L'inizio del mio cammino
di
Arkadius
genere
dominazione
Alla fine era successo: dopo quasi 8 anni, io e la mia compagna di sempre ci siamo lasciati. Era stato un periodo estremamente difficile, fatto di discussioni che diventavano litigi e di litigi che si tramutavano in lunghi silenzi. Così, tra lacrime e rimpianti per una storia per me importantissima, le nostre strade si divisero. Ci siamo lasciati tutto sommato bene, continuiamo a sentirci, non per altro per nostra figlia che amo alla follia; ma la mia vita divenne da allora un cammino solitario.
Sembrava facile quando ero ancora fidanzato, pensare a far come niente quel genere di sesso che da anni mi attraeva ma che, per rispetto e forse vergogna, non avevo mai proposto alla mia ex. Per anni ero riuscito a mettere a cuccia i miei demoni, ma ora che ero solo questi erano tornati a bussare prepotentemente alla mia porta.
Non sono un padrone da Master & Slave vestito con indumenti di pelle nera, non lo sono mai stato e forse non è quel genere di persona che voglio essere, ma ho sempre sognato di farlo rudemente, sovrastando fisicamente e mentalmente la donna che ho di fronte, sottomettendola al mio desiderio anteponendo il mio piacere al suo rendendola un oggetto alla mercé del mio cazzo. Non ero uno da strumenti particolari: tolto il collare e il guinzaglio, non avevo intenzioni di usare altri strumenti al di fuori del mio corpo, della mia forza e del mio peso per schiacciare la mia schiava.
Ho sempre pensato che certe cose non puoi farlo con una persona che ami e rispetti, per questo non l'ho mai fatto con la mia ex. Nella mia ottica mi serviva una donna con cui non avevo troppo confidenza, con la quale instaurare direttamente un rapporto basato sulla mia supremazia fisica e la sua sottomissione. Ma chi?
Avevo cercato su internet in siti appostiti ma il tutto risultava troppo plastico e poco spontaneo; avevo iniziato a flirtare con qualche collega, ma almeno inizialmente volevo mantenere le distante tra ciò che volevo fare e il mio mondo quotidiano. Le mie voglie avevano iniziato a straripare persino dai miei gesti più semplici mentre la ricerca di una ragazza apposita sembrava naufragare giorno dopo giorno.
La prima volta che ho deciso di usare nuovamente il mio uccello con una donna che non era la mia ex è stato quando andai in un "centro" per massaggi: una donna cinese nemmeno troppo brutta, mia aveva proposto un bocchino per l'happy ending che accettai senza remore. Quasi le avevo strappato tutti i capelli nello scoparmi con foga la sua gola. La tipa si lamentò, e mi disse che per certe trattamenti dovevo andare altrove suggerendomi qualche prostituta in una nota via della città.
Inizialmente rifiutai il consiglio, ma nei giorni che seguirono avevo capito una cosa che prima non avevo intuito: peccavo di esperienza nel genere di sesso a cui ambivo. Se mai avessi trovato finalmente qualcuna, non potevo permettermi il lusso della voce tremolante o del ceffone fiacco; dovevo crescere, maturare così da non trovarmi impreparato quando finalmente avrei trovato la mia schiavetta futura.
Così, un tardo pomeriggio, passai con la macchina lungo la via consigliata passando in rassegna quello che offriva. C'era di tutto: donne italiane dalla carne tenuta su dalle calze a rete, donne dell'est dagli occhi di ghiaccio ed inespressive e africane dalle forme anche troppo abbondanti. Nessuna di queste, in definitiva mi aveva colpito.
Parcheggiai distante dandomi del coglione per quel momento di impasse. Restai lì fermo per circa un'ora, attendendo chissà cosa. Alla fine mi rimisi in marcia e decisi di fare un ultimo giro.
Alcune delle donne precedenti erano sparite, e ne erano arrivate altre dalle medesime caratteristiche di chi le aveva precedute. Amareggiato decisi di tornare a casa quando, in una zona defilata vicino una pompa di benzina, vidi una ragazzetta sui 20 anni vestita alla buona come una puttana; ad attirarmi fu quella sua peculiare percezione di essere fuori posto ed imbarazzata. Doveva essere nuova del mestiere, e la cosa mi intrigò.
Accostai vicino a lei, scesi dall'auto e la guardai da capo a piedi: era sul 1,60, biondo spento e con forme non particolarmente evidenti. Era anonima, una di quelle che incontri per strada abitualmente e non noti. Aveva gli occhi azzurri e il viso velato dal pallore delle prime volte: si, era una novellina. Era perfetta.
La salutai garbatamente e lei mi rispose con un filo di voce. Ora che un uomo le stava vicino, sembrava ancora più imbarazzata di prima. Le dissi la verità: che volevo compagnia per una serata di sesso un po' brusco e le chiesi se era disponibile. Lei disse di sì e fece un prezzo che nemmeno sentii.
La caricai in auto senza più parlare e andai a casa mia. Non parlammo durante il viaggio, non c'era niente da dire. Con la coda dell'occhio notavo che mi guardava, forse cercando il momento gusto per rompere il ghiaccio ma non le diedi soddisfazione e lei stette zitta.
