterebbe questa stronzata del video in men che non si dica, asserendo che quando l’hai girato eri priva delle tue facoltà mentali?”
Brenda sobbalzò. Questa nuova prospettiva l’aveva colta alla sprovvista.
“E di conseguenza, secondo te, a chi addebiteranno le colpe? Ma sul fesso che ti ha dato manforte, naturalmente, e cioè il sottoscritto!” incalzò Andrea. ”Tiro a indovinare: scommettiamo che questo tuo stupido capriccio, poi tramutatosi in tragedia, mi costerebbe un quarto di secolo dietro le sbarre?”
Adesso, sia pur di misura, Andrea era tornato in posizione di vantaggio. Forse poteva permettersi di mercanteggiare. Oppure, meglio ancora, faceva ancora in tempo a sottrarsi dall’incombenza. Infatti Brenda fu sul punto, se non di rinunciare, perlomeno di ridimensionare le sue richieste. Ma lo stallo non perdurò a lungo.
Ci pensò per parecchio, facendosi portare una nuova tazza di tè, mentre Andrea preferì un ghiacciolo alla menta. Ma alla fine tornò alla carica.
“E va bene. Niente video o dichiarazioni registrate. Hai ragione. Se ti trascinassero in tribunale, ne usciresti probabilmente in manette. Ma se nessuno sapesse che sei stato coinvolto, e lasciassimo intendere che ho fatto tutto da sola? Non avresti più niente da temere, esatto?
“Immagino di sì. Cos’altro ti frulla per la mente, testolina?”
“Adesso ti spiego…” E nello sguardo risoluto della ragazza, Andrea vi lesse che alla fine l’avrebbe spuntata lei.
Autunno 2020
Andrea e Rosaria si rividero una settimana dopo. Stessa location – casa di lei e di Greta -, stesso orario pomeridiano. Con Greta di nuovo assente per ragioni di servizio.
Lo scrittore l’aveva avvisata già da un paio di giorni che aveva trovato la ‘variante’ che era mancata la prima volta, ma che prima di metterla in pratica era necessario parlarne.
E anche dettagliatamente.
Stavolta nulla doveva essere lasciato al caso.
Rosaria era su di giri e moriva dalla voglia di sapere.
I due si trovavano in cucina a sorseggiare il primo caffè del pomeriggio, con Andrea che non sapeva in che maniera arrivare al dunque. Finché fu la stessa Rosaria a sollecitarlo.
“Su, sputa il rospo. Cosa bolle in pentola?”
Prima di rispondere, Andrea si prese qualche secondo per svuotare la sua tazzina. Poi la posò e iniziò a illustrare la sua trovata.
Estate 2018
“Innanzitutto accadrà a casa mia, in un momento in cui mamma non ci sarà. Il giorno utile dovrebbe essere dopodomani. So che si incontrerà con la sorella per andare a fare shopping. In genere succede un paio di volte al mese”, cominciò a dire Brenda.
“Pienamente d’accordo. Sonia non deve assolutamente sapere cosa bolle in pentola”, assentì Andrea.
Sia lui che Brenda erano all’ennesimo bicchiere ti tè freddo, stavolta deteinato. Altrimenti tanti saluti al sonno notturno.
“Quando mi raggiungerai a casa non dovrai farti vedere da anima viva. Fai molta attenzione, quindi. Ufficialmente sarai da tutt’altra parte”, proseguì la ragazza.
“Più facile a dirsi che a farsi”, obiettò Andrea. ”Viviamo in un’epoca nella quale siamo circondati da telecamere di sorveglianza, e la via dove sorge casa vostra non fa eccezione. In qualche modo potrebbe restare una prova certa della mia presenza.”
“Vero, ma siccome ti renderai irriconoscibile, e non è poi così difficile, le telecamere registreranno la presenza di uno sconosciuto che rimarrà per sempre tale. Non ti farai cogliere impreparato.”
Andrea annuì. Brenda non finiva mai di stupirlo per l’acume e scaltrezza. No, non era solo la titolare di un gran bel paio di tettone. Era molto, molto di più.
