Alla cena aziendale
di
QwertyBoySeven
genere
tradimenti
Sono QwertyBoySeven ed ho deciso di scrivere qui alcune delle avventure avute in questi anni. Non sono racconti di immaginazione, ma semplici storie di vita vissuta che scrivendo ricordo e tengo vive.
Tutto capitò ad una cena aziendale.
Lavoravo da ormai qualche anno in quell’azienda e, prima delle vacanze estive ed invernali, “i piani alti” ci offrivano una cena, una sorta di premio produttività e modo per far squadra. Cibo e vino, molto vino, tanto vino.
Dopo la cena, molti rincasavano dalle famiglie ed altri andavano in qualche altro locale a bere ancora o in discoteca.
Al termine di una di quelle cene, io e Carolina, mia collega sposata poco più grande di me, proponemmo di andare a ballare, ma la nostra proposta non raccolse interessati. Per niente abbattuti, decidemmo di salutare tutti ed andarci noi due.
Arrivati, giusto il tempo di bere un paio di drink in più, ed eravamo nella pista a ballare.
Carolina era una quarantenne con capelli corti biondi, un fisico né troppo magro, né troppo robusto, una seconda di seno, un bel culo in carne che quella sera, riempiva a pieno dei pantaloni leggeri.
Ballando assieme, finii per trovarmi con lei che, dandomi le spalle, ballava strusciandosi maliziosa sulla mia erezione.
In quella posizione, le baciai il collo e lei sembro gradire. Incurante di quanti ci circondavano la abbracciai e, mentre lei continuava a strusciare il suo culo, iniziai a far vagare le mie mani su suo copro. Mentre una mano stringeva il suo seno, l’altra scese finendo per accarezzarla tra le gambe. Ormai preso dalla situazione e perso ogni freno inibitorio a causa anche dell’alcol, cercai di metter la mano dentro i suoi pantaloni, ma li mi fermò. Più lucida di me, più sobria di me mi disse “dai! Fai il bravo!”
E si stacco da me per continuare a ballare.
Circa un’ora dopo, decidemmo di andarcene e tornare a casa. Saluti nella mia auto, mentre la stavo riaccompagnando al parcheggio del ristorante, dove qualche ora prima avevamo cenato, Carolina se ne uscì con un “eri bello attivo prima eh” ed iniziò a ridere.
Io ribattei “io? Già hai quel culo da schiaffi, ti sei messo a strusciarlo in quel modo. Normale che non capissi più nulla”.
Compiaciuta risorse “ma sono una donna sposata. Certe cose non si fanno. Non ti fai nessun problema?”, “assolutamente no” ribattei. “Ah no? Interessante” detto mentre mi accarezzava la testa. Presi la palla al balzo e girai in una stradina poco battuta e poco illuminata.
Lei non disse nulla, mi slacciai la cintura di sicurezza e feci altrettanto con la sua, mentre le nostre lingue iniziavano ad incrociarsi. Le mie mani in tutto il suo corpo mentre l'eccitazione di entrambi cresceva.
Volevo quel culo!
Scendemmo dalla macchina e ci allontanammo di qualche metro, mentre non riuscivamo a staccarci e a smettere di cercarci.
Poggiate le spalle su una recinzione metallica, slacciò i miei pantaloni e, mentre continuavamo a baciarci e a morderci il reciproco collo, inizio a segarmi. I suoi pantaloni erano calati e le mie mani stringevano quello culo che ore prima si divertiva a stuzzicare la mia erezione.
La girai, la piegai in avanti e, mentre si teneva nel reticolato della recinzione, le diedi un sonoro schiaffo sul culo che poi scesi a mordere. Le strappai il perizoma (cosa che non gradi moltissimo. Era pur sempre una donna sposata!) e prima con le dita e poi con il mio cazzo, entrai in quello che da tutta la sera era l’oggetto del mio desidero. Alle sue spalle la penetravo mentre una mano stringeva il suo seno e l'altra la masturbava constatando quanto fosse fradicia. Spingevo, lei lasciò i mugolii per iniziare a gemere in modo sempre più forte e nella paura che qualcuno ci sentisse, continuai fino a quando, poco prima di venire, la misi in ginocchio e mentre lei voleva darmi la bocca, le venni sul viso.
Questo la fece incazzare perché l’avrebbe fatta rincasare con il trucco sfatto e quindi avrebbe dovuto inventarsi qualcosa. Anche se, l’incazzatura, non le impedì di raccogliere ogni singola goccia con le dita e leccarsele.
