Io e Simonetta

di
genere
saffico

Avvicinandomi al portone non riesco a trattenere un sospiro. Sono in uno stato d’animo in cui si sommano ansia, eccitazione, desiderio, gioia e anche un pizzico di paura. Dovrei essere felice perché mi sto recando ad un convegno amoroso ma i miei convegni amorosi, come avrete occasione di constatare, sono un po’ particolari. Per un attimo penso di lasciar perdere, di tornare indietro, poi mi decido improvvisamente e suono il campanello.

 Sì?

 Ciao, sono io.

 Sei in ritardo!!!

La voce perentoria, irritata, mi fa sobbalzare leggermente:

 Solo cinque minuti.

 Non so se farti salire

 No, ti prego Simonetta, ti prego, ho trovato traffico, non mandarmi via. Per favore…

Trascorrono alcuni lunghi secondi, poi il portone si apre. Nel varcarlo avverto un leggero brivido di paura scendermi lungo la schiena, ciò mi procura un lieve fremito tra le gambe mentre i capezzoli si inturgidiscono un po’. E’ una sensazione incredibilmente piacevole anche se sono un po’ preoccupata per ciò che potrà accadere. Simonetta mi attende sulla porta del suo appartamento, indossa un vestitino leggero, senza maniche, sandali col tacchetto. E’ bellissima; lo sguardo accigliato e severo mi fa chinare il capo, ma la rende irresistibile. Entro senza guardarla negli occhi e la saluto sorridendo. Lei non ricambia il sorriso e a guisa di saluto mi apostrofa così:

 Potevi almeno metterti la gonna!!

Io lo so che non è veramente irritata per i pantaloni che indosso, avessi messo la gonna mi avrebbe sgridata lo stesso: il nostro giochino è iniziato. Tento di ribattere, lo so che stiamo recitando una parte, tuttavia mi sento un po’ intimidita davvero.

 Mi dispiace, non volevo farti arrabbiare.

 Arrivi in ritardo, ti metti i pantaloni quando sai bene che a me piace vederti con la gonna. Poi io sono la cattiva! Tu non fai mai niente per farmi piacere.

 Perdonami Simonetta, ero partita in orario, non pensavo di trovare tanto traffico. Vedrai, la prossima volta sarò puntualissima. E metterò la gonna, te lo prometto.

 La prossima volta, la prossima volta…. C’è sempre una prossima volta per te. Continua così e una prossima volta non ci sarà. E magari non ci sarà neppure questa volta, ho una mezza idea di mandarti via.

 No!! No Simonetta, ti prego. Non mandarmi via, sii buona. Farò tutto quello che vorrai.

Nel dire questo sto davvero piagnucolando, il gioco mi coinvolge tanto che sento davvero le sensazioni che dovrei soltanto recitare. Simonetta (anche lei entra perfettamente nella parte, sento che anche lei ora si sente davvero irritata) tace per qualche momento poi mi dice:

 Vieni di là.

La seguo a occhi bassi, le lacrime al ciglio, un po’ preoccupata. Cosa vorrà farmi? Siamo arrivate in camera da letto.

 Togliti la maglia.

Obbedisco all’istante e rimango con il seno nudo in bella vista.

 Ora le scarpe e i pantaloni.

Fatto. Ora sono completamente nuda, a parte le mutandine nere.

 Sdraiati qui.

Mi distendo di schiena sul lettone, le lenzuola sono pulite e profumate, il contatto con la pelle nuda è decisamente piacevole, tuttavia il senso di inquietudine cresce, stiamo arrivando al dunque, cosa succederà? Non devo attendere a lungo, Simonetta si avvicina, mi solleva le gambe e fa partire due forti ceffoni sulle cosce nude e indifese. Il dolore è davvero forte, tuttavia sento che comincio a bagnarmi.

 Ah! Ahia! No Simonettaaa, ti pregooo…

 Questo per il ritardo e per i pantaloni.

