Il mio capo
di
La stagista
genere
etero
Tutto è iniziato quando il progetto per cui ero stata assunta non procedeva come tutti si aspettavano, me compresa e quindi era stato abbandonato. Devo dire che la preoccupazione di rimanere senza lavoro non era il primo problema perché stavo ancora studiando, quindi avevo deciso che in caso avrei dedicato tutto il tempo a mia disposizione allo studio. Il problema vero è che in quel periodo mi ero affezionata all’azienda, ai colleghi e all’ambiente di lavoro, difficilmente mi immaginavo di lasciarlo a cuor leggero.
Ecco, proprio in questo contesto sono stata raccolta dal mio capo, un uomo con cui a cuor leggero avevo scambiato un po’ di chiacchiere davanti alla macchinetta del caffè. Un bell’uomo, sulla quarantina, molto curato. Non sapevo che ruolo avesse prima che mi offrisse di lavorare nel suo team, sapevo solo che mi dava sempre un certo senso di calore e mi sentivo sempre a mio agio in sua presenza.
I primi giorni che trascorsi insieme non sono stati esattamente rilassati come me li immaginavo: oltre al fatto che tenevo molto ad imparare in fretta e fare tutto ciò che mi veniva richiesto nel migliore dei modi, c’erano delle situazioni che mi creavano non poco disagio. Ad esempio, ogni volta che andavamo a prendere il caffè mi poggiava una mano sulla schiena e io provavo non pochi brividi che temevo potessero essere precipiti. Oppure quando seduti entrambi davanti al mio schermo per ricontrollare il mio lavoro, appoggiava la sua mano sulla mia per spostare il mouse.
Ecco tutti questi piccoli gesti inizialmente mi mettevano terribilmente a disagio, visto anche che era un uomo molto più grande di me, con famiglia oltretutto, ma in brevissimo tempo notai che iniziavo ad apprezzarli ed ancor più a cercarli. Quando sentivo la sua mano sulla schiena mi lasciavo andare cercando di fargli capire che la volevo, molto più di quanto potesse immaginare e non solo quella.
Sono stati mesi di paradiso e inferno, cercando di lanciare segnali sufficientemente ambigui che, nel caso in cui lui non avesse gradito, potessero essere semplicemente sguardi o gesti fraintesi ed ignorabili, ma nel caso in cui invece non avessi colto male i suoi segnali…
Una sera poco prima delle vacanze di Natale, ci ritrovammo solo io e lui che gli altri colleghi erano già tornati a casa dalle famiglie. Io seduta al pc cn un vestito nero di lana lèggerà ero stanchissima, non vedevo l’ora di chiudere il documento a cui stavo lavorando. Alessandro, così si chiama, si chiama si avvicina con la sua sedia alla mia scrivania e mi si posiziona a fianco, leggermente più indietro rispetto alla mia sedia. Dentro di me pregavo che il lavoro andasse bene per potermene andare in fretta e temevo il suo giudizio.
Tutto ad un tratto però mi accorsi che la sua attenzione non era rivolta al mio schermo, quando mi disse con tono pacato e profondo: “Ma lo hai sempre avuto?”. Senza capire di cosa parlasse ruotai la mia sedia e con lo sguardo seguii il suo dito per capire cosa stesse indicando e con stupore vidi che l’obiettivo era la mia coscia. Il mio vestito mi aveva un po’ tradita, alzandosi leggermente e scoprendo la prima parte di un tatuaggio che ho da quando ero ragazzina. Arrossendo lo risistemai e risposi un po’ incerta: “sì da quando ho 17 anni… quelle cose che si fanno da giovani… però mi piace ancora in verità…” lui mi guardò e rise:”Scusa perché ora sei vecchia, fammi capire?”. A quel punto mi strinsi un po’ nelle spalle e accennai un timido sorriso. Poi arrivò la domanda che svoltò definitivamente la serata: “posso vederlo?” Mi chiese avvicinando la mano alla mia gamba e io in tutta risposta sussurrai: “sì certo” cercando di nascondere quanto tutta quella situazione mi stesse eccitando. Appoggiò la sua mano grande e calda completamente sulla mia coscia nascosta dal collant sottile e la fece scorrere verso l’alto per scoprire il mio tatuaggio per intero. Io stavo osservando la scena senza accorgermi di starmi mordendo il labbro. Al contrario Alessandro mi studiò pochi secondi e capii che volevamo entrambi la stessa cosa.
