Il prete sadico, epilogo
di
sadie strangler
genere
sadomaso
Il prete sadico,EPILOGO
Dopo qualche tempo, la polizia aveva messo gli occhi su Don Luigi.
Era successo che una parrocchiana, una bella donna di circa quarantanni, era andata confessarsi; Don Luigi, come era il suo solito, aveva condotto la parrocchiana in canonica, perché, diceva, voleva approfondire bene gli argomenti della confessione (la donna aveva confessato di avere avuto rapporti intimi con una persona conosciuta occasionalmente); in canonica, il prete aveva cercato di approfittare della donna e, secondo il suo solito, le aveva messo le mani alla gola, tentando di strangolarla; la donna si era ribellata ed era scappata; poi, era andata raccontare tutto alla polizia.
Poi, gli inquirenti, indagando, avevano raccolto varie voci su episodi simili che si erano verificati in canonica e, sempre chiedendo in giro, avevano saputo della scomparsa misteriosa dei due ragazzi e della fantesca; in più, si diceva che alcune donne, andate a confessarsi, non fossero più tornate a casa e risultavano disperse.
Era quanto bastava perché il magistrato ordinasse una perquisizione nella parrocchia; nella perquisizione, quello che insospettì la polizia fu, principalmente, quel pozzo in giardino, dove i sommozzatori inviati dagli inquirenti non tardarono a scoprire oltre dieci cadaveri di persone che, poi, risultarono essere state strangolate.
Conclusione: Don Luigi fu rapidamente processato e condannato all’ergastolo.
In carcere Don Luigi, dopo un primo periodo di avvilimento, non tardò ad ambientarsi; aveva cominciato a dire messa (anche se la direzione aveva avuto dei dubbi sullo svolgimento di questa attività, dato che Don Luigi era stato sospeso dall’attività ecclesiastica; tuttavia, si ritenne che quell’attività facesse bene ai carcerati e si era chiuso un occhio) e con la messa era venuto anche l’attività della confessione; in più, non aveva tardato a manifestare le sue tendenze omosessuali.
Era detenuto Rosario, un ragazzo di una ventina d’anni, omosessuale, grassottello,napoletano,tutti lo chiamavano Rosetta, e Rosetta non tardò a incuriosire Don Luigi; una volta, mentre facevano la doccia, a Don Luigi , toccandosi per insaponarsi e sciacquarsi, era venuta la fregola, stava pensando di masturbarsi; poi, però, si ricordò di Rosetta, e andò in giro per trovarlo; così lo vide, girato, grassottello, il culo da fuori e un principio di zizze che si intravedevano da dietro; preso da una frenesia incontenibile, col cazzo già in erezione per l’inizio della masturbazione, fu dietro al ragazzo e mettendogli una mano alla gola e una mano sul pube, velocemente l’inculò; il ragazzo stava godendo, aveva il cazzo eretto anche lui e Don Luigi glielo prese goloso, cominciando a masturbarlo; intanto andando su e giù nel culo di Rosetta, lo stringeva forte alla gola e lo stava strozzando; Rosetta , che l’aveva riconosciuto dalla voce (Don luigi gli vomitava addosso un fiume di oscenità, tipo “ora ti fotto zoccola”,”dammi il culo, puttana” “ti devo fottere ti devo chiavare , ti devo fare il culo di troia”) si lamentò: “ma accussì m’affucate”(così mi strangolate); quella frase , invece di fermare Don Luigi, lo fece maggiormente eccitare così che , esplodendo tutta la sua sborra calda nel culo del ragazzo, continuò a strozzarlo , in modo tale che, dopo essersi calmato, il ragazzo respirava a stento; Rosetta era incazzatissimo: “Maronna,me stiveve strafucanno, che cazzo” (Madonna, mi stavate strangolando, che cazzo); Don Luigi cercava di blandirlo: “Mi devi capire, tu sei così bono, mi hai fatto perdere la testa, non capivo più niente, scusami” Rosetta era diventato maligno: “ah, non capivate più niente,accussì avite affucate chi sa quanta gente e ricite pure a messa, che curaggio;aggia ricere tutte cose a Don Gennaro” (ah, non capivate più niente, così avete strangolato chi sa quante presone, devo dire tutto a Don Gennaro) ; nudo com’era, se ne andò.