Le mie guance sono rigate dalle lacrime, Simonetta prende un fazzoletto, si siede accanto a me e me le asciuga ordinandomi di smettere di piangere. Cerco di obbedire, trattengo i singhiozzi mentre la sua mano scende dalle guance e raggiunge il seno. Un suo ditino indugia sapientemente sui capezzoli, mi distendo un po’, chiudo gli occhi e sto per lasciarmi andare quando sento che un mio capezzolo è stretto tra il pollice e l’indice. Riapro gli occhi e la guardo spaventata; ho davvero paura, se decidesse di pizzicarmi forte mi farebbe veramente male. Mentre la mia mente mi invia queste sensazioni il mio corpo me ne invia ben altre: l’eccitazione aumenta, mi sto proprio bagnando. Simonetta si accorge della mia paura e sorride in modo cattivo:

 Paura che ti faccia male, vero?

 No, no, ti prego Simonetta, non farlo.

 Uhmmm, pensa se stringessi di più, pensa che dolore…

 No, no..

 Voglio sentirti chiedere pietà!

 Pietà, pietà.

Stringe ancora un poco il capezzolo tra le dita, fissandomi severa, poi lo lascia andare. Io respiro di sollievo, le sorrido ma lei mi dice subito:

 Non illuderti, sarai punita lo stesso.

 Cosa mi vuoi fare? Non essere severa, ti supplico.

 Vieni qui, a pancia in giù sulle mie ginocchia!

 No, per favore, non mi sculacciare.

Subito mi afferra il capezzolo tra le dita e mi minaccia:

 Preferisci una punizione più dura?

Di nuovo spaventata:

 No, no, lascialo ti prego, faccio quello che vuoi.

Con fare umile e sottomesso mi distendo sulle sue ginocchia e mi lascio sfilare docilmente le mutandine: il mio bel sederino è pronto per l’uso! Simonetta dapprima me lo accarezza un po’, le piace il mio culetto, non può negarlo, poi comincia a far piovere le sculacciate, una per natica. Sono davvero dolorose, infatti io mi lamento e chiedo perdono, ma il tutto è anche tremendamente eccitante, ad ogni sculacciata sento aumentare il fiotto caldo tra le gambe, in breve sono un lago!

Simonetta smette di picchiarmi e mi dice:

 Allora, ti bastano?

 Sì, sì, basta botte.

 Ma va là, che ti piacciono. Sei tutta bagnata, senti qua.

 Hmmm…. Lo credo, se mi tocchi così… hmmm

 Non è vero, ti sei bagnata mentre ti sculacciavo, non mentire.

Simonetta sottolinea l’ultima frase con una nuova sculacciata.

 Ahia… hmmm, sì, è vero, mi piace essere sculacciata…. Sono stata cattiva, puniscimiii…

Simonetta non se lo fa certo dire due volte, alternando decise sculacciate a mirate e sapienti carezze mi porta ad un passo dall’orgasmo. Non è ancora però il momento di godere, quando ormai sono in uno stato di totale beatitudine, pronta ad abbandonarmi al piacere, la mia padrona mi impone di alzarmi e di stendermi sul letto. Appena io sono in posizione, lei si slaccia il vestitino e lo lascia cadere a terra, rimanendo completamente, meravigliosamente nuda. Ora, per la prima volta da quando ci siamo incontrate, mi sorride. Con fare deciso, autoritario, si stende su di me e comincia a baciarmi. Io la abbraccio vogliosa, mi stringo a lei con forza, ricambio i suoi baci con passione. Simonetta mi bacia sul collo, scende a leccarmi i capezzoli, poi mi bacia il pancino, mi allarga delicatamente le gambe e affonda il viso sul mio sesso. Sento la sua lingua insinuarsi tra le grandi e le piccole labbra, ora è amore vero, ora so di potermi lasciare andare, è il momento del piacere… sììì… sìììì…. No!

Proprio quando sto per venire, Simonetta smette di darmi piacere. Io sono interdetta, questo non era mai successo nei nostri precedenti incontri, ma sono ad un passo dall’orgasmo, non riesco a controllarmi e le dico, di getto:

- Ancora, ancora…

- Ancora che cosa?

