Venezia

di
genere
feticismo

Come ogni giovane coppia vogliosa ma alle prime armi, non abbiamo molte occasioni per stare in intimità. Quando però si presenta l’opportunità di passare qualche giorno da soli, in un’altra città e dormire insieme, allora finalmente l’immaginazione, le nostre fantasie più recondite e la passione prendono il sopravvento. Venezia è meravigliosa, romantica, piena di angoli e scorci da scoprire e assaporare, come il voluttuoso corpo della mia amata: liscio, morbido, perfetto in tutti i suoi dettagli, nella freschezza e vivacità dei suoi diciannove anni. Visitiamo la città, ammaliati dalla sua bellezza, ma il pensiero più ricorrente è ciò che succederà la sera, al calar del sole, rientrati nel nostro albergo. Ogni tanto mi fermo, la stringo a me e le rubo un appassionato bacio e, in qualche vicolo nascosto allo sguardo di turisti e curiosi, le sussurro le mie fantasie all’orecchio, lascio che la lingua sfiori il suo collo, le accarezzi dolcemente i lobi delle orecchie, mentre le mie mani esplorano le rotondità del suo fondoschiena e indugino lentamente davanti, percependo le sue mutandine già umide sotto i pantaloni leggeri, nel caldo di fine agosto. Riprendiamo il cammino non appena vediamo sopraggiungere qualcuno, guardandoci, sorridendo tra noi, maliziosi e complici. È ora di rientrare, saliamo sul treno per tornare al nostro albergo, a Mestre, sulla terraferma. È sera tardi, il vagone è quasi vuoto. Veronica si sistema sul sedile, si sfila le scarpe e appoggia i suoi piedini stanchi sulle mie gambe. Istintivamente, inizio a massaggiarglieli: osservo le sue caviglie sottili, ancora abbronzate dall’estate, che terminano in estremità dalla forma perfetta, nascoste alla mia vista da calzini bianchi, leggermente sudati dopo l’intera giornata fuori. Lei si rilassa immediatamente, socchiude gli occhi appagata mentre si gode il massaggio, ma mi guarda accennando un sorriso, consapevole dell’effetto che mi suscita anche solo guardare i suoi splendidi occhioni azzurri, puri e limpidi, ma mostruosamente eccitanti quando vuole. Coccolare i suoi piedi, mentre pregusto cosa accadrà tra poco, fa smuovere qualcosa dentro di me, sento che mi diventa duro e, quasi con forza, vorrebbe già liberarsi dalla stretta dei jeans. È la prima volta che vedo questo come un gesto erotico, decido che d’ora in poi dedicherò più attenzione a questa parte del corpo. Mi viene l’irrefrenabile impulso di toglierle i calzini, ma il tragitto fino a Mestre è cortissimo, dobbiamo scendere e si rimette in fretta le scarpe. Per fortuna l’hotel è proprio di fronte alla stazione, il desidero è fortissimo, Veronica continua a sorridere in modo inequivocabile, continua a strusciare la sua mano in punti delicati, la mia erezione è al massimo. Non incontriamo nessuno e in un baleno siamo in camera. Butto all’aria la mia camicia, sbottonata già in ascensore, e la spingo quasi con violenza sul letto, ancora vestita. Ora ho voglia di lei. Ma non mi sono dimenticato di cosa è accaduto sul treno, e voglio provare, in un misto di sensazioni tra la paura che non le piaccia, l’imbarazzo e la curiosità di conoscere la sua reazione. L’impulso è troppo forte, le slaccio lentamente la scarpa destra, ha delle Nike Air Force bianche, numero 37: non l’avevo mai notato, mi rendo conto che non conoscevo persino il suo numero di scarpe. Compare di nuovo alla mia vista il piedino calzato di bianco, ma stavolta nessun treno, nessuna persona, nessun impedimento. Ripeto l’operazione con la scarpa sinistra, lei è distesa di schiena sul letto e sembra gradire tutte queste attenzioni. Con il cuore che batte forte, li prendo in