“Una volta che mi avrai raggiunta, ti mostrerò una dichiarazione scritta e firmata da me. Leggila e basta, non toccarla. Meno impronte lascerai e meglio sarà.”
“Che tipo di dichiarazione?”
“Sarà una finta lettera d’addio. In pratica se ci lascio la pelle tutti sapranno che ero depressa, scoraggiata e delusa dagli uomini e dalla vita. Le solite cazzate, insomma. Passerà per un suicidio vero e proprio, e nessuno avrà modo di dubitarne. Carta canta, come si dice.”
Andrea era incerto. ”Tua madre avrebbe tutte le ragioni per avanzare seri dubbi. Non scordare che ti conosce meglio di chiunque altro. Scoppierebbe a ridere se qualcuno insinuasse che hai simili aspirazioni.”
“E avrebbe ragione, dal momento che ho intenzione di campare cent’anni, caro il mio saputello. Ma che lo voglia o meno, anche lei dovrà farsi piacere la versione ufficiale, e cioè che mi sarò tolta la vita. Soffrirebbe ancora di più se sapesse che sono morta a causa di un gioco finito male. E si domanderebbe se in quel momento ero effettivamente da sola.
“E già. Chi si suicida lo fa sempre in beata solitudine. A meno che non lo faccia solo per attirare l’attenzione, finendo poi per non suicidarsi affatto.”
“Pienamente d’accordo.”
“Però dimentichi un dettaglio mica da poco”, proseguì Andrea. ”Ti faranno l’autopsia, che nei casi di suicidio è pressoché scontata, e scopriranno che poco prima di morire hai fatto sesso. E tua madre intuirebbe subito con chi.”
Ma Brenda aveva pensato a tutto. ”Se faremo sesso, sarà dopo. Non è il caso di farlo prima, andandosela così a cercare.”
“Quindi, se ho ben capito, vuoi provare cosa significa farsi appendere a un cappio ed essere a un passo dalla morte, senza tuttavia cercare l’orgasmo… anossico, diciamo.”
“Sì. Ci ho pensato a fondo. Poi chissà. Un’altra volta potremmo tentare le due cose insieme. Sarebbe fantastico.”
Andrea fu a un passo da esprimere il classico ‘ma tutte a me capitano quelle strane?’, ma si morse la lingua per tempo.
“Per quanto mi riguarda, una volta deve bastare e avanzare. Non dare per scontato che ti assisterò tutte le volte che ti viene il prurito”, preferì avvisare.
“Va bene, come credi. Pensiamo a come andrà questo tentativo, poi chi vivrà vedrà.”
Mai una chiusa di frase solenne si sarebbe rivelata tanto profetica.
Ma naturalmente i due amanti non potevano ancora saperlo.
E come preventivato da Brenda, due giorni dopo Sonia annunciò che si sarebbe assentata fino a tardi. La sorella Angela, con cui la ragazza legava da sempre, la aspettava per il rito dello shopping. Generalmente Brenda si aggregava, ma altre volte preferiva la compagnia degli amici, o meglio ancora di Andrea.
Lo scrittore si fece vivo mezz’ora dopo. La trovò che non stava nella pelle.
“Hai un collo così bello e delicato”, tentò per l’ennesima volta di dissuaderla lui. ”Possibile che vuoi rovinartelo per uno stupido sfizio?”
“Strano. Avrei giurato che la tua parte preferita del mio corpo si trovasse un po’ più a sud del collo. E ti assicuro che non la coinvolgeremo minimamente, e una volta toltomi lo sfizio, come dici tu, ti accoglierà volentieri come sempre”, aveva replicato lei più seria che faceta.
“E vorrei vedere! Nel caso che non l’avessi capito, se ti sto dando corda in tutti i sensi è perché ne sento una lacerante nostalgia, mannaggia a te…”
“Esagerato. Sono passati solo due giorni dall’ultima volta che te le sei spupazzate.”
“Così tanti? Come dire un secolo fa, cazzo.”