Entrati a casa lanciai il giubbotto e la baciai con forza e decisione. Percepii il suo corpo sottile inerme nella mia stretta, e odorai anche la sua sorpresa nel venir baciata. Le sollevai la gonna corta e le palpai il culo con irruenza. Lei si lamentò e io, per tutta risposta, la girai prendendola salda per i capelli e la spinsi contro la porta finestra che dava sul balcone e sul cortile interno del condominio: se qualcuno si fosse affacciato, ci avrebbe visti.
Il mio bacino spingeva sul suo culo scoperto facendole mancare il fiato, e le mie dita si strinsero intorno ai capelli tirando più forte. Per arrecarle dolore. La sentii gemere e io andai fuori di testa al quel canto arreso. Spinsi ancora più forte e all'orecchio le dissi:
"Lo senti il mio cazzo puttanella? Lo senti come ti schiaccio?"
"Si."
Non aveva il tono esperto delle prostitute, nella sua voce non c'era malizia ma solo tensione mista a sorpresa. Le diedi del colpi di bacino decisi, il mio cazzo ormai di marmo le premeva sulle mutandine nere mentre il nostri aliti alonavano il vetro della finestra.
"Ora tu ti giri, e me lo succhi in ginocchio, come devono fare le puttane come te." Ringhiai.
Con poca grazia, la girai come fosse una bambola, le afferrai nuovamente i capelli con entrambe le mani e la costrinsi in ginocchio, al suo posto. "Annusa," le ordinai premendole con forza il viso sul mio pacco, "annusa cagna il cazzo che ora ti sfonda la gola."
La ragazza non annusò come ordinato, così diedi dei colpi di bacino sul suo volto impallidito e ripetei il comando. Questa volta obbedì.
"Com'é l'odore, eh?"
"Buono, molto buono." Balbettò.
Mi chinai in avanti e le diedi due sonore sculacciate.
"Non ti ho sentito puttana, com'è l'odore del mio cazzo?"
"Buonissimo, lo giuro." Urlò dopo un'aspirata da aspirapolvere.
Percepii nella sua voce una lieve esitazione che tradì la sua eccitazione.
"Ora apri il pantaloni."
Lei lo fece e il mio cazzo svetto ad un centimetro dal suo naso. Lo afferrai con una mano, tenendo salda ancora la sua testa con l'altra ed inizia a schiaffeggiarla col mio uccello.
"Prendi questo." Le dissi colpendola forte su una guancia e poi sull'altra. Lei teneva gli occhi chiusi e subiva gemendo di dolore e, forse, eccitazione. Più la colpivo, più diventava duro e restai così a malmenarla più del previsto perché ero in estasi. Quando mi fermai, il suo viso prima pallido era ora rosso. Le mi guardò supplice con i suoi occhietti azzurri. Mi calai su di lei e feci scendere dalle mie labbra una colata di saliva che lei non ebbe la prontezza di prendere in bocca e che le cadde sugli occhi e sulla guancia.
"Si, così!" ululai spalmandole lo sputo sulla faccia col cazzo, "il tuo nuovo mascara, sei contenta?"
Le strattonai con vigore il capelli e lei annuì ormai umiliata.
"Ora leccami le palle, stanno sudando." Le schiacciai il viso sullo scroto peloso.
Lei iniziò titubante a baciarmi le palle ma non era quello che le avevo detto.
"Lecca!"
Allora lei iniziò finalmente a leccarle, assaporando loro e il mio sudore salato. Mi abbassai tutti i pantaloni e aprii le gambe facendomi dare una rifrescata anche alla prostata: "lecca tutto, non perderti nemmeno un centimetro."
Restai in quella posizione di dominio per diversi minuti. Grazie Dio per avermi dato il cazzo, pensai invaso da una gioia mai provata, così da mettere in riga queste puttane.
la staccai dal mezzo delle mie gambe divaricate, le mollai due serie di poderosi ceffoni di dritto e rovescio e le sputai di nuovo in faccia.
"Aprila sta cazzo di bocca!"
Le obbedì impotente e le sputai in gola non uno, ma due volte. Senza chiedere, ingoiò tutto.
"Brava la mia sputacchiera." E le ficcai il glande in gola, "Vediamo se sai far bene quello per cui sei nata!"
Lei, rossa in volto e forse troppo shockata per assumere una benché minima iniziativa, iniziò un pompino lento e timido. Le afferrai la testa, una mano sul capo e l'altra sotto al mento.
"Come cazzo succhi???" Gridai iniziando a scoparla brutalmente, togliendole il fiato. Ero in uno stato alterato, diviso tra eccitazione, soddisfazione e rabbia repressa; quella sgualdrina aveva bisogno di essere educata.
Le spinsi a più riprese il cazzo in gola non dandole via di fuga; i suoi occhi mi pregavano di darle tregua ma io le ridevo in faccia e la trattenevo con tutta la mia forza. Dopo alcuni conati, mollai la presa e lei si liberò tossendo e sputacchiando tutto fuori.
