L'infermiera del collegio - Prima parte
di
Margaret
genere
prime esperienze
Buongiorno.
Mi presento: sono Margaret, ho tanti anni e mi divido tra la mia cara Svizzera e le residenze dei miei figli in Milano.
La settimana scorsa sarebbe stata meravigliosa se non fosse accaduto un piccolo incidente con uno dei miei giovani nipoti.
Invero, parlando del più e del meno, il discorso capitò su di un punto cruciale: la educazione da impartire ai ragazzi, siano essi maschi o femmine. E dissi: “Per voi occorrerebbe davvero il collegio svizzero ove mio padre mi impose di frequentare l’ultimo anno di scuola superiore. Una grande istituzione. Alla fine dell’anno mi dispiacque davvero abbandonare quella struttura.”
Ed un mio nipote: “Zia, ma sei stata davvero in collegio?” Non lo avevi mai detto”.
“Sì, è vero – risposi – ma fu un anno soltanto, l’ultimo delle superiori.”
“Ma è vero che lì ci sono istruttori severissimi, che ti fanno vivere una vita d’inferno e ti puniscono anche con batoste?”
“Ma cosa dici? Nel mio collegio si viveva benissimo. Eravamo tutte ragazze e più che severità vi era una somma serietà e rispetto per tutti. Venivi invogliata a fare il tuo dovere. Le batoste? Mai viste o sentite. Sempre il massimo rispetto”.
Ci fu una piccola discussione ma tutto finì lì.
Nel pomeriggio notai (quel birbante) di mio nipote attaccato al suo PC. Non si staccava un attimo e appena scorgeva un soggetto vicino alla porta della sua stanzetta, cambiava immagine facendo comparire la videata de “La battaglia navale”.
“Non me la bevo,” pensai tra di me.
Verso sera, vedo che (finalmente!) lascia il PC e dice: “Faccio solo un piccolo giro con gli amici. Sarò di ritorno per cena”.
Sono stata sempre un po’ impicciona, ma volevo andare in fondo a quella questione.
Mi posizionai al posto di comando del PC e aprii Google Chrome. Poi su con il mouse sui tre puntini in altro e destra e, alla comparsa di “Cronologia” cliccai con decisione. Apparve la serie dei siti visitati da quel porcellino di mio nipote. Tutti siti osè, tra immagini e clip video che riportavano ragazze collegiali percosse sul culetto con frustini o battipanni, sederini rossi rossi come i gamberi arrostiti e altro ancora, tutti con un comune denominatore: “punizioni in collegio”.
Avrei voluto chiamare subito mia cognata – madre del birbante – ma il “sesto senso” mi frenò. Ricordai con grande gioia quel meraviglioso anno scolastico, le mie care amiche, i divertimenti, ma improvvisamente mi apparve dinanzi agli occhi l’unico luogo che mi sconvolse: LA INFERMERIA DEL COLLEGIO.
E sia…… alla mia età, Vi racconto come andò.
Appartengo ad una vecchia famiglia di imprenditori svizzeri. Tutti i componenti, mio padre in testa, anteponevano sempre l’interesse delle Aziende alla famiglia. Quando vi era necessità di una ristrutturazione aziendale eravamo tutti impegnati e così anche la scuola passava in second’ordine. Avevo compiuto i venti anni e mi dovevo iscrivere all’ultimo anno di scuola superiore. In effetti ero in ritardo con gli studi. E i miei genitori decisero di iscrivermi ad un prestigioso collegio femminile. Mi riscattai successivamente: a trenta anni ero laureata in ingegneria, sposata e madre di un maschietto e di una femminuccia.
L’iniziativa del collegio venne da me ben accolta, un po’ per distaccarmi dalla mia famiglia (immotivatamente ossessionata dall’andamento aziendale), un po’ per fare esperienza in un ambiente totalmente diverso.
Iscrizione: tanti, tanti e tanti soldi (ma per mio padre non era un problema).
Prima visita con i genitori alla struttura: una meraviglia dopo l’altra, piscina, campi da tennis, corsi di voce e musica, tanti sport, persino corsi di alpinismo semi professionale.
Secondo accesso: scarico della biancheria personale, consegna documenti tra i quali referto di schermografia negativa che escludeva fenomeni di tubercolosi, compilazione di tante schede con tutti i dati possibili.
Terzo accesso: inizio delle lezioni e addio ai genitori.