Bisogna sapere, ora, che Don Gennaro era un boss della camorra,al secolo Gennaro Palazzo, e che Rosetta era la sua amante fissa (in carcere, dovevano accontentarsi, Gennaro era etero, ma femmine era difficile trovarne); Rosetta andò da lui e gli raccontò l’accaduto: “Don Gennà,v’aggia ricere na cosa”(vi debbo dire una cosa) “Ueh,nennè, rice tutto a papà” (piccola, dici tutto a papà)
“je steve pe’ fatte miei, me facevo ‘a doccia, all’intrasatta è venuto Don Luigi pe’ drete e me l’ ‘a miso nculo” (io stavo per i fatti miei a farmi la doccia, all’improvviso è venuto dietro di me Don Luigi e mi ha inculato) “Azz, e nun sape stu chiavico ca tu si rrobba meia?” (Caspita, e non sa questa chiavica d’uomo che tu sei roba mia?) disse Don Gennaro; “Che nne saccio,a ogni modo , mentre me futteva, me stregneva ncanne e me steve affucanne” (che ne so, ad ogni modo, mentre mi fotteva, mi ha messo le mani alla gola e mi stava strangolando) e mostrò a Don Gennaro, a riprova, i segni che gli erano rimasti sul collo; “figlie e’ zoccola, chistu chiavico te puteva affucà veramente, vire lloco, te steve struzzanno” (figlio di puttana, questa chiavica d’uomo ti poteva strangolare veramente, guarda qui, ti stava strozzando).Poi:
“Rosè, nun te preoccupà, mo ‘o sistemo io a chillu piezzo r’animale; va mo, mo tenghe che fa, anze no, viene cca , famme nu bucchino” (Rosè, non ti preoccupare, adesso lo sistemo io quel pezzo d’animale, va adesso, adesso ho da fare, anzi no, vieni qua, fammi un pompino); velocemente, estrasse l’uccello e lo infilò in bocca a Rosetta, dopo averlo fatto spogliare e, dopo poco, venne nella bocca del ragazzo, ‘o femminiello, come molti lo chiamavano, non senza avergli detto: “ngoia a sfaccimma, avisse fa ca sputa, chella te fa bene, te fa addiventà nu toro” (ingoia la sborra, mica vorrai sputarla,quella ti fa bene, ti fa diventare un toro).Poi, andato ( o andata) Rosetta, chiamò un affiliato, Pasquale Zecca, un noto omosessuale, detto lo strangolatore.
“Pascà, tu m’avisse fa nu servizio completo, nu piezzo, insomma” (Pascà , abbreviativo di Pasquale,tu dovresti farmi un servizio completo, un pezzo); nu piezzo, nel linguaggio della camorra, significa ammazzare qualcuno; “Don Luigi” ;
fece segno riunendo gli indici e i pollici tra loro,a mimare l’operazione di strozzare qualcuno.
“ ‘o prievete?”
“mmh, proprio, s’è permesso ‘e se fottere a Rosetta e ‘o steve strafucanno” (mmh, proprio così, si è consentito di fottersi Rosetta e lo stava strangolando)
“azz, scurnacchiato! Nun ve preoccupate, cunsideratela cosa fatta”(caspita, uomo pieno di corna, consideratela cosa fatta)
“ok, famme sapè” (ok, fammi sapere)
Dopo qualche giorno, stavano facendo le docce; Don Luigi aveva subodorato (voci dell’ambiente) che volevano fargli la festa; si era , allora, procurato delle lamette e, quando faceva la doccia aveva le lamette in bocca; Pasquale gli venne dietro e, arrapato alla vista del culo di Don Luigi che portava bene gli anni e aveva un bel culo sodo e tondo, gli si accostò, poggiandogli il cazzo tra le pacche (natiche, in napoletano); contemporaneamente gli avvicinò la bocca all’orecchio e gli passò un braccio attorno al collo, cominciando decisamente a comprimergli la trachea con l’intenzione di strozzarlo : “zi pre’, Don Gennaro ve manno ‘n’ambasciata” (zio prete, Don Gennaro vi manda un messaggio); Don Luigi capì subito, anche perché aveva riconosciuto la voce dello strangolatore, spesso inviato ‘speciale’ in missioni di morte; repentinamente, estrasse le lamette dalla bocca e si girò di scatto,per annullare quella manovra strangolatrice contro la quale era difficile opporsi (Pasquale era un pezzo d’uomo robusto e possente), poi, con una mossa repentina del braccio, dette un colpo deciso con le lamette allo scroto dell’uomo, in modo che questi emise un urlo di dolore, sentendosi il sangue che gli usciva a fiotti dai coglioni; subito, Don Luigi , con le stesse lamette, dette un altro colpo violento alla carotide di Pasquale che prese ad emettere delle urla soffocate, proprio, era il caso di dirlo, come un maiale scannato; in breve tempo, Pasquale si afflosciò e Don Luigi, gettate le lamette in un tombino, si asciugò e , con indifferenza, lentamente, ritornò in cella. Per il momento, l’aveva scampata bella.