L’appartamento estivo di Sonia era ubicato al terzo piano e ultimo piano di una palazzina ristrutturata in tempi remoti. Tramite una botola, che aprendosi faceva calare una scala pieghevole, era possibile accedere al soffitto. Nella soffitta Brenda aveva rinvenuto una corda che faceva al caso suo, dallo spessore di un paio di centimetri. Era lunga quasi quattro metri, e al momento opportuno ne avrebbe assicurato un capo attorno a una colonna portante che troneggiava al centro del sottotetto. Il resto della corda sarebbe stato calato lungo la botola, sin quasi toccare il pavimento dabbasso.
Quando Andrea era arrivato, tutto era praticamente pronto per ‘l’esecuzione’. A parte il cappio, che Brenda non era riuscita ad annodare con efficacia.
“A questo dovrai pensarci tu”, gli aveva detto, ”ma prima indossa questi guanti in lattice. Non devono esserci impronte di nessuno, a parte le mie.”
“Hai proprio pensato a tutto. Cominci a farmi paura, sai?”
“Leggo molti gialli”, confessò lei porgendogli i guanti. ”E non mi perdo una puntata di C.S.I.”
“Buono a sapersi”, ed entrambi scoppiarono a ridere, stemperando così una tensione che si tagliava col coltello.
Ma la parentesi ilare si chiuse rapidamente. Brenda tornò a essere scrupolosa. ”Direi che è quasi tutto, a parte il cosiddetto ‘biglietto d’addio’. Se ti volti potrai leggerlo tu stesso. Ma senza toccarlo. Anche se hai i guanti non si sa mai.”
Andrea le prestò ascolto e si chinò a leggere. Si trattava di un foglio A4 per stampanti, dove la ragazza aveva vergato alcune semplici righe, con la consueta calligrafia elegante e femminile.
‘Scusatemi, ma non ce la faccio più. É una vita senza senso, senza gioie e senza alcuno scopo. Tranne te, mamma adorata, nessuno mi ha mai apprezzata come meritavo. Perdonatemi, se potrete.’
Seguiva, in basso a destra, un laconico Brenda.
“Allora, che ne dici?” domandò lei non appena Andrea finì di leggere.
“Mah, non so. Non sembra molto credibile. Ricalca il tipico, estremo saluto di chi è piombato nella più cupa depressione. E tutti sanno che sei tutt’altro che depressa, bocconcina.”
“Vorrà dire che penseranno che la mia era tutta apparenza, e che in verità ero la tipica bambocciona che non sapeva apprezzare quello che aveva attorno, senza riuscire a trovare il coraggio di confidarsi con anima viva. Nemmeno con l’amata mammina.”
“Per fortuna a parte me non lo leggerà nessun altro, visto che fra poco, dopo che ti sarai fatta passare la fregola, lo strapperemo in mille pezzettini.”
“Infatti. Sarà proprio così.”
Autunno 2020
“Sei pienamente consapevole che potresti soccombere, sì? La vita e tua e puoi farne quello che vuoi, ma se le cose dovessero andare per il verso sbagliato, non ci sto a finire i miei giorni dietro le sbarre. Concordi anche tu?”
“Sì, naturalmente sono io a volerlo, non te. Quindi cosa proponi?” si informò Rosaria.
“I piani più semplici sono sempre i migliori. Se ci lasci le penne, insomma, tutti dovranno credere che si tratta di un suicidio.”
“Anch’io avevo pensato a qualcosa del genere. Mi fa piacere che lo hai fatto anche tu. E sarà proprio così, contaci.”
“Okay, ma dovrà essere un suicidio al di sopra di ogni sospetto. Con tanto di messaggio d’addio, dove spiegherai le ragioni del tuo insano gesto. Prendere o lasciare.”
Rosaria sorrise a modo suo, con la consueta espressione furbetta. Evidentemente anche stavolta aveva anticipato le obiezioni di Andrea.
“Non dirmi che…”
“E invece sì! Ecco, leggi se va bene.” E così dicendo, la ragazza posò sul tavolo di fianco alle tazzine di caffè un foglietto scritto di suo pugno.