Tutto quindi come da copione. Prima settimana semplicemente fantastica. All’inizio della seconda settimana un annuncio: “Da domani tutte le ragazze in gruppi di quattro giù all’infermeria per il controllo medico sanitario”.
Quella sera dissi ad una delle altre tre ragazze con cui condividevo la camera con bagno: “Controllo medico – sanitario, che cavolo è?”
Mi rispose subito: “Una semplice perdita di tempo. Lo facciamo ogni anno. Ti chiederanno tante cose inutili. Il controllo dura dai quindici ai venti minuti non di più. Per te occorrerà forse qualche minuto in più perché sei nuova e la dottoressa oltre a controllarti il seno ti insegnerà i metodi di palpazione per scoprire l’insorgere di qualche tumore. E’ una cosa utile anche per il futuro ma la dottoressa dopo il lutto della sorella deceduta per quel male, è fissata. Ma non ti preoccupare. Nulla di che. L’unica raccomandazione: dato che sei nuova, appena entri, presentati: Buongiorno, sono Margaret e sono appena iscritta. Fa molto”.
Ci fu raccomandato indossare la tenuta usata per la educazione fisica.
Il giorno dopo, appena in classe, scese il primo gruppo di quattro ragazze. Dopo circa un’ora, altre quattro giù: era il mio turno.
Appena chiamata entrai: “Buongiorno. Sono Margaret e sono appena iscritta.“
“Buongiorno Margaret, molto lieta. Sono la dottoressa Paula e lei è la infermiera Ingrid che mi aiuta nel controllo.”
Inizia la serie infinita di domande. Poi controllo sommario di vista, udito, gola, bocca e denti.
“Dentatura perfetta, complimenti” – disse la Dottoressa. Poi: “Per cortesia tolga la maglietta ed i pantaloni. Sulla pedana per controllo peso e altezza e circonferenze.”
Poi ancora: “Questo è un boccaglio sterile. Inspiri ed espiri con forza.”
Poi ancora: “Ora l’elettrocardiogramma”.
Poi ancora: “Questa è una scaletta a piramide con cinque scalini. Salga e scenda gli scalini per dieci volte. Poi ripeteremo l’esame spirometrico e l’elettrocardiogramma”.
Alla fine di tanto: tutto OK.
“Ora per cortesia sul lettino per la palpazione del seno. Metta via il reggiseno.”
Poi ancora: “Faccia questo controllo periodicamente, La prevenzione è necessaria. Può rimettere il reggiseno.”
Poi ancora mi solleva di un centimetro le mutandine e vedendo i miei peli, dice alla infermiera: “Scriva sulla scheda: ”Pubere”
Poi ancora – e qui viene il bello – inizia ad esaminarmi l’addome. Ad un certo punto dice: “Margaret, proprio perché è nuova, ho ben studiato la sua scheda e quanto asserito dai suoi genitori. Loro hanno dichiarato di prestare attenzione ad una possibile stipsi. E’ così?”
“Sì è così, un po’ come tutte le ragazze ho qualche difficoltà ad andare in bagno.”
“Perché non me lo detto poco fa? Ha qualcosa da nascondere?”
“No, no, assolutamente.”
“Lei usa lassativi?”
“Qualche volta prendo la sera uno sciroppo XX oppure delle gocce WW”.
“Ma che mi dice? E’ tutto sbagliato! XX e WW sono medicinali che vanno bene per il transito intestinale. Nel caso suo – l’ho notato con la palpazione – del materiale si è formato nell’ultima parte dell’intestino. Nel caso suo vanno bene dei preparati che agiscono in loco, come le supposte di glicerina, la peretta e in casi ostinati l’enteroclisma.”
Sul principio non diedi importanza.
Poi ancora la Dottoressa: “Si ponga pancia in giù. Voglio dare un’ultima occhiata ai polmoni”.
Mi giro. La Dottoressa pone le mie braccia penzoloni sul lettino e continua la visita. Ad un certo punto:
“Margaret, ad eccezione di quel piccolo problema riguardante la stipsi, è tutto in ordine.”
L’infermiera, appena ascoltate queste ultime parole, si alza e si reca nella stanzetta accanto.
La Dottoressa continua: “Margaret, ha saputo che il Consiglio d’Istituto nella ultima seduta ha disposto la vaccinazione antitetanica obbligatoria per tutte le frequentanti?”
“No, non ne so nulla.”
“E’ una misura preventiva di grande efficacia. Il tetano è una brutta malattia, molto spesso inguaribile”.