mano e li avvicino al mio viso, finché il desiderio rende vane tutte le mie insicurezze: il calore emanato, le piante sudate e la morbidezza di quei piedi mi eccitano troppo, il suo sguardo magnetico è a metà tra l’incuriosito e il perplesso, ma non me ne curo e inspiro a pieni polmoni l’odore dei suoi piedini, che trovo sublime. Non mi capacito quasi di come quest’idea non mi sia mai passata in considerazione fino a quel momento, ma ora voglio godermi tutto. Sfilo i calzini bianchi con i denti, e ammiro quelle estremità: la morbidezza della pianta, la perfezione delle dita, un arco sinuoso che già immagino avvolto intorno al mio cazzo e inizio a baciarli dolcemente. La sua reazione mi stupisce: - Cosa aspettavi a riservarmi questo trattamento? – mi dice. Non le rispondo neanche, sono troppo eccitato. Inizio a leccarle le piante dei piedi, metto in bocca una ad una le sue dita, il sapore è anche meglio dell’odore: leggermente salato, indescrivibile. Sto per esplodere e inizio a spogliarla brutalmente, strappandole quasi di dosso i pantaloni e la t-shirt, slacciando alla cieca il reggiseno da davanti e lasciandola in mutande. Prendo nuovamente i suoi piedi, inizio lentamente a succhiarle l’alluce carnoso e smaltato di azzurro, mentre disegno piccoli cerchi con le dita sulle sue mutande ormai impregnate dei suoi umori. Veronica geme, sempre più forte, ma io voglio che mi supplichi: -toglimi le mutande e fammi tua! – mi urla al culmine della sua esasperazione. Io però non ho ancora finito con lei: le sfilo le mutandine, ficco la mia testa in mezzo alle sue cosce sode e abbronzare, leccandole dal ginocchio fino all’inguine e facendole inarcare la schiena dal desiderio, ma ancora non oltre. – Certo che sei stronzo – trova la forza di dirmi. Le sfioro il clitoride con la lingua, poi decido che ha sopportato abbastanza: inizio a leccarle la patatina fradicia, infilo prima una e poi due dita per allargare quel tesoro così ancora poche volte profanato (e solo da me, questo pensiero ogni volta mi eccita a dismisura). Mi spinge via, mi slaccia i pantaloni e mi abbassa le mutande, quasi con gli occhi iniettati si sangue: prende in bocca il mio cazzo ormai durissimo con voracità inaudita, sto già godendo da pazzi, ho ancora il sapore dei suoi piedi in bocca. Mi lecca anche le palle, non ci vedo più: indosso il preservativo, la ributto sul letto e finalmente la penetro, con tutta la forza che posseggo. Le stringo i polsi con le mani, lei incrocia le gambe dietro la mia schiena, così bloccata è pronta per essere posseduta. Urla di piacere e prova a contorcersi e liberarsi, ma stringo ancora di più e si abbandona al piacere estremo dell’orgasmo. Dopo averla soddisfatta più e più volte, libera le gambe e mi alzo leggermente: -Allora, quanto ti piacciono i miei piedini? – sorride invitante, agitandoli davanti al mio viso. Ha capito, ancora una volta subito, le mie intenzioni. Metto in bocca nuovamente i suoi piedi, leccando così intensamente quelle piante e succhiando quelle dita che mi sembra di consumarmi la lingua, mentre rientro dentro di lei e la scopo con più forza di prima, facendola venire un’ennesima volta, prima di esplodere nel più soddisfacente orgasmo della mia vita. Esausta, Veronica si lascia andare sul letto, mentre io vado in bagno a lavarmi e poi farmi una doccia. Neanche il tempo di aprire l’acqua calda, dopo essermi pulito, e la vedo venirmi incontro, nuda e bellissima: -vuoi farla con me? – chiedo. Lei non dice nulla, si inginocchia lentamente guardandomi con i suoi occhioni blu e me lo prende in bocca...
scritto il
2022-12-28
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