Ore Giapponesi
di
fantastico_scrittore
genere
masturbazione
Era la mia terza volta in Giappone, paese ricco di cultura e di fascino, che avevo apprezzato sin d giovane, ed imparato a conoscere grazie ad un’attenta scelta di libri che diradarono le nubi dallo sterotipato immaginario collettivo, in grado di fornire un’immagine totalmente distorta della bellissima cultura del Sol Levante, che affiora da ogni dove agli occhi di chi è pronto ad osservarla. ‘Ore Giapponesi’ è per esempio un’ottima lettura, ed il lavoro sublime dell’autore trasmette le reali vibrazioni di un mondo a tratti fatato.
Come per tutti i miei viaggi di lavoro, amo prendermi qualche giorno ‘solo per me’, implementando da sempre la regola che mi spinge ad allontanarmi dalle vie centrali, e spesso dalla città che mi ospita, preferendo le più naturali periferie, dove spesso la vita e le tradizioni hanno un sapore più marcato.
C’è una grande premessa da fare, per chi non conosce il Giappone e la sua cultura, soprattutto quella meno inquinata da occidentalismi più o meno evidenti; la bellezza è qualcosa di allusivo invece che esplicito, ponendosi come empirica anziché dottrinale e di conseguenza risultando sentimentale più che razionale. Una donna giapponese gode della penombra, si eccita per l’inespresso più che del classico concetto del bello, eviscerando dal contesto i canoni legati a forma e pseudo perfezione. Questo concetto, a noi spesso distante, è necessario per comprendere una serie di atteggiamenti ritenuti sostanzialmente atipici.
Noleggiai un’auto e decisi di dirigermi Takayama nella prefettura di Gifu, essenzialmente famosa perché secondo la cartografia dei (pochi) opuscoli, c’era poco da vedere essendo di fatto rimasta simile a quella che era qualche migliaio di anni fa.
Prenotai una stanza in un ‘Ryokan’ le classiche locande dove è possibile dormire ed avere accesso dedicato al Sentō, erroneamente paragonati alle nostre saune, dove è possibile vivere una completa esperienza del bagno alla giapponese.
Ero un ‘iteki’ (selvaggio straniero) e nelle province questa cosa emergeva in maniera marcata, e quindi gli sguardi dei proprietari erano stati secchi e a tratti piccati sin dal mio ingresso, e continuarono ad essere sbrigativi ed essenziali per tutta la mia permanenza. L’unico sguardo incuriosito, molto probabilmente determinato dal mio abito tre pezzi ed dalla pipa carica di ottimo tabacco scozzese, giunse da Akiko, che scoprii essere la figlia de proprietario dello stabile. A poca distanza la giovane ragazza con dita bianche ed affusolate, si stava cimentando nello Sho-Do, l’arte della calligrafia. Ricambiai il cenno con un sorriso, e con un gesto circolare della mia pipa che tenevo nelle tre dita.
Dopo cena, che consumai subito dopo aver riposto il mio bagaglio in camera, decisi di compiere il rito del bagno, e dopo essermi fatto una doccia vestii il kimono preposto, dirigendomi verso l’apposita sala. Entrai superando una soglia in legno finemente lavorato, lasciando il kimono nell’apposito vano, dirigendomi nella zona d’ingresso dove mi attendevano altre docce, a conferma della maniacale attenzione all’igiene dei giapponesi.
All’interno del bagno una vasca molto grande, con un profilo in pietra intervallato da intarsi in legno, che riproponevano scene che credo raffigurassero spiriti dell’acqua.
L’intera stanza era pervasa da un vapore profumato e caldo, che rendeva ovattato l’ambiente. Per tradizione in questo tipo di bagni si entra coperti da un leggero velo, che dovrebbe tutelare il pudore ma che al contrario rende ancor più accattivante la visione di chi osserva… questo finchè non si entra in acqua, visto che prima dell’immersione nel liquido caldo, si fa scivolare in prossimità del punto d’ingresso.
E se i ‘luoghi comuni’ relativi alla tradizione giapponese in quanto territorio e tradizione sono errati al 90%, quelli legati alla virilità espressa in centimetri che distanzia occidentali ed orientali emerge, ma questa cosa crea certamente meno imbarazzi agli autoctoni, sempre per il fattore di cultura di cui sopra.