Dopo quell’episodio, Don Luigi aveva acquistato prestigio e molti detenuti erano venuti ad offrirgli i loro servigi, in contrapposizione agli uomini di Don Gennaro; Rosetta stesso, spontaneamente, all’insaputa di Don Gennaro, spesso veniva ad offrirsi alle sue voglie, raccomandando a lui di non dire niente: “Don luì, je venghe da vuje pecchè vuje site nu bell’ommo, ma me raccumann, non facite sapè niente, ca cà m’affocano”(Don Luigi,io vengo da voi perché voi siete un bell’uomo, ma mi raccomando non fate sapere niente, perché qua mi strangolano); quando ciò succedeva, Don Luigi non mancava di lamentarsi con lui: “Come, ricchione (gay), sei andato a lamentarti con Don Gennaro, perché io t’avevo chiavato? Ma se godevi come una troia, quando ti fottevo … tenevi un pescione così grosso …qualche volta, se mi fai incazzare, ti vengo ad affogare nel sonno”, godeva dell’espressione di paura che compariva negli occhi del femminiello e si divertiva a mettergli le mani alla gola oppure a strozzarlo con una calza da donna. Anche tra i secondini Don Luigi aveva acquistato autorità; in particolare un secondino gay gli era particolarmente devoto e Don Luigi spesso se lo faceva venire in cella, dove stava da solo (era un riconoscimento accordatogli dalla direttrice, della quale diremo tra poco) e ne godeva secondo i suoi gusti : a volte lo legava, dopo averlo denudato, e si divertiva a incularlo strangolandolo con una corda, di cui, pure , aveva disponibilità; insomma Don Luigi, nel carcere, s’era proprio ambientato bene.
La direttrice, Carmela Di Giacomo, era una donna segaligna,di mezza età, non proprio una bellezza, ma Don Luigi era di bocca buona; una volta aveva mandato a chiamare Don Luigi , per sapere se avesse notizia di fatti delittuosi che erano accaduti durante l’ora d’aria (un detenuto era stato ferito allo stomaco con un punteruolo,perché si era opposto ai voleri di Gennaro Palazzo); Don luigi, ubbidiente alla regola d’omertà che valeva tra quelle mura, disse di non saperne niente; intanto la direttrice gli si era avvicinata e gli metteva una mano sulla spalla, per cercare di fargli cambiare idea e, anche, perché quell’uomo le piaceva, si era in primavera, si sentiva, lei donna sola, un no so che di fremito sotto le cosce; Don Luigi allungò un braccio a cingere i fianchi della donna, scendendo, poi, con la mano, ad accarezzarne una natica; era sempre una pacca di donna, anche se quella donna non era stata molto dotata dalla natura; la manovra ebbe un effetto sorprendente, Carmela andò su di giri, e mise una mano sotto la tonaca sbottonata del prete, a carezzargli il petto e a stringergli un capezzolo, che era già duro, stringendo, poi, tra le sue ginocchia la coscia dell’uomo seduto; l’uomo, allora, le sollevò la gonna e andò direttamente alla mutandina della donna, scostandola e accarezzandole il culo nudo; poi con mossa subitanea, fece stendere la donna sulla scrivania, supina, con le gambe penzoloni, e le tirò velocemente giù lo slip;altrettanto velocemente, sollevò la tonaca e infilò il cazzo (ricordate,Don Luigi non portava mutande) nella fica bollente della donna, viscida e piena di sugo, con un odore di urina che a lui faceva maggiormente ingrossare il cazzo; così, spalancandole ulteriormente le cosce se la scopava alla grande;poi, le mise le mani attorno al collo e la