Vedremo

di
genere
etero

Sono sotto casa tua, ti ho comprato il caffè d’asporto e la barista mi ha dato una palettina monouso, ma non la bustina di zucchero.
Sono le 8.30 di mattina, la via di casa tua freme già di auto e ragazzini che vanno a scuola e una signora indaffarata sta pulendo le scale del tuo condomino.
Mi infilo nel portone, scusandomi con lei per calpestarle il pavimento bagnato ed entro in casa tua.
Mi fai accomodare, mi dai una palpatina al culo, talmente leggera che sembra impercettibile.
Sono mesi e mesi che non stiamo insieme, l’attrazione per te la sento invariata, mi sento già bagnata cosi, con solo quel mezzo contatto ricevuto.
Fremo solo a guardarti, mi toglierei già tutti i vestiti e sarei già pronta a inginocchiarmi ai tuoi piedi.
Ma non lo faccio, me ne sto sorridente con una faccia da rincoglionita, la vedo attraverso lo specchio della parete che ho di fronte.
La tua palpata di culo, comunque va già contro le regole che ci siamo dati preventivamente l’incontro: abbiamo detto che non si scopa e che tu non mi tocchi in nessuno modo, nemmeno un bacio. Perché ? Perché vuoi provare a mettermi il cazzo moscio in bocca, non vuoi che ti diventi nemmeno barzotto prima di mettermelo sulla lingua.
Il motivo? Mi è ignoto, io ho già perso la sfida sono già liquefatta nei miei caldi umori, quasi ho paura di camminare per non fare rumori umidi.
Finché non metterai una mano nei miei slip, posso continuare a portare avanti questa farsa.
Ci spostiamo in cucina bevi il tuo caffè, parliamo un po’ seduti sul divano, mentre fumi una sigaretta.
Sembri tranquillo come sempre e ai miei occhi mi attizzi sempre: Hai i capelli ricci raccolti in un codino, la barba scura e folta.
Hai due occhi grandi e scuri, quel bel naso dritto e le tue fossette.
Ma che cazzo mi metto a pensare, meglio guardare il fumo che si alza e la sigaretta che diminuisce, mi dici di parlare piano, i tuoi coinquilini dormono.
Va bene, farò poco rumore, finché potrò.
Ci spostiamo in camera, chiudi la porta e ti siedi sulla poltrona della tua scrivania, io sul letto di fronte a te.
Mi fissi, non togli lo sguardo, anche se sono vestita con un banale jeans e felpa.
Ti rinfaccio che prima mi hai toccato il culo, tu ridi.
Chiedo perché mi fissi, e mi rispondi che se due persone sono in una stanza è normale guardarsi.
Si, ma non fissare.
Ti alzi in piedi davanti a me, che resto seduta sul letto, ti tiri fuori il cazzo dai pantaloni della tuta.
È già eretto, mi dici che solo a guardarmi, anche se sono vestita, ti sei eccitato.
A questa frase mi sento totalmente alla tua mercè, però mi sento anche potente, sono quasi convinta di averti in pugno, visto che hai perso la sfida.
Ti chini verso di me, la tua mano sopra al mio collo lo stringe al punto giusto, nè troppo piano nè troppo forte.
Finalmente sento la tua lingua avvolgente, mangia la mia e si intrufola nella mia bocca.
Mi sbrani, profondamente come non hai mai fatto e ti supplico di sputarmi in bocca.
Stringi il mio mento con la mano, e prendi la mira, vedo la goccia che piano piano scende nella mia, la bramo e la voglio.
Appena approda sulla mia lingua, la deglutisco assetata e tu mi dai un piccolo schiaffo sulla guancia, per poi leccarmi il collo fino a sfinirmi.
Dio mio, ora vorrei farmi prendere a schiaffi sul culo e vorrei una bella impronta rossa sul gluteo, a testimonianza che sono tua.
Ma tu non hai questo in mente, mi cacci finalmente il tuo enorme cazzo in bocca.
