Zozzerie in bagno - Amori ruggenti
di
Cecy
genere
sentimentali
Due fari gialli illuminarono il vialetto buio e poco trafficato.
Il taxi rallentò, accostandosi davanti all'ingresso di una graziosa abitazione.
La donna al suo interno pagò la corsa e scese dalla vettura.
L'aria era fresca e la notte profumava di gelsomino.
Nancy Waller si fermò, socchiuse gli occhi per un istante e inspirò quella fragranza talcata; quindi, superò il cancello in ferro battuto, salì tre gradini e attraversò il portichetto.
Poi sparì, chiudendosi la porta alle spalle.
Oltre la soglia, alla luce fioca di una piantana, si spogliò della stola leggera. Poi proseguì, su, per una rampa di scale e attraversò il corridoio fino alla camera da letto.
Ripose la borsetta sul comò e si lasciò cadere su una poltrona.
Le gambe, pesanti, le riportarono alla mente la deliziosa serata appena trascorsa.
Nel salone scintillante di risate, Rudy e la sua band avevano fatto ballare gli ospiti dello Sherry's allo sfinimento.
Dai volti della gente traspariva la voglia di leggerezza e il bisogno di buttarsi alle spalle l’angoscia degli ultimi anni.
Continuando a vagare nei suoi pensieri, Nancy si chinò per slacciare i cinturini che le cingevano le caviglie. Fu un sollievo liberare dalle scarpe i piedi indolenziti.
Dopo essersi stiracchiata, sentì l'immediata necessità di lavarsi di dosso quel torpore. Avrebbe dormito meglio dopo essersi lasciata andare a una coccola calda.
Perciò si diresse nell’attigua stanza da bagno.
Fece girare i pomelli d'ottone, e l'acqua iniziò a scrosciare nella grande tinozza bianca, che troneggiava al centro del locale.
Seduta di fronte alla toeletta, incontrò per un attimo il suo riflesso allo specchio: una donna appena sbocciata scrutava l'abisso dentro i suoi stessi occhi mentre l'abito, tempestato di lustrini, sfavillava alla luce delle applique.
Rapidamente si disfò del filo di paillettes che le fasciava la fronte e di tutti i ninnoli che le adornavano le mani e le braccia.
Poi le sue dita passarono in rassegna una moltitudine di bottigliette di vetro colorato. Scelse una piccola ampolla azzurra, con il tappo a forma di foglia.
Versò qualche goccia del prezioso contenuto nell'acqua calda, e una leggerissima essenza di patchouli si diffuse in tutto l'ambiente.
Rimessa a posto la boccetta, aprì le ante dell'armadio della biancheria.
Prima che potesse cacciare un urlo, una mano le premette la bocca e si sentì agguantare per la vita.
Una voce bassa e profonda la rassicurò
"Shhh sono io, Nancy".
L'uomo la baciò.
Il cuore le sobbalzò nel petto, e non per lo spavento.
Lui era lì.
Quando si staccò dalle sue labbra, incredula e ancora stretta nella sua morsa, lo rimproverò divertita: "Anthony Gilbert. Dove hai lasciato le buone maniere? Come sei entrato?"
Lui le rispose, guardandola con un'espressione complice e maliziosa
"Cugina, dimentichi che conosco ogni anfratto di questo posto..."
Si sentì subito avvampare le guance incipriate. Erano soltanto due ragazzini quando quella dimora era appartenuta alla vecchia zia Abelarda.
Era lì che la famiglia si riuniva nei giorni di festa. E Nancy contemplò il ricordo delle mani di Anthony che, negli angoli più nascosti di quella casa, la frugavano dappertutto, fino a lasciarla ansante e accaldata.
Suo cugino aveva sempre avuto quell'effetto su di lei. Ogni fibra del suo corpo lo bramava morbosamente. Anche dopo tutto quel tempo, era la sua immagine che vedeva ogni volta che chiudeva gli occhi. Era il suo viso che cercava tra la gente, anche quando sapeva di non poterlo trovare. Era il suo nome che invocava tra i denti quando si contorceva di piacere nella sua solitudine.
