Ho punito severamente la mia insospettabile Colf.

di
genere
dominazione


Ieri pomeriggio ero nel mio bar, come sempre indaffarato nel mio lavoro tra cappuccini e cornetti alla crema, ad un certo punto ricevo una telefonata, era la mia nuova colf, una bella signora sulla cinquantina, non molto alta, ma con un bel culo alla brasiliana e due tette da sogno. La signora, che si chiama Clarita era molto agitata, dopo averla calmata ho cercato di capire cosa stava succedendo, con un leggero imbarazzo mi riferisce, che mentre aspirava la stufa a pellet per la manutenzione giornaliera, invece di usare il solito aspira cenere si è confusa ed ha usato l’aspirapolvere, quello adatto solo ad uso comune. Essendoci ancora alcuni residui di cenere viva, il filtro dell’aspirapolvere ha preso fuoco, e così ha affumicato tutta la casa. Superato il momento di collera per il danno ricevuto, cerco di sdrammatizzare e la metto sul ridere con qualche battuta.
«Certo che ha fatto un bel danno signora Clarita! Sarò costretto a punirla per questo fattaccio!»
«Mi spiace signor Spina, sono proprio sbadata, mi dica cosa devo fare per sdebitarmi, la prego non mi licenzi, sono pronta a tutto per rimediare.»
«Ci devo ancora pensare signora, sarò molto severo con lei, ultimamente la vedo troppo distratta, così non vabene.»
Mi pare ovvio che le mie parole erano solo pura ironia, un modo come un altro per riderci su, ma non per lei, che prima di staccare la telefonata, cambiando tono di voce mi risponde:
«Come vuoi tu padrone, sono a tua completa disposizione.»
In quell’istante quella frase mi è sembrata solo una risposta adeguata alle mie provocazioni, qualcosa di scherzoso o comunque sarcastico.
Tengo a precisare che tra me e lei, non c’è mai stata confidenza, ognuno di noi due da quando è iniziata la collaborazione tiene le distanze, continuando a darci del lei, molta riservatezza e nulla oltre il buongiorno o buonasera. Anche quando al lunedì, giorno di chiusura del mio locale lei mi raggiunge nel bar per le grandi pulizie settimanali, solo qualche parola, e sempre su temi generici. Ed è proprio riflettendo su questo nostro rapporto che ho trovato la frase dell’ultima telefonata un tantino curiosa.
Non mi aveva mai chiamato con il termine “padrone”, affermare di essere a completa disposizione, potrebbe trasformare il tutto, in qualcosa che suona come una vera e propria provocazione, o addirittura un invito specifico.
La signora fisicamente mi attrae, devo essere sincero, non sono un santo, adoro le curve morbide, ho le mie piccole perversioni e il sesso è tra le priorità della mia esistenza, ma visto il rapporto di estrema professionalità perseguito fino ad oggi tra noi, non ho mai pensato, anche per stare lontano dai guai, di intrecciare con lei una storia piccante.
In ogni caso, il giorno successivo dopo esserci incrociati a casa mia per qualche minuto, tutto è rientrato nella normalità e si è concluso con poche battute.
Diversamente è stato ciò che è successo il lunedì presso il mio locale.

Arrivo al “Spina coffy & bigliardo” (nome di fantasia) il mio bar, verso le quindici del pomeriggio, dopo avere girato per diverse ore per commissioni, la signora è già al lavoro dalle quattordici, così come da routine sta lucidando i tavolini e sistemando le sedie. Al mio ingresso mi accoglie con un gran sorriso, e già la cosa appare abbastanza strana, subito noto una divisa diversa dal solito. In genere sul lavoro si presenta con tute ginniche casual, e magliette anonime che nulla hanno a che fare con l’eleganza e la sensualità.