guardava, sempre più eccitato, diventare rossa e assumere un atteggiamento di paura; ma lui la rassicurò: “direttrice, non abbia paura, non voglio strangolarla, solo strozzarla un po’, per farla godere di più;se avessi voluto strangolarla, lei sarebbe già morta”;in effetti, il prete aveva pensavo, un po’, che quella poteva essere l’occasione buona per scappare; strangolata la donna e impossessatasi di qualche pistola che certamente la direttrice possedeva, avrebbe potuto, con un po’ di fortuna, levare le tende; ma, poi, pensò che fuori non aveva appoggi, dove avrebbe potuto andare?; per fare queste cose occorreva una copertura esterna e lui non aveva nessuno; vide che lei si rassicurò un poco e che , pertanto, cominciava a rispondere con una serie di gemiti , di sussulti e di parole oscene alla sua furia;in questo frattempo, entrò un secondino, Giorgio; costui, vista la scena, notò principalmente le mani del prete strette alla gola della direttrice; allora, estrasse la pistola e sparò un colpo in direzione del prete che sentì fischiare la pallottola a distanza ravvicinata; allora la direttrice, nonostante fosse fuori di sè e priva di forze per una serie continua di orgasmi tumultuosi, ebbe la forza di gridare: “no Giorgio, no, fermo, va pure, è tutto tranquillo”; Giorgio, con un’alzata di spalle, rimproverando la donna, in cuor suo, per quanto aveva visto, si ritirò in buon ordine.
Da allora, Don luigi aveva goduto di privilegi nel carcere; ogni tanto, certamente, chiamato, doveva recarsi dalla direttrice che pretendeva la sua razione di cazzo e che lui, come si è detto , di bocca buona, non esitava a darle; in più, in cambio di quelle prestazioni sessuali, Don Luigi aveva ottenuto di poter ricevere in cella, ogni tanto, qualche donna dall’esterno, tra quelle che lui confessava e delle quali si approfittava, dopo averle indotte a seguirlo in canonica.
Ma Don Gennaro non aveva abbandonato l’idea di eliminare quel diavolo di prete; riunitosi con alcuni dei suoi più efficienti ( e feroci) affiliati, disse: “ma comme è possibile ca chistu cazzo campa ancora e nisciuno e vuje sente ‘o duvere ‘e fa quaccosa?” (ma come, è possibile che questo cazzo – di prete, sottinteso- vive ancora e nessuno di voi sente il dovere di fare qualcosa ?) . I suoi si giustificarono: “Don gennà, vuje ce ricite e nuje facimme; ‘o sapite, si nun parlate, nuje nun putimme piglià iniziative” (Don Gennaro,voi ci dite e noi facciamo; lo sapete, se non parlate, noi non possiamo prendere iniziative). “Va bbuò, mo’ ‘o sapite,ma facite ampresse,si no chisto c’ ‘o mette nculo” (Va bene, adesso lo sapete, ma fate presto se no costui ci incula).
Si misero d’accordo, i sicari; in quattro, mentre Don Luigi,s’era saputo, aveva un incontro sessuale con una donna,proprio nel momento in cui lui, come al solito le era addosso e tentava di strangolarla, gli andarono addosso;poi, intimarono alla donna di andarsene, altrimenti l’avrebbero ammazzata;dopo, due di loro , nudo com’era, tenevano fermo il prete per le braccia, che gli torcevano per fiaccarne le resistenze, mentre un terzo gli dette un violento pugno proprio sopra il cazzo, così che Don Luigi si piegò in due; svelto , il quarto, gli girò due volte intorno al collo una funicella , con la quale, velocemente, lo strangolò.
E con ciò finì la vita sciagurata di quell’uomo.
