Affari di famiglia
di
Le Porte delle Imperfezioni
genere
incesti
Che mio marito fosse un porco lo sapevo. E non mi era mai dispiaciuto, anzi. Mi era sempre piaciuto il modo spiccio con cui mi sottometteva alle sue voglie brutali.
Col tempo mi ero abituata a essere un suo oggetto sessuale. Quando mi voleva, mi prendeva. Che avessi il marchese, o che gli dicessi che non mi andava, non aveva importanza. Lui mi prendeva.
E col tempo mi piaceva anche il suo modo animale di montarmi come una cagna, inculandomi. Una volta mi aveva anche offerto a suo cugino, che non se l’era fatto ripetere due volte. Credo fosse per via di un debito, che saldai io, con il mio culo.
Avemmo prima una figlia, poi un maschio. Ma questo non cambiò la nostra relazione sessuale. Anzi, semmai la rese ancora più intensa. Scoprii che mi piaceva come mi schiaffeggiava e umiliava. Quando imploravo che mi scopasse e mi facesse venire come una vera femmina lui mi sputava nel buco del culo e, senza tante storie mi sodomizzava veloce. Se poi mi scopriva che di nascosto mi facevo un ditalino, ecco che prendeva un frustino, mi colpiva il culo finché non era pieno di lividi rossi brucianti. Ma mentre mi colpiva, la mia passera colava copiosamente. Gli ansimi di dolore erano anche contrazioni involontarie dei miei orgasmini che si succedevano a grappolo.
Per la società ero una moglie e madre irreprensibile. A letto ero una vacca sottomessa e felice di esserlo. Obbedivo agli ordini.
Con l’arrivo della pubertà di mia figlia, mi accorsi che mio marito indugiava a lungo in camera sua per darle la buonanotte.
Non mi ci volle molto a capire che quel tempo in camera di mia figlia, che si faceva via via più lungo, e quell’odore di sborra che emanava quando arrivava in camera e io fingevo di dormire, erano chiari indizi che aveva cominciato a esercitare il suo potere anche su di lei.
Sì, ero gelosa. Ma Giovanni non si dimenticò mai di me e, anche se sapevo che si scopava Sara, la nostra figlia, lui non ne faceva parola e io lo accoglievo sempre dentro di me, anzi, mi eccitava l’idea che quel porco si facesse me, dopo quella sciacquetta ancora acerba.
La cosa proseguì per un paio d’anni. Vedevo che Sara aveva occhi solo per papà, che si vestiva scollacciata in casa per eccitarlo. Un paio di mutandine a fiori e basta. Alcune volte mi imbattevo in loro due che uscivano assieme dal bagno. Ma non dissi mai nulla. A me bastava che mi impalasse sul suo bastone di carne e mi chiamasse cagna ogni volta che voleva. Quando tornava dalla camera da letto di Sara gli succhiavo il cazzo bagnato senza chiedere mai nulla. Lui sapeva che io sapevo. E, piuttosto che andasse a puttane, era meglio che si sbattesse Sara.
Per lavoro Giovanni doveva assentarsi per una settimana, a volte succedeva. Come le altre volte in cui ero sola per giorni, una sera, dopo cena mi stesi sul letto, davanti allo specchio dell’armadio. Ero nuda. Bagnai il mio plug anale preferito con del lubrificante. Molto lentamente me lo infilai nel retto. Piano per godermi il dolore che l’inserimento mi procurava. Una volta entrato bene, aprii le cosce e mi guardai allo specchio mentre mi passavo le dita tra le labbra, sul clitoride, e poi dentro. Stavo da un po’ armeggiando con il mio sesso bagnato, in preda alle mie solite fantasie di sottomissione e umiliazione, quando sentii dei mugolii provenire dal muro. Pensai che i vicini stessero trombando. Ma i suoni sembravano piuttosto venire dalla cameretta della Sara. Pensai che la troietta avesse anche lei delle voglie e che se le stesse soddisfacendo sgrillettandosi con le dita. Ma poi sentii un ansimare, profondo, da maschio.