"Sei deludente." Sbottai cavalcando il suo senso di impotenza e inadeguatezza, "Con una sega mi divertivo di più."
Mi sedetti sul divano come un re e le indicai le scarpe. "Vieni a togliermele."
Lei strisciò come un verme verso i miei piedi ed iniziò a slacciarmi le scarpe con le mani, come gli esseri umani.
"Non capisci un cazzo," le dissi scostando le scarpe, "quelle come te devono lasciarmi le scarpe con la bocca."
Lei mi guardò ormai sprofondata in un vortice di umiliazione che mai avrebbe immaginato. Io, sadicamente, le indicai le scarpe col dito e lei si abbassò slacciandomele come è giusto che sia. Tolti i lacci, mi tolse anche le scarpe e i pantaloni e restai nudo seduto come un budda ghignante. Non avrei mai pensato di potermi divertire così tanto con una prostituta. Sollevai il bacino e mi stesi mostrandole il culo peloso: "Ora puoi riposarti baciandomi il culo," le dissi, "una cosa più semplice."
Non la vedevo avendo gli occhi fissi sul tetto, ma sentii i suoi capelli accarezzarmi i glutei e infine le sue labbra imprimersi sul mio ano. Rimasi steso a godermi il suono dei suoi baci delicati e fui meravigliato di quanto sembrasse a suo agio a farlo.
"Cazzo, sei brava in questo almeno."
"Grazie." Rispose lei, da qualche parte oltre le mie palle.
"Ti senti più a tuo agio ora?"
"Si."
Poverina, l'avevo annichilita e non avevo nemmeno iniziato.
Mi rimisi dritto e le presi le guance tra le mani.
"Ora tocca me," le dissi sereno, "come tu hai baciato il mio culo, ora io rompo il tuo."
La misi col busto sulle mie ginocchia, le abbassai le mutandine, e le diedi una sonora sculacciata.
"Conta." Dissi dandogliene un'altra.
"Uno." Fece lei con una smorfia, "Due... tre..."
La colpì con decisione, una per ogni natica tenendo gli occhi chiusi in uno stato di estasi.
"Nove."
"Dai l'ultima," dissi sadico, "fino a 10."
La colpì e lei si liberò in un 10 che sapeva di libertà.
"No," feci io sereno, "hai saltato il nove."
"Ma io..."
La colpì di nuovo e dissi, "nove!" lo feci di nuovo, "nove, hai capito?"
Lei non disse nulla. la sculacciai e lei, da brava, disse "nove."
La sculacciai ancora e lei, che aveva capito, ripeté "nove," e così via. Infine, i "nove" furono altri dieci sculaccioni. "Dieci" dissi con la mano che mi bruciava per tutti quei colpi.
Lei tirò sul col naso, e vidi che aveva iniziato a lacrimare.
"Ti è piaciuto?" le dissi e lei, con un tenue sorriso, annuì. Non so se era vero o no, ma non mi interessai troppo. "L'hai mai preso in culo?", "Una volta, anni fa. Non mi è piaciuto molto."
"Ti piacerà." Dissi lentamente, Lei non rispose e mi sputai sulle dita. "Guardami mentre ti preparo il culo."
Ancora a pecora sulle mie ginocchia, mi guardò dritta negli occhi e io le trasmisi tutta la mia soddisfazione. Le infilai l'indice dopo averla ben lubrificata, lei fece una smorfia e distolse lo sguardo: "Guardami ho detto." Lei obbedì e nel suo sguardo lessi la più profonda prostrazione.
Infilai anche il medio e iniziai a far entra ed esci; pensai di inserire un terzo dito ma non lo volevo troppo allargato. Volevo che sentisse tutto il mio cazzo sodomizzarla.
La feci appoggiare alla seduta del divano col sedere rosso e in bella vista: mi misi dietro di lei e le posai la cappella sul buchetto.
"Ora ti inculo."
Spinsi, lei inarcò la schiena dolorante ma io proseguii il mio inserimento graduale e lento. Mi godevo ogni centimetro che le entrava dentro. A metà, lo spinsi tutto dentro con un movimento deciso; lei emise un verso da cane bastonato. Iniziai a sodomizzarla, prima lentamente, poi sempre con più vigore e violenza.
"Sei nata per prenderlo in culo biondina," le dissi tra una pompata e l'altra, "sei nata per farti inculare da me."
La scopai con vigore e pian piano i suoi gemiti di dolore divennero più lunghi e arrendevoli: si stava eccitando, alla fine le piaceva essere inculata. "Ti piace allora, eh?", "Si", "Si cosa?". Lei si girò a guardarmi, la bocca schiusa in un unico gemito di piacere "Mi piace prenderlo in culo da te."
A quell'ammissione, diedi di matto e la cavalcai come un cavallo. "Toccati la figa," le ordinai, "sgrillettati come la puttana che sei." Le lo fece e in meno di un minuto venne urlando di piacere e inarcando la schiena così da offrirmi ancor meglio il culo entrando ancor più a fondo. Le venni in culo con un esplosione. Restammo attaccati ancora un qualche istante e alla fine mi rimisi in piedi godendomi lo spettacolo di quel sedere sfondato. "Puliscimelo."