Mi giro e vedo l’infermiera Ingrid con una grossa siringa. Contemporaneamente la Dottoressa mi abbassa le mutandine.
“L’infermiera le praticherà questa iniezione”.
In un attimo mi sento strofinare la natica e pungere in maniera decisa.
“Ecco fatto.” aggiunge la Dottoressa, mentre Ingrid si allontana.
Dolorante, con le mutandine ancora abbassate mi siedo sul lettino e tento di porre i piedi in terra.
La Dottoressa: “No. Si fermi. Non abbiamo ancora finito. Dobbiamo fare qualcosa per la stipsi. Vedrà, si sentirà meglio. Poi darò anche disposizioni alla mensa per una dieta personalizzata.”
All’inizio non riuscivo a comprendere. Ma subito dopo vedo tornare Ingrid con una grossa peretta di colore rosso scuro e con luna lunga cannula nera. Ero terrorizzata!
La Dottoressa: “Su Margaret, pancia in giù. Ingrid le praticherà questa pera purgativa. Io intanto le preparo il certificato di vaccinazione.”
E, rivolta alla infermiera: “Ingrid, proceda.”
E Ingrid senza mezzi termini, abbandonando la formula “Lei” di riguardo e ogni forma di cortesia, con fredda determinazione mi dice: “Apri il culetto; su, apri il culetto.” E poi un forte schiaffo sulla natica. Sento le sue mani vicino alla mia carne e poi la cannula dentro di me. Tutta dentro di me al punto che sentivo i bordi della pera toccare le pieghe del mio buchetto. Sento il liquido penetrarmi, mentre Ingrid preme con forza la pera. Poi la estrae, la fa riempire di aria e continua per una seconda irrigazione. “Basta così” dice soddisfatta e si allontana nella stanza attigua.
La Dottoressa, anch’essa soddisfatta della terapia applicata mi fa segno di rivestirmi in fretta e mi indica il bagno della infermeria.
E fece bene, perché in quelle condizioni non sarei arrivata indenne fino al bagno della mia stanzetta o al bagno sito nel corridoio della classe.
Credo davvero che la frase “E’ tutto in ordine” fosse la “parola d’ordine” per comunicare alla infermiera la predisposizione della iniezione e che la pera purgativa fosse stata già preordinata dalla dottoressa al momento della lettura della mia scheda. Non si può spiegare diversamente la precisione nei tempi e nei modi.
Completamente stravolta decisi di non dire nulla a nessuno della purga somministratami. Dopo circa un’ora ritrovai la mia amica che mi aveva illustrato i modi di esecuzione del “controllo medico sanitario” e con una certa stizza le dissi: “Che càspita mi hai detto. È stato un inferno, conclusosi poi con una iniezione di vaccino.”
“A chi lo dici? È cambiato tutto! A me fa ancora male il culo!”
E la sera, noi quattro della stanzetta, tutte e quattro “bucate”, ci coricammo tranquillamente. Forse neanche troppo “tranquillamente” perché, a luci spente e nella penombra, vidi le coperte degli altri letti, “ondeggiare” decisamente. Lanciai quasi un urlo: “Che sta succedendo?”
E una delle ragazze: “Stiamo tutte pensando a stamattina, ai nostri poveri culetti e ce la stiamo spassando un po’…”
Ed io, con aria severa da sorella maggiore: “Siete delle porcelline” dissi.
Ed una vicina di letto: “Perché tu non ti tocchi mai? Aspetta, ti faccio toccare il mio ginocchione!”
E nella penombra si infilò nel mio letto, mi alzò la camicia da notte e mi sfilò le mutandine. La terza ragazza guardava ansimante e la quarta si pose di guardia vicino alla porta, nel caso in cui fosse passata la sorvegliante notturna.
La ragazza nel mio letto cominciò a strofinarmi sapientemente le parti intime. Si capiva subito che era persona che ci sapeva fare. Poi quando si accorse che stavo arrivando all’orgasmo, mi aprì le gambe e pose il suo ginocchio in corrispondenza della mia vagina, tra le grandi labbra, muovendolo ritmicamente.
Fino a quel momento non avevo mai goduto così tanto.
L’altra ragazza disse: “Bene, è arrivato il mio turno.”
Ma la “maestra”, scendendo dal mio letto le disse: “No, dai per oggi basta. Sono davvero stanca. Ti prometto domani.”
L’ultima delle quattro, accortasi della fine dello spettacolo, si ritirò anch’essa nel suo letto.
E quella notte dormimmo tutte felici e contente……..