SCRITTO DA SADIE STRANGLER strangolatore31@yahoo.it
Dopo qualche tempo, la polizia aveva messo gli occhi su Don Luigi.
Era successo che una parrocchiana, una bella donna di circa quarantanni, era andata confessarsi; Don Luigi, come era il suo solito, aveva condotto la parrocchiana in canonica, perché, diceva, voleva approfondire bene gli argomenti della confessione (la donna aveva confessato di avere avuto rapporti intimi con una persona conosciuta occasionalmente); in canonica, il prete aveva cercato di approfittare della donna e, secondo il suo solito, le aveva messo le mani alla gola, tentando di strangolarla; la donna si era ribellata ed era scappata; poi, era andata raccontare tutto alla polizia.
Poi, gli inquirenti, indagando, avevano raccolto varie voci su episodi simili che si erano verificati in canonica e, sempre chiedendo in giro, avevano saputo della scomparsa misteriosa dei due ragazzi e della fantesca; in più, si diceva che alcune donne, andate a confessarsi, non fossero più tornate a casa e risultavano disperse.
Era quanto bastava perché il magistrato ordinasse una perquisizione nella parrocchia; nella perquisizione, quello che insospettì la polizia fu, principalmente, quel pozzo in giardino, dove i sommozzatori inviati dagli inquirenti non tardarono a scoprire oltre dieci cadaveri di persone che, poi, risultarono essere state strangolate.
Conclusione: Don Luigi fu rapidamente processato e condannato all’ergastolo.
In carcere Don Luigi, dopo un primo periodo di avvilimento, non tardò ad ambientarsi; aveva cominciato a dire messa (anche se la direzione aveva avuto dei dubbi sullo svolgimento di questa attività, dato che Don Luigi era stato sospeso dall’attività ecclesiastica; tuttavia, si ritenne che quell’attività facesse bene ai carcerati e si era chiuso un occhio) e con la messa era venuto anche l’attività della confessione; in più, non aveva tardato a manifestare le sue tendenze omosessuali.
Era detenuto Rosario, un ragazzo di una ventina d’anni, omosessuale, grassottello,napoletano,tutti lo chiamavano Rosetta, e Rosetta non tardò a incuriosire Don Luigi; una volta, mentre facevano la doccia, a Don Luigi , toccandosi per insaponarsi e sciacquarsi, era venuta la fregola, stava pensando di masturbarsi; poi, però, si ricordò di Rosetta, e andò in giro per trovarlo; così lo vide, girato, grassottello, il culo da fuori e un principio di zizze che si intravedevano da dietro; preso da una frenesia incontenibile, col cazzo già in erezione per l’inizio della masturbazione, fu dietro al ragazzo e mettendogli una mano alla gola e una mano sul pube, velocemente l’inculò; il ragazzo stava godendo, aveva il cazzo eretto anche lui e Don Luigi glielo prese goloso, cominciando a masturbarlo; intanto andando su e giù nel culo di Rosetta, lo stringeva forte alla gola e lo stava strozzando; Rosetta , che l’aveva riconosciuto dalla voce (Don luigi gli vomitava addosso un fiume di oscenità, tipo “ora ti fotto zoccola”,”dammi il culo, puttana” “ti devo fottere ti devo chiavare , ti devo fare il culo di troia”) si lamentò: “ma accussì m’affucate”(così mi strangolate); quella frase , invece di fermare Don Luigi, lo fece maggiormente eccitare così che , esplodendo tutta la sua sborra calda nel culo del ragazzo, continuò a strozzarlo , in modo tale che, dopo essersi calmato, il ragazzo respirava a stento; Rosetta era incazzatissimo: “Maronna,me stiveve strafucanno, che cazzo” (Madonna, mi stavate strangolando, che cazzo); Don Luigi cercava di blandirlo: “Mi devi capire, tu sei così bono, mi hai fatto perdere la testa, non capivo più niente, scusami” Rosetta era diventato maligno: “ah, non capivate più niente,accussì avite affucate chi sa quanta gente e ricite pure a messa, che curaggio;aggia ricere tutte cose a Don Gennaro” (ah, non capivate più niente, così avete strangolato chi sa quante presone, devo dire tutto a Don Gennaro) ; nudo com’era, se ne andò.
