La terza carta
di
M. M.
genere
trio
La terza carta
Marta stava facendo la sua ultima vasca quando Evelyn, una ragazza che frequentava i suoi stessi corsi, entrò in acqua con la grazia di un cigno.
In palestra non c'era più nessuno e dopo essere uscita dalla piscina Marta indossò l'accappatoio e si diresse verso lo spogliatoio e mentre passeggiava lungo il bordo il suo sguardo incrociò quello di Evelyn che in tutta risposta sorrise e si immerse in acqua mostrando la schiena semi-tatuata.
Lungo il corridoio che separa bagni femminili da quelli maschili Marta ebbe come la sensazione di essere spiata e più di una volta si guardò attorno in cerca di occhi indiscreti.
Ma quella strana percezione la assaliva tutte le sere che superava l'ora di chiusura.
In effetti, rifletté, ad una certa ora quello non era certamente il posto più adatto per sentirsi tranquilli, come se ci fosse qualcosa di insolito nella struttura e nel design ostentatamente moderno di quelli spogliatoi.
Ad ogni modo non era completamente sola e il pensiero di avere un'altra ragazza al suo fianco la faceva sentire più serena e allo stesso tempo le offriva un brivido di incertezza che in passato le aveva fatto provare emozioni nuove e del tutto inaspettate.
Come quando faceva la spesa a ridosso dell'orario di chiusura del supermercato e una strana combinazione di agitazione e stress le provocava una forte pressione proprio lì sotto e le sue mutandine si inumidivano il tanto che basta da strapparle un ghigno di piacere mentre sceglieva la sua marca di cereali preferita.
Stava accadendo lo stesso?
Cos'era quel calore che avvertiva alla base del basso ventre e che la costringeva ad accelerare il passo in direzione delle docce.
Si morse il labbro inferiore ed entrò nello spogliatoio dove rapidamente si tolse costume e cuffietta ritrovandosi faccia a faccia con i suoi pensieri.
Mai un’acqua gli era tanto piaciuta come questa, mai aveva sentito così forti e così belli la voce e il significato dell’acqua che passa. Gli pareva che la doccia avesse qualcosa di speciale da dirle, qualcosa che lei non sapeva ancora, qualcosa che l'avrebbe inebriata e stordita.
Il getto della doccia la riportò con i piedi a terra e pur sensibile al tocco delle proprie dita sulla pelle al cloro dimenticò il mondo esterno e si concentrò sulle spalle, sul collo, la nuca, le morbide ascelle, i fianchi setosi, la linea densa dell'ombelico, le natiche sode e candide.
Sentiva i rivoli d'acqua e sapone scorrergli dalla schiena sin giù alle caviglie e immaginò nuovamente di essere in quel supermercato a sedici anni, così bagnata da distinguere il frutto proibito di quel piacere scendere sotto il vestito estivo in attesa di pagare, pregando che nessuno se ne accorgesse.
Senza rendersene conto le sue dita stavano massaggiando il suo clitoride e dalle labbra socchiuse a mo' di lussuria uscivano docili urla che si spargevano nell'aria come bolle di sapone cullate dal vapore.
Si morse un dito e sorrise flebilmente, e la sua risata tornò indietro come un'eco.
C'era qualcuno! Quel qualcuno che solo un attimo prima, nel corridoio, era una presenza senza volto né forma, ma che adesso sostava davanti a lei con la stessa concretezza di una fantasia lucida.
Si trattava di Roman, il bagnino-custode che tutte le studentesse di buona volontà come lei amavano e desideravano. Roman, dal fisico asciutto e per nulla pompato, spalle larghe e libri di Hemingway e Philip Roth letti fugacemente durante la pausa.
Ci fu un'istantanea di sguardi tra il fumo caldo e il getto scrosciante della doccia e Marta avvertì quella sensazione esplodere come una febbre virale: Roman, con solo il costume a pantaloncino addosso, le baciò i seni gocciolanti e con le mani disegnò un dipinto di delizia su tutto il corpo della ragazza che rimase come paralizzata dal piacere.