Ma la terrificante avventura della infermeria non finì quel giorno……
Mi presento: sono Margaret, ho tanti anni e mi divido tra la mia cara Svizzera e le residenze dei miei figli in Milano.
La settimana scorsa sarebbe stata meravigliosa se non fosse accaduto un piccolo incidente con uno dei miei giovani nipoti.
Invero, parlando del più e del meno, il discorso capitò su di un punto cruciale: la educazione da impartire ai ragazzi, siano essi maschi o femmine. E dissi: “Per voi occorrerebbe davvero il collegio svizzero ove mio padre mi impose di frequentare l’ultimo anno di scuola superiore. Una grande istituzione. Alla fine dell’anno mi dispiacque davvero abbandonare quella struttura.”
Ed un mio nipote: “Zia, ma sei stata davvero in collegio?” Non lo avevi mai detto”.
“Sì, è vero – risposi – ma fu un anno soltanto, l’ultimo delle superiori.”
“Ma è vero che lì ci sono istruttori severissimi, che ti fanno vivere una vita d’inferno e ti puniscono anche con batoste?”
“Ma cosa dici? Nel mio collegio si viveva benissimo. Eravamo tutte ragazze e più che severità vi era una somma serietà e rispetto per tutti. Venivi invogliata a fare il tuo dovere. Le batoste? Mai viste o sentite. Sempre il massimo rispetto”.
Ci fu una piccola discussione ma tutto finì lì.
Nel pomeriggio notai (quel birbante) di mio nipote attaccato al suo PC. Non si staccava un attimo e appena scorgeva un soggetto vicino alla porta della sua stanzetta, cambiava immagine facendo comparire la videata de “La battaglia navale”.
“Non me la bevo,” pensai tra di me.
Verso sera, vedo che (finalmente!) lascia il PC e dice: “Faccio solo un piccolo giro con gli amici. Sarò di ritorno per cena”.
Sono stata sempre un po’ impicciona, ma volevo andare in fondo a quella questione.
Mi posizionai al posto di comando del PC e aprii Google Chrome. Poi su con il mouse sui tre puntini in altro e destra e, alla comparsa di “Cronologia” cliccai con decisione. Apparve la serie dei siti visitati da quel porcellino di mio nipote. Tutti siti osè, tra immagini e clip video che riportavano ragazze collegiali percosse sul culetto con frustini o battipanni, sederini rossi rossi come i gamberi arrostiti e altro ancora, tutti con un comune denominatore: “punizioni in collegio”.
Avrei voluto chiamare subito mia cognata – madre del birbante – ma il “sesto senso” mi frenò. Ricordai con grande gioia quel meraviglioso anno scolastico, le mie care amiche, i divertimenti, ma improvvisamente mi apparve dinanzi agli occhi l’unico luogo che mi sconvolse: LA INFERMERIA DEL COLLEGIO.
E sia…… alla mia età, Vi racconto come andò.
Appartengo ad una vecchia famiglia di imprenditori svizzeri. Tutti i componenti, mio padre in testa, anteponevano sempre l’interesse delle Aziende alla famiglia. Quando vi era necessità di una ristrutturazione aziendale eravamo tutti impegnati e così anche la scuola passava in second’ordine. Avevo compiuto i venti anni e mi dovevo iscrivere all’ultimo anno di scuola superiore. In effetti ero in ritardo con gli studi. E i miei genitori decisero di iscrivermi ad un prestigioso collegio femminile. Mi riscattai successivamente: a trenta anni ero laureata in ingegneria, sposata e madre di un maschietto e di una femminuccia.
L’iniziativa del collegio venne da me ben accolta, un po’ per distaccarmi dalla mia famiglia (immotivatamente ossessionata dall’andamento aziendale), un po’ per fare esperienza in un ambiente totalmente diverso.
Iscrizione: tanti, tanti e tanti soldi (ma per mio padre non era un problema).
Prima visita con i genitori alla struttura: una meraviglia dopo l’altra, piscina, campi da tennis, corsi di voce e musica, tanti sport, persino corsi di alpinismo semi professionale.
Secondo accesso: scarico della biancheria personale, consegna documenti tra i quali referto di schermografia negativa che escludeva fenomeni di tubercolosi, compilazione di tante schede con tutti i dati possibili.
Terzo accesso: inizio delle lezioni e addio ai genitori.