Lei, lentamente si mise in ginocchio ed iniziò e laccarlo e succhiarlo con convinzione: nel suo sguardo ora, lessi uno scintillio diverso. Consapevole.
"C'è qualcosa che vuoi dirmi, schiavetta?"
Lei mi guardò negli occhi e mi sorrise complice: non era più la ragazzetta timida di prima.
"Sono nata per succhiartelo, tesoro." Disse.
Io risi e le misi una mano sulla testa come una benedizione e accompagnai il suo movimento. Era in mio potere ora. "Fai colare la sborra giù dal tuo culo, poi lecca tutto." Lei lo fece e, quando ebbe finito, si abbassò per leccare tutta la sborra dal pavimento senza che glielo ordinassi. Mi calai prendendole la testa tra le mani, e la indirizzai nei punti giusti come se la sua lingua fosse un mocio. Pulì tutto e dal basso, mi guardò soddisfatta. Le misi un piede in testa tenendola schiacciata giù e restammo in quella posizione in silenzio, ansimando entrambi svuotati. Ora che ero soddisfatto e l'eccitazione aveva smesso di accecarmi la guardai da sotto il piede e vidi che effettivamente, come ragazza, non era niente di speciale. Bellina, ma niente di che. Ora, c'era la questione del pagamento ma questo mi fece venire in mente una cosa.
"Perché ti prostituisci?" Le domandai caricando un po' di peso sul piedi che la teneva giù.
"Ho bisogno di soldi." Disse.
"Sei giovane, e si vede che lo fai da poco questo mestiere. Che problemi hai?"
Lei provò a divincolarsi debolmente dal mio piede ma io la schiacciai ancor più forte premendole con l'alluce la guancia.
"Sono una studentessa fuori sede, mio padre mi ha dato un anticipo che ho speso in serata alcoliche e ora non ho soldi per pagarmi una stanza decente. Ora sto in un'appartamento con dei vecchi poveracci, non mi calcolano ma è un brutto posto."
Le schiacciai la testa come se fosse un mozzicone di sigaretta. La mie era una cittadina universitaria, e l'idea che quella stupida avesse bruciato tutti i suoi soldi che tanto erano stati guadagnati duramente da altri mi fece innervosire. Le forse lo capì ed emise un gemito sofferente.
"Allora resta qui." Le dissi, "Ho bisogno di una donna delle pulizie che lavi, stiri e cucini. Lo sai fare?"
Lei tentennò, "si".
"Starai da me fino alla fine dell'anno, poi potrai andare via e, con i soldi risparmiati, trovarti un altro posto. Ovviamente, dovrai obbedirmi e fare tutto quello che voglio."
Non speravo accettasse, ma lo fece con un flebile, "va bene."
"Va bene cosa?" chiesi incredulo.
"Sarò la tua serva, e farò tutto quello che vuoi."
Avevo vinto. Dal nulla, dal pagare una prostituta mi ero ritrovato una serva tutto fare in casa a mia completa disposizione. Non era il massimo, ma mi avrebbe permesso di sfogarmi e di affinare la mia tecnica amatoria. E poi puliva...
Era in mio potere, ma volevo capire fino a quanto potevo spingermi. Presi il mio cazzo moscio e lo indirizzai sul suo viso fermo al pavimento. Iniziando con dei piccoli schizzi, iniziai a pisciarle in faccia. Lei non se l'aspettò e tentò di divincolarsi ma il mio peso era troppo per lei. Pisciai lentamente godendomi ogni istante, beandomi della mia posizione di superiorità e del suo sguardo sempre più umiliato. Quando finii, le ordinai, come primo ordine da serva, di pulire con la lingua il pavimento.
Lei mi guardò, l'azzurro dei suoi occhi aveva perso un po' di tono per l'eccessivo degrado in cui era caduta ma non perse del tutto la sua lucentezza. Iniziò a leccare e a succhiare il mio piscio da pavimento come ordinato; io mi feci un caffè e, divertito, feci combaciare il mio sorseggiare rumoroso il caffè sol suo sorseggiare piscio. Lei doveva averlo notato, perché succhiò facendo ancora più rumore.
"Ora vestiti." Le ordinai. La riportai con l'auto lì dove l'avevo presa, "Ora va a casa e prendi le tue robe, domani mattina tornerò per le 9 e, se ti trovo, verrai con me."
Lei disse di sì, io la baciai e la lasciai lì e mi allontanai.
Pensai se avessi fatto bene ad darle la possibilità di sottrarsi al mio comando, ma mi dissi che l'essenza dell'avere una serva sta nel darle la possibilità di essere libera: è nella sua libera scelta di essere una mia proprietà che avrei cementato la sua schiavitù.
Tornai a casa ancora gasato, mi feci una doccia e mi masturbai un pio di volte e poi andai a dormire senza nemmeno aver cenato. L'indomani tornai e, con gioia, la ritrovai lì all'ora pattuita. Era vestita semplice e teneva in mano una borsa ed una capiente valigia. Senza scendere dall'auto le aprii il porta bagagli, le caricò tutto ed entrò.