Bisogna sapere, ora, che Don Gennaro era un boss della camorra,al secolo Gennaro Palazzo, e che Rosetta era la sua amante fissa (in carcere, dovevano accontentarsi, Gennaro era etero, ma femmine era difficile trovarne); Rosetta andò da lui e gli raccontò l’accaduto: “Don Gennà,v’aggia ricere na cosa”(vi debbo dire una cosa) “Ueh,nennè, rice tutto a papà” (piccola, dici tutto a papà)
“je steve pe’ fatte miei, me facevo ‘a doccia, all’intrasatta è venuto Don Luigi pe’ drete e me l’ ‘a miso nculo” (io stavo per i fatti miei a farmi la doccia, all’improvviso è venuto dietro di me Don Luigi e mi ha inculato) “Azz, e nun sape stu chiavico ca tu si rrobba meia?” (Caspita, e non sa questa chiavica d’uomo che tu sei roba mia?) disse Don Gennaro; “Che nne saccio,a ogni modo , mentre me futteva, me stregneva ncanne e me steve affucanne” (che ne so, ad ogni modo, mentre mi fotteva, mi ha messo le mani alla gola e mi stava strangolando) e mostrò a Don Gennaro, a riprova, i segni che gli erano rimasti sul collo; “figlie e’ zoccola, chistu chiavico te puteva affucà veramente, vire lloco, te steve struzzanno” (figlio di puttana, questa chiavica d’uomo ti poteva strangolare veramente, guarda qui, ti stava strozzando).Poi:
“Rosè, nun te preoccupà, mo ‘o sistemo io a chillu piezzo r’animale; va mo, mo tenghe che fa, anze no, viene cca , famme nu bucchino” (Rosè, non ti preoccupare, adesso lo sistemo io quel pezzo d’animale, va adesso, adesso ho da fare, anzi no, vieni qua, fammi un pompino); velocemente, estrasse l’uccello e lo infilò in bocca a Rosetta, dopo averlo fatto spogliare e, dopo poco, venne nella bocca del ragazzo, ‘o femminiello, come molti lo chiamavano, non senza avergli detto: “ngoia a sfaccimma, avisse fa ca sputa, chella te fa bene, te fa addiventà nu toro” (ingoia la sborra, mica vorrai sputarla,quella ti fa bene, ti fa diventare un toro).Poi, andato ( o andata) Rosetta, chiamò un affiliato, Pasquale Zecca, un noto omosessuale, detto lo strangolatore.
“Pascà, tu m’avisse fa nu servizio completo, nu piezzo, insomma” (Pascà , abbreviativo di Pasquale,tu dovresti farmi un servizio completo, un pezzo); nu piezzo, nel linguaggio della camorra, significa ammazzare qualcuno; “Don Luigi” ;
fece segno riunendo gli indici e i pollici tra loro,a mimare l’operazione di strozzare qualcuno.
“ ‘o prievete?”
“mmh, proprio, s’è permesso ‘e se fottere a Rosetta e ‘o steve strafucanno” (mmh, proprio così, si è consentito di fottersi Rosetta e lo stava strangolando)
“azz, scurnacchiato! Nun ve preoccupate, cunsideratela cosa fatta”(caspita, uomo pieno di corna, consideratela cosa fatta)
“ok, famme sapè” (ok, fammi sapere)
Dopo qualche giorno, stavano facendo le docce; Don Luigi aveva subodorato (voci dell’ambiente) che volevano fargli la festa; si era , allora, procurato delle lamette e, quando faceva la doccia aveva le lamette in bocca; Pasquale gli venne dietro e, arrapato alla vista del culo di Don Luigi che portava bene gli anni e aveva un bel culo sodo e tondo, gli si accostò, poggiandogli il cazzo tra le pacche (natiche, in napoletano); contemporaneamente gli avvicinò la bocca all’orecchio e gli passò un braccio attorno al collo, cominciando decisamente a comprimergli la trachea con l’intenzione di strozzarlo : “zi pre’, Don Gennaro ve manno ‘n’ambasciata” (zio prete, Don Gennaro vi manda un messaggio); Don Luigi capì subito, anche perché aveva riconosciuto la voce dello strangolatore, spesso inviato ‘speciale’ in missioni di morte; repentinamente, estrasse le lamette dalla bocca e si girò di scatto,per annullare quella manovra strangolatrice contro la quale era difficile opporsi (Pasquale era un pezzo d’uomo robusto e possente), poi, con una mossa repentina del braccio, dette un colpo deciso con le lamette allo scroto dell’uomo, in modo che questi emise un urlo di dolore, sentendosi il sangue che gli usciva a fiotti dai coglioni; subito, Don Luigi , con le stesse lamette, dette un altro colpo violento alla carotide di Pasquale che prese ad emettere delle urla soffocate, proprio, era il caso di dirlo, come un maiale scannato; in breve tempo, Pasquale si afflosciò e Don Luigi, gettate le lamette in un tombino, si asciugò e , con indifferenza, lentamente, ritornò in cella. Per il momento, l’aveva scampata bella.
