Passione bestiale 1
di
Stefano.peppa
genere
zoofilia
Preciso subito che i fatti che mi accingo a raccontare, sono assolutamente veri e che sono stati cambiati solo i nomi e le località, di pura fantasia.
Estate 1981. Mi chiamo Peppa, sono appena diventata maggiorenne, ma soprattutto ho gli ormoni che mi stanno scoppiando ed una voglia irrefrenabile di provare le gioie del sesso, ovvero di assaggiare un bel cazzo. Un cazzo da toccare, da succhiare, da infilare dentro la figa bollente. Sono oggettivamente proprio una bella ragazza ed ho anche un sacco di corteggiatori; magra, slanciata, con un bel visino e soprattutto con un bel paio di tette ed un culetto invidiabile. Poi ho anche una caratteristica particolare: ho la figa che si mette ben in risalto con i pantaloni attillati; una figa che attira gli sguardi vogliosi dei maschi. Purtroppo siamo in un paesino dell’entroterra siciliano e non è che in effetti abbia molte possibilità di frequentare tranquillamente dei ragazzi, controllata a vista dai miei. Però, nella villetta di campagna, dove ci trasferiamo in estate, sono molto più libera nei miei movimenti e proprio lì ho un ammiratore che sbava, letteralmente sbava per me; un ammiratore che appena mi vede o, per meglio dire, appena sente l’odore della mia figa, tira fuori il suo pistolone e mi fa vedere quanto mi desidera.
Sto parlando del mio Argo, un bellissimo cane da caccia, dal manto lucido color miele, muscoloso ed agilissimo, che malgrado la sua piccola taglia, è dotato di un super cazzo. Quando ci sono io in campagna, Argo sta solo con me, mi segue ovunque io vada, ma soprattutto continua ad annusarmi in mezzo alle gambe e continua a stare con il cazzo sfoderato, a penzoloni.
Un giorno eravamo soli, io ed il mio Argo, quando mi sono avviata verso il fondo del terreno, per fare una passeggiata, a qualche centinaio di metri dalla abitazione. Quel giorno indossavo un paio di bermuda cortissimi, che strofinavano sula mia vulva, procurandomi una piacevolissima sensazione. In pratica avevo la figa in un bagno di umori. Trotterellando trotterellando, mi sono avviata lungo il sentiero, scortata dal mio fido Argo, che correndo e giocando pure lui, non perdeva occasione per annusarmi in mezzo alle gambe. Quello che veramente mi faceva letteralmente arrapare, e quel giorno ancor di più, era il suo cazzone che gli penzolava, rosso e turgido, in mezzo alle gambe, rimanendo sempre duro. Ed era u gioco vizioso: io più mi arrapavo guardando il suo cazzo e più Argo si eccitava sentendo i miei umori; più il suo cazzo si ingrossava e più io mi eccitavo.
Quel giorno la voglia di cazzo aveva superato tutti i limiti e c’erano tutti i presupposti a che quelli che erano stati fino allora sogni scabrosi, sarebbero potuti diventare realtà. Giunti vicino alla gebbia, che altro non è che un grosso recipiente per l’acqua in muratura, fermatici al riparo del sole, all’ombra di un grande albero di alloro, ed al riparo dalla vista per la presenza di tatti alberi d’ulivo tutti intorno, mi sono appoggiata, in piedi, su di un grosso masso, a gambe un po’ divaricate e con la figa in fiamme. Quel giorno ho perso ogni remora ed ogni freno inibitore, la mia voglia di minchia ed il desiderio di godere presero il sopravvento ed oramai stufa di distruggermi di ditalini, decisi di lasciarmi andare e di assaporare qualcosa di più. Quel giorno avevo deciso di accontentare il mio focoso spasimante e di stoppare un po' le mie voglie. Messa in quella posizione, con la figa stretta nei pantaloncini, ho fatto avvicinare Argo e tanto per cominciare ho cominciato ad accarezzargli il cazzo e le grosse palle. Appena il cane si è avvicinato, si è subito messo in piedi, contro di me e sentendo la mia mano che gli afferrava il cazzo, come una figa, ha subito incominciato a mimare la monta, scopandomi la gamba e liberandosi, per la velocità, dalla mia morsa. Sentivo il suo cazzo caldissimo ed