Ma il lungo sentiero che conduce alla perdizione, si sa, è stretto e profondo e colmo di sorprese.
E le sorprese quella notte, al di là dei sogni, non erano finite.
Roman e Marta si baciavano dappertutto e le loro mani tastavano e penetravano ogni lembo di pelle, ogni orifizio.
Marta abbassò con tale veemenza il costume del ragazzo che sentì uno strappo, poi il calore di quel membro duro come il marmo che le sfiorava le grandi labbra, pronto a penetrarle.
Roman fissò Marta negli occhi prima di farle sentire tutta la libidine del suo sesso, e in quegli occhi scorse bramosia e libertà.
Libertà.
Quando si unirono entrambi provarono piaceri immensi, travolgenti, proibiti.
Sapori e odori che non avevano nulla a che vedere con il mondo in superficie. Sapore di abissi e minerali, colate vulcaniche sopite e fluidi viscosi e primordiali.
Marta veniva con un fremito incontrollabile dei muscoli dell'inguine, un calore costante che pulsava dal clitoride sino al punto più delicato e segreto del suo intimo.
Veniva e vedeva fiori. Veniva e vedeva se stessa di schiena alla parete di quello spogliatoio con le gambe divaricate, una più dell'altra, sorretta da quel braccio possente sul quale a tratti posava lo sguardo. Venne di getto, a un passo dal paradiso, e provò di nuovo la sensazione di essere spiata.
Sgranò gli occhi, annebbiati dal vapore e da un intenso orgasmo che adesso la obbligava a tenere le labbra serrate, e vide una figura di donna.
"Evelyn!" esclamò Marta con un filo di voce.
La ragazza doveva essere lì già da un po' perché nel suo viso non si leggeva più nessun segno di sorpresa.
Con il costume intero abbassato sotto i seni turgidi e bruni si masturbava e con l'altra mano si sfiorava le labbra e la lingua.
Esiste un linguaggio, quello dei desideri, che è di gran lunga più esplicito di qualsiasi altra forma di comunicazione...
Evelyn sorrise con malizia infantile; Marta sorrise e le tese la mano.
Un invito impossibile da rifiutare.
Fu come una simbiosi. Una cerimonia di corpi giunta al suo climax.
Evelyn venne trascinata in quel semicerchio di lussuria e istinto entrando tra Marta e Roman.
Le due ragazze, strette una di fronte all'altra, si baciarono con una tale naturalezza che Roman le lasciò fare per qualche secondo prima di tornare in scena.
Evelyn aveva una schiena a dir poco perfetta esaltata ancor di più dal suo tatuaggio: un'orchidea stilizzata in bianco e nero.
Roman le massaggiò le scapole, il collo, i fianchi. Tastò il suo culo sodo e in un raptus le abbassò il costume alle ginocchia penetrandola con assoluta semplicità.
Adesso Roman scopava Evelyn da dietro e Marta incrociava la sua lingua e provava un tepore diverso alla vagina. Evelyn ci sapeva fare: una mano sul collo virgineo di Marta e l'altra tra le sue gambe in una pressione crescente e per nulla affrettata.
Nonostante la foga del ragazzo alle sue spalle e il senso di vertigine dato dal suo primo, immediato orgasmo Evelyn aveva una gran cura del corpo di Marta.
Amava la sua pelle e voleva provocarle un piacere più "ricercato" di quelli già provati.
Marta non capiva bene cosa facesse, ma quando Evelyn penetrò la sua vagina con due dita uncinate proprio sotto il clitoride dalla parte interna lei ebbe come la sensazione di venir meno.
In pochi palpiti Marta raggiunse un orgasmo così intenso da staccarsi dai baci di Evelyn emettendo un rantolo rauco e strozzato.
Un liquido pallido e trasparente fuoriuscì a getto colando sulle sue cosce e tra le dita di Evelyn che se le passò meccanicamente in bocca.