Tutto quindi come da copione. Prima settimana semplicemente fantastica. All’inizio della seconda settimana un annuncio: “Da domani tutte le ragazze in gruppi di quattro giù all’infermeria per il controllo medico sanitario”.
Quella sera dissi ad una delle altre tre ragazze con cui condividevo la camera con bagno: “Controllo medico – sanitario, che cavolo è?”
Mi rispose subito: “Una semplice perdita di tempo. Lo facciamo ogni anno. Ti chiederanno tante cose inutili. Il controllo dura dai quindici ai venti minuti non di più. Per te occorrerà forse qualche minuto in più perché sei nuova e la dottoressa oltre a controllarti il seno ti insegnerà i metodi di palpazione per scoprire l’insorgere di qualche tumore. E’ una cosa utile anche per il futuro ma la dottoressa dopo il lutto della sorella deceduta per quel male, è fissata. Ma non ti preoccupare. Nulla di che. L’unica raccomandazione: dato che sei nuova, appena entri, presentati: Buongiorno, sono Margaret e sono appena iscritta. Fa molto”.
Ci fu raccomandato indossare la tenuta usata per la educazione fisica.
Il giorno dopo, appena in classe, scese il primo gruppo di quattro ragazze. Dopo circa un’ora, altre quattro giù: era il mio turno.
Appena chiamata entrai: “Buongiorno. Sono Margaret e sono appena iscritta.“
“Buongiorno Margaret, molto lieta. Sono la dottoressa Paula e lei è la infermiera Ingrid che mi aiuta nel controllo.”
Inizia la serie infinita di domande. Poi controllo sommario di vista, udito, gola, bocca e denti.
“Dentatura perfetta, complimenti” – disse la Dottoressa. Poi: “Per cortesia tolga la maglietta ed i pantaloni. Sulla pedana per controllo peso e altezza e circonferenze.”
Poi ancora: “Questo è un boccaglio sterile. Inspiri ed espiri con forza.”
Poi ancora: “Ora l’elettrocardiogramma”.
Poi ancora: “Questa è una scaletta a piramide con cinque scalini. Salga e scenda gli scalini per dieci volte. Poi ripeteremo l’esame spirometrico e l’elettrocardiogramma”.
Alla fine di tanto: tutto OK.
“Ora per cortesia sul lettino per la palpazione del seno. Metta via il reggiseno.”
Poi ancora: “Faccia questo controllo periodicamente, La prevenzione è necessaria. Può rimettere il reggiseno.”
Poi ancora mi solleva di un centimetro le mutandine e vedendo i miei peli, dice alla infermiera: “Scriva sulla scheda: ”Pubere”
Poi ancora – e qui viene il bello – inizia ad esaminarmi l’addome. Ad un certo punto dice: “Margaret, proprio perché è nuova, ho ben studiato la sua scheda e quanto asserito dai suoi genitori. Loro hanno dichiarato di prestare attenzione ad una possibile stipsi. E’ così?”
“Sì è così, un po’ come tutte le ragazze ho qualche difficoltà ad andare in bagno.”
“Perché non me lo detto poco fa? Ha qualcosa da nascondere?”
“No, no, assolutamente.”
“Lei usa lassativi?”
“Qualche volta prendo la sera uno sciroppo XX oppure delle gocce WW”.
“Ma che mi dice? E’ tutto sbagliato! XX e WW sono medicinali che vanno bene per il transito intestinale. Nel caso suo – l’ho notato con la palpazione – del materiale si è formato nell’ultima parte dell’intestino. Nel caso suo vanno bene dei preparati che agiscono in loco, come le supposte di glicerina, la peretta e in casi ostinati l’enteroclisma.”
Sul principio non diedi importanza.
Poi ancora la Dottoressa: “Si ponga pancia in giù. Voglio dare un’ultima occhiata ai polmoni”.
Mi giro. La Dottoressa pone le mie braccia penzoloni sul lettino e continua la visita. Ad un certo punto:
“Margaret, ad eccezione di quel piccolo problema riguardante la stipsi, è tutto in ordine.”
L’infermiera, appena ascoltate queste ultime parole, si alza e si reca nella stanzetta accanto.
La Dottoressa continua: “Margaret, ha saputo che il Consiglio d’Istituto nella ultima seduta ha disposto la vaccinazione antitetanica obbligatoria per tutte le frequentanti?”
“No, non ne so nulla.”
“E’ una misura preventiva di grande efficacia. Il tetano è una brutta malattia, molto spesso inguaribile”.
