Il parroco
di
Rusade
genere
masturbazione
Don Pancrazio è un parroco all'antica. Ha vissuto i suoi sessant'anni prima in seminario e poi in chiese di paese. Prima di essere assegnato alla parrocchia di Antonella, ha girato la regione in lungo e in largo. Ha vissuto sempre da solo, talvolta in isolati luoghi di montagna dove era probabilmente più facile incontrare il buon Dio che qualche sperduta pecorella. Per la privazione della congiunzione carnale imposta dalla religione cattolica, ha dovuto provvedere a domare il desiderio ovviamente da solo. Fin dalla pubertà ha praticato assiduamente la masturbazione, ma è stato risolutamente lontano dal contatto intimo con alcun altro individuo, sia femmina che maschio. Una rinuncia capitale e pericolosa, solo di recente, dato il dilagare di costumi viziosi tra i sacerdoti si comincia a discutere di concedere il matrimonio anche ai preti cattolici dopo quasi 800 anni di celibato forzato. Lui ha rinunciato anche al supporto della cosiddetta perpetua, la donna laica che accudisce il religioso nelle faccende domestiche. Ha dovuto farlo più di vent'anni prima, quando, in un paesino di quattro case sui monti dove esercitava, gli si offrì l'opportunità incontrando Crocetta. Era una vedova non più nel fiore degli anni senza un soldo e senza più dimora. Egli la trovò a dormire in chiesa, seduta in fondo nell'angolo più buio. L'inverno era arrivato e a quell'altitudine il freddo non tardava di certo. La donna raccontò a Don Pancrazio tutta la sua storia e come fosse rimasta vittima di un raggiro funesto. Disse di chiamarsi Crocetta, diminutivo di Crocefissa, e che dopo la morte del marito, all'età di quarant'anni, si era trasferita in una cittadina della provincia sperando in un possibile assestamento della sua vita, magari andando a servizio presso qualche famiglia del luogo. Un conoscente, fingendosi amico e corteggiatore indefesso, le aveva preso con un raggiro tutti i suoi miseri risparmi ed in breve si era ritrovata senza casa e senza nulla. Umiliatasi alla questua, aveva ottenuto i soldi giusti per tornare con la corriera fino al paese d'origine e pochi spiccioli per un po' di pane. Durante il viaggio si accorse però di avere troppa vergogna per rivedere i suoi compaesani e si fermò lì, dove nessuno la conosceva, per riflettere.
Il prete mosso a pietà, non potè far altro che aprirle le porte della sagrestia. Crocetta la ripulì in men che non si dica e così la chiesa e poi le due stanze dove viveva lui. Gli lavò i panni sdruciti e in seguito gli tagliava addirittura i capelli e gli curava la barba. Era una manna dal cielo per il povero prete che aveva fatto della trascuratezza la sua divisa. Lei si era subito ricavata un giaciglio in un piccolo ripostiglio buio in fondo alla casa. L'aveva pulito e sistemato con cura e questa per lei era diventata la sua insperata nuova casa. Passavano i mesi e Don Pancrazio stava rigorosamente a debita distanza dalle tentazioni, anzi, per proteggersi, non alzava mai lo sguardo verso la sua figura o quasi. Certo la donna era sciupata, dei fili d'argento le attraversavano ormai il capo, però aveva una fierezza nel portamento e nei lineamenti che la facevano sembrare, nonostante la sua assoluta castigatezza una donna linda e ancora desiderabile.
E come poteva non arrendersi a desiderarla il povero prete dopo anni di solitudine e di autocompiacimento... Era certo, però, che non avrebbe fatto mai nulla che potesse darle l'impressione di volersi prendere delle confidenze anche se un desiderio irrefrenabile benché quasi innocente, non poteva sopire. Così prese l'abitudine di andare a notte fonda accanto al suo letto e di guardarla dormire da dietro una tenda. Guardava i lineamenti del suo viso, i capelli lunghi e sciolti, Immaginava i suoi seni, le sue cosce nude e si accarezzava l'inguine per poi masturbarsi tornato a letto prima di dormire.