Roman, come coinvolto da ciò che aveva appena visto, spostò di peso Evelyn sulla panca dietro di loro e con maggiore trasporto continuò a penetrarla da dietro.
Fu allora che Marta scivolò sotto di loro e con un "69" stilisticamente perfetto si ritrovò vagina e membro a portata di labbra.
Evelyn non smetteva di saziarsi di entrambi.
Marta leccava e massaggiava Evelyn e i testicoli duri di Roman che le ballonzolavano sulla faccia.
Roman non credeva ai suoi occhi, ma sentiva di essere sul punto di provare un piacere immenso.
Gli ultimi suoi sussulti furono lunghi e contratti accompagnati dai versi di piacere di Evelyn che non finiva più
di venire sulla lingua di Marta.
Roman con uno scatto del bacino si allontanò leggermente dal culo di Evelyn e tenendosi il membro stretto in una mano venne copiosamente inondando le natiche, l'ano e la vagina di Evelyn.
Marta attese inerme e stordita che quella colata bianca le finisse direttamente in bocca scivolandole ai lati del viso e del collo.
Infine, Roman si abbassò su di lei e le infilò lentamente la cappella in bocca e poi di nuovo dentro Evelyn che guardava la scena con occhi ammalianti.
Roman disse qualcosa, Evelyn sorrise e Marta si buttò nuovamente in doccia.
Quando Roman uscì dallo spogliatoio femminile lanciò un'ultima occhiata alle ragazze che adesso facevano la doccia insieme, abbracciate e serene.
Capì allora che la sua era stata una presenza ausiliaria e che il gioco delle parti aveva favorito la complicità per nulla preparata delle due ragazze.
Ma fa lo stesso, pensò, è stato fantastico e spontaneo come in quei rari momenti in cui la vita si dimostra davvero per quello che è: una pura coincidenza.
Un vecchio detto dice: "commetti il più vecchio dei peccati nel più nuovo dei modi e sarai felice".
Marta stava facendo la sua ultima vasca quando Evelyn, una ragazza che frequentava i suoi stessi corsi, entrò in acqua con la grazia di un cigno.
In palestra non c'era più nessuno e dopo essere uscita dalla piscina Marta indossò l'accappatoio e si diresse verso lo spogliatoio e mentre passeggiava lungo il bordo il suo sguardo incrociò quello di Evelyn che in tutta risposta sorrise e si immerse in acqua mostrando la schiena semi-tatuata.
Lungo il corridoio che separa bagni femminili da quelli maschili Marta ebbe come la sensazione di essere spiata e più di una volta si guardò attorno in cerca di occhi indiscreti.
Ma quella strana percezione la assaliva tutte le sere che superava l'ora di chiusura.
In effetti, rifletté, ad una certa ora quello non era certamente il posto più adatto per sentirsi tranquilli, come se ci fosse qualcosa di insolito nella struttura e nel design ostentatamente moderno di quelli spogliatoi.
Ad ogni modo non era completamente sola e il pensiero di avere un'altra ragazza al suo fianco la faceva sentire più serena e allo stesso tempo le offriva un brivido di incertezza che in passato le aveva fatto provare emozioni nuove e del tutto inaspettate.
Come quando faceva la spesa a ridosso dell'orario di chiusura del supermercato e una strana combinazione di agitazione e stress le provocava una forte pressione proprio lì sotto e le sue mutandine si inumidivano il tanto che basta da strapparle un ghigno di piacere mentre sceglieva la sua marca di cereali preferita.
Stava accadendo lo stesso?
Cos'era quel calore che avvertiva alla base del basso ventre e che la costringeva ad accelerare il passo in direzione delle docce.
Si morse il labbro inferiore ed entrò nello spogliatoio dove rapidamente si tolse costume e cuffietta ritrovandosi faccia a faccia con i suoi pensieri.