Andrea non lo sfiorò nemmeno, limitandosi a piegare la testa per leggerlo da vicino. La calligrafia di Rosaria era molto comprensibile, e al limite dell’adolescenziale. Del resto aveva poco più di vent’anni.
‘Sono troppo stanca e delusa per tirare avanti. Chi mi vuole davvero bene mi capirà. Ricordatemi sempre con allegria, perché è giusto così. Addio, Rosaria.’
“Essenziale, e con un filo di mistero rimasto in sospeso”, commentò Andrea dopo averlo letto due volte.
“Ma sì. Al diavolo le disperate letterine d’addio strappalacrime! Anche perché sono la prima ad augurarmi che non venga mai letto da nessuno. Se sei d’accordo lo lascerei all’ingresso della stanza dove… mi suiciderò.”
“Come vuoi, ma prima laviamo per bene le tazzine. Non si sa mai.”
E così il dado era tratto.
Lo scenario era il medesimo della volta precedente, quindi anche stavolta la corda era stata assicurata al corrimano della ringhiera che si avvitava tra pianterreno e primo piano. Stavolta il materasso era rimasto dov’era, a differenza della volta precedente. L’auspicio era di tornare a occuparlo quanto prima, possibilmente per scoparci sopra. In quei momenti, insomma, l’abitazione delle due vigilesse sembrava tutto tranne che un’alcova.
Mezz’ora dopo aver accuratamente lavato e asciugato il servizio da caffè, Rosaria pendeva dalla corda. Ma per ora la pressione del cappio realizzato da Andrea era lieve. La ragazza infatti era in piedi sulla seggiola in legno che sul momento le impediva di passare a una posizione ben più precaria. Ma ancora per poco, a quanto pareva.
“Te lo domando per l’ultima volta, Rosaria: sei sicura? Sei veramente intenzionata a calciare via la sedia? Riflettici ancora, per favore.”
Ma Rosaria, sorridente e sbarazzina, non palesava ombre di tentennamento alcuno. ”L’importante è che tu intervenga al momento giusto, né prima e né dopo. Ti chiedo solo quello.”
“Robetta da niente, direi. Lasciami spiegare un dettaglio rilevante. Non sarà un’impiccagione classica, diciamo.”
“Cioè?”
“Non so se ci hai mai fatto caso, per esempio nei film western. Ai condannati viene fatto mancare il terreno sotto i piedi, mediante l’improvvisa apertura di una botola. Inoltre attorno alle caviglie vengono zavorrati pesantemente, per ragioni facili da intuire.”
“Sì, qualcosa mi ricordo, certo. Non amo i western, ma da bambina ero costretta a sorbirmeli, a meno che non volessi finire a letto presto. Mio padre non se ne perdeva uno.”
“Uomo dai gusti apprezzabili. Comunque sia, lo scopo della botola spalancata di colpo, e della relativa zavorra, era quello di uccidere all’istante il condannato, che si ritrovava il collo spezzato in men che non si dica. Una morte pressoché istantanea.”
“Ancora non ti seguo…”
“Presto detto. Senza questi accorgimenti, il disgraziato era destinato a una morte lenta e dolorosa, mediante soffocamento. Una fine che non augurerei al mio peggior nemico. Pare che anche Saddam Hussein fece una fine del genere. Ed è il tipo di agonia che stai rischiando te, piccola incosciente. Un po’ perché sei leggerina, un po’ perché col solo gesto di scostare la seggiola non riceverai una spinta abbastanza violenta da farti spezzare il collo. Moriresti male. Molto male.”
“Sì dà il caso che non voglio affatto morire, e che se sei qui ad assistermi, non ho da temere alcunché. Conto su di te, cretino. E poi a me interessa proprio il ‘quasi’ soffocamento, e non spezzarmi l’osso del collo. C’è altro o possiamo finalmente procedere?”
“La pelle è tua, benedetta ragazza. Tutta tua.”