Dopo quell’episodio, Don Luigi aveva acquistato prestigio e molti detenuti erano venuti ad offrirgli i loro servigi, in contrapposizione agli uomini di Don Gennaro; Rosetta stesso, spontaneamente, all’insaputa di Don Gennaro, spesso veniva ad offrirsi alle sue voglie, raccomandando a lui di non dire niente: “Don luì, je venghe da vuje pecchè vuje site nu bell’ommo, ma me raccumann, non facite sapè niente, ca cà m’affocano”(Don Luigi,io vengo da voi perché voi siete un bell’uomo, ma mi raccomando non fate sapere niente, perché qua mi strangolano); quando ciò succedeva, Don Luigi non mancava di lamentarsi con lui: “Come, ricchione (gay), sei andato a lamentarti con Don Gennaro, perché io t’avevo chiavato? Ma se godevi come una troia, quando ti fottevo … tenevi un pescione così grosso …qualche volta, se mi fai incazzare, ti vengo ad affogare nel sonno”, godeva dell’espressione di paura che compariva negli occhi del femminiello e si divertiva a mettergli le mani alla gola oppure a strozzarlo con una calza da donna. Anche tra i secondini Don Luigi aveva acquistato autorità; in particolare un secondino gay gli era particolarmente devoto e Don Luigi spesso se lo faceva venire in cella, dove stava da solo (era un riconoscimento accordatogli dalla direttrice, della quale diremo tra poco) e ne godeva secondo i suoi gusti : a volte lo legava, dopo averlo denudato, e si divertiva a incularlo strangolandolo con una corda, di cui, pure , aveva disponibilità; insomma Don Luigi, nel carcere, s’era proprio ambientato bene.
La direttrice, Carmela Di Giacomo, era una donna segaligna,di mezza età, non proprio una bellezza, ma Don Luigi era di bocca buona; una volta aveva mandato a chiamare Don Luigi , per sapere se avesse notizia di fatti delittuosi che erano accaduti durante l’ora d’aria (un detenuto era stato ferito allo stomaco con un punteruolo,perché si era opposto ai voleri di Gennaro Palazzo); Don luigi, ubbidiente alla regola d’omertà che valeva tra quelle mura, disse di non saperne niente; intanto la direttrice gli si era avvicinata e gli metteva una mano sulla spalla, per cercare di fargli cambiare idea e, anche, perché quell’uomo le piaceva, si era in primavera, si sentiva, lei donna sola, un no so che di fremito sotto le cosce; Don Luigi allungò un braccio a cingere i fianchi della donna, scendendo, poi, con la mano, ad accarezzarne una natica; era sempre una pacca di donna, anche se quella donna non era stata molto dotata dalla natura; la manovra ebbe un effetto sorprendente, Carmela andò su di giri, e mise una mano sotto la tonaca sbottonata del prete, a carezzargli il petto e a stringergli un capezzolo, che era già duro, stringendo, poi, tra le sue ginocchia la coscia dell’uomo seduto; l’uomo, allora, le sollevò la gonna e andò direttamente alla mutandina della donna, scostandola e accarezzandole il culo nudo; poi con mossa subitanea, fece stendere la donna sulla scrivania, supina, con le gambe penzoloni, e le tirò velocemente giù lo slip;altrettanto velocemente, sollevò la tonaca e infilò il cazzo (ricordate,Don Luigi non portava mutande) nella fica bollente della donna, viscida e piena di sugo, con un odore di urina che a lui faceva maggiormente ingrossare il cazzo; così, spalancandole ulteriormente le cosce se la scopava alla grande;poi, le mise le mani attorno al collo e la guardava, sempre più eccitato, diventare rossa e assumere