Ricomposti, una volta in auto, ritornammo al parcheggio del ristorante e si concluse la nostra serata. Ahimè, qualche mese dopo decisi di cambiare azienda, dovendo dir addio anche alle cene.
Tutto capitò ad una cena aziendale.
Lavoravo da ormai qualche anno in quell’azienda e, prima delle vacanze estive ed invernali, “i piani alti” ci offrivano una cena, una sorta di premio produttività e modo per far squadra. Cibo e vino, molto vino, tanto vino.
Dopo la cena, molti rincasavano dalle famiglie ed altri andavano in qualche altro locale a bere ancora o in discoteca.
Al termine di una di quelle cene, io e Carolina, mia collega sposata poco più grande di me, proponemmo di andare a ballare, ma la nostra proposta non raccolse interessati. Per niente abbattuti, decidemmo di salutare tutti ed andarci noi due.
Arrivati, giusto il tempo di bere un paio di drink in più, ed eravamo nella pista a ballare.
Carolina era una quarantenne con capelli corti biondi, un fisico né troppo magro, né troppo robusto, una seconda di seno, un bel culo in carne che quella sera, riempiva a pieno dei pantaloni leggeri.
Ballando assieme, finii per trovarmi con lei che, dandomi le spalle, ballava strusciandosi maliziosa sulla mia erezione.
In quella posizione, le baciai il collo e lei sembro gradire. Incurante di quanti ci circondavano la abbracciai e, mentre lei continuava a strusciare il suo culo, iniziai a far vagare le mie mani su suo copro. Mentre una mano stringeva il suo seno, l’altra scese finendo per accarezzarla tra le gambe. Ormai preso dalla situazione e perso ogni freno inibitorio a causa anche dell’alcol, cercai di metter la mano dentro i suoi pantaloni, ma li mi fermò. Più lucida di me, più sobria di me mi disse “dai! Fai il bravo!”
E si stacco da me per continuare a ballare.
Circa un’ora dopo, decidemmo di andarcene e tornare a casa. Saluti nella mia auto, mentre la stavo riaccompagnando al parcheggio del ristorante, dove qualche ora prima avevamo cenato, Carolina se ne uscì con un “eri bello attivo prima eh” ed iniziò a ridere.
Io ribattei “io? Già hai quel culo da schiaffi, ti sei messo a strusciarlo in quel modo. Normale che non capissi più nulla”.
Compiaciuta risorse “ma sono una donna sposata. Certe cose non si fanno. Non ti fai nessun problema?”, “assolutamente no” ribattei. “Ah no? Interessante” detto mentre mi accarezzava la testa. Presi la palla al balzo e girai in una stradina poco battuta e poco illuminata.
Lei non disse nulla, mi slacciai la cintura di sicurezza e feci altrettanto con la sua, mentre le nostre lingue iniziavano ad incrociarsi. Le mie mani in tutto il suo corpo mentre l'eccitazione di entrambi cresceva.
Volevo quel culo!
Scendemmo dalla macchina e ci allontanammo di qualche metro, mentre non riuscivamo a staccarci e a smettere di cercarci.
Poggiate le spalle su una recinzione metallica, slacciò i miei pantaloni e, mentre continuavamo a baciarci e a morderci il reciproco collo, inizio a segarmi. I suoi pantaloni erano calati e le mie mani stringevano quello culo che ore prima si divertiva a stuzzicare la mia erezione.
La girai, la piegai in avanti e, mentre si teneva nel reticolato della recinzione, le diedi un sonoro schiaffo sul culo che poi scesi a mordere. Le strappai il perizoma (cosa che non gradi moltissimo. Era pur sempre una donna sposata!) e prima con le dita e poi con il mio cazzo, entrai in quello che da tutta la sera era l’oggetto del mio desidero. Alle sue spalle la penetravo mentre una mano stringeva il suo seno e l'altra la masturbava constatando quanto fosse fradicia. Spingevo, lei lasciò i mugolii per iniziare a gemere in modo sempre più forte e nella paura che qualcuno ci sentisse, continuai fino a quando, poco prima di venire, la misi in ginocchio e mentre lei voleva darmi la bocca, le venni sul viso.
Questo la fece incazzare perché l’avrebbe fatta rincasare con il trucco sfatto e quindi avrebbe dovuto inventarsi qualcosa. Anche se, l’incazzatura, non le impedì di raccogliere ogni singola goccia con le dita e leccarsele.
Ricomposti, una volta in auto, ritornammo al parcheggio del ristorante e si concluse la nostra serata. Ahimè, qualche mese dopo decisi di cambiare azienda, dovendo dir addio anche alle cene.
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