Poco male, del resto ciò che m’importa non è una sfilata di lingerie, ma il lavoro al quale deve ottemperare. Ma questo pomeriggio, sparita la mise castigata da signora delle pulizie, compare per magia una tenuta al quanto succinta e inusuale. Una piacevole sorpresa che mette in allarme i miei ormoni, che in questi ultimi mesi sembrano in letargo.
Gonna nera appena sopra il ginocchio, calze a rete, maglietta attillata scollata a v che scopre quasi interamente la parte superiore del seno.
Difficile non perdersi in pensieri spinti quando nel tuo locale circola una bella milf che sculetta come una paperella, e spesso la trovi chinata con due tette meravigliose al vento che sbordano rigogliose. Per circa un ora ho provato a resistere, ma a quanto pare più la ignoro, più lei sembra divertirsi a provocare. Poi arriva il momento della pausa merenda, io mi appresto a preparare due bevande calde alla macchina del caffè, e lei si siede su uno dei seggioloni di fronte a me, ma poco distante dal balcone. Sorride e mi parla della suo ultimo noiosissimo week end, trascorso da sola a casa in attesa che il marito, musicista in una piccola orchestra di liscio, faccia ritorno e si ricordi di avere una moglie. Mi fa quasi tenerezza, sempre così schiva, pochissimi sorrisi; adesso capisco, la sua vita non è felicissima e forse anche il menage coniugale non è dei più appaganti, ma nonostante tutto sono ancora convinto della sua serietà, perché nulla fino ad oggi mi ha fatto pensare del contrario.
Convinzione che improvvisamente vacilla clamorosamente con un vero colpo di scena che mi lascia basito.
Dal bancone le porgo la tazzina, lei la afferra, ripone il suo bel culo sul seggiolone, si sistema la maglietta che nel frattempo ha scoperto la schiena e con molta calma accavalla le gambe.
Per forza di cose i miei occhi cadono proprio la in mezzo, tra le sue cosce, un lampo, un centesimo di secondo per sentire una vampata di calore che incenerisce i miei neuroni.
Cazzo! Non ha la biancheria intima! Sono sicuro, sotto la gonna ho potuto intravedere dalla trasparenza dei collant con certezza un magnifico ciuffo di ricciolini neri.
Hai capito la signora, tutta casa e lavoro?
E guarda come sorride sotto i baffi, adesso sa che io so, ma io non so più cosa pensare!
Mi sta provocando, non c’è dubbio, ma non voglio fare la figura dell’idiota, provarci per ottenere un due di picche comporterebbe un rischio eccessivo per il nostro rapporto di collaborazione.
Tento con qualche battuta ironica, potrebbe servire a rompere il ghiaccio:
«Come siamo eleganti oggi signora Clarita, prima quasi non la riconoscevo…»
«Le piaccio signor Spina? I suoi complimenti mi lusingano, ogni tanto si deve cambiare no? E poi non mi sono dimenticata, mi devo ancora far perdonare per averle affumicato casa, si ricorda?»
«Certo che mi ricordo, tutte le sere quando rientro sento nell’aria ancora quell’odore acre, e penso a lei, la mia colf pasticciona, meriterebbe davvero una punizione…»
Vedo i suoi occhi brillare, con le mani si tira i suoi lunghi capelli sulle spalle, sembra addirittura eccitata, o forse sono io che inizio a dare i numeri.
«Una punizione? Ma io le avevo già detto di essere a sua completa disposizione, sono pronta a rimediare, quando vuole e come vuole. Sempre che lei abbia il coraggio di darmi una lezione…»
Ma porca puttana, questa stronzetta mi sta prendendo per il culo o sbaglio? Sono io che continuo a interpretare male le sue parole, o mi sta sfidando spudoratamente a prenderla a sberle sulle natiche? E’ talmente sfrontata che quasi non sembra lei. Mi sta mettendo a disagio, mi confonde e mi sta innervosendo, ma cazzo che voglia che ho di saltarle addosso! Ancora una parola e la sbatto sul tavolino…
«Io l’avevo perdonata mia cara, ma se lei insiste e vuole essere punita, potrei anche accontentarla… sempre che poi non se ne debba pentire…»
«Uuu che paura signor Spina, se fa così mi spaventa!»