umido che strofinava contro la mia pelle, delle gambe, e poi il suo naso che puntava contro la mia figa. Ho allungato la mano e, piegandomi, gli ho afferrato nuovamente il cazzo, che era diventato duro come un tocchetto di legno, come il manico della mia spazzola per capelli, con la quale tantissime volte avevo trastullato la mi figa, infilandolo dentro, in attesa di un cazzo vero. In quel momento ho pensato che non c’era nessuno in giro, ma in verità anche che se ci fosse stato qualcuno a guardarmi, sarebbe stato sicuramente ancora più eccitante.... magari il mio vecchio vicino di campagna, bavoso e “rattuso”, che avevo tante volte visto sbirciare verso di me, quando prendevo il sole in costume; oppure il mio caro zietto, vecchio maiale, che ogni tanto veniva a trovarci a sorpresa e che non perdeva occasione per strofinarsi lascivo addosso a me. Preso coraggio, mi slacciai la cerniera, lasciando la figa quasi libera, coperta solo da un sottile lembo dei miei slippini, zuppo zuppo dei miei umori. Presa dall’eccitazione che mi stava facendo scoppiare le cervella, incominciai ad abbassarmi sulle gambe, facendomi scivolare giù, verso il cazzo di Argo che imperterrito mi scopava la gamba. Scivola scivola, arrivai con le labbra della mia figa vicino alla punta del cazzo del cane, scostai le mutandine e mi feci infilzare da Argo, in quella posizione scomoda ed un po' anomala, a causa della quale non poté prendermi per bene, nel senso che non riuscì ad infilarmelo tutto dentro, continuando però a entrare ed uscire dalla mia figa con piccole e continue penetrazioni, non profonde, ma in un entra ed esci pazzesco. Ho cominciato a sborrare come una maiala, sentivo la sborra del cane che mi riempiva la figa, a spruzzi… non so quante vote ho goduto, ma so che ho goduto tantissimo e bene: finalmente un cazzo vero.
Mi sono ricomposta e piano piano sono rientrata verso casa: io ed Argo eravamo felici e finalmente il cazzo di Argo era rientrato, appagato, nel proprio fodero. Sono entrata in casa, ho aperto il frigo ed ho bevuto una buonissima bevanda fresca, che ha stemperato la mia arsura, ma non ancora la voglia di cazzo, che anzi era ritornata nuovamente prepotente. Il mio Argo, il mio maschione, si staccò da me ed andò pure lui a dissetarsi e mangiare qualcosa, per poi sdraiarsi all’ombra a riposare. I miei genitori se ne stavano andando a fare una vista di cortesia ad alcuni parenti, visita alla quale avrei dovuto partecipare anche io, ma alla quale avevo rinunciato, proprio perché avevo intenzione di completare l’opera, non ancora del tutto sazia pe la scopata appena conclusa.
Infatti appena rimasi sola, andai subito in bagno per fare un bel bidet, ma soprattutto per dare una bella rimescolatina alla mia fregna, eccitandomi ancora come una maiala, anzi come una cagna. Rimasi con addosso solo una magliettina, senza slip o pantaloncini ed aprii l’uscio di casa appena appena, quanto bastava per poter chiamare Argo e farlo entrare in casa.
Avevo vampate di calore che mi trafiggevano tutto il corpo e stavo sempre con una mano sulla figa, quasi a volerla trattenere. Appena Argo entrò dentro casa, si mise subito ad annusare in aria, sentendo sicuramente l’odore della sua cagna in calore. Ricordo che lo accarezzai dolcemente sulla schiena e su capo, gli toccai il musino e misi la mano sul suo cazzo: era già fuori dal fodero, a penzoloni ed aveva un grosso nodo alla fine, che rendeva il suo arnese ancora più maestoso.
Questa volta io ero veramente decisa a farmi fottere per bene, volevo sentire il suo cazzo dentro, fino in fondo. Per andare dalla mia camera al salone, essendo le due stanze su due livelli, occorreva attraversare una porta con due bei scalini in marmo, larghi e comodi, che facevano proprio al caso nostro e sui quali avevo tantissime volte fantasticato, immaginando amplessi di tutti i tipi, ma mai forse come quello che da lì a poco sarebbe accaduto.