In preda a mille pensieri mi tolsi il plug dal culo, mi misi la vestaglietta leggera da troia che a mio marito piaceva tanto e corsi in camera di Sara. Aprii la porta all’improvviso. C’era Sara, con la faccia rossa e le gambe aperte e, sopra di lei, nudo, Marco, suo fratello, che aveva il cazzo infilato dentro la sua fichetta e se la stava spompando di brutto. Urlai.
- Ma che fai troia? Non ti basta tuo padre? Anche col fratello te la fai?
Erano gelati e atterriti. Afferrai Marco e lo trascinai fuori.
- Sara, con te facciamo i conti domani. Ora rimettiti le mutandine e vai a dormire, puttana.
Portai Marco in camera da me. Lo feci sedere sul letto. Gli dissi che non doveva scopare sua sorella, anche se immaginavo fosse lei che glielo avesse chiesto. Gli dissi che non erano cose da farsi. Lui per scusarsi disse che sapeva che Sara prendeva la pillola, e sapeva che papà la scopava regolarmente. Li aveva sentiti spesso. La sua morosetta gli concedeva solo la bocca, era ancora vergine, e che Sara invece era così disinibita che non aveva saputo resistere.
Insistetti che capivo benissimo i bisogni di un maschio, ma che non avrebbe dovuto cedere alle richieste di quella puttanella di Sara. Mentre parlavo e mi agitavo la mia vestaglia si era scomposta e una tetta era balzata fuori. Immediatamente il cazzo di Marco, che era ancora nudo, si era drizzato. Mi ricordava quello di Giovanni. Era grosso e turgido. Proprio il cazzo che fa per me, mi trovai a pensare. Sentii il suo odore animale da maschio in calore. Fui presa da una voglia pazza di succhiarglielo. Gli dissi che se aveva dei bisogni doveva chiedere a me, che come donna matura avrei saputo come aiutarlo. Lui mi guardava senza apparentemente capire. Allora feci cadere la mia vestaglia in terra e rimasi nuda davanti a lui. Lui mi guardò le tette e poi il boschetto ben rasato sopra la fessura bagnata. Con le dita divaricai le labbra e gli mostrai il buchino.
- Se hai bisogno, usa me.
E mentre lo dicevo mi stesi a letto aprendo bene le cosce in sua bella vista.
In un attimo mi fu dentro. Pompava ferocemente. Mi annusava. Non parlava. Sentivo il torello, carne della mia carne, sfregare il suo cazzo scappellato dentro la mia vagina bagnata. Gli sussurravo all’orecchio che ero una mamma così porca che poteva soddisfarsi senza vergogna. Godetti intensamente. Mi sentivo un’animale. Piena e lasciva. Gli dissi di sborrarmi dentro e di riempirmi. Quella notte venne tre volte dentro di me, e ogni volta gli pulivo l’asta con la lingua, mentre sentivo la sua broda scivolarmi giù, fuori dal buchino, a imbrattare le lenzuola.
Il giorno dopo parlai con Sara. Ma la conversazione prese una piega inaspettata. Fu lei ad accusarmi. Disse che, se mi andava bene che papà la montasse come una vacca, allora doveva andarmi bene anche che Marco la sfondasse ogni tanto. Che ci aveva sentiti scopare per tutta la notte e che, se non mi fosse andata bene, lei avrebbe provveduto a raccontare al papà che ero una mamma troia che si scopava il figlio quando lui non c’era.
Mi misi a piangere. Le dissi che sì, mi piaceva essere una maiala, non ci potevo fare niente. L’assenza di Giovanni mi devastava e che avevo ceduto a Marco solo per bisogno. Lei prese allora a consolarmi. Disse che era così anche per lei. Mi capiva. Che anzi era gelosa di me perché papà poi veniva sempre a dormire con me, e che sapeva che mi inculava, ci aveva ascoltati alcune notti insonni, ma che con lei non lo aveva mai fatto.