«Mi sta prendendo in giro per caso? Guardi che lei ancora non mi conosce bene, se mi parte l’embolo rischia davvero grosso mia cara…»
«Anche lei a quanto pare non mi conosce bene, il fatto che mi vesto sempre da suora e che fino ad oggi ho mantenuto le distanze, non significa che io sia votata alla castità… mio padrone!»
Faccio il giro del bancone, è ancora sul sgabello con le gambe accavallate, mi posiziono di fronte a lei, sento l’adrenalina salire, nello stomaco si accende un fuoco che si propaga per tutto il sistema nervoso, ci studiamo per qualche attimo; sbatte le ciglia, si umetta le labbra, il suo culo sulla seduta del seggiolone dondola. Un profumo intenso e dolce mi giunge alle narici con una ventata di aromi afrodisiaci. Punto lo sguardo sul suo seno, è bello, gonfio e sodo, i suoi capezzoli spingono sotto la maglietta, devono essere grandi, proprio come piace a me. In tutti questi mesi non l’ho mai vista come possibile preda da scopare, mai come oggi, per me è sempre stata la mia colf, la signora Clarita, null’altro, mai un pensiero inquieto, un segno di apertura verso qualcosa di più.
«E così la mia colf vuole essere punita? Come dovrei trattare questa piccola affumicatrice di case, a schiaffi sul culo o vuole che la metto in ginocchio e le faccio chiedere perdono?»
«Tutto qui? Il mio padrone non sa proprio come si trattano le dipendenti birichine, uno schiaffetto sul culo e in ginocchio a supplicare il perdono? Che delusione signor Spina, mi aspettavo qualcosa di più da uno che dice di essere cattivo!»
Che bastarda! Continua a sfottere, mi sta trattando come un idiota, a tutto c’è un limite.
Adesso ci penso io a sfogare il calore a questa troietta, ho sempre sognato di avere a mia disposizione una schiava che soddisfi le mie perversioni! Stai a vedere, che a realizzare i miei desideri di gran porco che sono sarà proprio l’insospettabile donna delle pulizie?
Si, proprio lei, sta giocando con il fuoco, e adesso le faccio vedere io cosa succede a provocare M. Spina!
Vado all’ingresso del locale, chiudo tutto a chiave, poi spengo la maggior parte di luci, ne lascio un paio, appena sufficienti per guardare negli occhi la signora. Ormai non ragiono più, è come un sogno, lei è lì che mi aspetta, immobile, probabilmente già tutta bagnata. Forse è una alla quale piacciono le maniere forti, o forse sta bleffando. Non mi importa un cazzo, lei mi ha stuzzicato, lei si sta prendendo gioco di me, mi ha supplicato, e io non posso che tirare fuori il figlio di puttana che c’è in me!
Vado dietro al bancone del bar, prendo uno strofinaccio e recupero un pezzo di nastro, di quelli larghi con il quale è incartato un panettone artigianale, poi vado in sala biliardo e prendo uno di cuscini che ricoprono i divanetti. Torno dalla signora, è ancora seduta sul sgabello, ha scavallato le gambe, le cosce sono semi aperte, rivedo il ciuffo in tutto il suo splendore, getto a terra i cuscini e senza tanti complimenti le ordino:
«mettiti in ginocchio, avanti piccola insolente, mettiti con le ginocchia sui cuscini!»
Lei mi sorride compiaciuta, non dice una parola, obbediente come un cagnolino e si genuflette appoggiandosi sul cuscino. Con lo strofinaccio le bendo gli occhi, lo annodo fortemente dietro la nuca, mi assicuro che non possa vedere, poi mi metto dietro alla sua schiena, le afferro le braccia, e con il nastro lego i polsi, faccio un doppio nodo.