Non restava altro da dire. Come concordato, Andrea non sarebbe intervenuto nemmeno per rimuovere la sedia. Lo avrebbe fatto lei, con un colpo secco alla spalliera. Dopodiché… Dio solo sapeva cosa Rosaria credeva di aspettarsi.
“Okay, vado. Sono sicura che capirai quando sarà il momento di intervenire. Del resto mi agiterò come un pesce appena pescato. Non puoi sbagliare.”
“Nel caso riavvicinerò la sedia e la rimetterò in piedi, oltre che sollevarti di peso. E se non sarai in grado di liberarti dal cappio, ti aiuterò io.”
Rosaria annuì. Esitò qualche momento, più per concentrarsi che per un’eventuale ripensamento.
Ripensamento che, se mai potesse esserci, non raggiungeva il 'quorum'. Prevaleva nettamente la brama di provare una sensazione divenuta vera e propria ossessione.
Fu un attimo. La ragazza sollevò entrambi i piedi, colpì con una botta secca la spalliera, e la seggiola si rovesciò con un tonfo, attutito dallo spessore del tappeto.
E per lei cominciò l’agonia.
Estate 2018
Forte del fatto che aveva le mani protette dai guanti di lattice, Andrea non aveva timore di lasciare impronte, e così aveva confezionato un nodo scorsoio degno delle esecuzioni di Tombstone e Dodge City.
E dopo aver fatto tre o quattro prove, lui e Brenda avevano ridotto la lunghezza del cavo al punto giusto.
Tutto era pronto, quindi.
Alla ragazza non restava altro che salire sulla sedia e infilare la testa nel cappio, cominciando a stringerselo attorno al collo. Al resto avrebbe pensato la forza di gravità. Con Andrea unico spettatore pronto a intervenire.
“C’è una cosa che non ho capito”, disse lui poco prima che Brenda si innalzasse sulla sedia. “Se ben ricordo agli inizi parlavi di scopare mentre rimanevi sospesa con la corda al collo. Come mai ci hai ripensato?”
“Preferisco fare le cose per gradi. Oggi vediamo cosa si prova a rischiare la morte per impiccagione, mentre domani mi farò impiccare mentre scopiamo. Sempre che ne valga la pena.”
“Be’, allora non farmi aspettare troppo. Quando avrai finito intendo scoparti in modo animalesco. Donna avvisata…”
“Porco!” sorrise lei. E prese il suo posto in piedi sulla sedia.
Come concordato, Andrea non la aiutò nemmeno stavolta. Del resto non occorreva.
“Caspita, come tira. E come stringe”, commentò dopo aver infilato il collo nel cappio e avendolo stretto per benino. ”Bravo, hai fatto un buon lavoro.”
“Grazie, ma non c’è bisogno che testi l’intera capacità di utilizzo di quel dannato pendaglio. Per me potresti scendere anche ora. Hai la mia parola che non ti irriderei per questo.”
“Come no. Da quando ti conosco non fai che prendermi in giro per le mie gaffe e il mio aspetto fisico. Ti conosco mascherina.” Per la prima volta nel tono di Brenda traspariva una lieve incrinatura. Dovuta sicuramente al nervosismo.
“E capirai. Io il tuo corpo lo venero. É normale che un po’ ci scherzi sopra. Dai ragazzaccia, rinuncia e scendi da quella trappola, che andiamo a divertirci a letto…”
“Ci divertiremo tra un minuto. Stai in campana, piuttosto.”
Detto questo, Brenda si guardò attorno. Poi puntò lo sguardo verso il basso. Superata una breve esitazione spinse la seggiola di lato. Quest’ultima non cadde, ma fu allontanata il tanto che bastava per rimanere fuori dalla portata dei suoi piedi.
Fu molto peggio di quanto si aspettasse. Il respiro venne subito a mancare, e una scossa elettrizzante di panico allo stato puro la pervase da cima a fondo.
Gesù, che razza di stronzata le era saltata in mente? No, non poteva resistere un momento di più.