Quella notte allora chiamai in camera, sul lettone matrimoniale, sia Sara che Marco. Dissi loro che finché non fosse tornato papà, avremmo potuto fare sesso tutte e due con Marco. Erano così d’accordo che in un attimo erano nudi. Dopo averci leccate Marco penetrò per prima Sara, mentre io mi masturbavo guardandoli. Sara venne copiosamente. Marco allora la lasciò nel suo deliquio e si rivolse a me. Gli chiesi se voleva entrarmi nel culo, così che anche Sara potesse vederci e imparare. Mi rispose che non l’aveva mai fatto. Presi il lubrificante dal cassetto e me lo colai abbondantemente sulle dita. Aprii le natiche in modo che mi vedesse bene il buco, lo dilatai rilassandolo e iniziai a penetrarmi, ansimando e lubrificandomi. Mi voltai e lo vidi che si masturbava furiosamente, imitato da Sara che si sfregava il clitoride velocissima. Tolsi le due dita dal culo e misi altro lubrificante, iniziando quindi a fargli una sega per ungerlo. Sara, a quella visione venne ancora, questa volta bagnando le lenzuola con uno schizzo abbondante. Restò come morta, stesa con il volto rosso e il respiro pesante. Intanto Marco iniziava a penetrarmi. Un’onda di calore, dolore, eccitazione e vergogna mi presero assieme. Mio figlio mi inculava.
- Ti piace fottere in culo la mamma eh? Dimmi che ti piace!
- Sì mamma, il tuo culo è…
Non riusciva a finire la frase, era troppo eccitato per pensare. Tutto il suo sangue era fluito nel pene sgombrandogli la mente da ogni capacità intellettiva. Restava solo aggrappato alle sue funzioni animali. Pompava sempre più forte, lo sentivo sempre più dentro. Improvvisamente sentii il suo mugolio assieme a un fiotto di broda calda che mi penetrava nelle viscere. Eravamo in paradiso. Diede un secondo colpo affondando nella mia carne e le ultime gocce di sborra mi irrorarono l’ano. Quando infine tolse il cazzo sentii che dal culo mi colava tutta la sua sborra. Ci baciammo intensamente tutti e tre.
In quei giorni insegnai a Sara a dilatare lo sfintere, a riempirsi di lubrificante. Era ansiosa di imparare. E Marco era ansioso di cavalcare la sorella anche nell’ano. Li guidai nella loro esperienza. A giudicare da quanto intensamente si diedero piacere, direi che superai la prova di insegnante a pieni voti. Sara mi disse che il dolore era stato forte, ma poi era come cagare, ma in direzione opposta, e che, la seconda volta che il fratello la montò, il piacere del proibito superò ogni scala. Mi disse che non vedeva l’ora che papà la ingroppasse nel culo.
Una sera tardi ci stavamo dando piacere tutti e tre nel letto, quando si spalancò la porta all’improvviso. Giovanni era tornato con un giorno di anticipo e ci aveva trovato come tre maiali infoiati. Dopo l’iniziale sbigottimento, incominciò a proferire una sequela di insulti nei miei confronti. Mi fece avvampare. Quando prese lo scudiscio dal cassetto capii che stava al gioco. Mi misi in ginocchio mostrandogli il culo.
- Puniscimi, sono una troia, me lo merito
Con tutta forza prese a colpirmi, uno, due, tre, sei, dieci colpi. Il culo era in fiamme.
- Puniscimi inculandomi, me lo merito, sono una mamma porca. Una cagna.
Sara e Marco ci guardavano con gli occhi sbarrati. Giovanni mi sputò nel buco del culo, si aprì la patta e prese a montarmi come una vacca, infilandomelo dentro fino in fondo fin dal primo colpo. Il dolore mi faceva colare dal piacere.