Asseconda ogni mio movimento, alza la testa, ma ancora una volta tace.
Adesso sono di fronte a lei, sento il suo respiro accelerato, sono eccitatissimo, il mio cazzo nei pantaloni è quasi eretto, punta sulla cerniera, mi fa male.
La afferro da sotto il mento, ha un fremito, forse di paura o forse di eccitazione, le do un bacio sulle labbra, la sua lingua sguscia subito a cercare la mia, poi mi sussurra :
«Finalmente, è da un pezzo che aspetto il tuo castigo, padrone…»
Ed io «Bastava chiedere, non pensavo che tu fossi così puttana cara, forse stiamo per incasinarci la vita, ma ormai è tardi per tornare indietro.»
Mi ritraggo immediatamente, non voglio che sia qualcosa di dolce, deve essere una punizione e non un premio. Mi aggrappo ai due lembi del maglioncino e lo tiro su fino a scoprire le sue mammelle.
Con le mani slaccio il reggiseno, e libero le due coppe. Non si sono mosse di un centimetro, nonostante la loro abbondanza, sono rimaste ferme mostrandosi ancora più belle e sode di come le immaginavo, un vero spettacolo. Le manipolo con una certa rudezza, le do un paio di schiaffetti, stringo fra le dita uno per volta i capezzoli, adesso il suo corpo si irrigidisce, lo faccio ancora, aumentando la pressione, tirandoli leggermente verso l’alto, finalmente sento un impercettibile mugolio fuoriuscire dalla sua bocca.
Non resisto più, mi sento bruciare l’aria nei polmoni, l’atmosfera è elettrizzante, il suo respiro sempre più intenso si insinua nelle mie orecchie come una soave musica di violino.
Mi slaccio la cintura dei pantaloni, abbasso gli slip, quel poco sufficiente a liberare il mio pene, è duro, in piena forma e pronto. Lo avvicino alla sua bocca, strofino la cappella più volte sulle sue labbra, ma lei invece di lasciare che la mia verga la penetri, stringe i denti.
«Succhia! Apri la bocca e succhialo troia!»
Lo dico ad alta voce con tono autoritario, ma lei scuote la testa e si nega.
Con una mano l’afferro per i capelli da dietro alla nuca, le spingo il viso contro il mio pube, continua a stringere i denti, mugola e tenta di contrastare la mia spinta.
«Allora sei una ribelle, una schiava che non obbedisce al suo padrone merita di essere punita in modo esemplare! Vorrà dire che se non te lo fai infilare in bocca, te lo pianterò nel culo! Vediamo se così impari a obbedire!»
Lei sorride soddisfatta, per nulla intimorita cerca lo scontro, sa cosa vuole, e si dimostra una vera canaglia. Così facendo sta innalzando l’asticella del gioco, ed io colgo con immenso piacere la sua sfida.
L’afferro nuovamente per i capelli, questa volta con più forza, lei lancia un urlo, avvicino una poltroncina che si trova tra i tavolini del bar, con forza la costringo ad appoggiare la testa chinandosi in avanti sulla seduta, ha le mani ancora legate sulla schiena, e quello è l’unico modo per metterla nella mia posizione preferita: alla pecorina.
«Adesso ci penso io a domarti, piccola ribelle! …te lo sei voluto tu!»