Mi giro e vedo l’infermiera Ingrid con una grossa siringa. Contemporaneamente la Dottoressa mi abbassa le mutandine.
“L’infermiera le praticherà questa iniezione”.
In un attimo mi sento strofinare la natica e pungere in maniera decisa.
“Ecco fatto.” aggiunge la Dottoressa, mentre Ingrid si allontana.
Dolorante, con le mutandine ancora abbassate mi siedo sul lettino e tento di porre i piedi in terra.
La Dottoressa: “No. Si fermi. Non abbiamo ancora finito. Dobbiamo fare qualcosa per la stipsi. Vedrà, si sentirà meglio. Poi darò anche disposizioni alla mensa per una dieta personalizzata.”
All’inizio non riuscivo a comprendere. Ma subito dopo vedo tornare Ingrid con una grossa peretta di colore rosso scuro e con luna lunga cannula nera. Ero terrorizzata!
La Dottoressa: “Su Margaret, pancia in giù. Ingrid le praticherà questa pera purgativa. Io intanto le preparo il certificato di vaccinazione.”
E, rivolta alla infermiera: “Ingrid, proceda.”
E Ingrid senza mezzi termini, abbandonando la formula “Lei” di riguardo e ogni forma di cortesia, con fredda determinazione mi dice: “Apri il culetto; su, apri il culetto.” E poi un forte schiaffo sulla natica. Sento le sue mani vicino alla mia carne e poi la cannula dentro di me. Tutta dentro di me al punto che sentivo i bordi della pera toccare le pieghe del mio buchetto. Sento il liquido penetrarmi, mentre Ingrid preme con forza la pera. Poi la estrae, la fa riempire di aria e continua per una seconda irrigazione. “Basta così” dice soddisfatta e si allontana nella stanza attigua.
La Dottoressa, anch’essa soddisfatta della terapia applicata mi fa segno di rivestirmi in fretta e mi indica il bagno della infermeria.
E fece bene, perché in quelle condizioni non sarei arrivata indenne fino al bagno della mia stanzetta o al bagno sito nel corridoio della classe.
Credo davvero che la frase “E’ tutto in ordine” fosse la “parola d’ordine” per comunicare alla infermiera la predisposizione della iniezione e che la pera purgativa fosse stata già preordinata dalla dottoressa al momento della lettura della mia scheda. Non si può spiegare diversamente la precisione nei tempi e nei modi.
Completamente stravolta decisi di non dire nulla a nessuno della purga somministratami. Dopo circa un’ora ritrovai la mia amica che mi aveva illustrato i modi di esecuzione del “controllo medico sanitario” e con una certa stizza le dissi: “Che càspita mi hai detto. È stato un inferno, conclusosi poi con una iniezione di vaccino.”
“A chi lo dici? È cambiato tutto! A me fa ancora male il culo!”
E la sera, noi quattro della stanzetta, tutte e quattro “bucate”, ci coricammo tranquillamente. Forse neanche troppo “tranquillamente” perché, a luci spente e nella penombra, vidi le coperte degli altri letti, “ondeggiare” decisamente. Lanciai quasi un urlo: “Che sta succedendo?”
E una delle ragazze: “Stiamo tutte pensando a stamattina, ai nostri poveri culetti e ce la stiamo spassando un po’…”
Ed io, con aria severa da sorella maggiore: “Siete delle porcelline” dissi.
Ed una vicina di letto: “Perché tu non ti tocchi mai? Aspetta, ti faccio toccare il mio ginocchione!”
E nella penombra si infilò nel mio letto, mi alzò la camicia da notte e mi sfilò le mutandine. La terza ragazza guardava ansimante e la quarta si pose di guardia vicino alla porta, nel caso in cui fosse passata la sorvegliante notturna.
La ragazza nel mio letto cominciò a strofinarmi sapientemente le parti intime. Si capiva subito che era persona che ci sapeva fare. Poi quando si accorse che stavo arrivando all’orgasmo, mi aprì le gambe e pose il suo ginocchio in corrispondenza della mia vagina, tra le grandi labbra, muovendolo ritmicamente.
Fino a quel momento non avevo mai goduto così tanto.
L’altra ragazza disse: “Bene, è arrivato il mio turno.”
Ma la “maestra”, scendendo dal mio letto le disse: “No, dai per oggi basta. Sono davvero stanca. Ti prometto domani.”
L’ultima delle quattro, accortasi della fine dello spettacolo, si ritirò anch’essa nel suo letto.
E quella notte dormimmo tutte felici e contente……..
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