Si fissarono in silenzio per qualche secondo, lui le sfiorò la guancia con il dorso della mano e si staccò da lei per levarsi la giacca.
La donna con un filo di apprensione lo ammonì "Arthur potrebbe rientrare!"
Sul volto di Anthony comparve un sorriso sghembo.
"Tuo marito ha abbastanza grana per continuare a lanciare dadi tutta la notte. Ho chiesto a Paul e Jim di assicurarsi che lo faccia."
Sfrontato, le si avvicinò schiacciandola contro la parete "Ma puoi sempre provare a mandarmi via".
Quando faceva così una parte di lei lo detestava. E l’altra metà lo voleva con la stessa intensità.
Si limitò a scuotere la testa e alzare gli occhi al cielo, cercando di mascherare la sua debolezza e la rabbia che le suscitava.
Lui la baciò ancora. "Mi sei mancata".
"Dove sei stato?" in quelle tre parole rinchiuse tutto il rancore per la sua assenza.
"A Chigago..." rispose, frattanto che si allentava la cravatta.
"Ancora con quella gente?" gli chiese, ormai rapita dai movimenti di lui, che arrotolava le maniche della camicia sugli avambracci.
"Gli affari sono affari..." Anthony lasciò cadere il discorso e si apprestò a chiudere il rubinetto.
"L'acqua è pronta" sentenziò, piazzando uno sgabello di legno a lato della vasca.
Nancy sollevò un sopracciglio con aria interrogativa, ma lo raggiunse senza esitare.
Lui si portò alle sue spalle.
Quella presenza dietro di lei, il calore che emanava e il respiro sul collo le risvegliarono pulsioni primitive. Tutto il suo corpo si tese verso di lui.
Ma i gesti di Anthony erano lenti, misurati. Le sue mani sicure le scoprirono la schiena, aprendo con cura un bottoncino dopo l’altro.
Ogni volta che le sue dita la sfioravano, Nancy sentiva la pelle incendiarsi in quel punto e un brivido propagarsi lungo la spina dorsale.
Le spalline le scivolarono lungo le braccia, il morbido vestito in organza seguì le linee sinuose del corpo e ricadde sul pavimento.
Lei si voltò e superò la stoffa che giaceva a terra. Con i palmi contro il suo petto lo fece indietreggiare, finché non fu seduto sullo sgabello.
Rimase in piedi, davanti a lui, con indosso una sottoveste impalpabile color avorio, solo poco più scura del suo incarnato candido.
Anthony la guardava con un ardore smodato. Il tocco di mille altre mani non sarebbe valso quanto i suoi occhi addosso.
Con quelle iridi lucide, fiammeggianti, tanto scure da confondersi con le pupille.
La penetravano fino a spogliarla dell'epidermide.
E il corpo di Nancy obbediva all'eccitazione che le provocavano.
Quindi infilò le mani sotto le gonne, fece saltare i ganci che tenevano uniti gli unici lembi di stoffa che coprivano la sua intimità.
Lui sollevò il tessuto, lasciandola esposta, fino a scoprire l'ombelico. Poggiò la testa sul suo grembo, la solleticò con il naso e posò le labbra morbide sul ventre.
Nel tempo di un sospiro, Nancy sentì il proprio desiderio sciogliersi liquido.
Incrociò le braccia e sfilò la veste dalla testa, rimanendo con indosso solo un paio di calze scure e un lungo filo di perle.
La collana fredda le vellicava i seni nudi.
Senza distogliere lo sguardo da lui, la tolse, lasciandosi accarezzare in un gioco di sfere, prima di farla penzolare tra gli indumenti abbandonati sul pavimento.
Poi appoggiò un piede nello spazio libero tra le gambe di lui, si sfilò una calza e la lascio cadere leggera. Fece lo stesso con l’altra.
Nuda, si volse di lato e si immerse nell’acqua bollente.
Le mani di Anthony, insaponate, scivolarono su ogni centimetro della sua pelle liscia. Ogni contatto la portava al limite della sopportazione, in un’altalena di piacere. Si illudevano di poter dilatare il tempo, per afferrare ogni più piccolo dettaglio, intrappolare ogni minima sensazione, farla permeare nel profondo e stiparla lì per sempre.