Come che cosa? Io voglio godere, voglio essere ancora leccata. Sto per dirglielo, ma mi accorgo che quella parola, leccata, è troppo volgare per me, per cui biascico un banalissimo:

- Bacini….

- E dove li vuoi i bacini?


- Lì…

- Cosa vuol dire lì?

- Lì, dove mi stavi baciando…

- Dov'è che ti stavo baciando? Dimmelo, su..

Ora comprendo il gioco di Simonetta, vuole costringermi ad un linguaggio sboccato perché sa che io non lo uso mai, neppure quando perdo il controllo di me stessa, e che pure dovrò usarlo oggi, se no rimarrò insoddisfatta, e forse sarò punita. E’ una sua invenzione odierna, mio malgrado sono ammirata e cerco di adeguarmi.

 Sulla patatina.

Subito mi arriva un ceffone che quasi mi fa spuntare le lacrime. Provo a supplicarla umilmente, ma più divento umile meno il mio linguaggio si fa scurrile. Anzi, sembra proprio il linguaggio di un’educanda:

- Simonetta, ti prego, sii buona, dammi ancora bacini, ti supplico.

- Io non ti darò più nemmeno un "bacino", se non mi dici chiaramente dove vuoi essere leccata. Mi hai capita?

Sono sospesa tra l'orgasmo e l'umiliazione, desidero pazzamente venire ma Simonetta pretende da me un linguaggio che mi imbarazza, cui non sono abituata, per il quale non sono pronta. Provo ancora con le suppliche, ormai fatico a trattenere le lacrime:

- Simonetta, per favore….

- Per te sono la Signora Simonetta!

- Per favore, Signora Simonetta, baciami sulla vagina.

E’ stato uno sforzo ma non è stato sufficiente, un secondo ceffone, molto più forte del primo, si stampa di nuovo sulla mia guancia. Questa volta non tento neppure di trattenere le lacrime: umiliata, disperata, ancora piena di una eccitazione non sopita, mi sorprendo a urlare, tra i singhiozzi:

- Per favore, Signora Simonetta, baciami sulla fica, sulla fregna, sulla ciornia, chiamala come vuoi tu, ma baciami, anzi leccami, ti supplicoooo…..

A quel punto Simonetta sorride e si sdraia sopra di me, affondando la testa tra le mie spalle e baciandomi dolcemente, sul collo. Mi stringo a lei con disperazione, continuando a singhiozzare, come una bambina castigata ripeto convulsamente:

 Ti prego, ti prego…

Lei si insinua con leggerezza tra le mie gambe da tempo spalancate, appoggia il suo monte di venere sul mio e mi bacia con passione sulla bocca. Non sono in grado di ricambiare il bacio perché devo urlare tutto il piacere che mi invade e a cui finalmente posso dare sfogo. E’ una sensazione incredibile, piangere e godere nello stesso tempo. Simonetta mi tiene abbracciata strettamente e quando i doppi singulti, del pianto e dell'orgasmo, si calmano, mi solleva il viso e guardandomi negli occhi, con una espressione al tempo dolce e severa mi dice:

 E' stato bello, non è vero?

Annuisco con il capo perché non sono in grado di parlare, ma non è stato bello, è stato stupendo! Se Simonetta mi avesse semplicemente portata all’orgasmo leccandomi la vagina (anzi, la fica) non avrei provato tutte queste sensazioni. Gli sono molto grata, la abbraccio con passione infinita. Lei lascia fare per un po’, poi si scioglie dall’abbraccio, ma con dolcezza, sorridendo. Ora non è più la mia padrona, è la mia maestra, la mia Signora dolce. Mi dà un bacetto lieve sulle labbra poi mi chiede di girarmi. Si sdraia su di me poggiando il suo monte di venere sul mio sederino e si struscia baciandomi sulle orecchie e sul collo. Sento i suoi umori bagnarmi abbondantemente le natiche, ne sono felice, vuol dire che la mia Signora sta bene. Mi dimeno un po’ per aiutarla, lei sembra gradire perché la sento ansimare. In breve smette di baciarmi perché deve urlare di piacere. Si lascia andare totalmente poi, esausta, si abbandona di fianco a me sorridendomi e carezzandomi una guancia. Io mi sono di nuovo eccitata ma non le dico niente, ha fatto tutto lei, ha diritto a riprendersi in pace. Ma non è una donna a cui si possa nascondere qualcosa: mi fa appoggiare la schiena sul letto, mi allarga le gambe e comincia di nuovo a leccarmi.