Una volta scoperto arrivata alla fine del tatuaggio, la mano del mio capo continuò a salire e senza neanche rendermene conto avevo allargato impercettibilmente le gambe quel tanto che bastava per permettergli di sentire quanto fossero umide le mie mutandine. A quel punto mi disse scherzando: “Mi sa che a qualcuna qui piacciono i signori di una certa età” ed io prendendo coraggio a quel punto gli dissi: “No in realtà solo tu mi fa questo effetto” e lui per tutta risposta mi disse: “Senti che effetto mi fai tu”, mi prese la mano e la appoggio sulla patta dei suoi pantaloni blu eleganti. Potevo sentire il suo cazzo duro, duro per me, la sua mano che premeva la mia.
Mi inginocchia allora e gli slacciai slacciai i pantaloni liberando una delle erezioni più importanti che abbia visto in vita mia. Mi misi il cazzo già duro tutto in bocca, il più possibile, così come sul lavoro ci tenevo a dimostrargli quale fosse il meglio che potevo fare. Dopo poco però mi sollevo e prendendomi per i fianchi mi fece girare di schiena, facendomi appoggiare sulla scrivania.
Dopodiché mi sfilò i collant avendo cura di farmi rimettere i miei décolleté neri e iniziò a leccarmi la figa, ormai completamente zuppa, che supplicava di avere quello splendido cazzo tutto dentro di sè.
Passarono pochi minuti che mi accontentò, sentii ogni centimetro penetrarmi, le mie labbra allargarsi e adattarsi ad accogliere il suo cazzo. Godevo come mai prima di allora tanto per l’eccitazione dovuta alla situazione, quanto per come mi scopava magnificamente Alessandro, ogni colpo era di pura estasi, tanto che venni prima io di lui ma il mio corpo continuava ad implorare di essere scopato.
Fra i miei gemiti e i miei umori anche lui raggiunse l’orgasmo e io sentii il suo cazzo pulsare dentro di me riempiendomi e dandomi nuovamente piccole scosse di piacere.
Entrambi molto provati ci sistemammo sulle nostre sedie e con un po’ di imbarazzo ci rimettemmo davanti ai nostri pc, io senza più i collant che avevo infilato nella borsa.
Senza il coraggio di guardarlo in faccia dissi a bassa voce scherzosamente :”Comunque te la cavi bene per essere un signore di una certa età” e senza voltarmi, guardando il riflesso sul monitor, vidi un sorriso increspargli il viso mentre si sistemava le maniche della camicia.
Pensai a quando sarebbe stata la volta successiva.
Ecco, proprio in questo contesto sono stata raccolta dal mio capo, un uomo con cui a cuor leggero avevo scambiato un po’ di chiacchiere davanti alla macchinetta del caffè. Un bell’uomo, sulla quarantina, molto curato. Non sapevo che ruolo avesse prima che mi offrisse di lavorare nel suo team, sapevo solo che mi dava sempre un certo senso di calore e mi sentivo sempre a mio agio in sua presenza.
I primi giorni che trascorsi insieme non sono stati esattamente rilassati come me li immaginavo: oltre al fatto che tenevo molto ad imparare in fretta e fare tutto ciò che mi veniva richiesto nel migliore dei modi, c’erano delle situazioni che mi creavano non poco disagio. Ad esempio, ogni volta che andavamo a prendere il caffè mi poggiava una mano sulla schiena e io provavo non pochi brividi che temevo potessero essere precipiti. Oppure quando seduti entrambi davanti al mio schermo per ricontrollare il mio lavoro, appoggiava la sua mano sulla mia per spostare il mouse.
Ecco tutti questi piccoli gesti inizialmente mi mettevano terribilmente a disagio, visto anche che era un uomo molto più grande di me, con famiglia oltretutto, ma in brevissimo tempo notai che iniziavo ad apprezzarli ed ancor più a cercarli. Quando sentivo la sua mano sulla schiena mi lasciavo andare cercando di fargli capire che la volevo, molto più di quanto potesse immaginare e non solo quella.
Sono stati mesi di paradiso e inferno, cercando di lanciare segnali sufficientemente ambigui che, nel caso in cui lui non avesse gradito, potessero essere semplicemente sguardi o gesti fraintesi ed ignorabili, ma nel caso in cui invece non avessi colto male i suoi segnali…
Una sera poco prima delle vacanze di Natale, ci ritrovammo solo io e lui che gli altri colleghi erano già tornati a casa dalle famiglie. Io seduta al pc cn un vestito nero di lana lèggerà ero stanchissima, non vedevo l’ora di chiudere il documento a cui stavo lavorando. Alessandro, così si chiama, si chiama si avvicina con la sua sedia alla mia scrivania e mi si posiziona a fianco, leggermente più indietro rispetto alla mia sedia. Dentro di me pregavo che il lavoro andasse bene per potermene andare in fretta e temevo il suo giudizio.
