Moglie schiava, marito padrone
di
Schiava Laura
genere
sadomaso
Capitolo dodicesimo. 12 giugno. Ho commesso un'infrazione. La punizione che mi tocca è la peggiore che mi possa capitare. Mio marito non mi vuole più al suo fianco di notte. Mi casca il mondo addosso. Lo supplico, lo imploro. Ti prego, padrone, frustami, bastonami, picchiami, ma non farmi questo. Non mi privare di te. È irremovibile. La sera sono legata, imbavagliata e bendata su un plaid dentro lo sgabuzzino. Con l'arrivo del caldo non me la passo bene. Loro hanno l'aria condizionata, io dormo praticamente in un forno. L'essere legata e bendata mi mette in confusione, mi sembra di soffocare, sudo maledettamente, ma questa nuova sofferenza me la devo sopportare 5 ore ogni notte. Poi una buona notizia. Giovanna deve assentarsi. Posso respirare. Il fatto di non averla sempre addosso mi aiuta anche se le punizioni non mi mancano. Ma almeno è solo colpa mia. Il 28 siamo in macchina. "Dove andiamo padrone"? In villeggiatura. Non so se scherza o se parla seriamente, ma effettivamente andiamo verso la campagna. Ci fermiamo dopo molte ore davanti a una grande villa. Mi sembra di sognare. Certo ci sarà da lavorare, ma starò per un po' di tempo in campagna col mio amato marito padrone. Nemmeno il tempo di entrare che sono già in ginocchio a pulire. Il padrone è stato chiaro, non andrò a letto se prima non avrò pulito tutta la casa. Ci metto 2 giorni e 2 notti. Alla fine sfinita e contenta me ne posso andare a letto. Vengo svegliata alle 4. "Padrone, perché un'ora prima"? Devo andare coi contadini che ci hanno affittato la villetta. Mi è tutto chiaro. Mio marito è venuto in villeggiatura, io sono venuta a lavorare per pagare la villeggiatura a lui. I contadini, padre, 2 figli e un genero sono su un carretto. Devo seguirli a piedi. Cammino scalza per mezz'ora sui sentieri di campagna. Ho le piante dei piedi doloranti e con piccole ferite. Arriviamo in un campo che si deve dissodare. Sto tutta la giornata piegata in 2 a raccogliere pietre e a caricare ceste piene delle stesse. Verso le 9 si alza il sole sotto il quale mi arrostisco per parecchie ore. Loro fanno una sosta, mangiano e si dissetano, io non posso andare nemmeno a pisciare. Mi pagano per lavorare, non per pisciare. Mi piscio addosso tutta la giornata. Alle 20 quando torniamo a casa sono distrutta e disidratata. Finalmente posso bere, ma le mie disgrazie non sono finite. Il padrone vuole che mi lavi. I contadini si offrono di farlo loro. Vengo spogliata. Di me si occupano le loro mogli, ingelosite dal fatto che i mariti mi guardano con libidine. Mi buttano addosso. 2 secchi di acqua gelata che malgrado la stagione non fa mai piacere e cominciano a strofinarmi con delle spazzole dure. Prendono di mira le mie zone più delicate, le mammelle, la vulva, il buco del culo, la faccia, tutto il resto. Dopo mezz'ora vengo sciacquata, ancora con acqua gelata. Ho la pelle tutta arrossata. Mi hanno strigliata come un cavallo. Subiro' questo trattamento per 2 mesi e per 2 mesi starò piegata in 2 a raccogliere sassi. Inutile dire che dovrò anche fare i lavori di casa. Il padrone ogni notte mi tirerà giù dal letto alle 2 per farmi lavorare in casa. Per 2 mesi dormirò 2 ore a notte.
1
0
voti
voti
valutazione
3
3
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Moglie schiava, marito padroneracconto sucessivo
Moglie schiava, marito padrone
Commenti dei lettori al racconto erotico