un atteggiamento di paura; ma lui la rassicurò: “direttrice, non abbia paura, non voglio strangolarla, solo strozzarla un po’, per farla godere di più;se avessi voluto strangolarla, lei sarebbe già morta”;in effetti, il prete aveva pensavo, un po’, che quella poteva essere l’occasione buona per scappare; strangolata la donna e impossessatasi di qualche pistola che certamente la direttrice possedeva, avrebbe potuto, con un po’ di fortuna, levare le tende; ma, poi, pensò che fuori non aveva appoggi, dove avrebbe potuto andare?; per fare queste cose occorreva una copertura esterna e lui non aveva nessuno; vide che lei si rassicurò un poco e che , pertanto, cominciava a rispondere con una serie di gemiti , di sussulti e di parole oscene alla sua furia;in questo frattempo, entrò un secondino, Giorgio; costui, vista la scena, notò principalmente le mani del prete strette alla gola della direttrice; allora, estrasse la pistola e sparò un colpo in direzione del prete che sentì fischiare la pallottola a distanza ravvicinata; allora la direttrice, nonostante fosse fuori di sè e priva di forze per una serie continua di orgasmi tumultuosi, ebbe la forza di gridare: “no Giorgio, no, fermo, va pure, è tutto tranquillo”; Giorgio, con un’alzata di spalle, rimproverando la donna, in cuor suo, per quanto aveva visto, si ritirò in buon ordine.
Da allora, Don luigi aveva goduto di privilegi nel carcere; ogni tanto, certamente, chiamato, doveva recarsi dalla direttrice che pretendeva la sua razione di cazzo e che lui, come si è detto , di bocca buona, non esitava a darle; in più, in cambio di quelle prestazioni sessuali, Don Luigi aveva ottenuto di poter ricevere in cella, ogni tanto, qualche donna dall’esterno, tra quelle che lui confessava e delle quali si approfittava, dopo averle indotte a seguirlo in canonica.
Ma Don Gennaro non aveva abbandonato l’idea di eliminare quel diavolo di prete; riunitosi con alcuni dei suoi più efficienti ( e feroci) affiliati, disse: “ma comme è possibile ca chistu cazzo campa ancora e nisciuno e vuje sente ‘o duvere ‘e fa quaccosa?” (ma come, è possibile che questo cazzo – di prete, sottinteso- vive ancora e nessuno di voi sente il dovere di fare qualcosa ?) . I suoi si giustificarono: “Don gennà, vuje ce ricite e nuje facimme; ‘o sapite, si nun parlate, nuje nun putimme piglià iniziative” (Don Gennaro,voi ci dite e noi facciamo; lo sapete, se non parlate, noi non possiamo prendere iniziative). “Va bbuò, mo’ ‘o sapite,ma facite ampresse,si no chisto c’ ‘o mette nculo” (Va bene, adesso lo sapete, ma fate presto se no costui ci incula).
Si misero d’accordo, i sicari; in quattro, mentre Don Luigi,s’era saputo, aveva un incontro sessuale con una donna,proprio nel momento in cui lui, come al solito le era addosso e tentava di strangolarla, gli andarono addosso;poi, intimarono alla donna di andarsene, altrimenti l’avrebbero ammazzata;dopo, due di loro , nudo com’era, tenevano fermo il prete per le braccia, che gli torcevano per fiaccarne le resistenze, mentre un terzo gli dette un violento pugno proprio sopra il cazzo, così che Don Luigi si piegò in due; svelto , il quarto, gli girò due volte intorno al collo una funicella , con la quale, velocemente, lo strangolò.
E con ciò finì la vita sciagurata di quell’uomo.
SCRITTO DA SADIE STRANGLER strangolatore31@yahoo.it
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