Una corrente calda mi lambiva la schiena scorrendo verso le gambe, pensai che poche cose mi avrebbero distolto da quella posizione e da quel piacere, invece pochi istanti dopo entrò in vasca Akiko, che misi a fuoco solo quando era ad un metro da me, i vapori all’interno del bagno erano più intensi, ed in vasca riducevano ulteriormente il campo visivo. Il suo sorriso fu più potente della visione dei suoi seni praticamente perfetti, e piuttosto pronunciati, i suoi capezzoli perfettamente disegnati, guardavano verso l’alto come fiori di ippocastano.
Con il suo inglese decisamente stentato, mi comunicò che era apprendista di Shiatsu (abbinato ad una parola che non compresi ma per eleganza non mi feci ripetere), il famoso massaggio energico giapponese, che ricevuto in quella splendida terra, sarà forse per suggestione, ha tutt’altro effetto.
Erano trascorsi circa 20 minuti, e mi chiese se volevo sottopormi ad un massaggio, accettai con un sorriso e mi indicò la piccola stanza in legno nella quale si sarebbe svolto il rito. Uscii dall’acqua coprendomi in maniera quasi impacciata, a differenza di Akiko che, forse per abitudine, si muoveva in maniera totalmente disinibita. Il suo corpo era perfetto, ma come sempre quando osservavo una ragazza, la mia attenzione si concentrò su spalle e schiena; erano perfettamente bilanciate ed armoniche. Avevo sempre pensato questa cosa della schiena, ma me ne vergognavo forse a causa della vessazione dei miei amici che evidentemente insistevano su altre parti del corpo di una donna… ma il loro costante martellamento fece sembrare anche a me la mia ‘teoria della schiena’, come qualcosa di più simile ad una deviazione.
Entrai nella stanza, che era molto più grande di quanto non apparisse dall’esterno, e con grande stupore notai che al centro della stessa si stagliava un albero, che riversava le sue fronde proprio in prossimità del lettino. Il profumo di questa stanza era delicato, spiccavano tra gli altri sentori di vaniglia e fiori bianchi, situazione che senza dubbio contribuiva al rilassamento che la pratica richiedeva.
Akiko mi fece sdraiare, a pancia in giù, ed iniziò a spalmarsi le mani con un olio dal profumo misto, sicuramente tendente al dolciastro, forse mandorla, ma non solo. Cominciò a massaggiarmi sussurrando qualcosa a metà tra una poesia ed una nenia, con poche parole intramezzate da strofe cadenzate. Il massaggio aveva una tecnica ben precisa, i movimenti seguivano quelle che dovevano essere le ‘vie dell’energia’ ed anche chi come me ne ignorava la tecnica, ne poteva comprendere il senso.
Le sue mani percorrevano la mia schiena in tutta la sua interezza, notai però qualcosa di diverso quando spostandosi verso le natiche, questa danza perfetta si interruppe, lo avvertii dal passo differente abbinato alla poesia, e da movimenti meno sicuri. Pensai fosse una mia impressione, ma di fatto questa cosa mi distrasse dal godimento del massaggio, trasportandomi all’eccitazione della volontarietà di quel movimento. Dopo una prima contrazione tornai a rilassarmi, e notai che il dorso della mano di Akiko si infilò sino a toccare la sacca della mia fonte di vita, indugiando per qualche istante su quella parte. Questa cosa indusse un erezione via via più importante, che non tentai di fermare, e che era impossibile non notare. Con la stessa naturalezza del massaggio, Akiko mi sollevò un financo, spostando il mio organo di lato fermando con tre dita il ‘tentennamento’ del mio organo, per poi riadagiarmi nella posizione iniziale e continuare il massaggio.
Ora la parte che stava massaggiando era l’interno delle cosce e le natiche, spingendo di tanto in tanto i delicati pollici verso l’interno, cosa che ingigantì il senso di piacere… e non solo.
Finalmente mi fece segno di girarmi, chiusi gli occhi ed eseguii il suo comando.
Notai che aveva liberato il suo corpo da ogni tessuto, e potei ammirare la totalità della sua figura, si allontanò per un istante, intingendo le mani in un liquido cremoso, e vidi ancora quella splendida schiena, che ora si manifestava in tutto il suo perfetto clamore. Si rigirò verso di me, e spostando quel liquido in una sola mano, con le due dita dell’altra mi spostò a schiena in giù verso il lettino, sussurrando una frase in giapponese che naturlamente non compresi.