"Sei tornata." Dissi guardandola negli occhi.
"Certo," rispose lei con un nuovo luccichio negli occhi, "sono nata per essere la tua schiava."
Sembrava facile quando ero ancora fidanzato, pensare a far come niente quel genere di sesso che da anni mi attraeva ma che, per rispetto e forse vergogna, non avevo mai proposto alla mia ex. Per anni ero riuscito a mettere a cuccia i miei demoni, ma ora che ero solo questi erano tornati a bussare prepotentemente alla mia porta.
Non sono un padrone da Master & Slave vestito con indumenti di pelle nera, non lo sono mai stato e forse non è quel genere di persona che voglio essere, ma ho sempre sognato di farlo rudemente, sovrastando fisicamente e mentalmente la donna che ho di fronte, sottomettendola al mio desiderio anteponendo il mio piacere al suo rendendola un oggetto alla mercé del mio cazzo. Non ero uno da strumenti particolari: tolto il collare e il guinzaglio, non avevo intenzioni di usare altri strumenti al di fuori del mio corpo, della mia forza e del mio peso per schiacciare la mia schiava.
Ho sempre pensato che certe cose non puoi farlo con una persona che ami e rispetti, per questo non l'ho mai fatto con la mia ex. Nella mia ottica mi serviva una donna con cui non avevo troppo confidenza, con la quale instaurare direttamente un rapporto basato sulla mia supremazia fisica e la sua sottomissione. Ma chi?
Avevo cercato su internet in siti appostiti ma il tutto risultava troppo plastico e poco spontaneo; avevo iniziato a flirtare con qualche collega, ma almeno inizialmente volevo mantenere le distante tra ciò che volevo fare e il mio mondo quotidiano. Le mie voglie avevano iniziato a straripare persino dai miei gesti più semplici mentre la ricerca di una ragazza apposita sembrava naufragare giorno dopo giorno.
La prima volta che ho deciso di usare nuovamente il mio uccello con una donna che non era la mia ex è stato quando andai in un "centro" per massaggi: una donna cinese nemmeno troppo brutta, mia aveva proposto un bocchino per l'happy ending che accettai senza remore. Quasi le avevo strappato tutti i capelli nello scoparmi con foga la sua gola. La tipa si lamentò, e mi disse che per certe trattamenti dovevo andare altrove suggerendomi qualche prostituta in una nota via della città.
Inizialmente rifiutai il consiglio, ma nei giorni che seguirono avevo capito una cosa che prima non avevo intuito: peccavo di esperienza nel genere di sesso a cui ambivo. Se mai avessi trovato finalmente qualcuna, non potevo permettermi il lusso della voce tremolante o del ceffone fiacco; dovevo crescere, maturare così da non trovarmi impreparato quando finalmente avrei trovato la mia schiavetta futura.
Così, un tardo pomeriggio, passai con la macchina lungo la via consigliata passando in rassegna quello che offriva. C'era di tutto: donne italiane dalla carne tenuta su dalle calze a rete, donne dell'est dagli occhi di ghiaccio ed inespressive e africane dalle forme anche troppo abbondanti. Nessuna di queste, in definitiva mi aveva colpito.
Parcheggiai distante dandomi del coglione per quel momento di impasse. Restai lì fermo per circa un'ora, attendendo chissà cosa. Alla fine mi rimisi in marcia e decisi di fare un ultimo giro.
Alcune delle donne precedenti erano sparite, e ne erano arrivate altre dalle medesime caratteristiche di chi le aveva precedute. Amareggiato decisi di tornare a casa quando, in una zona defilata vicino una pompa di benzina, vidi una ragazzetta sui 20 anni vestita alla buona come una puttana; ad attirarmi fu quella sua peculiare percezione di essere fuori posto ed imbarazzata. Doveva essere nuova del mestiere, e la cosa mi intrigò.
Accostai vicino a lei, scesi dall'auto e la guardai da capo a piedi: era sul 1,60, biondo spento e con forme non particolarmente evidenti. Era anonima, una di quelle che incontri per strada abitualmente e non noti. Aveva gli occhi azzurri e il viso velato dal pallore delle prime volte: si, era una novellina. Era perfetta.
La salutai garbatamente e lei mi rispose con un filo di voce. Ora che un uomo le stava vicino, sembrava ancora più imbarazzata di prima. Le dissi la verità: che volevo compagnia per una serata di sesso un po' brusco e le chiesi se era disponibile. Lei disse di sì e fece un prezzo che nemmeno sentii.
La caricai in auto senza più parlare e andai a casa mia. Non parlammo durante il viaggio, non c'era niente da dire. Con la coda dell'occhio notavo che mi guardava, forse cercando il momento gusto per rompere il ghiaccio ma non le diedi soddisfazione e lei stette zitta.