Un giorno, mentre lei era uscita per povere commissioni, si ritrovò a maneggiare la sua roba sporca. Don Pancrazio annusò l'odore di vulva che non aveva mai sentito in vita sua, stringeva il panno sul naso quasi a volersi soffocare e tirato frettolosamente il membro fuori dalla tonaca, si masturbava di gusto imbrattandola di sperma. Nei giorni seguenti, con l'arrivo della primavera, il desiderio diventava sempre più incontrollabile. Per combatterlo si infliggeva pesanti punizioni. Recitava rosari sempre più lunghi e complessi, si punzecchiava le braccia con gli spilli, tratteneva il respiro fino a tossire anossico. Ma avrebbe dato chissà cosa per vederla nuda almeno una volta. Aveva bisogno di comporre nei suoi occhi l'immagine che l'avrebbe accompagnato in futuro in tutte le sue masturbazioni. Così, alla fine, escogitò un piano. Il sabato era il giorno in cui Crocetta, dopo le faccende domestiche e prima di preparare la cena, dedicava un'ora alle sue abluzioni. Riempiva con l'acqua calda una grande tinozza di latta e legno e si immergeva a lungo insaponandosi dolcemente per distendersi dai suoi tristi ricordi. Quel sabato lui uscì verso le cinque del pomeriggio, dicendo che doveva andare ad assistere un anziano fedele prossimo a lasciare questa terra di sofferenza, nel paese vicino. In realtà aveva architettato di rientrare dopo poco, furtivo e silenzioso come un gatto nel momento esatto in cui sapeva che lei si sarebbe immersa nella vasca a bagnarsi completamente nuda.
Così si appostò dietro la pesante vecchia tenda che divideva la stanza da bagno dal resto della casa e si mise a spiare accarezzandosi con la mano dentro le mutande,inebriato dal profumo di sapone di Marsiglia e di pulito. Notò che la sua innocente perpetua aveva un bel seno ancora pieno, i capezzoli bagnati erano prominenti, la pelle era bianca e liscia senza rughe. Guardava, pieno di desiderio, la spugna insaponata andare su e giù per le braccia e poi sulle mammelle e l'addome. Dopo un po' Crocetta lasciò cadere la spugna nella tinozza, buttò indietro la testa e con aria trasognata si mise a stringersi i capezzoli con le dita. Prima uno, poi l'altro diventavano gonfi e scuri. Poi sporse il collo in avanti, inchinò la bocca e ne prese uno tra i denti. Lo stringeva lo succhiava rumorosamente. Dalla tinozza schizzavano a terra zampilli d'acqua, sicuramente si stava masturbando appassionatamente. Don Pancrazio aveva estratto il suo membro già da un bel po' e si masturbava anche lui con sconosciuta grande soddisfazione. La tenda si muoveva avanti e indietro, ma ciascuno era così impegnato nel proprio sfogo che non poteva certo accorgersene. Presa da un crescente godimento Crocetta tirò fuori una gamba dalla vasca, appoggiando il piede a terra per potersi masturbare più comodamente. In questo modo il suo pube emerse dall'acqua per mostrarsi al prete in tutto il suo bieco candore. Le dita scarne entravano e uscivano, forse due o tre, dalla vagina rossa e succosa come una pesca, il prete si segava sempre più velocemente. La donna cominciò a mugolare in preda all'orgasmo dimenando leggermente la testa a destra e sinistra.
Oh! Che bello, si, sii. Sto godendo con te, prendimi ancora amore mio,Siiiii!
Il suo corpo si contorceva nell'acqua e fuori di essa, sembrava indemoniata, sicuramente era un suo modo per sentirsi ancora in contatto con l'amato marito defunto. Il prete era giunto ormai al punto di non ritorno, non riusciva a rallentare il ritmo della sua mano. Non era lucido per capire il significato reale di quanto aveva appena udito, la sua mente subiva il lampeggiare di un vortice di immagini che andavano dalle fantasie più lussuriose che l'avevano accompagnato durante la sua vita di onanista, fino a visioni del demonio bicazzuto tra i roghi dell'inferno.