Mi sedetti a terra, con le natiche a contatto diretto sul pavimento, quasi a voler stemperare il mio ardore; allargai le cosce, le mie belle e giovani cosce ed incominciai a sgrillettarmi, dapprima piano piano e poi ferocemente. Il mio Argo capì subito l’antifona e si avvicinò deciso verso la mia figa, infilando la testa in mezzo alle mie cosce. Ha cominciato così a lapparmi la figa, facendo roteare la sua lingua fra le grandi labbra e il buchino del culo, su e giù, su e giù senza fermarsi un attimo. Ho goduto quasi subito, ancora, ma non ero assolutamente sazia. Ho tirato Argo verso di me, per le zampe davanti, appiccicandomelo addosso: sentivo il suo odore forte, di selvatico, e l’odore del suo cazzo, che aveva già incominciato a spruzzare per il pre coito Gli accarezzavo la schiena ed aspettavo impaziente. Argo non si fece affatto pregare, aveva un cazzo enorme ed io una fighetta giovane giovane, ancora vergine; ho sentito la punta del cazzo di Argo farsi strada dentro di me; ho sentito una sensazione indescrivibile, un piacere immenso che mi partiva dalle punte dei piedi e giungeva al cervello, procurandomi dei fremiti bestiali, come bestiale era l’amplesso che stavo provando con la mia bestia, che quasi comprendendo la mia inesperienza, aveva incominciato a fottermi con dolcezza, con un ritmo lento, ma costante. Ho iniziato a godere come non mai, altro che ditalini e oggetti fallici dentro la figa, il mio cagnolone mi stava scopando con il suo cazzo rosso, grosso e nodoso, continuando per almeno mezz’ora. Non penso che quel giorno io abbia perso la verginità, perché Argo a causa del grosso nodo che gli era venuto fuori alla base del cazzo, non era riuscito, malgrado i colpi possenti, a penetrarmi del tutto, ma sono sicura di aver perfettamente capito quali sono le vere gioie della vita e che i cani sono animali capaci e fidati: e poi, ti scopano, ti fanno godere e non si vantano con nessuno delle loro conquiste.
Sinceramente, ma proprio sinceramente, da quel giorno in poi quando ho avuto la possibilità di toccare il cazzo di un cane, l’ho fatto molto volentieri, perché mi piace un casino farglielo diventare duro e poi vederlo a penzoloni. Sono stata anche fortunata perché dopo qualche anno ho iniziato una storia importante, che dura tutt’ora, con un uomo, Stefano, che condivide a pieno i miei gusti, che mi ha aiutato a scrivere questo racconto e che, nel corso degli anni, mi ha fatto scopare da tutti i suoi cani: ma questo farà parte di altri racconti. Buona lettura.
Estate 1981. Mi chiamo Peppa, sono appena diventata maggiorenne, ma soprattutto ho gli ormoni che mi stanno scoppiando ed una voglia irrefrenabile di provare le gioie del sesso, ovvero di assaggiare un bel cazzo. Un cazzo da toccare, da succhiare, da infilare dentro la figa bollente. Sono oggettivamente proprio una bella ragazza ed ho anche un sacco di corteggiatori; magra, slanciata, con un bel visino e soprattutto con un bel paio di tette ed un culetto invidiabile. Poi ho anche una caratteristica particolare: ho la figa che si mette ben in risalto con i pantaloni attillati; una figa che attira gli sguardi vogliosi dei maschi. Purtroppo siamo in un paesino dell’entroterra siciliano e non è che in effetti abbia molte possibilità di frequentare tranquillamente dei ragazzi, controllata a vista dai miei. Però, nella villetta di campagna, dove ci trasferiamo in estate, sono molto più libera nei miei movimenti e proprio lì ho un ammiratore che sbava, letteralmente sbava per me; un ammiratore che appena mi vede o, per meglio dire, appena sente l’odore della mia figa, tira fuori il suo pistolone e mi fa vedere quanto mi desidera.
Sto parlando del mio Argo, un bellissimo cane da caccia, dal manto lucido color miele, muscoloso ed agilissimo, che malgrado la sua piccola taglia, è dotato di un super cazzo. Quando ci sono io in campagna, Argo sta solo con me, mi segue ovunque io vada, ma soprattutto continua ad annusarmi in mezzo alle gambe e continua a stare con il cazzo sfoderato, a penzoloni.