Mai un’acqua gli era tanto piaciuta come questa, mai aveva sentito così forti e così belli la voce e il significato dell’acqua che passa. Gli pareva che la doccia avesse qualcosa di speciale da dirle, qualcosa che lei non sapeva ancora, qualcosa che l'avrebbe inebriata e stordita.
Il getto della doccia la riportò con i piedi a terra e pur sensibile al tocco delle proprie dita sulla pelle al cloro dimenticò il mondo esterno e si concentrò sulle spalle, sul collo, la nuca, le morbide ascelle, i fianchi setosi, la linea densa dell'ombelico, le natiche sode e candide.
Sentiva i rivoli d'acqua e sapone scorrergli dalla schiena sin giù alle caviglie e immaginò nuovamente di essere in quel supermercato a sedici anni, così bagnata da distinguere il frutto proibito di quel piacere scendere sotto il vestito estivo in attesa di pagare, pregando che nessuno se ne accorgesse.
Senza rendersene conto le sue dita stavano massaggiando il suo clitoride e dalle labbra socchiuse a mo' di lussuria uscivano docili urla che si spargevano nell'aria come bolle di sapone cullate dal vapore.
Si morse un dito e sorrise flebilmente, e la sua risata tornò indietro come un'eco.
C'era qualcuno! Quel qualcuno che solo un attimo prima, nel corridoio, era una presenza senza volto né forma, ma che adesso sostava davanti a lei con la stessa concretezza di una fantasia lucida.
Si trattava di Roman, il bagnino-custode che tutte le studentesse di buona volontà come lei amavano e desideravano. Roman, dal fisico asciutto e per nulla pompato, spalle larghe e libri di Hemingway e Philip Roth letti fugacemente durante la pausa.
Ci fu un'istantanea di sguardi tra il fumo caldo e il getto scrosciante della doccia e Marta avvertì quella sensazione esplodere come una febbre virale: Roman, con solo il costume a pantaloncino addosso, le baciò i seni gocciolanti e con le mani disegnò un dipinto di delizia su tutto il corpo della ragazza che rimase come paralizzata dal piacere.
Ma il lungo sentiero che conduce alla perdizione, si sa, è stretto e profondo e colmo di sorprese.
E le sorprese quella notte, al di là dei sogni, non erano finite.
Roman e Marta si baciavano dappertutto e le loro mani tastavano e penetravano ogni lembo di pelle, ogni orifizio.
Marta abbassò con tale veemenza il costume del ragazzo che sentì uno strappo, poi il calore di quel membro duro come il marmo che le sfiorava le grandi labbra, pronto a penetrarle.
Roman fissò Marta negli occhi prima di farle sentire tutta la libidine del suo sesso, e in quegli occhi scorse bramosia e libertà.
Libertà.
Quando si unirono entrambi provarono piaceri immensi, travolgenti, proibiti.
Sapori e odori che non avevano nulla a che vedere con il mondo in superficie. Sapore di abissi e minerali, colate vulcaniche sopite e fluidi viscosi e primordiali.
Marta veniva con un fremito incontrollabile dei muscoli dell'inguine, un calore costante che pulsava dal clitoride sino al punto più delicato e segreto del suo intimo.
Veniva e vedeva fiori. Veniva e vedeva se stessa di schiena alla parete di quello spogliatoio con le gambe divaricate, una più dell'altra, sorretta da quel braccio possente sul quale a tratti posava lo sguardo. Venne di getto, a un passo dal paradiso, e provò di nuovo la sensazione di essere spiata.
Sgranò gli occhi, annebbiati dal vapore e da un intenso orgasmo che adesso la obbligava a tenere le labbra serrate, e vide una figura di donna.
"Evelyn!" esclamò Marta con un filo di voce.
La ragazza doveva essere lì già da un po' perché nel suo viso non si leggeva più nessun segno di sorpresa.
Con il costume intero abbassato sotto i seni turgidi e bruni si masturbava e con l'altra mano si sfiorava le labbra e la lingua.