Entrati a casa lanciai il giubbotto e la baciai con forza e decisione. Percepii il suo corpo sottile inerme nella mia stretta, e odorai anche la sua sorpresa nel venir baciata. Le sollevai la gonna corta e le palpai il culo con irruenza. Lei si lamentò e io, per tutta risposta, la girai prendendola salda per i capelli e la spinsi contro la porta finestra che dava sul balcone e sul cortile interno del condominio: se qualcuno si fosse affacciato, ci avrebbe visti.
Il mio bacino spingeva sul suo culo scoperto facendole mancare il fiato, e le mie dita si strinsero intorno ai capelli tirando più forte. Per arrecarle dolore. La sentii gemere e io andai fuori di testa al quel canto arreso. Spinsi ancora più forte e all'orecchio le dissi:
"Lo senti il mio cazzo puttanella? Lo senti come ti schiaccio?"
"Si."
Non aveva il tono esperto delle prostitute, nella sua voce non c'era malizia ma solo tensione mista a sorpresa. Le diedi del colpi di bacino decisi, il mio cazzo ormai di marmo le premeva sulle mutandine nere mentre il nostri aliti alonavano il vetro della finestra.
"Ora tu ti giri, e me lo succhi in ginocchio, come devono fare le puttane come te." Ringhiai.
Con poca grazia, la girai come fosse una bambola, le afferrai nuovamente i capelli con entrambe le mani e la costrinsi in ginocchio, al suo posto. "Annusa," le ordinai premendole con forza il viso sul mio pacco, "annusa cagna il cazzo che ora ti sfonda la gola."
La ragazza non annusò come ordinato, così diedi dei colpi di bacino sul suo volto impallidito e ripetei il comando. Questa volta obbedì.
"Com'é l'odore, eh?"
"Buono, molto buono." Balbettò.
Mi chinai in avanti e le diedi due sonore sculacciate.
"Non ti ho sentito puttana, com'è l'odore del mio cazzo?"
"Buonissimo, lo giuro." Urlò dopo un'aspirata da aspirapolvere.
Percepii nella sua voce una lieve esitazione che tradì la sua eccitazione.
"Ora apri il pantaloni."
Lei lo fece e il mio cazzo svetto ad un centimetro dal suo naso. Lo afferrai con una mano, tenendo salda ancora la sua testa con l'altra ed inizia a schiaffeggiarla col mio uccello.
"Prendi questo." Le dissi colpendola forte su una guancia e poi sull'altra. Lei teneva gli occhi chiusi e subiva gemendo di dolore e, forse, eccitazione. Più la colpivo, più diventava duro e restai così a malmenarla più del previsto perché ero in estasi. Quando mi fermai, il suo viso prima pallido era ora rosso. Le mi guardò supplice con i suoi occhietti azzurri. Mi calai su di lei e feci scendere dalle mie labbra una colata di saliva che lei non ebbe la prontezza di prendere in bocca e che le cadde sugli occhi e sulla guancia.
"Si, così!" ululai spalmandole lo sputo sulla faccia col cazzo, "il tuo nuovo mascara, sei contenta?"
Le strattonai con vigore il capelli e lei annuì ormai umiliata.
"Ora leccami le palle, stanno sudando." Le schiacciai il viso sullo scroto peloso.
Lei iniziò titubante a baciarmi le palle ma non era quello che le avevo detto.
"Lecca!"
Allora lei iniziò finalmente a leccarle, assaporando loro e il mio sudore salato. Mi abbassai tutti i pantaloni e aprii le gambe facendomi dare una rifrescata anche alla prostata: "lecca tutto, non perderti nemmeno un centimetro."
Restai in quella posizione di dominio per diversi minuti. Grazie Dio per avermi dato il cazzo, pensai invaso da una gioia mai provata, così da mettere in riga queste puttane.
la staccai dal mezzo delle mie gambe divaricate, le mollai due serie di poderosi ceffoni di dritto e rovescio e le sputai di nuovo in faccia.
"Aprila sta cazzo di bocca!"
Le obbedì impotente e le sputai in gola non uno, ma due volte. Senza chiedere, ingoiò tutto.
"Brava la mia sputacchiera." E le ficcai il glande in gola, "Vediamo se sai far bene quello per cui sei nata!"
Lei, rossa in volto e forse troppo shockata per assumere una benché minima iniziativa, iniziò un pompino lento e timido. Le afferrai la testa, una mano sul capo e l'altra sotto al mento.
"Come cazzo succhi???" Gridai iniziando a scoparla brutalmente, togliendole il fiato. Ero in uno stato alterato, diviso tra eccitazione, soddisfazione e rabbia repressa; quella sgualdrina aveva bisogno di essere educata.
Le spinsi a più riprese il cazzo in gola non dandole via di fuga; i suoi occhi mi pregavano di darle tregua ma io le ridevo in faccia e la trattenevo con tutta la mia forza. Dopo alcuni conati, mollai la presa e lei si liberò tossendo e sputacchiando tutto fuori.
"Sei deludente." Sbottai cavalcando il suo senso di impotenza e inadeguatezza, "Con una sega mi divertivo di più."
Mi sedetti sul divano come un re e le indicai le scarpe. "Vieni a togliermele."