 Simonetta, non devi sentirti obbligata, posso aspettare.. uh!

Mi devo interrompere, non sono in grado di continuare. Simonetta sembra divertita, continua a leccarmi furiosamente, i miei “Uh” aumentano sempre più di intensità finché, in breve, non vengo ululando.

Dieci minuti dopo siamo ancora sul letto, abbracciate e semi assopite, quando decido che è ora di andarmene:

 E’ tardi, devo andare.

 No, ancora cinque minuti signora Patrizia, per favore.

 Non posso, tra un po’ arriverà mio marito, devo ancora preparare la cena.

 Due minuti?

 Smettila Simonetta, non essere insistente, lo sai che quando devo andare devo andare. E’ stato bello, ti ringrazio, ma ora devo andare.

Mi alzo e vado in bagno a darmi una rinfrescata, mi vesto velocemente e chiedo a Simonetta, che nel frattempo si è rivestita:

 Ho qualche appuntamento domani mattina?

Sì, perché dovete sapere che io sono la titolare di una piccola azienda e Simonetta è la mia segretaria. Consulta l’agenda e, con aria molto professionale mi dice:

 Alle dieci arriva il sistemista della Data Logic, vuole presentarle i nuovi programmi per la contabilità.

 Il responsabile dell’informatica è già stato informato?

 Sì signora, certamente.

 C’è qualcosa che devo sapere?

 Le ho preparato una tabella con i prezzi delle altre aziende, così potrà farsi un’idea delle offerte. E’ gia sulla sua scrivania.

 Ottimo. Allora domani vieni pure in ufficio per le nove e mezza. Naturalmente ti conteggerò il servizio dalle otto.

Simonetta mi sorride, si avvicina e mi dà un bacino sulla guancia.

 Grazie Signora. Lei è sempre gentile con me.

 Te lo meriti. Oggi sei stata proprio brava a inventarti il giochino del linguaggio, ho proprio goduto, anche se mi hai fatto soffrire. Ma a me piace così, lo sai. Ma adesso cos’hai? Sembri triste.

 Sono sempre un po’ triste quando lei se ne deve andare.

 Sciocchina, lunedì pomeriggio sarò di nuovo qui, lo sai. Che gioco faremo?

 Che ne direbbe del giochino della baby sitter?

 Hum... ti piace darmi botte, vero?

 Ma con il giochino della baby sitter non la devo picchiare.

 In teoria no, ma tu sei capace a inventarti delle varianti, come hai fatto oggi. Anzi, spero che tu lo faccia. Comunque picchiare la tua padrona ti piace, non negarlo.

 Solo perché so che la fa godere, solo per quello. Se lei mi chiedesse di non farlo più smetterei subito. Se oggi ho un po’ esagerato le chiedo perdono.

 Ma no, stai tranquilla. Ok, lunedì farai la baby sitter, so già che avrò qualche sorpresa.

Mi avvicino, la abbraccio e le do un bacino sulle labbra.

 Ciao, a domani.

 A domani signora, grazie di tutto.

Nel recarmi a riprendere la mia automobile ripenso a quello che abbiamo fatto e mi sento proprio soddisfatta. Le varie emozioni, l’umiltà, la sottomissione, il dolore fisico, l’eccitazione e il piacere, si sono alternate in modo totalmente appagante. La riconquista del mio ruolo padronale, poi, è stata la ciliegina sulla torta. L’espressione umile e devota di colei che fino a qualche minuto prima è stata la mia dominatrice, mi ha dato una sensazione inebriante. Sto già pensando a lunedì pomeriggio e sorrido. Se poi vorrete sapere in cosa consista il giochino della baby sitter…. Beh, dovrete leggere la mia prossima storia, non c’è proprio altro modo.

Bacioni.

Patrizia
scritto il
2023-01-24
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