Serena e il Satiro

di
genere
etero

Le note cadenzate dell'aulos riecheggiano fra le chiome fitte delle latifoglie, in quel luogo dove pochi sconsiderati esseri umani osano mettere piede.
Nel cuore della boscaglia verdeggiante, i sentieri aprono prati arborati e l'acqua sgorga, scavando la roccia nuda.
Lì, tra il cinguettio degli uccelli e lo sciabordare dei torrenti, il bel Satiro intona la sua melodia silvestre.
Né uomo né bestia, la creatura divina dalle fattezze umane, si erge possente su gambe irsute e piedi ungulati.
I folti capelli bruni gli coprono, quasi completamente, due bitorzoli cornuti che sporgono sul capo.
Nonostante i tratti caprini, con le labbra vermiglie e gli occhi magnetici, il suo viso potrebbe far invidia al più avvenente fra i mortali.

Figlio dell'edonismo e degli eccessi, vaga irrequieto, quando un brusio femminile e allegro attira la sua attenzione.
La voce soave e i risolini giocosi delle Ninfe, come un'esca, lo conducono fino ai margini della selva.
Le fanciulle agresti, tra cespugli di rosa canina e lamponi, si stanno agghindando l'un l'altra, intrecciando fiori e germogli tra i capelli.
L'uomo capra si muove furtivo nel fogliame, osserva con bramosia le linee morbide dei corpi, poco celate dal tessuto leggero. Pregusta di palparle, al punto che quasi gli sembra di tastare quelle carni morbide. Quando è abbastanza vicino da sentire l'odore di giovane voluttà, preso da fregola animalesca, balza in avanti e cerca di abbrancare qualcuna fra le vergini.
Le Ninfe, non nuove a certi agguati, leste, si divincolano e si sparpagliano. Motteggiano e confondono il caprino, sbucando qua e là fra i grossi tronchi e le fratte, fino a sparire definitivamente come dissolte nel vento.

Ma, dietro le fronde basse di un nocciolo, due occhi curiosi scrutano il predone spazientito. Serena contempla, immobile, quella bellezza selvatica.
Il suo sguardo avvolge le spalle scolpite, le braccia forti, il torso ampio e quella nuda e impudica virilità.
Poi, per un attimo lunghissimo, al di là delle foglie, i loro occhi si trovano.
Quelli di lui lampeggiano, nuovamente smaniosi, e incontrano la lascivia maliziosa che luccica in quelli di lei.
Inizia così la seducente ballata di caccia e fuga.
In un dedalo di arbusti e frasche si rincorrono le divinità dei boschi: gli zoccoli incedono sul terreno sicuri, seguendo i piedi nudi che, aggraziati e svelti, superano le radici legnose, con lunghe falcate saltano i rivoli e serpeggiano, rapidi, tra i fusti e le piante.
La Ninfa corre leggiadra, le ciocche ramate si spargono nell'aria, la tunica sottile svolazza, scoprendo le gambe lunghe e flessuose. Si ferma solo per voltarsi e sorridere, provocante e dispettosa.
Il Satiro guadagna terreno e, nel tentativo di ghermirla, le strappa via un lembo di stoffa; lo sgualcio espone alla vista cosce sode e due natiche piene, dentro le quali non vede l'ora di affondare la sua passione impellente.
Serena prosegue agile la sua corsa, mentre l'aria fresca le accarezza l'intimo, regalandole l'eccitante consapevolezza della sua nudità licenziosa.
Ed è nel momento preciso in cui il desiderio diventa insostenibile che si compie la cattura.
Le distanze tra i due si accorciano, lui allunga le braccia e la agguanta da dietro. Entrambi incespicano, ritrovandosi distesi a terra, su un tappeto erboso.

L'uomo capra la cinge saldamente per la vita. Il suo corpo la sovrasta, mentre il petto di lei si solleva ritmicamente.
Così si guardano da vicino per la prima volta.
Non una parola, non un sussurro. Solo sguardi che annientano. E le bocche anelanti si assaltano con un bacio urgente.
Poi, in un impeto viscerale, Serena intreccia le sue dita si dietro il collo di lui e gli monta a cavalcioni, tirando su i brandelli delle gonne.
Quando la ninfetta solleva il bacino, il pene vigoroso scivola tra le pieghe grondanti della sua voluttà. Freme e riscende sinuosa. Le sue membra tenere si schiudono e lo accoglie interamente dentro di sé, con un mugolio di godimento puro, a cui fa eco il gemito gutturale del maschio.
Il sollievo della pienezza è breve, l'esigenza di esaudire quel bisogno pulsante tra le cosce si traduce presto in una danza sfrenata.
Travolto e infervorato, il Satiro le strappa ciò rimane del vestito e le assedia i seni rigonfi con la lingua. Le sue mani ruvide le stringono i fianchi. La preme contro di sé e se la strofina addosso in un alternarsi di movimenti spudorati.
Nella foga porta le mani sul fondoschiena e, con le dita, le penetra ripetutamente anche il forellino stretto.
Serena gli artiglia il petto scossa da un'ondata di piacere inebriante, che diventa totale quando il calore vibrante di lui la riempie.

Li trova così il crepuscolo. Avviluppati e ansimanti.
Schiavi di una libidine incessante, trovano riparo nell'antro roccioso di una spelonca.
Alla luce rutilante di un fuoco improvvisato, la Ninfa, in ginocchio, offre la sua bocca cupida. Insinua e vortica la lingua tra le gambe di lui, in un gioco vizioso che cospira ad un nuovo amplesso.
Così, mentre è ancora piegata, il suo amante si porta dietro di lei.
Serena sente il respiro caldo di lui sulla schiena, un brivido la percorre, e dopo un attimo che sembra eterno, viene presa con forza.
In quel copulamento bestiale, ogni spinta profonda le rivolta gli occhi dal piacere. Lui la possiede come se potesse entrarle nella pelle e nella carne e fondere i loro corpi in un'unica manteca.


La Ninfa Serena e il suo bel Satiro quella notte saranno consumati da una passione tumultuosa, fino ad addormentarsi uno di fianco all'altra.
Il sorgere del sole, però, non li troverà insieme.
Lei, prima dell'alba, si ricongiungerà con le sue sorelle custodi dei boschi, e lui, libero, risponderà alla sua natura inquieta.
E chissà, forse nel corteo dionisiaco si incontreranno ancora..


*******


Grazie a Starman per l'Idea e a Serena per avermi concesso di ispirarmi a lei.









































di
scritto il
2022-01-18
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