Lei strisciò come un verme verso i miei piedi ed iniziò a slacciarmi le scarpe con le mani, come gli esseri umani.
"Non capisci un cazzo," le dissi scostando le scarpe, "quelle come te devono lasciarmi le scarpe con la bocca."
Lei mi guardò ormai sprofondata in un vortice di umiliazione che mai avrebbe immaginato. Io, sadicamente, le indicai le scarpe col dito e lei si abbassò slacciandomele come è giusto che sia. Tolti i lacci, mi tolse anche le scarpe e i pantaloni e restai nudo seduto come un budda ghignante. Non avrei mai pensato di potermi divertire così tanto con una prostituta. Sollevai il bacino e mi stesi mostrandole il culo peloso: "Ora puoi riposarti baciandomi il culo," le dissi, "una cosa più semplice."
Non la vedevo avendo gli occhi fissi sul tetto, ma sentii i suoi capelli accarezzarmi i glutei e infine le sue labbra imprimersi sul mio ano. Rimasi steso a godermi il suono dei suoi baci delicati e fui meravigliato di quanto sembrasse a suo agio a farlo.
"Cazzo, sei brava in questo almeno."
"Grazie." Rispose lei, da qualche parte oltre le mie palle.
"Ti senti più a tuo agio ora?"
"Si."
Poverina, l'avevo annichilita e non avevo nemmeno iniziato.
Mi rimisi dritto e le presi le guance tra le mani.
"Ora tocca me," le dissi sereno, "come tu hai baciato il mio culo, ora io rompo il tuo."
La misi col busto sulle mie ginocchia, le abbassai le mutandine, e le diedi una sonora sculacciata.
"Conta." Dissi dandogliene un'altra.
"Uno." Fece lei con una smorfia, "Due... tre..."
La colpì con decisione, una per ogni natica tenendo gli occhi chiusi in uno stato di estasi.
"Nove."
"Dai l'ultima," dissi sadico, "fino a 10."
La colpì e lei si liberò in un 10 che sapeva di libertà.
"No," feci io sereno, "hai saltato il nove."
"Ma io..."
La colpì di nuovo e dissi, "nove!" lo feci di nuovo, "nove, hai capito?"
Lei non disse nulla. la sculacciai e lei, da brava, disse "nove."
La sculacciai ancora e lei, che aveva capito, ripeté "nove," e così via. Infine, i "nove" furono altri dieci sculaccioni. "Dieci" dissi con la mano che mi bruciava per tutti quei colpi.
Lei tirò sul col naso, e vidi che aveva iniziato a lacrimare.
"Ti è piaciuto?" le dissi e lei, con un tenue sorriso, annuì. Non so se era vero o no, ma non mi interessai troppo. "L'hai mai preso in culo?", "Una volta, anni fa. Non mi è piaciuto molto."
"Ti piacerà." Dissi lentamente, Lei non rispose e mi sputai sulle dita. "Guardami mentre ti preparo il culo."
Ancora a pecora sulle mie ginocchia, mi guardò dritta negli occhi e io le trasmisi tutta la mia soddisfazione. Le infilai l'indice dopo averla ben lubrificata, lei fece una smorfia e distolse lo sguardo: "Guardami ho detto." Lei obbedì e nel suo sguardo lessi la più profonda prostrazione.
Infilai anche il medio e iniziai a far entra ed esci; pensai di inserire un terzo dito ma non lo volevo troppo allargato. Volevo che sentisse tutto il mio cazzo sodomizzarla.
La feci appoggiare alla seduta del divano col sedere rosso e in bella vista: mi misi dietro di lei e le posai la cappella sul buchetto.
"Ora ti inculo."
Spinsi, lei inarcò la schiena dolorante ma io proseguii il mio inserimento graduale e lento. Mi godevo ogni centimetro che le entrava dentro. A metà, lo spinsi tutto dentro con un movimento deciso; lei emise un verso da cane bastonato. Iniziai a sodomizzarla, prima lentamente, poi sempre con più vigore e violenza.
"Sei nata per prenderlo in culo biondina," le dissi tra una pompata e l'altra, "sei nata per farti inculare da me."
La scopai con vigore e pian piano i suoi gemiti di dolore divennero più lunghi e arrendevoli: si stava eccitando, alla fine le piaceva essere inculata. "Ti piace allora, eh?", "Si", "Si cosa?". Lei si girò a guardarmi, la bocca schiusa in un unico gemito di piacere "Mi piace prenderlo in culo da te."
A quell'ammissione, diedi di matto e la cavalcai come un cavallo. "Toccati la figa," le ordinai, "sgrillettati come la puttana che sei." Le lo fece e in meno di un minuto venne urlando di piacere e inarcando la schiena così da offrirmi ancor meglio il culo entrando ancor più a fondo. Le venni in culo con un esplosione. Restammo attaccati ancora un qualche istante e alla fine mi rimisi in piedi godendomi lo spettacolo di quel sedere sfondato. "Puliscimelo."
Lei, lentamente si mise in ginocchio ed iniziò e laccarlo e succhiarlo con convinzione: nel suo sguardo ora, lessi uno scintillio diverso. Consapevole.