Successe quello che stavo sperando, quel liquido caldo scorreva sul mio pene, generando un movimento involontario che fece tentennare il mio membro, che pochi istanti dopo avvolse, pur senza coprirlo del tutto, tra le sue dita fini ed affusolate. Trasgredendo alla regola che diceva di stare ben poggiato sul lettino, sollevai il collo e la vidi in una sorta di ammirazione, mentre ruotava leggermente il capo osservando il mio pene ora completamente eretto. Ora tre dita di una mano lo sostenevano, mentre l’altra mano massaggiava leggermente la parte bassa, traducendo un senso di piacere che molte labbra non mi avevano mai concesso. Il movimento del suo capo era ondulatorio, traducendo una sensazione quasi di estasi. Mi appoggiai al lettino, osservando il soffitto in legno.
Mi resi conto di una cosa, e mi diedi dello stupido subito dopo perché non si poteva essere razionali anche in quel momento, che forse era il più vicino al senso di paradiso per un ateo… non potevo ragionare anche in quella situazione, eppure lo feci chiedendomi perché, al contrario di quello che di solito mi comanda l’istinto, stavo prendendomi in maniera egoistica il piacere che una donna mi stava concedendo, senza restituire (o almeno provare a farlo) un eugual piacere. Fu solo un pensiero momentaneo, non ricordo che tipo di risposta mi concessi, ma feci continuare Akiko ribadendo il mio egoismo.
Il suo piacevole massaggio continuò per qualche minuto. Per un attimo le mani lasciarono il mio membro, e quando aprii gli occhi per capire come mai, vidi Akiko che stava sorseggiando da un ampolla di vetro dell’acqua. Con la bocca piena sorrise ed afferrando il mio pene con le due dita si spostò con la bocca perpendicolare al glande, lasciando scorrere sulla stessa l’acqua calda che aveva tra le labbra, per poi discendere avvolgendo tutto con la sua bocca completamente aperta. Potevo percepire il calore della sua gola, che avida avvolgeva la mia intimità. Continuò ad usare la bocca su di me per molto tempo, con un incredibile sapienza, che sembrava appartenere ad una tradizione totalmente opposta al senso di piacere che questo tipo di pratica prevede. L’unicità del suo modo di concedere piacere, sembrava direttamente connessa alla mente di chi lo stava ricevendo. Rimasi nelle… sue mani una decina di minuti, con Akiko che neutralizzò tutte le mie iniziative che tendevano a scambiarci ruoli e posizioni, conducendomi ad un orgasmo incredibilmente potente. Rimanemmo li ancora qualche minuto, ed acconsentì a farsi carezzare la schiena dopo che, in maniera imbarazzata, le raccontai quella mia particolare passione.
fantasticoscrittore@virgilio.it
Come per tutti i miei viaggi di lavoro, amo prendermi qualche giorno ‘solo per me’, implementando da sempre la regola che mi spinge ad allontanarmi dalle vie centrali, e spesso dalla città che mi ospita, preferendo le più naturali periferie, dove spesso la vita e le tradizioni hanno un sapore più marcato.
C’è una grande premessa da fare, per chi non conosce il Giappone e la sua cultura, soprattutto quella meno inquinata da occidentalismi più o meno evidenti; la bellezza è qualcosa di allusivo invece che esplicito, ponendosi come empirica anziché dottrinale e di conseguenza risultando sentimentale più che razionale. Una donna giapponese gode della penombra, si eccita per l’inespresso più che del classico concetto del bello, eviscerando dal contesto i canoni legati a forma e pseudo perfezione. Questo concetto, a noi spesso distante, è necessario per comprendere una serie di atteggiamenti ritenuti sostanzialmente atipici.
Noleggiai un’auto e decisi di dirigermi Takayama nella prefettura di Gifu, essenzialmente famosa perché secondo la cartografia dei (pochi) opuscoli, c’era poco da vedere essendo di fatto rimasta simile a quella che era qualche migliaio di anni fa.
Prenotai una stanza in un ‘Ryokan’ le classiche locande dove è possibile dormire ed avere accesso dedicato al Sentō, erroneamente paragonati alle nostre saune, dove è possibile vivere una completa esperienza del bagno alla giapponese.
Ero un ‘iteki’ (selvaggio straniero) e nelle province questa cosa emergeva in maniera marcata, e quindi gli sguardi dei proprietari erano stati secchi e a tratti piccati sin dal mio ingresso, e continuarono ad essere sbrigativi ed essenziali per tutta la mia permanenza. L’unico sguardo incuriosito, molto probabilmente determinato dal mio abito tre pezzi ed dalla pipa carica di ottimo tabacco scozzese, giunse da Akiko, che scoprii essere la figlia de proprietario dello stabile. A poca distanza la giovane ragazza con dita bianche ed affusolate, si stava cimentando nello Sho-Do, l’arte della calligrafia. Ricambiai il cenno con un sorriso, e con un gesto circolare della mia pipa che tenevo nelle tre dita.