Tutto ad un tratto però mi accorsi che la sua attenzione non era rivolta al mio schermo, quando mi disse con tono pacato e profondo: “Ma lo hai sempre avuto?”. Senza capire di cosa parlasse ruotai la mia sedia e con lo sguardo seguii il suo dito per capire cosa stesse indicando e con stupore vidi che l’obiettivo era la mia coscia. Il mio vestito mi aveva un po’ tradita, alzandosi leggermente e scoprendo la prima parte di un tatuaggio che ho da quando ero ragazzina. Arrossendo lo risistemai e risposi un po’ incerta: “sì da quando ho 17 anni… quelle cose che si fanno da giovani… però mi piace ancora in verità…” lui mi guardò e rise:”Scusa perché ora sei vecchia, fammi capire?”. A quel punto mi strinsi un po’ nelle spalle e accennai un timido sorriso. Poi arrivò la domanda che svoltò definitivamente la serata: “posso vederlo?” Mi chiese avvicinando la mano alla mia gamba e io in tutta risposta sussurrai: “sì certo” cercando di nascondere quanto tutta quella situazione mi stesse eccitando. Appoggiò la sua mano grande e calda completamente sulla mia coscia nascosta dal collant sottile e la fece scorrere verso l’alto per scoprire il mio tatuaggio per intero. Io stavo osservando la scena senza accorgermi di starmi mordendo il labbro. Al contrario Alessandro mi studiò pochi secondi e capii che volevamo entrambi la stessa cosa.
Una volta scoperto arrivata alla fine del tatuaggio, la mano del mio capo continuò a salire e senza neanche rendermene conto avevo allargato impercettibilmente le gambe quel tanto che bastava per permettergli di sentire quanto fossero umide le mie mutandine. A quel punto mi disse scherzando: “Mi sa che a qualcuna qui piacciono i signori di una certa età” ed io prendendo coraggio a quel punto gli dissi: “No in realtà solo tu mi fa questo effetto” e lui per tutta risposta mi disse: “Senti che effetto mi fai tu”, mi prese la mano e la appoggio sulla patta dei suoi pantaloni blu eleganti. Potevo sentire il suo cazzo duro, duro per me, la sua mano che premeva la mia.
Mi inginocchia allora e gli slacciai slacciai i pantaloni liberando una delle erezioni più importanti che abbia visto in vita mia. Mi misi il cazzo già duro tutto in bocca, il più possibile, così come sul lavoro ci tenevo a dimostrargli quale fosse il meglio che potevo fare. Dopo poco però mi sollevo e prendendomi per i fianchi mi fece girare di schiena, facendomi appoggiare sulla scrivania.
Dopodiché mi sfilò i collant avendo cura di farmi rimettere i miei décolleté neri e iniziò a leccarmi la figa, ormai completamente zuppa, che supplicava di avere quello splendido cazzo tutto dentro di sè.
Passarono pochi minuti che mi accontentò, sentii ogni centimetro penetrarmi, le mie labbra allargarsi e adattarsi ad accogliere il suo cazzo. Godevo come mai prima di allora tanto per l’eccitazione dovuta alla situazione, quanto per come mi scopava magnificamente Alessandro, ogni colpo era di pura estasi, tanto che venni prima io di lui ma il mio corpo continuava ad implorare di essere scopato.
Fra i miei gemiti e i miei umori anche lui raggiunse l’orgasmo e io sentii il suo cazzo pulsare dentro di me riempiendomi e dandomi nuovamente piccole scosse di piacere.
Entrambi molto provati ci sistemammo sulle nostre sedie e con un po’ di imbarazzo ci rimettemmo davanti ai nostri pc, io senza più i collant che avevo infilato nella borsa.
Senza il coraggio di guardarlo in faccia dissi a bassa voce scherzosamente :”Comunque te la cavi bene per essere un signore di una certa età” e senza voltarmi, guardando il riflesso sul monitor, vidi un sorriso increspargli il viso mentre si sistemava le maniche della camicia.
Pensai a quando sarebbe stata la volta successiva.
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