Un giorno eravamo soli, io ed il mio Argo, quando mi sono avviata verso il fondo del terreno, per fare una passeggiata, a qualche centinaio di metri dalla abitazione. Quel giorno indossavo un paio di bermuda cortissimi, che strofinavano sula mia vulva, procurandomi una piacevolissima sensazione. In pratica avevo la figa in un bagno di umori. Trotterellando trotterellando, mi sono avviata lungo il sentiero, scortata dal mio fido Argo, che correndo e giocando pure lui, non perdeva occasione per annusarmi in mezzo alle gambe. Quello che veramente mi faceva letteralmente arrapare, e quel giorno ancor di più, era il suo cazzone che gli penzolava, rosso e turgido, in mezzo alle gambe, rimanendo sempre duro. Ed era u gioco vizioso: io più mi arrapavo guardando il suo cazzo e più Argo si eccitava sentendo i miei umori; più il suo cazzo si ingrossava e più io mi eccitavo.
Quel giorno la voglia di cazzo aveva superato tutti i limiti e c’erano tutti i presupposti a che quelli che erano stati fino allora sogni scabrosi, sarebbero potuti diventare realtà. Giunti vicino alla gebbia, che altro non è che un grosso recipiente per l’acqua in muratura, fermatici al riparo del sole, all’ombra di un grande albero di alloro, ed al riparo dalla vista per la presenza di tatti alberi d’ulivo tutti intorno, mi sono appoggiata, in piedi, su di un grosso masso, a gambe un po’ divaricate e con la figa in fiamme. Quel giorno ho perso ogni remora ed ogni freno inibitore, la mia voglia di minchia ed il desiderio di godere presero il sopravvento ed oramai stufa di distruggermi di ditalini, decisi di lasciarmi andare e di assaporare qualcosa di più. Quel giorno avevo deciso di accontentare il mio focoso spasimante e di stoppare un po' le mie voglie. Messa in quella posizione, con la figa stretta nei pantaloncini, ho fatto avvicinare Argo e tanto per cominciare ho cominciato ad accarezzargli il cazzo e le grosse palle. Appena il cane si è avvicinato, si è subito messo in piedi, contro di me e sentendo la mia mano che gli afferrava il cazzo, come una figa, ha subito incominciato a mimare la monta, scopandomi la gamba e liberandosi, per la velocità, dalla mia morsa. Sentivo il suo cazzo caldissimo ed umido che strofinava contro la mia pelle, delle gambe, e poi il suo naso che puntava contro la mia figa. Ho allungato la mano e, piegandomi, gli ho afferrato nuovamente il cazzo, che era diventato duro come un tocchetto di legno, come il manico della mia spazzola per capelli, con la quale tantissime volte avevo trastullato la mi figa, infilandolo dentro, in attesa di un cazzo vero. In quel momento ho pensato che non c’era nessuno in giro, ma in verità anche che se ci fosse stato qualcuno a guardarmi, sarebbe stato sicuramente ancora più eccitante.... magari il mio vecchio vicino di campagna, bavoso e “rattuso”, che avevo tante volte visto sbirciare verso di me, quando prendevo il sole in costume; oppure il mio caro zietto, vecchio maiale, che ogni tanto veniva a trovarci a sorpresa e che non perdeva occasione per strofinarsi lascivo addosso a me. Preso coraggio, mi slacciai la cerniera, lasciando la figa quasi libera, coperta solo da un sottile lembo dei miei slippini, zuppo zuppo dei miei umori. Presa dall’eccitazione che mi stava facendo scoppiare le cervella, incominciai ad abbassarmi sulle gambe, facendomi scivolare giù, verso il cazzo di Argo che imperterrito mi scopava la gamba. Scivola scivola, arrivai con le labbra della mia figa vicino alla punta del cazzo del cane, scostai le mutandine e mi feci infilzare da Argo, in quella posizione scomoda ed un po' anomala, a causa della quale non poté prendermi per bene, nel senso che non riuscì ad infilarmelo tutto dentro, continuando però a entrare ed uscire dalla mia figa con piccole e continue penetrazioni, non profonde, ma in un entra ed esci pazzesco. Ho cominciato a sborrare come una maiala, sentivo la sborra del cane che mi riempiva la figa, a spruzzi… non so quante vote ho goduto, ma so che ho goduto tantissimo e bene: finalmente un cazzo vero.
Mi sono ricomposta e piano piano sono rientrata verso casa: io ed Argo eravamo felici e finalmente il cazzo di Argo era rientrato, appagato, nel proprio fodero. Sono entrata in casa, ho aperto il frigo ed ho bevuto una buonissima bevanda fresca, che ha stemperato la mia arsura, ma non ancora la voglia di cazzo, che anzi era ritornata nuovamente prepotente. Il mio Argo, il mio maschione, si staccò da me ed andò pure lui a dissetarsi e mangiare qualcosa, per poi sdraiarsi all’ombra a riposare. I miei genitori se ne stavano andando a fare una vista di cortesia ad alcuni parenti, visita alla quale avrei dovuto partecipare anche io, ma alla quale avevo rinunciato, proprio perché avevo intenzione di completare l’opera, non ancora del tutto sazia pe la scopata appena conclusa.