Come impazzito, con la mano libera scostò la tenda e si presentò nudo dalla cintola in giù al cospetto della disgraziata. Senza esitare le avvicinò il membro convulso che stringeva in mano al viso e le rovesciò addosso un enorme carico di sborra distribuendolo con lo scuotimento della mano equamente sugli occhi, sul naso, sulle labbra come a volerla benedire.
Non ci fu nessun seguito. La donna atterrita e raggelata scattò in piedi mentre contemporaneamente afferrava un drappo per coprirsi. Guardò inviperita il prete negli occhi per un interminabile manciata di secondi, quindi tornò a nascondersi nel suo buio rifugio. Don Pancrazio restò ansimante con il membro svuotato in mano ancora per qualche minuto davanti alla tinozza ormai vuota, poi sparì anche lui rifugiandosi nella sua stanza. Fu per lui la notte più cupa e drammatica della sua vita. Al mattino la donna non c'era più.
Il prete mosso a pietà, non potè far altro che aprirle le porte della sagrestia. Crocetta la ripulì in men che non si dica e così la chiesa e poi le due stanze dove viveva lui. Gli lavò i panni sdruciti e in seguito gli tagliava addirittura i capelli e gli curava la barba. Era una manna dal cielo per il povero prete che aveva fatto della trascuratezza la sua divisa. Lei si era subito ricavata un giaciglio in un piccolo ripostiglio buio in fondo alla casa. L'aveva pulito e sistemato con cura e questa per lei era diventata la sua insperata nuova casa. Passavano i mesi e Don Pancrazio stava rigorosamente a debita distanza dalle tentazioni, anzi, per proteggersi, non alzava mai lo sguardo verso la sua figura o quasi. Certo la donna era sciupata, dei fili d'argento le attraversavano ormai il capo, però aveva una fierezza nel portamento e nei lineamenti che la facevano sembrare, nonostante la sua assoluta castigatezza una donna linda e ancora desiderabile.
E come poteva non arrendersi a desiderarla il povero prete dopo anni di solitudine e di autocompiacimento... Era certo, però, che non avrebbe fatto mai nulla che potesse darle l'impressione di volersi prendere delle confidenze anche se un desiderio irrefrenabile benché quasi innocente, non poteva sopire. Così prese l'abitudine di andare a notte fonda accanto al suo letto e di guardarla dormire da dietro una tenda. Guardava i lineamenti del suo viso, i capelli lunghi e sciolti, Immaginava i suoi seni, le sue cosce nude e si accarezzava l'inguine per poi masturbarsi tornato a letto prima di dormire.
Un giorno, mentre lei era uscita per povere commissioni, si ritrovò a maneggiare la sua roba sporca. Don Pancrazio annusò l'odore di vulva che non aveva mai sentito in vita sua, stringeva il panno sul naso quasi a volersi soffocare e tirato frettolosamente il membro fuori dalla tonaca, si masturbava di gusto imbrattandola di sperma. Nei giorni seguenti, con l'arrivo della primavera, il desiderio diventava sempre più incontrollabile. Per combatterlo si infliggeva pesanti punizioni. Recitava rosari sempre più lunghi e complessi, si punzecchiava le braccia con gli spilli, tratteneva il respiro fino a tossire anossico. Ma avrebbe dato chissà cosa per vederla nuda almeno una volta. Aveva bisogno di comporre nei suoi occhi l'immagine che l'avrebbe accompagnato in futuro in tutte le sue masturbazioni. Così, alla fine, escogitò un piano. Il sabato era il giorno in cui Crocetta, dopo le faccende domestiche e prima di preparare la cena, dedicava un'ora alle sue abluzioni. Riempiva con l'acqua calda una grande tinozza di latta e legno e si immergeva a lungo insaponandosi dolcemente per distendersi dai suoi tristi ricordi. Quel sabato lui uscì verso le cinque del pomeriggio, dicendo che doveva andare ad assistere un anziano fedele prossimo a lasciare questa terra di sofferenza, nel paese vicino. In realtà aveva architettato di rientrare dopo poco, furtivo e silenzioso come un gatto nel momento esatto in cui sapeva che lei si sarebbe immersa nella vasca a bagnarsi completamente nuda.