Dopo cena, che consumai subito dopo aver riposto il mio bagaglio in camera, decisi di compiere il rito del bagno, e dopo essermi fatto una doccia vestii il kimono preposto, dirigendomi verso l’apposita sala. Entrai superando una soglia in legno finemente lavorato, lasciando il kimono nell’apposito vano, dirigendomi nella zona d’ingresso dove mi attendevano altre docce, a conferma della maniacale attenzione all’igiene dei giapponesi.
All’interno del bagno una vasca molto grande, con un profilo in pietra intervallato da intarsi in legno, che riproponevano scene che credo raffigurassero spiriti dell’acqua.
L’intera stanza era pervasa da un vapore profumato e caldo, che rendeva ovattato l’ambiente. Per tradizione in questo tipo di bagni si entra coperti da un leggero velo, che dovrebbe tutelare il pudore ma che al contrario rende ancor più accattivante la visione di chi osserva… questo finchè non si entra in acqua, visto che prima dell’immersione nel liquido caldo, si fa scivolare in prossimità del punto d’ingresso.
E se i ‘luoghi comuni’ relativi alla tradizione giapponese in quanto territorio e tradizione sono errati al 90%, quelli legati alla virilità espressa in centimetri che distanzia occidentali ed orientali emerge, ma questa cosa crea certamente meno imbarazzi agli autoctoni, sempre per il fattore di cultura di cui sopra.
Una corrente calda mi lambiva la schiena scorrendo verso le gambe, pensai che poche cose mi avrebbero distolto da quella posizione e da quel piacere, invece pochi istanti dopo entrò in vasca Akiko, che misi a fuoco solo quando era ad un metro da me, i vapori all’interno del bagno erano più intensi, ed in vasca riducevano ulteriormente il campo visivo. Il suo sorriso fu più potente della visione dei suoi seni praticamente perfetti, e piuttosto pronunciati, i suoi capezzoli perfettamente disegnati, guardavano verso l’alto come fiori di ippocastano.
Con il suo inglese decisamente stentato, mi comunicò che era apprendista di Shiatsu (abbinato ad una parola che non compresi ma per eleganza non mi feci ripetere), il famoso massaggio energico giapponese, che ricevuto in quella splendida terra, sarà forse per suggestione, ha tutt’altro effetto.
Erano trascorsi circa 20 minuti, e mi chiese se volevo sottopormi ad un massaggio, accettai con un sorriso e mi indicò la piccola stanza in legno nella quale si sarebbe svolto il rito. Uscii dall’acqua coprendomi in maniera quasi impacciata, a differenza di Akiko che, forse per abitudine, si muoveva in maniera totalmente disinibita. Il suo corpo era perfetto, ma come sempre quando osservavo una ragazza, la mia attenzione si concentrò su spalle e schiena; erano perfettamente bilanciate ed armoniche. Avevo sempre pensato questa cosa della schiena, ma me ne vergognavo forse a causa della vessazione dei miei amici che evidentemente insistevano su altre parti del corpo di una donna… ma il loro costante martellamento fece sembrare anche a me la mia ‘teoria della schiena’, come qualcosa di più simile ad una deviazione.
Entrai nella stanza, che era molto più grande di quanto non apparisse dall’esterno, e con grande stupore notai che al centro della stessa si stagliava un albero, che riversava le sue fronde proprio in prossimità del lettino. Il profumo di questa stanza era delicato, spiccavano tra gli altri sentori di vaniglia e fiori bianchi, situazione che senza dubbio contribuiva al rilassamento che la pratica richiedeva.
Akiko mi fece sdraiare, a pancia in giù, ed iniziò a spalmarsi le mani con un olio dal profumo misto, sicuramente tendente al dolciastro, forse mandorla, ma non solo. Cominciò a massaggiarmi sussurrando qualcosa a metà tra una poesia ed una nenia, con poche parole intramezzate da strofe cadenzate. Il massaggio aveva una tecnica ben precisa, i movimenti seguivano quelle che dovevano essere le ‘vie dell’energia’ ed anche chi come me ne ignorava la tecnica, ne poteva comprendere il senso.