E lei «dai Spina, fammi vedere cosa sai fare alla tua schiava…»
Mi posiziono dietro di lei, con uno scatto le alzo la gonna fino sopra alla schiena, inserisco due dita sotto i collant, e forzando sulla cucitura creo uno squarcio proprio sullo spacco dei glutei. Ma non mi basta, continuo a strappare fino a quando è tutto scoperto. Il suo culo è spettacolare, abbondante e tondo, la rosellina dello sfintere sembra essere già dilatata, con le mani agguanto i due emisferi di carne, li stringo fortemente, poi faccio partire una sberla che lascia il segno delle cinque dita sulla sua pelle, lei ancora una volta lancia un urlo, e contemporaneamente inizia a ondulare il suo bacino. Con le dita vado a lambire i lati delle due grandi labbra, obbligando la sua vulva a schiudersi, è già tutta bagnata la cagna, anche in abbondanza! Non devo nemmeno guidare il mio cazzo, è sufficiente appoggiarlo all’imbocco del suo sesso, una leggera spinta e già sento l’immenso calore emanato della sua figa, gioco per qualche istante, solo per raccogliere un po’ di succo, poi senza chiedere il permesso, e senza tanti complimenti, do la spinta decisiva e affondo. E’ una sensazione meravigliosa, impagabile, così come è straordinario sentire la sua voce roca emettere un lungo lamento di goduria.
Al primo colpo ne seguono altri più forti e più profondi, la prendo per i capelli e cerco di aumentare il ritmo, con la mano libera la colpisco violentemente un’altra volta su una chiappa, sento che posso osare, che lei desidera essere trattata in questo modo, poi però mi insulta:
«Stronzo! Mi stai facendo male!»
Ma non mi fermo, non adesso.
So che invece ti piace, lo sento da come assecondi le mie spinte, e da come ogni volta che ti percuoto, i muscoli della tua vagina si stringono sul mio cazzo.
Siamo uniti da una forza selvaggia che ci guida nell’inferno dei sensi, nella pura trasgressione. Non mi sono mai sentito così padrone di una donna, non in questo modo, e la cosa è straordinariamente piacevole.
La nostra eccitazione sta aumentando di pari passo al ritmo del nostro sbattimento, ma di fronte a me c’è ancora il proibito, quel magnifico pertugio che si schiude ogni volta che i miei coglioni sbattono sul tuo sesso, è chiaramente umido, invitante e pronto a essere profanato. Ma noi abbiamo ancora un conto in sospeso.
Ad un certo punto smetto di pompare, tu stai ancora ansimando a bocca spalancata, mi sfilo velocemente dalla tua orchidea, e sempre tenendoti per i capelli, mi rimetto di fronte a te.
Ti invito a rialzarti in ginocchio, a sollevare la testa all’altezza del mio cazzo, e ancora una volta ti ordino:
«Avanti piccola ribelle, succhia il cazzo al tuo padrone, apri quella bocca e ingoia il mio cazzo!»
Tu ancora stringi i denti, e continui a ridermi in faccia, mi viene voglia di prenderti a sberle, ma il nostro è un gioco, e come tale ha dei limiti. Impugno l’asta, e la punto tra le tue labbra, spingo, ma tu insisti, allora la uso come un randello, ti colpisco più volte sulla bocca, poi sulla guancia, e nel mentre do piccoli strattoni ai tuoi magnifici capelli ancora intrecciati tra le mie dita. Finalmente ti arrendi, per qualche attimo apri le tue labbra, ed io ne approfitto per spingere il mio membro con tutta la forza che ho fino in fondo. Un solo colpo, e tu inghiotti tutto con una avidità mai vista. Adesso sei veramente la mia schiava. Con le mani ti afferro la testa, e visto che ormai hai tirato fuori la mia natura di animale selvatico, inizio a scoparti la bocca come fosse una vulva. Spingo sempre più a fondo, respiri a fatica, le tue labbra gocciolano saliva, ma questa volta non ti do tregua. Dopo qualche colpo bene assestato decido di essere ancora più bastardo, perché è quello che meriti, quello che desideri, e quello che desidero. Ti prendo nuovamente dai capelli, ti lamenti ed emetti un mugolio rabbioso. Te lo sei meritato piccola stronzetta, affondo senza pietà il mio cazzo fino in gola, adesso non ridi più, i miei testicoli sbattono sul tuo mento, ti impediscono di respirare, ti senti sopraffatta, ti manca l’aria, il tuo ventre sussulta, e tu mi starai sicuramente maledicendo. Ma la punizione dura solo pochi secondi, quanto basta per farti capire che qui, oggi comando io… fino a quando mollo la presa e tu riesci a liberare la tua bocca dalla mia carne pulsante. Conati di vomito, tosse convulsa, mugolii e rivoli di saliva che colano sul tuo seno dimostrano che questa volta ho colpito a fondo, adesso i tuoi insulti sono la mia soddisfazione, la mia vittoria!