Quando quel supplizio fu abbastanza le lavò via il sapone, accarezzandola con il getto dell’acqua.
Infine tuffò la mano in mezzo alle sue cosce e premette il doccino sulla cima dell'arco inflesso delle piccole labbra.
Nancy fu scossa da un tremito.
Si aggrappò al suo polso, rincorrendo, con il bacino, un piacere sempre più prossimo.
“Baciami” gli ordinò languida. Lui la esaudì e lei lo morse dibattendosi tra gli spasmi.
Rilassata, con il collo disteso sul bordo della vasca, lo guardava ancora estatica.
Lo toccò e lo indusse ad alzarsi dallo sgabello. Gli calò i calzoni e lo tirò vicino al suo viso. Leccò il suo sapore. Quindi schiuse le labbra e lo accolse nella sua bocca calda.
Anthony si muoveva, lento e profondo, con le mani tra i suoi capelli.
Lei lo guardava da dietro le ciglia nere, lunghissime, con quegli occhi verdi che chiedevano tutto. Non sarebbe stato capace di negarle niente.
Perciò spinse con decisione, la strinse, si fermò dentro per godere a pieno quell’ultimo affondo. Si sfilò piano, accompagnato da un ultimo tocco di lingua lieve.
Le prese le mani, lei emerse. Era ancora un coperta di sapone, grondante di acqua a desiderio.
Anthony la prese in braccio inzuppandosi la camicia e la posò con le natiche sul pizzo del lavabo.
Le spalancò le gambe in preda al bisogno urgente. Si impossessò con irruenza della sua carne, della sua bocca e della sua anima.
Insieme si persero in quel momento di sospiri insistenti, di membra avide e di spinte feroci, dimentichi del mondo che continuava a girare là fuori.
Nel viale, alla luce della luna, un gatto sbucò dal suo nascondiglio frondoso. Cinque – quattro, Paul vinse un’altra volta. E da qualche parte, in una strada non troppo lontana, un musicista solitario dava fiato alla sua tromba.
Il taxi rallentò, accostandosi davanti all'ingresso di una graziosa abitazione.
La donna al suo interno pagò la corsa e scese dalla vettura.
L'aria era fresca e la notte profumava di gelsomino.
Nancy Waller si fermò, socchiuse gli occhi per un istante e inspirò quella fragranza talcata; quindi, superò il cancello in ferro battuto, salì tre gradini e attraversò il portichetto.
Poi sparì, chiudendosi la porta alle spalle.
Oltre la soglia, alla luce fioca di una piantana, si spogliò della stola leggera. Poi proseguì, su, per una rampa di scale e attraversò il corridoio fino alla camera da letto.
Ripose la borsetta sul comò e si lasciò cadere su una poltrona.
Le gambe, pesanti, le riportarono alla mente la deliziosa serata appena trascorsa.
Nel salone scintillante di risate, Rudy e la sua band avevano fatto ballare gli ospiti dello Sherry's allo sfinimento.
Dai volti della gente traspariva la voglia di leggerezza e il bisogno di buttarsi alle spalle l’angoscia degli ultimi anni.
Continuando a vagare nei suoi pensieri, Nancy si chinò per slacciare i cinturini che le cingevano le caviglie. Fu un sollievo liberare dalle scarpe i piedi indolenziti.
Dopo essersi stiracchiata, sentì l'immediata necessità di lavarsi di dosso quel torpore. Avrebbe dormito meglio dopo essersi lasciata andare a una coccola calda.
Perciò si diresse nell’attigua stanza da bagno.
Fece girare i pomelli d'ottone, e l'acqua iniziò a scrosciare nella grande tinozza bianca, che troneggiava al centro del locale.
Seduta di fronte alla toeletta, incontrò per un attimo il suo riflesso allo specchio: una donna appena sbocciata scrutava l'abisso dentro i suoi stessi occhi mentre l'abito, tempestato di lustrini, sfavillava alla luce delle applique.