Le sue mani percorrevano la mia schiena in tutta la sua interezza, notai però qualcosa di diverso quando spostandosi verso le natiche, questa danza perfetta si interruppe, lo avvertii dal passo differente abbinato alla poesia, e da movimenti meno sicuri. Pensai fosse una mia impressione, ma di fatto questa cosa mi distrasse dal godimento del massaggio, trasportandomi all’eccitazione della volontarietà di quel movimento. Dopo una prima contrazione tornai a rilassarmi, e notai che il dorso della mano di Akiko si infilò sino a toccare la sacca della mia fonte di vita, indugiando per qualche istante su quella parte. Questa cosa indusse un erezione via via più importante, che non tentai di fermare, e che era impossibile non notare. Con la stessa naturalezza del massaggio, Akiko mi sollevò un financo, spostando il mio organo di lato fermando con tre dita il ‘tentennamento’ del mio organo, per poi riadagiarmi nella posizione iniziale e continuare il massaggio.
Ora la parte che stava massaggiando era l’interno delle cosce e le natiche, spingendo di tanto in tanto i delicati pollici verso l’interno, cosa che ingigantì il senso di piacere… e non solo.
Finalmente mi fece segno di girarmi, chiusi gli occhi ed eseguii il suo comando.
Notai che aveva liberato il suo corpo da ogni tessuto, e potei ammirare la totalità della sua figura, si allontanò per un istante, intingendo le mani in un liquido cremoso, e vidi ancora quella splendida schiena, che ora si manifestava in tutto il suo perfetto clamore. Si rigirò verso di me, e spostando quel liquido in una sola mano, con le due dita dell’altra mi spostò a schiena in giù verso il lettino, sussurrando una frase in giapponese che naturlamente non compresi.
Successe quello che stavo sperando, quel liquido caldo scorreva sul mio pene, generando un movimento involontario che fece tentennare il mio membro, che pochi istanti dopo avvolse, pur senza coprirlo del tutto, tra le sue dita fini ed affusolate. Trasgredendo alla regola che diceva di stare ben poggiato sul lettino, sollevai il collo e la vidi in una sorta di ammirazione, mentre ruotava leggermente il capo osservando il mio pene ora completamente eretto. Ora tre dita di una mano lo sostenevano, mentre l’altra mano massaggiava leggermente la parte bassa, traducendo un senso di piacere che molte labbra non mi avevano mai concesso. Il movimento del suo capo era ondulatorio, traducendo una sensazione quasi di estasi. Mi appoggiai al lettino, osservando il soffitto in legno.
Mi resi conto di una cosa, e mi diedi dello stupido subito dopo perché non si poteva essere razionali anche in quel momento, che forse era il più vicino al senso di paradiso per un ateo… non potevo ragionare anche in quella situazione, eppure lo feci chiedendomi perché, al contrario di quello che di solito mi comanda l’istinto, stavo prendendomi in maniera egoistica il piacere che una donna mi stava concedendo, senza restituire (o almeno provare a farlo) un eugual piacere. Fu solo un pensiero momentaneo, non ricordo che tipo di risposta mi concessi, ma feci continuare Akiko ribadendo il mio egoismo.
Il suo piacevole massaggio continuò per qualche minuto. Per un attimo le mani lasciarono il mio membro, e quando aprii gli occhi per capire come mai, vidi Akiko che stava sorseggiando da un ampolla di vetro dell’acqua. Con la bocca piena sorrise ed afferrando il mio pene con le due dita si spostò con la bocca perpendicolare al glande, lasciando scorrere sulla stessa l’acqua calda che aveva tra le labbra, per poi discendere avvolgendo tutto con la sua bocca completamente aperta. Potevo percepire il calore della sua gola, che avida avvolgeva la mia intimità. Continuò ad usare la bocca su di me per molto tempo, con un incredibile sapienza, che sembrava appartenere ad una tradizione totalmente opposta al senso di piacere che questo tipo di pratica prevede. L’unicità del suo modo di concedere piacere, sembrava direttamente connessa alla mente di chi lo stava ricevendo. Rimasi nelle… sue mani una decina di minuti, con Akiko che neutralizzò tutte le mie iniziative che tendevano a scambiarci ruoli e posizioni, conducendomi ad un orgasmo incredibilmente potente. Rimanemmo li ancora qualche minuto, ed acconsentì a farsi carezzare la schiena dopo che, in maniera imbarazzata, le raccontai quella mia particolare passione.
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