Quella sgualdrinella di Sara capì il gioco e, volendo parteciparvi, si mise al mio fianco, anche lei con la faccia sul materasso e il culo ben in alto.
- Dai papà, incula anche me. Ti voglio dentro dove non sei mai entrato.
Sentii Giovanni uscirmi dalla carne e lo vidi mettersi dietro Sara e cominciare a penetrarla.
Guardai Marco. Aveva un’erezione maestosa. Non avevo cambiato posizione e rimanevo col buco ben aperto in aria. Lo invitai a penetrarmi.
In breve io e Sara fummo cavalcate rispettivamente da figlio e padre.
Le loro sborrate ci riempirono i culi in fiamme.
Dormimmo così, sporchi e abbracciati, in quattro, nello stesso letto.
Col tempo mi ero abituata a essere un suo oggetto sessuale. Quando mi voleva, mi prendeva. Che avessi il marchese, o che gli dicessi che non mi andava, non aveva importanza. Lui mi prendeva.
E col tempo mi piaceva anche il suo modo animale di montarmi come una cagna, inculandomi. Una volta mi aveva anche offerto a suo cugino, che non se l’era fatto ripetere due volte. Credo fosse per via di un debito, che saldai io, con il mio culo.
Avemmo prima una figlia, poi un maschio. Ma questo non cambiò la nostra relazione sessuale. Anzi, semmai la rese ancora più intensa. Scoprii che mi piaceva come mi schiaffeggiava e umiliava. Quando imploravo che mi scopasse e mi facesse venire come una vera femmina lui mi sputava nel buco del culo e, senza tante storie mi sodomizzava veloce. Se poi mi scopriva che di nascosto mi facevo un ditalino, ecco che prendeva un frustino, mi colpiva il culo finché non era pieno di lividi rossi brucianti. Ma mentre mi colpiva, la mia passera colava copiosamente. Gli ansimi di dolore erano anche contrazioni involontarie dei miei orgasmini che si succedevano a grappolo.
Per la società ero una moglie e madre irreprensibile. A letto ero una vacca sottomessa e felice di esserlo. Obbedivo agli ordini.
Con l’arrivo della pubertà di mia figlia, mi accorsi che mio marito indugiava a lungo in camera sua per darle la buonanotte.
Non mi ci volle molto a capire che quel tempo in camera di mia figlia, che si faceva via via più lungo, e quell’odore di sborra che emanava quando arrivava in camera e io fingevo di dormire, erano chiari indizi che aveva cominciato a esercitare il suo potere anche su di lei.
Sì, ero gelosa. Ma Giovanni non si dimenticò mai di me e, anche se sapevo che si scopava Sara, la nostra figlia, lui non ne faceva parola e io lo accoglievo sempre dentro di me, anzi, mi eccitava l’idea che quel porco si facesse me, dopo quella sciacquetta ancora acerba.
La cosa proseguì per un paio d’anni. Vedevo che Sara aveva occhi solo per papà, che si vestiva scollacciata in casa per eccitarlo. Un paio di mutandine a fiori e basta. Alcune volte mi imbattevo in loro due che uscivano assieme dal bagno. Ma non dissi mai nulla. A me bastava che mi impalasse sul suo bastone di carne e mi chiamasse cagna ogni volta che voleva. Quando tornava dalla camera da letto di Sara gli succhiavo il cazzo bagnato senza chiedere mai nulla. Lui sapeva che io sapevo. E, piuttosto che andasse a puttane, era meglio che si sbattesse Sara.