Esiste un linguaggio, quello dei desideri, che è di gran lunga più esplicito di qualsiasi altra forma di comunicazione...
Evelyn sorrise con malizia infantile; Marta sorrise e le tese la mano.
Un invito impossibile da rifiutare.
Fu come una simbiosi. Una cerimonia di corpi giunta al suo climax.
Evelyn venne trascinata in quel semicerchio di lussuria e istinto entrando tra Marta e Roman.
Le due ragazze, strette una di fronte all'altra, si baciarono con una tale naturalezza che Roman le lasciò fare per qualche secondo prima di tornare in scena.
Evelyn aveva una schiena a dir poco perfetta esaltata ancor di più dal suo tatuaggio: un'orchidea stilizzata in bianco e nero.
Roman le massaggiò le scapole, il collo, i fianchi. Tastò il suo culo sodo e in un raptus le abbassò il costume alle ginocchia penetrandola con assoluta semplicità.
Adesso Roman scopava Evelyn da dietro e Marta incrociava la sua lingua e provava un tepore diverso alla vagina. Evelyn ci sapeva fare: una mano sul collo virgineo di Marta e l'altra tra le sue gambe in una pressione crescente e per nulla affrettata.
Nonostante la foga del ragazzo alle sue spalle e il senso di vertigine dato dal suo primo, immediato orgasmo Evelyn aveva una gran cura del corpo di Marta.
Amava la sua pelle e voleva provocarle un piacere più "ricercato" di quelli già provati.
Marta non capiva bene cosa facesse, ma quando Evelyn penetrò la sua vagina con due dita uncinate proprio sotto il clitoride dalla parte interna lei ebbe come la sensazione di venir meno.
In pochi palpiti Marta raggiunse un orgasmo così intenso da staccarsi dai baci di Evelyn emettendo un rantolo rauco e strozzato.
Un liquido pallido e trasparente fuoriuscì a getto colando sulle sue cosce e tra le dita di Evelyn che se le passò meccanicamente in bocca.
Roman, come coinvolto da ciò che aveva appena visto, spostò di peso Evelyn sulla panca dietro di loro e con maggiore trasporto continuò a penetrarla da dietro.
Fu allora che Marta scivolò sotto di loro e con un "69" stilisticamente perfetto si ritrovò vagina e membro a portata di labbra.
Evelyn non smetteva di saziarsi di entrambi.
Marta leccava e massaggiava Evelyn e i testicoli duri di Roman che le ballonzolavano sulla faccia.
Roman non credeva ai suoi occhi, ma sentiva di essere sul punto di provare un piacere immenso.
Gli ultimi suoi sussulti furono lunghi e contratti accompagnati dai versi di piacere di Evelyn che non finiva più
di venire sulla lingua di Marta.
Roman con uno scatto del bacino si allontanò leggermente dal culo di Evelyn e tenendosi il membro stretto in una mano venne copiosamente inondando le natiche, l'ano e la vagina di Evelyn.
Marta attese inerme e stordita che quella colata bianca le finisse direttamente in bocca scivolandole ai lati del viso e del collo.
Infine, Roman si abbassò su di lei e le infilò lentamente la cappella in bocca e poi di nuovo dentro Evelyn che guardava la scena con occhi ammalianti.
Roman disse qualcosa, Evelyn sorrise e Marta si buttò nuovamente in doccia.
Quando Roman uscì dallo spogliatoio femminile lanciò un'ultima occhiata alle ragazze che adesso facevano la doccia insieme, abbracciate e serene.
Capì allora che la sua era stata una presenza ausiliaria e che il gioco delle parti aveva favorito la complicità per nulla preparata delle due ragazze.
Ma fa lo stesso, pensò, è stato fantastico e spontaneo come in quei rari momenti in cui la vita si dimostra davvero per quello che è: una pura coincidenza.
Un vecchio detto dice: "commetti il più vecchio dei peccati nel più nuovo dei modi e sarai felice".
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto sucessivo
Metro
Commenti dei lettori al racconto erotico