Dio mio che liberazione, dopo mesi di merda e di cose che non vanno affatto bene, è arrivata la cosa che più mi piace: spompinarti a dovere.
E lo faccio, sento che aspetti che sia io a prenderlo fino a dove riesco, che comprende il mio soffocamento.
Mentre lo faccio, mulinello la lingua intorno alla cappella, sento il tuo respiro pesante e cerchi già di trattenerti.
Mi stacco, sputo sull’asta mentre ti fisso, continuando a passare la lingua su tutta la lunghezza.
Non uso mai le mani, lo so che ti piacciono i bocchini solo di bocca, quindi mi immergo di nuovo in apnea.
Nel mentre mi spogli tutta, mi ficchi due dita dentro alla figa grondate, caldissima, non mi trattengo e godo.
Togli il cazzo dalla mia bocca velocemente, alla mia ennesima supplica di volere uno sputo, lo fai e poi mi metti due dita dell’altra mano nella mia bocca.
Succhiamele Troia, mi dici.
Eseguo.
Io in realtà sono annebbiata, vedo che sei nudo ma non ho visto toglierti i vestiti e poi mi butti a letto.
Non possiamo scopare, i patti sono patti, te lo ricordo.
Annuisci.
Sono supina, tu mi sovrasti fino a mettermi il cazzo in mezzo alle tette, le stringo ai lati, mentre tu inizi a spingere.
Ti prendo la cappella, rossa e pulsante, in bocca e ti chiedo di scoparmi la bocca.
Scopami la bocca, cazzo.
Si, ma stai zitta la gente dorme mi dici.
Quanto godo quando mi rispondi così, poi lo sento in gola mantengo la testa sollevata, per agevolare le tue spinte continue e inesorabili.
Ti guardo da sotto, con una mano ti mantieni alla testata del letto che cigola pianissimo, è quasi impercettibile.
È bellissimo vederti godere così tanto.
Mentre con l’altra mano mi dilani la carne, fai godere me, trasformandomi allo stato liquido.
Mi dici che stai per venire, così ti impongo di cambiare posizione, tassativamente devo ingoiare tutto.
Invertiamo i ruoli, ora ti sovrasto io, ti sego veloce con la mano, mentre mi chiedi pietà.
Pietà non te ne do, mi dici che sono la tua troia.
A denti stretti quasi minacciandoti, mi avvicino al tuo orecchio, chi cazzo ti fa godere cosi?
Parliamo così piano che sembrano ultrasuoni le nostri voci, eppure sento tutto così bene, come se stessimo urlando con un megafono.
Ma questi sussurri ci bruciano la carne lasciando un segno, ne sono certa, anche se siamo bravi a nasconderceli a vicenda.
Continuo a tormentarti: Chi cazzo viene a casa tua alle 8.30 di mattina a farti godere così? Chi?
Nessuna, mi rispondi, solo tu che sei mia, la mia troia.
Se solo tu mi scopassi spesso e non aspettando mesi e mesi, lascio volutamente la frase a metà, la dico digrignando quasi i denti.
E finalmente mi scosto dal tuo orecchio, per prenderti il cazzo in bocca e accogliere il tuo sperma.
Sento la cappella che pulsa sulla mia lingua, me la immagino pulsare dentro alla figa e mi scappa un gemito.
Il tuo sperma è buono, con una punta di sapore pungente, che però non me lo fa schifare.
Anzi.
Siamo sfiniti, crolliamo sul letto, tu mi prendi tra le tue braccia, mi dici che ti ho prosciugato.
Mi fai mettere a cucchiaio rispetto a te, mi cingi con le tue braccia e mi chiudi a coppa le mani sulle tette.
Ci culliamo così per qualche minuto, poi ci rivestiamo, un bacio volante e torniamo nella fottuta quotidianità.
Manterrai la seconda promessa ?
Vedremo.
scritto il
2022-02-24
2 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Stupida

racconto sucessivo

..
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.