Così accantonò orgoglio e dignità del tutto fuori luogo, il viso vermiglio e il debito di ossigeno sempre più gravoso, e cominciò a fare cenni disperati ad Andrea.
Il quale però non si schiodò di un millimetro.
Autunno 2020
La prima cosa che passò per la mente di Rosaria, una volta rimasta a penzolare come un salame, fu che non si aspettava di pesare così tanto.
No, le cose non stavano andando come aveva immaginato.
Andavano molto, molto peggio. Ed era solo l’inizio.
Che stupida era stata a non incanalare una buona riserva d’aria, come fanno gli apneisti prima di immergersi.
Era più intensa la fitta lancinante della stretta al collo, o la spaventosa incapacità di respirare? Forse entrambe le cose. Di sicuro i polmoni erano sul punto di scoppiare.
Basta! Tempo di finirla con questa puttanata. E meno male che non aveva abbinato l’agonia al sesso. Bel modo di merda sarebbe stato per lasciare questo mondo.
Avendo la testa impossibilitata a muoversi, cercò aiuto con lo sguardo sgranato e con gesti disperati delle mani. Non occorreva poi chissà quale acume per capire che stava soccombendo.
Andrea lo comprese anche prima di lei, ma si limitò a tenere le braccia incrociate e a osservarla come se Rosaria non fosse fisicamente lì. Come se assistesse a una scena finta attraverso la televisione.
No, non sarebbe intervenuto. Il destino di quella sventurata ragazza era segnato.
Estate 2018
Una statua di sale. Ecco come appariva Andrea mentre la povera Brenda si dimenava, tentava di liberarsi e annaspava lungo la corda che la stava uccidendo.
In quei drammatici frangenti lo scrittore scoprì di essere irresistibilmente attratto dal mistero dell’agonia e della successiva dipartita. Brenda gli stava soccombendo sotto gli occhi e lui faceva il tifo per il Grande Mietitore, pur rendendosi conto che una ragazza simile non l’avrebbe incontrata mai più.
Ma era più forte di lui.
Ancor meglio di una scopata super. Con un’erezione che gli nacque spontanea e prepotente, tanto per rimanere in tema.
Alla figlia di Sonia non restò altro che puntare gli occhi strabuzzanti e accusatori verso colui che, benché non avesse fatto proprio nulla, era diventato di colpo il suo boia.
'Perché?! Cosa ti ho fatto di male per meritarmi questo?' Gli urlava quello sguardo che attimo dopo attimo stava smarrendo la luce che la teneva abbrancata alla vita.
'Aiutami! Ti scongiuro, fai qualcosa!' Avrebbe voluto urlare, ma era impossibilitata a farlo.
Brenda resistette stoicamente per interminabili secondi, ma alla fine dovette capitolare.
Gli occhi le si chiusero per sempre, le braccia le piombarono inerti lungo i fianchi, le gambe smisero di sussultare. Da lì in poi, solo tenebre per lei.
Andrea la vegliò per diversi, irreali minuti. Il volto inespressivo, le braccia conserte, l’erezione che lentamente perdeva forma. Qualcosa che era paragonabile a quando si vende l’anima al diavolo, e pur andando contro ogni logica lo si fa volentieri.
Non seppe dire quanto tempo fosse passato prima che finalmente si riscosse. Non si trattò di un risveglio istantaneo, bensì come riprendere i sensi gradualmente, dopo aver subito un intervento chirurgico con relativa anestesia.
Una volta dissolto il torpore, fu sul punto di rivolgersi a lei per sapere come stava, ma poi si rese conto quanto sarebbe stato assurdo.
Così preferì non fare assolutamente niente.
Tranne abbandonare Brenda e la sua abitazione prima che Sonia facesse ritorno.
A quel punto non sarebbe stato molto astuto farsi trovare lì.
Autunno 2020
Incredulità, sofferenza mai sperimentata prima e panico isterico erano le tre sensazioni estreme che stavano accompagnando Rosaria verso la fine.
