Metro

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Metro

Prendevano lo stesso treno, alla stessa ora, gli stessi giorni.
Lui e lei persi tra la folla ma per nulla indifferenti agli sguardi furtivi l'uno dell'altra, lanciati così di soppiatto da un versante del vagone mentre erano intenti a leggere, a lavorare sui piani del giorno in azienda, a seguire le ultime notizie, a riflettere sulla monotonia di quelle esistenze, tanto cerebrali quanto dannatamente poco carnali.
Ma in quelle corse, al mattino, quando gli umori della maggior parte dei passeggeri sono sopiti, i loro sensi si attivavano come per una strana combinazione alchemica.
Entrambi credevano al destino, al concetto di circolarità del tempo e alla fusione spontanea dei metalli. Per questo desideravano unirsi oltre quel muro di insostenibile indifferenza che era divenuta la loro esistenza.
Quella sera entrambi avevano staccato tardi e stanchi avevano tentato di prendere l'ultima metro, senza riuscirci.
Distanti, da un punto all'altro della banchina, si avviarono allora verso l'uscita che però trovarono sbarrata per lavori di manutenzione all'impianto delle scale mobili.
Il percorso alternativo li obbligava a passare per la vecchia uscita accanto ai binari non più in funzione.
Così, senza accorgersene, lei si ritrovò alla testa di un gruppetto di persone che silenziosamente percorreva un lungo e oscuro tunnel semi illuminato dai neon a intermittenza e dalle lampade rosse di emergenza.
In quella marcia inquietante e silenziosa il suo vestitino si impigliò improvvisamente a una estremità metallica rischiando quasi di ferirla a una gamba.
Nel tentativo di liberarsi senza fare danni perse il resto del gruppo che svanì nell'ombra come un fantasma.
Panico e smarrimento si aggiunsero subito a una strana eccitazione, una febbre che montava dalle caviglie fino alla schiena provocandole i brividi, come quando si percepisce la presenza di qualcuno che solo un minuto prima era alle nostre spalle e ora non c'è più.
Una sensazione inattesa, una vertigine che prende lo stomaco, lo rivolta e lo spreme rapidamente fino a farlo esplodere in mille coriandoli...
La mano di lui, sbucata dall'oscurità, disimpigliò il lembo di vestito e senza mollare la presa salì sino al centro dei suoi seni dove la scollatura pronunciata era coperta da un foulard.
Le luci dei neon si spensero lasciando il posto solo alle lampade.
I loro visi erano già a pochi centimetri quando le loro lingue si incontrarono a mezz'aria con le punte affilate di saliva e umori che ribollivano partendo dall'interno, dal centro e dal cuore di un piacere mai sperimentato.
Incontrarsi così, fortuitamente, inaspettatamente. No, non era un caso!
Si baciarono, e fu un bacio lungo, caldo, morbido, rabbioso, come se entrambi volessero dimostrare rancore per l'attesa dell'altro. Sentivano sapori diversi unirsi e ampliarsi in una centrifuga senza sosta: il dolce di lei, l' agre di lui, la menta, il limone, qualcosa di simile alla lavanda selvatica. Filamenti di saliva scendevano e si avvolgevano al mento di lei, e lui immediatamente li raccoglieva con la sua lingua così bagnata da lasciare chiazze di bollicine appiccicose appena sotto il labbro inferiore di lei. Quando finalmente si staccarono fu solo per prendere ossigeno e per passare i palmi delle loro mani sul collo, sul viso, sul petto; poi giù lentamente, ma con un impeto irrefrenabile, come un gelato che va finito prima che si sciolga al sole, come un gioco diabolico eppur così soddisfacente.
Entrambi si videro impotenti e inermi: quattro mani su due corpi in cerca di un piacere così scandaloso da dover essere consumato in segreto, lontano dagli occhi indiscreti del mondo. Le dita di lui entrarono sotto il reggiseno di lei manipolando i teneri capezzoli che in un attimo divennero turgidi e sensibili da impazzire.
Con un gesto accompagnato ne tirò fuori prima uno, poi l'altro. Li baciò, mordicchiando e levigando quella montagnetta crespa e brunita sino a che lei non emise un mugolio sommesso, un indizio su ciò che avrebbe trovato più in basso.
Lei, in bambola, e con un vapore crescente nei muscoli e nelle arterie, premette le sue dita sul petto di lui, massaggiando, scrutando e scendendo sino ai fianchi per poi percorrere quella schiena così tesa, muscolosa e probabilmente già madida di sudore.
Sapeva che avrebbe perso definitivamente il controllo se lui le avesse sfiorato l'inguine, accarezzando le sue coscie in un movimento circolare ed evanescente sino ai glutei.
