In vacanza dai miei zii

di
genere
incesti

Da qualche giorno, mi sto godendo le montagne del Cadore dai miei zii. Loro vivono qui tutto l’anno e capita che, specialmente d’estate e durante le festività natalizie, mi ospitino qualche giorno.
Quest’anno c’è anche mia cugina che, tra lockdown e l’essersi trasferita a studiare altrove, non vedevo da qualche anno. Abbiamo avuto sempre un ottimo rapporto, quasi fraterno, uno di quei rapporti che, anche se passano mesi senza vedersi, quando ci si incontra è come se ci fossimo lasciati da un giorno o poco più, anche se, da quando si è trasferita, il nostro rapporto, ahimè, si è limitato a qualche messaggio whatsapp o a qualche mia frecciatina di risposta alle sue storie Instagram, specialmente a quelle dove si mostrava con abiti che mettevano in mostra le sue forme, prima di uscire con le amiche, dove le scrivevo cose come “copriti che poi i ragazzi ti importunano”.
Quando sono arrivato, l’accoglienza di mia cugina è stata come anticipatovi ma, in quella neo-ventenne con capelli lisci castano chiaro, snella, con una seconda piena e un culo sodo frutto di anni di camminate tra i monti e soprattutto ginnastica quotidiana, qualcosa era diverso. Estremamente più curata (in casa era sempre in tuta con felpa oversize, ora gira in gonna, calve pesanti e camicetta con maglioncino) e con dei modi più da donna.
Ciò che scrivo è avvenuto la sera di domenica. Ero arrivato solo da ventiquattrore e, dopo una giornata a sciare, abbiamo cenato a Cortina; io, lei e i miei zii. Una giornata spensierata (che di questi tempi…) conclusasi tra chiacchiere sul mio lavoro, su quello dei miei zii e sull’università di mia cugina. Rincasati verso le ventidue, i miei zii sono filati a letto, visto che il giorno seguente li aspettava la prima giornata lavorativa di questo nuovo anno, mentre, io e mia cugina, abbiamo deciso di fermarci in paese a bere un’altra cosa.
Al tavolino di un bar, ad una birra ne è seguita un’altra e a questa un paio di amari, fino a trovarci a rincasare a piedi e sotto un leggero nevischio a l’una di notte. Il paese era nel più totale silenzio, silenzio che veniva disturbato dal rumore dei nostri passi sulla neve e dalle sue risate alle mie battute. Un km scarso di strada percorso con una lentezza unica, per godersi il momento e come a non voler far ancora finire quella serata. Rincasati, dopo esserci messi abiti più comodi (una tuta io, gonna e felpa lei), ci siamo seduti sul divano piuttosto alticci e, accesa la TV sulla diretta del GFVip, abbiamo continuato a chiacchierare ma, se prima gli argomenti erano università, amicizie in comune, pandemia, le nostre famiglie, si era passati a parlare di rapporti sentimentali finiti o mai iniziati e del come, in un paesino di montagna come quello dove ancora oggi ci troviamo, scarseggino giovani ed occasioni per costruirsi storie sentimentali o anche semplici frequentazioni.
Ne parlavamo tranquillamente, senza imbarazzi, io seduto e lei accanto a me, stesa sul suo fianco destro e con la testa sulla mia gamba sinistra. Quasi non rendendomene conto la mia mano sinistra che, che poco prima stava accarezzando il suo fianco, era forse scesa un po troppo, poggiandosi sulla gonna e sul suo lato b. La cosa non sembrava darle fastidio, visto che continuava a chiacchierare come se nulla fosse successo, perciò continuai e, nel giro di qualche minuto, il mio accarezzare aveva alzato la gonna quasi per intero e lasciava la mia mano sul suo culo, a contatto con le calze nere che indossava. Il mio accarezzare, inizio ad esser molto più simile ad un palpeggio fino a quando, forse ricordandomi con chi ero, non solo del fatto che tra noi passano quasi venti anni di differenza, mi sono bloccato.
In quel momento lei ha esclamato: “perché smetti? Guarda che non mi dai fastidio” e, alla mia risposta “diciamo che non erano più grattini o carezze, sinceramente iniziavo ad aver strane idee” lei mi lasciò senza parole. Alzo la testa dalla mia gamba, si sistemò i capelli e mentre avvicinava il suo viso al mio, con le mani allentò l’elastico dei miei pantaloni e mise una mano dentro le mie mutande. Ci trovammo così a limonare mentre la mia mano sinistra stringeva il suo culo e la sua mi segava. Quando ci staccammo, avrei voluto provare a fermare la cosa ma la sua testa scese e prendendolo in bocca, inizio a succhiare e leccare mentre si trovava in ginocchio sul divano, accanto a me. La mia mano sinistra si era fatta largo tra calze e perizoma, mentre la destra sulla sua testa, dettava il ritmo o la spingeva mentre glielo spingevo in gola.
Continuò fino a farmi venire e ad ingoiare tutto, mentre il mio dito medio era entrato nel suo culo.
Ci staccammo, mi sorrise e ritorno a stendersi con la testa sulla mia gamba. Rimanemmo in silenzio una decina di minuti, poi mi disse “buonanotte, vado a dormire” e la serata finì.
Il giorno seguente ed oggi, il nostro rapporto è rimasto quello di sempre, come se non fosse mai successo nulla, battute, discorsi più o meno seri ma, ad ogni suo abbraccio, al suo consueto bacio sulla guancia per augurarmi buongiorno, mentre faccio colazione o ad ogni sorriso scambiato a tavola, la mia testa torna a domenica sera.
Ho altri due giorni qui con loro e di ora in ora, vedo sempre di più “la porca del pompino” e sempre meno “mia cugina”. Non so come andrà, ma ormai il vaso di Pandora è stato aperto.
scritto il
2022-01-11
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