«Maiale schifoso! Mi stavi soffocando, ti stavo vomitando addosso! Sei proprio un bastardo!»
Ma la tua voce è nuovamente interrotta da colpi di tosse, e questa volta a ridere sono io. Volevi essere punita? Aspetta perché con te non ho ancora finito.
Ti spingo la testa nuovamente sul cuscino della poltroncina, non hai la forza per opporti, o forse lo puoi fare ma sai cosa voglio, e tutto ciò ti fa solo piacere.
Sono ancora una volta dietro a te, devo solo tirare su la tua gonna, e il sipario è aperto.
Vado direttamente a rovistare tra le tue grandi labbra, come immaginavo sei una cascata di umori caldi, bagnata anche tra le cosce, spalancata e pronta a ricevere un’altra dose di cazzo.
Ma tu mi hai invitato a osare, e adesso so solo io cosa voglio.
Mi sollevo appena sopra al tuo culo, con una mano mi appoggio sul fondoschiena, allargo lo spacco dei tuoi glutei e con l’altra prendo tra le dita il mio membro, lo indirizzo nel centro del tuo buchino, so che non ha bisogno di essere lubrificato, lo sento è già tutto umido e schiuso, non aspetta altro che farsi penetrare definitivamente da qualcosa di caldo, qualcosa che lo riempia a dovere.
Tu hai capito dove voglio arrivare, e come una vera troia da monta ti metti in posizione, alzando le tue natiche, poi ciò che succede dopo è tutto immaginabile.
Non ho trovato nessuna resistenza, è stato come penetrare nel burro, caldo, avvolgente stretto al punto giusto, un sublime nido per il mio piccolo bastone. Questa volta lascio che la mia brutalità sia sostituita dalla passione, i miei colpi sono lenti ma quando sono dentro spingo con forza fino a farti quasi cedere le ginocchia, e tu sei brava a rispondere; con i tuoi movimenti accompagni le mie spinte, con i tuoi gridolini di piacere acceleri il mio orgasmo ormai prossimo. Bastarda come sei lo capisci, e adesso ti diverti ad aumentare l’intensità del pompaggio. Mi vuoi demolire, e sai bene come fare, dimostri di essere molto più esperta e porca di quanto avrei potuto immaginare, e usi ogni arma per costringermi alla resa. Io dalla mia posizione vedo la mia asta lucida entrare e uscire da quel buco ormai spalancato, stringo la tua carne, schiaffeggio i tuoi glutei quasi per costringerti a fermare quel movimento che mi sta demolendo. Ma è troppo tardi, il mio sperma sta già scorrendo dentro a te come un fiume in piena, ti sta irrorando a più riprese con spruzzi che sicuramente sentirai anche tu fino allo stomaco, è un orgasmo fortissimo, così come sono forti i tuoi gemiti, i miei rantoli, le nostre urla di piacere. Quando mi ritiro, il tuo culetto burroso è decorato con ogni genere di umori, un miscuglio di succhi densi e viscidi, perle rare di un ora folle rubata alle nostre vite anonime.
Ma tu sei indomabile, e quando io ironicamente, ansimando e con poca voce ti chiedo se la lezione ti è bastata, tu sfacciatamente rispondi:
«Pensavo a qualcosa di più padrone, ma per oggi può bastare…»
Stronza! Torna a fare il tuo dovere, che alla prossima ti farò chiedere pietà!
….alla mia musa ispiratrice.
scritto il
2023-01-21
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