Infatti appena rimasi sola, andai subito in bagno per fare un bel bidet, ma soprattutto per dare una bella rimescolatina alla mia fregna, eccitandomi ancora come una maiala, anzi come una cagna. Rimasi con addosso solo una magliettina, senza slip o pantaloncini ed aprii l’uscio di casa appena appena, quanto bastava per poter chiamare Argo e farlo entrare in casa.
Avevo vampate di calore che mi trafiggevano tutto il corpo e stavo sempre con una mano sulla figa, quasi a volerla trattenere. Appena Argo entrò dentro casa, si mise subito ad annusare in aria, sentendo sicuramente l’odore della sua cagna in calore. Ricordo che lo accarezzai dolcemente sulla schiena e su capo, gli toccai il musino e misi la mano sul suo cazzo: era già fuori dal fodero, a penzoloni ed aveva un grosso nodo alla fine, che rendeva il suo arnese ancora più maestoso.
Questa volta io ero veramente decisa a farmi fottere per bene, volevo sentire il suo cazzo dentro, fino in fondo. Per andare dalla mia camera al salone, essendo le due stanze su due livelli, occorreva attraversare una porta con due bei scalini in marmo, larghi e comodi, che facevano proprio al caso nostro e sui quali avevo tantissime volte fantasticato, immaginando amplessi di tutti i tipi, ma mai forse come quello che da lì a poco sarebbe accaduto.
Mi sedetti a terra, con le natiche a contatto diretto sul pavimento, quasi a voler stemperare il mio ardore; allargai le cosce, le mie belle e giovani cosce ed incominciai a sgrillettarmi, dapprima piano piano e poi ferocemente. Il mio Argo capì subito l’antifona e si avvicinò deciso verso la mia figa, infilando la testa in mezzo alle mie cosce. Ha cominciato così a lapparmi la figa, facendo roteare la sua lingua fra le grandi labbra e il buchino del culo, su e giù, su e giù senza fermarsi un attimo. Ho goduto quasi subito, ancora, ma non ero assolutamente sazia. Ho tirato Argo verso di me, per le zampe davanti, appiccicandomelo addosso: sentivo il suo odore forte, di selvatico, e l’odore del suo cazzo, che aveva già incominciato a spruzzare per il pre coito Gli accarezzavo la schiena ed aspettavo impaziente. Argo non si fece affatto pregare, aveva un cazzo enorme ed io una fighetta giovane giovane, ancora vergine; ho sentito la punta del cazzo di Argo farsi strada dentro di me; ho sentito una sensazione indescrivibile, un piacere immenso che mi partiva dalle punte dei piedi e giungeva al cervello, procurandomi dei fremiti bestiali, come bestiale era l’amplesso che stavo provando con la mia bestia, che quasi comprendendo la mia inesperienza, aveva incominciato a fottermi con dolcezza, con un ritmo lento, ma costante. Ho iniziato a godere come non mai, altro che ditalini e oggetti fallici dentro la figa, il mio cagnolone mi stava scopando con il suo cazzo rosso, grosso e nodoso, continuando per almeno mezz’ora. Non penso che quel giorno io abbia perso la verginità, perché Argo a causa del grosso nodo che gli era venuto fuori alla base del cazzo, non era riuscito, malgrado i colpi possenti, a penetrarmi del tutto, ma sono sicura di aver perfettamente capito quali sono le vere gioie della vita e che i cani sono animali capaci e fidati: e poi, ti scopano, ti fanno godere e non si vantano con nessuno delle loro conquiste.
Sinceramente, ma proprio sinceramente, da quel giorno in poi quando ho avuto la possibilità di toccare il cazzo di un cane, l’ho fatto molto volentieri, perché mi piace un casino farglielo diventare duro e poi vederlo a penzoloni. Sono stata anche fortunata perché dopo qualche anno ho iniziato una storia importante, che dura tutt’ora, con un uomo, Stefano, che condivide a pieno i miei gusti, che mi ha aiutato a scrivere questo racconto e che, nel corso degli anni, mi ha fatto scopare da tutti i suoi cani: ma questo farà parte di altri racconti. Buona lettura.
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