Così si appostò dietro la pesante vecchia tenda che divideva la stanza da bagno dal resto della casa e si mise a spiare accarezzandosi con la mano dentro le mutande,inebriato dal profumo di sapone di Marsiglia e di pulito. Notò che la sua innocente perpetua aveva un bel seno ancora pieno, i capezzoli bagnati erano prominenti, la pelle era bianca e liscia senza rughe. Guardava, pieno di desiderio, la spugna insaponata andare su e giù per le braccia e poi sulle mammelle e l'addome. Dopo un po' Crocetta lasciò cadere la spugna nella tinozza, buttò indietro la testa e con aria trasognata si mise a stringersi i capezzoli con le dita. Prima uno, poi l'altro diventavano gonfi e scuri. Poi sporse il collo in avanti, inchinò la bocca e ne prese uno tra i denti. Lo stringeva lo succhiava rumorosamente. Dalla tinozza schizzavano a terra zampilli d'acqua, sicuramente si stava masturbando appassionatamente. Don Pancrazio aveva estratto il suo membro già da un bel po' e si masturbava anche lui con sconosciuta grande soddisfazione. La tenda si muoveva avanti e indietro, ma ciascuno era così impegnato nel proprio sfogo che non poteva certo accorgersene. Presa da un crescente godimento Crocetta tirò fuori una gamba dalla vasca, appoggiando il piede a terra per potersi masturbare più comodamente. In questo modo il suo pube emerse dall'acqua per mostrarsi al prete in tutto il suo bieco candore. Le dita scarne entravano e uscivano, forse due o tre, dalla vagina rossa e succosa come una pesca, il prete si segava sempre più velocemente. La donna cominciò a mugolare in preda all'orgasmo dimenando leggermente la testa a destra e sinistra.
Oh! Che bello, si, sii. Sto godendo con te, prendimi ancora amore mio,Siiiii!
Il suo corpo si contorceva nell'acqua e fuori di essa, sembrava indemoniata, sicuramente era un suo modo per sentirsi ancora in contatto con l'amato marito defunto. Il prete era giunto ormai al punto di non ritorno, non riusciva a rallentare il ritmo della sua mano. Non era lucido per capire il significato reale di quanto aveva appena udito, la sua mente subiva il lampeggiare di un vortice di immagini che andavano dalle fantasie più lussuriose che l'avevano accompagnato durante la sua vita di onanista, fino a visioni del demonio bicazzuto tra i roghi dell'inferno.
Come impazzito, con la mano libera scostò la tenda e si presentò nudo dalla cintola in giù al cospetto della disgraziata. Senza esitare le avvicinò il membro convulso che stringeva in mano al viso e le rovesciò addosso un enorme carico di sborra distribuendolo con lo scuotimento della mano equamente sugli occhi, sul naso, sulle labbra come a volerla benedire.
Non ci fu nessun seguito. La donna atterrita e raggelata scattò in piedi mentre contemporaneamente afferrava un drappo per coprirsi. Guardò inviperita il prete negli occhi per un interminabile manciata di secondi, quindi tornò a nascondersi nel suo buio rifugio. Don Pancrazio restò ansimante con il membro svuotato in mano ancora per qualche minuto davanti alla tinozza ormai vuota, poi sparì anche lui rifugiandosi nella sua stanza. Fu per lui la notte più cupa e drammatica della sua vita. Al mattino la donna non c'era più.
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