"C'è qualcosa che vuoi dirmi, schiavetta?"
Lei mi guardò negli occhi e mi sorrise complice: non era più la ragazzetta timida di prima.
"Sono nata per succhiartelo, tesoro." Disse.
Io risi e le misi una mano sulla testa come una benedizione e accompagnai il suo movimento. Era in mio potere ora. "Fai colare la sborra giù dal tuo culo, poi lecca tutto." Lei lo fece e, quando ebbe finito, si abbassò per leccare tutta la sborra dal pavimento senza che glielo ordinassi. Mi calai prendendole la testa tra le mani, e la indirizzai nei punti giusti come se la sua lingua fosse un mocio. Pulì tutto e dal basso, mi guardò soddisfatta. Le misi un piede in testa tenendola schiacciata giù e restammo in quella posizione in silenzio, ansimando entrambi svuotati. Ora che ero soddisfatto e l'eccitazione aveva smesso di accecarmi la guardai da sotto il piede e vidi che effettivamente, come ragazza, non era niente di speciale. Bellina, ma niente di che. Ora, c'era la questione del pagamento ma questo mi fece venire in mente una cosa.
"Perché ti prostituisci?" Le domandai caricando un po' di peso sul piedi che la teneva giù.
"Ho bisogno di soldi." Disse.
"Sei giovane, e si vede che lo fai da poco questo mestiere. Che problemi hai?"
Lei provò a divincolarsi debolmente dal mio piede ma io la schiacciai ancor più forte premendole con l'alluce la guancia.
"Sono una studentessa fuori sede, mio padre mi ha dato un anticipo che ho speso in serata alcoliche e ora non ho soldi per pagarmi una stanza decente. Ora sto in un'appartamento con dei vecchi poveracci, non mi calcolano ma è un brutto posto."
Le schiacciai la testa come se fosse un mozzicone di sigaretta. La mie era una cittadina universitaria, e l'idea che quella stupida avesse bruciato tutti i suoi soldi che tanto erano stati guadagnati duramente da altri mi fece innervosire. Le forse lo capì ed emise un gemito sofferente.
"Allora resta qui." Le dissi, "Ho bisogno di una donna delle pulizie che lavi, stiri e cucini. Lo sai fare?"
Lei tentennò, "si".
"Starai da me fino alla fine dell'anno, poi potrai andare via e, con i soldi risparmiati, trovarti un altro posto. Ovviamente, dovrai obbedirmi e fare tutto quello che voglio."
Non speravo accettasse, ma lo fece con un flebile, "va bene."
"Va bene cosa?" chiesi incredulo.
"Sarò la tua serva, e farò tutto quello che vuoi."
Avevo vinto. Dal nulla, dal pagare una prostituta mi ero ritrovato una serva tutto fare in casa a mia completa disposizione. Non era il massimo, ma mi avrebbe permesso di sfogarmi e di affinare la mia tecnica amatoria. E poi puliva...
Era in mio potere, ma volevo capire fino a quanto potevo spingermi. Presi il mio cazzo moscio e lo indirizzai sul suo viso fermo al pavimento. Iniziando con dei piccoli schizzi, iniziai a pisciarle in faccia. Lei non se l'aspettò e tentò di divincolarsi ma il mio peso era troppo per lei. Pisciai lentamente godendomi ogni istante, beandomi della mia posizione di superiorità e del suo sguardo sempre più umiliato. Quando finii, le ordinai, come primo ordine da serva, di pulire con la lingua il pavimento.
Lei mi guardò, l'azzurro dei suoi occhi aveva perso un po' di tono per l'eccessivo degrado in cui era caduta ma non perse del tutto la sua lucentezza. Iniziò a leccare e a succhiare il mio piscio da pavimento come ordinato; io mi feci un caffè e, divertito, feci combaciare il mio sorseggiare rumoroso il caffè sol suo sorseggiare piscio. Lei doveva averlo notato, perché succhiò facendo ancora più rumore.
"Ora vestiti." Le ordinai. La riportai con l'auto lì dove l'avevo presa, "Ora va a casa e prendi le tue robe, domani mattina tornerò per le 9 e, se ti trovo, verrai con me."
Lei disse di sì, io la baciai e la lasciai lì e mi allontanai.
Pensai se avessi fatto bene ad darle la possibilità di sottrarsi al mio comando, ma mi dissi che l'essenza dell'avere una serva sta nel darle la possibilità di essere libera: è nella sua libera scelta di essere una mia proprietà che avrei cementato la sua schiavitù.
Tornai a casa ancora gasato, mi feci una doccia e mi masturbai un pio di volte e poi andai a dormire senza nemmeno aver cenato. L'indomani tornai e, con gioia, la ritrovai lì all'ora pattuita. Era vestita semplice e teneva in mano una borsa ed una capiente valigia. Senza scendere dall'auto le aprii il porta bagagli, le caricò tutto ed entrò.
"Sei tornata." Dissi guardandola negli occhi.
"Certo," rispose lei con un nuovo luccichio negli occhi, "sono nata per essere la tua schiava."
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