Incredulità, certo, poiché non riusciva a credere cosa vedevano i suoi occhi, sempre più velati di ombre incalzanti. Mentre Andrea non muoveva un muscolo per prestarle soccorso. Si limitava a fare lo spettatore passivo.
Non erano questi i patti, cazzo. Possibile che godesse nel vederla in preda a spasmi e scosse atroci, mentre la vita la stava abbandonando? A quanto pareva sì.
Sofferenza, certo, perché il cappio tirava e stringeva peggio di un tormento dantesco. Per non parlare dell’eccezionale scomodità a cui era costretta. Tutto, ma proprio tutto, in quei tragici momenti girava contro di lei, senza presentare la benché minima via di fuga. Che almeno finisse presto, Cristo!
E poi il panico. L’isteria. L’orrore puro. Se non l’avesse uccisa il soffocamento, avrebbe provveduto l’indicibile spavento; una sensazione di acuto terrore che l’avrebbe scortata fino all’aldilà anche dopo la tortura fisica.
“Sai, cara Rosaria?” disse finalmente Andrea, muovendo appena le labbra e scrutandola con occhi spiritati. ”Non sei la prima a cui presto assistenza mentre cerca di impiccarsi, illudendosi che il gioco si arresti per tempo, e dopo tutti a casa. E non sei la prima a fare la fine che stai facendo. E sai cosa ho scoperto assistendo alle vostre agonie? Che mi piace da impazzire…”
Furono le ultime parole che Rosaria udì prima di chiudere gli occhi per sempre.
Autunno 2018
Brenda fu meno fortunata. Quando Sonia rincasò, pendeva dall’improvvisata forca da circa mezz’ora. E tuttavia non morì.
Ma forse sarebbe stato molto meglio.
La prolungata anossia le provocò danni cerebrali irreversibili, e comunque non riprese mai i sensi.
Da quel giorno il suo armonioso corpo perse vitalità, divenendo l’involucro sempre più sfornato di un vegetale.
Come prevedibile, i primi tempi per Sonia furono devastanti. Cadde nella più profonda prostrazione, cominciò a trascurarsi e presto un po’ di grigio fece capolino tra i suoi bei capelli corvini. E anche le prime rughe di espressione fecero la loro scomparsa, come se non avessero aspettato altro, impietose e inopportune.
Tuttavia la donna tentò in qualche modo di reagire. Una delle prime misure che prese fu di rompere i ponti con Andrea. Quest’ultimo tentò di starle vicino più che poté, ma Sonia, pur non esprimendolo mai a voce, gli addossava gran parte delle colpe.
Non poteva concepire e tollerare l’ipotesi che Brenda, così innamorata della vita e ancora così giovane, avesse voluto 'realmente' togliersi la vita. Doveva esserci sotto qualcosa. Qualcosa che, però, allo stato attuale non era in grado di provare, e forse non vi sarebbe mai riuscita. Andrea doveva sapere qualcosa, poco ma sicuro. Ma lui negò recisamente, dichiarandosi spiazzato e stupefatto quanto lei.
Non tardò a congedarlo, intimandogli di non farsi più vedere.
Il magnetismo che l’aveva irresistibilmente attratta si era dissolto dal giorno alla notte. La dipendenza di Sonia verso di lui fu come se non fosse mai esistita. Ognuno per la sua strada.
Una decina di giorni dopo, riuscì a fare trasferire Brenda a Milano, facendola ricoverare in una rinomata clinica privata.
Nessuna speranza, comunque, che la bella addormentata si risvegliasse. Nella vita reale, i principi azzurri dal bacio fatato latitavano a tempo indeterminato.
Ma per Sonia era importante allontanarsi da quei luoghi dove era stata felice, intrigata e successivamente traumatizzata. Un modo come un altro per voltare pagina.
Ci fu un unico lato positivo, sia pure temporaneo: il dramma di Brenda rifece incrociare i destini di Sonia e di Fabio, il padre naturale della ragazza. L’unico vero, grande e tormentato amore della venezuelana.
Dopo di lui, poco altro. Andrea De Carolis compreso.
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