Rapidamente si disfò del filo di paillettes che le fasciava la fronte e di tutti i ninnoli che le adornavano le mani e le braccia.
Poi le sue dita passarono in rassegna una moltitudine di bottigliette di vetro colorato. Scelse una piccola ampolla azzurra, con il tappo a forma di foglia.
Versò qualche goccia del prezioso contenuto nell'acqua calda, e una leggerissima essenza di patchouli si diffuse in tutto l'ambiente.
Rimessa a posto la boccetta, aprì le ante dell'armadio della biancheria.
Prima che potesse cacciare un urlo, una mano le premette la bocca e si sentì agguantare per la vita.
Una voce bassa e profonda la rassicurò
"Shhh sono io, Nancy".
L'uomo la baciò.
Il cuore le sobbalzò nel petto, e non per lo spavento.
Lui era lì.
Quando si staccò dalle sue labbra, incredula e ancora stretta nella sua morsa, lo rimproverò divertita: "Anthony Gilbert. Dove hai lasciato le buone maniere? Come sei entrato?"
Lui le rispose, guardandola con un'espressione complice e maliziosa
"Cugina, dimentichi che conosco ogni anfratto di questo posto..."
Si sentì subito avvampare le guance incipriate. Erano soltanto due ragazzini quando quella dimora era appartenuta alla vecchia zia Abelarda.
Era lì che la famiglia si riuniva nei giorni di festa. E Nancy contemplò il ricordo delle mani di Anthony che, negli angoli più nascosti di quella casa, la frugavano dappertutto, fino a lasciarla ansante e accaldata.
Suo cugino aveva sempre avuto quell'effetto su di lei. Ogni fibra del suo corpo lo bramava morbosamente. Anche dopo tutto quel tempo, era la sua immagine che vedeva ogni volta che chiudeva gli occhi. Era il suo viso che cercava tra la gente, anche quando sapeva di non poterlo trovare. Era il suo nome che invocava tra i denti quando si contorceva di piacere nella sua solitudine.
Si fissarono in silenzio per qualche secondo, lui le sfiorò la guancia con il dorso della mano e si staccò da lei per levarsi la giacca.
La donna con un filo di apprensione lo ammonì "Arthur potrebbe rientrare!"
Sul volto di Anthony comparve un sorriso sghembo.
"Tuo marito ha abbastanza grana per continuare a lanciare dadi tutta la notte. Ho chiesto a Paul e Jim di assicurarsi che lo faccia."
Sfrontato, le si avvicinò schiacciandola contro la parete "Ma puoi sempre provare a mandarmi via".
Quando faceva così una parte di lei lo detestava. E l’altra metà lo voleva con la stessa intensità.
Si limitò a scuotere la testa e alzare gli occhi al cielo, cercando di mascherare la sua debolezza e la rabbia che le suscitava.
Lui la baciò ancora. "Mi sei mancata".
"Dove sei stato?" in quelle tre parole rinchiuse tutto il rancore per la sua assenza.
"A Chigago..." rispose, frattanto che si allentava la cravatta.
"Ancora con quella gente?" gli chiese, ormai rapita dai movimenti di lui, che arrotolava le maniche della camicia sugli avambracci.
"Gli affari sono affari..." Anthony lasciò cadere il discorso e si apprestò a chiudere il rubinetto.
"L'acqua è pronta" sentenziò, piazzando uno sgabello di legno a lato della vasca.
Nancy sollevò un sopracciglio con aria interrogativa, ma lo raggiunse senza esitare.
Lui si portò alle sue spalle.
Quella presenza dietro di lei, il calore che emanava e il respiro sul collo le risvegliarono pulsioni primitive. Tutto il suo corpo si tese verso di lui.
Ma i gesti di Anthony erano lenti, misurati. Le sue mani sicure le scoprirono la schiena, aprendo con cura un bottoncino dopo l’altro.
Ogni volta che le sue dita la sfioravano, Nancy sentiva la pelle incendiarsi in quel punto e un brivido propagarsi lungo la spina dorsale.
Le spalline le scivolarono lungo le braccia, il morbido vestito in organza seguì le linee sinuose del corpo e ricadde sul pavimento.