Per un istante pensò alla sua biancheria: non ricordava di che colore fosse, né se indossasse mutandine, culotte o perizoma. La risposta non tardò ad arrivare e fu come se la leggesse nella scintilla degli occhi di lui quando due dita salirono dalle calze sino alle estremità laterali delle sue mutandine scure.
Con una certa sorpresa, lui si accorse al tatto che il tessuto delle mutandine era bagnato a tal punto che nel tentativo di spostarle scivolarono via senza la minima resistenza.
Si baciarono di nuovo ma questa volta senza usare le labbra, tremando nervosamente: una mano di lui colma dei suoi seni, le lingue in un groviglio filamentoso, gocciolante; quelle di lei nel di dietro dei pantaloni di lui, una in tasca l'altra nei boxer, sui glutei coriacei, le dita libere tra la fessura e poco più su.
Lui fece scivolare il medio tra le sue grandi labbra - il portale dell'universo - e lei spalancò la bocca tirando la testa all'indietro.
Si sentirono persi e rinati a nuova vita con uno scopo ben preciso, e fu in quell'istante che la scena aumentò definitivamente di intensità.
Lui la voltò di spalle alzandole il vestito sino al centro della schiena e con un movimento deciso le spostò le mutandine su un lato e le posò con vigore il suo membro sul culo scoperto.
Lei tastò in cerca dei suoi pantaloni mentre lui le baciava il collo e l'orecchio, la lingua persa tra i suoi capelli.
Lei trovò la patta, meccanicamente tirò giù e infilando la mano se la riempì del suo durissimo membro. Masturbandolo si accorse di una cosa abbastanza insolita per lei: stava venendo, e non si trattava affatto di un semplice orgasmo da preliminari. Avvertì una forte pressione all'altezza del clitoride che cresceva e si intensificava a dismisura con il prolungarsi del piacere.
Allora lui le sfilò la mano dal suo membro e allargandole leggermente le natiche la penetrò, dapprima con sentimento e trasporto poi con insistenza e passione.
Lei avvertiva quella pressione fondersi alla pressione crescente di quel membro carico, pieno, venoso. Sentiva la cappella stuzzicare e ammorbidire quella sensazione con colpi sinuosi, calibrati.
Veniva e veniva.
E non riusciva a smettere di ansimare. La sua voce rotta da orgasmi multipli, imbarazzanti e straordinariamente liberatori.
La sua memoria la riportò al godimento di quei primi giochini allo specchio, quando con le dita sfregava la sua montagnetta di peli virginali per ore fino a provocarsi orgasmi così intensi che non avevano nulla a che fare con la felicità di un pomeriggio tra amiche o una corsa nei prati in primavera.
All'apice dell'eccitazione lei si passò due dita sotto la pancia fino a sfiorare il suo clitoride.
Massaggiando energicamente sentì una vampata invaderle i fianchi seguita da un'estasi di indescrivibile delizia.
L'orgasmo questa volta le fece tremare le ginocchia e nel sussulto urlò e si portò le dita in bocca.
Lui la stava scopando e mentre lo faceva una parte della sua mente si innamorava di nuovo della vita, di quei lunghi capelli che ora afferrava e chiudeva in una coda arruffata che lasciava scoperto il collo e la stupenda linea delle scapole.
Uscì fuori - il membro zuppo e rigido oltremisura- e d'istinto si piegò in ginocchio a baciare quelle natiche così sode da sentirle animarsi tra le dita. Passò la sua lingua dal clitoride rosastro al piccolo buchetto e giù di nuovo per un tempo indefinito sino a quando non si sentì sul punto di esplodere.
Lei, allora, lo afferrò dolcemente dai capelli e quasi con un moto di gratitudine lo fece alzare in piedi e voltandosi lo baciò riconoscendo il frutto salmastro dei suoi umori generati a cascata.
Sorrise, sorrisero.
E lei scivolò ai suoi piedi con in mano i suoi testicoli ricolmi e la punta del suo membro a portata di labbra.
Questa volta fu lui a perdere ogni contegno quando lei ingoiò la sua cappella e con due dita stimolò quel punto, tra testicoli e natiche, che per molti uomini rappresenta l'Eldorado della lussuria.
La sua resistenza durò decisamente poco e quando lei appoggiò le mani alle ginocchia, lui afferrò il suo membro e con un fremito incontrollabile raggiunse il piacere venendo alla rinfusa sui seni, sul viso e nella bocca spalancata di lei.
Il tempo si bloccò e le luci a intermittenza dei neon ripresero a tremare convulsamente fino a ripristinare il normale servizio.
Si rivestirono e insieme percorsero quel tunnel tenendosi per mano, ridendo con complicità del mondo in superficie e di tutte quelle persone che per pigrizia o paura non si sono mai immerse in una fantasia tanto reale quanto ideale.
di
scritto il
2022-11-05
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