Lei si voltò e superò la stoffa che giaceva a terra. Con i palmi contro il suo petto lo fece indietreggiare, finché non fu seduto sullo sgabello.
Rimase in piedi, davanti a lui, con indosso una sottoveste impalpabile color avorio, solo poco più scura del suo incarnato candido.
Anthony la guardava con un ardore smodato. Il tocco di mille altre mani non sarebbe valso quanto i suoi occhi addosso.
Con quelle iridi lucide, fiammeggianti, tanto scure da confondersi con le pupille.
La penetravano fino a spogliarla dell'epidermide.
E il corpo di Nancy obbediva all'eccitazione che le provocavano.
Quindi infilò le mani sotto le gonne, fece saltare i ganci che tenevano uniti gli unici lembi di stoffa che coprivano la sua intimità.
Lui sollevò il tessuto, lasciandola esposta, fino a scoprire l'ombelico. Poggiò la testa sul suo grembo, la solleticò con il naso e posò le labbra morbide sul ventre.
Nel tempo di un sospiro, Nancy sentì il proprio desiderio sciogliersi liquido.
Incrociò le braccia e sfilò la veste dalla testa, rimanendo con indosso solo un paio di calze scure e un lungo filo di perle.
La collana fredda le vellicava i seni nudi.
Senza distogliere lo sguardo da lui, la tolse, lasciandosi accarezzare in un gioco di sfere, prima di farla penzolare tra gli indumenti abbandonati sul pavimento.
Poi appoggiò un piede nello spazio libero tra le gambe di lui, si sfilò una calza e la lascio cadere leggera. Fece lo stesso con l’altra.
Nuda, si volse di lato e si immerse nell’acqua bollente.
Le mani di Anthony, insaponate, scivolarono su ogni centimetro della sua pelle liscia. Ogni contatto la portava al limite della sopportazione, in un’altalena di piacere. Si illudevano di poter dilatare il tempo, per afferrare ogni più piccolo dettaglio, intrappolare ogni minima sensazione, farla permeare nel profondo e stiparla lì per sempre.
Quando quel supplizio fu abbastanza le lavò via il sapone, accarezzandola con il getto dell’acqua.
Infine tuffò la mano in mezzo alle sue cosce e premette il doccino sulla cima dell'arco inflesso delle piccole labbra.
Nancy fu scossa da un tremito.
Si aggrappò al suo polso, rincorrendo, con il bacino, un piacere sempre più prossimo.
“Baciami” gli ordinò languida. Lui la esaudì e lei lo morse dibattendosi tra gli spasmi.
Rilassata, con il collo disteso sul bordo della vasca, lo guardava ancora estatica.
Lo toccò e lo indusse ad alzarsi dallo sgabello. Gli calò i calzoni e lo tirò vicino al suo viso. Leccò il suo sapore. Quindi schiuse le labbra e lo accolse nella sua bocca calda.
Anthony si muoveva, lento e profondo, con le mani tra i suoi capelli.
Lei lo guardava da dietro le ciglia nere, lunghissime, con quegli occhi verdi che chiedevano tutto. Non sarebbe stato capace di negarle niente.
Perciò spinse con decisione, la strinse, si fermò dentro per godere a pieno quell’ultimo affondo. Si sfilò piano, accompagnato da un ultimo tocco di lingua lieve.
Le prese le mani, lei emerse. Era ancora un coperta di sapone, grondante di acqua a desiderio.
Anthony la prese in braccio inzuppandosi la camicia e la posò con le natiche sul pizzo del lavabo.
Le spalancò le gambe in preda al bisogno urgente. Si impossessò con irruenza della sua carne, della sua bocca e della sua anima.
Insieme si persero in quel momento di sospiri insistenti, di membra avide e di spinte feroci, dimentichi del mondo che continuava a girare là fuori.
Nel viale, alla luce della luna, un gatto sbucò dal suo nascondiglio frondoso. Cinque – quattro, Paul vinse un’altra volta. E da qualche parte, in una strada non troppo lontana, un musicista solitario dava fiato alla sua tromba.
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