Per lavoro Giovanni doveva assentarsi per una settimana, a volte succedeva. Come le altre volte in cui ero sola per giorni, una sera, dopo cena mi stesi sul letto, davanti allo specchio dell’armadio. Ero nuda. Bagnai il mio plug anale preferito con del lubrificante. Molto lentamente me lo infilai nel retto. Piano per godermi il dolore che l’inserimento mi procurava. Una volta entrato bene, aprii le cosce e mi guardai allo specchio mentre mi passavo le dita tra le labbra, sul clitoride, e poi dentro. Stavo da un po’ armeggiando con il mio sesso bagnato, in preda alle mie solite fantasie di sottomissione e umiliazione, quando sentii dei mugolii provenire dal muro. Pensai che i vicini stessero trombando. Ma i suoni sembravano piuttosto venire dalla cameretta della Sara. Pensai che la troietta avesse anche lei delle voglie e che se le stesse soddisfacendo sgrillettandosi con le dita. Ma poi sentii un ansimare, profondo, da maschio.
In preda a mille pensieri mi tolsi il plug dal culo, mi misi la vestaglietta leggera da troia che a mio marito piaceva tanto e corsi in camera di Sara. Aprii la porta all’improvviso. C’era Sara, con la faccia rossa e le gambe aperte e, sopra di lei, nudo, Marco, suo fratello, che aveva il cazzo infilato dentro la sua fichetta e se la stava spompando di brutto. Urlai.
- Ma che fai troia? Non ti basta tuo padre? Anche col fratello te la fai?
Erano gelati e atterriti. Afferrai Marco e lo trascinai fuori.
- Sara, con te facciamo i conti domani. Ora rimettiti le mutandine e vai a dormire, puttana.
Portai Marco in camera da me. Lo feci sedere sul letto. Gli dissi che non doveva scopare sua sorella, anche se immaginavo fosse lei che glielo avesse chiesto. Gli dissi che non erano cose da farsi. Lui per scusarsi disse che sapeva che Sara prendeva la pillola, e sapeva che papà la scopava regolarmente. Li aveva sentiti spesso. La sua morosetta gli concedeva solo la bocca, era ancora vergine, e che Sara invece era così disinibita che non aveva saputo resistere.
Insistetti che capivo benissimo i bisogni di un maschio, ma che non avrebbe dovuto cedere alle richieste di quella puttanella di Sara. Mentre parlavo e mi agitavo la mia vestaglia si era scomposta e una tetta era balzata fuori. Immediatamente il cazzo di Marco, che era ancora nudo, si era drizzato. Mi ricordava quello di Giovanni. Era grosso e turgido. Proprio il cazzo che fa per me, mi trovai a pensare. Sentii il suo odore animale da maschio in calore. Fui presa da una voglia pazza di succhiarglielo. Gli dissi che se aveva dei bisogni doveva chiedere a me, che come donna matura avrei saputo come aiutarlo. Lui mi guardava senza apparentemente capire. Allora feci cadere la mia vestaglia in terra e rimasi nuda davanti a lui. Lui mi guardò le tette e poi il boschetto ben rasato sopra la fessura bagnata. Con le dita divaricai le labbra e gli mostrai il buchino.
- Se hai bisogno, usa me.
E mentre lo dicevo mi stesi a letto aprendo bene le cosce in sua bella vista.
In un attimo mi fu dentro. Pompava ferocemente. Mi annusava. Non parlava. Sentivo il torello, carne della mia carne, sfregare il suo cazzo scappellato dentro la mia vagina bagnata. Gli sussurravo all’orecchio che ero una mamma così porca che poteva soddisfarsi senza vergogna. Godetti intensamente. Mi sentivo un’animale. Piena e lasciva. Gli dissi di sborrarmi dentro e di riempirmi. Quella notte venne tre volte dentro di me, e ogni volta gli pulivo l’asta con la lingua, mentre sentivo la sua broda scivolarmi giù, fuori dal buchino, a imbrattare le lenzuola.
Il giorno dopo parlai con Sara. Ma la conversazione prese una piega inaspettata. Fu lei ad accusarmi. Disse che, se mi andava bene che papà la montasse come una vacca, allora doveva andarmi bene anche che Marco la sfondasse ogni tanto. Che ci aveva sentiti scopare per tutta la notte e che, se non mi fosse andata bene, lei avrebbe provveduto a raccontare al papà che ero una mamma troia che si scopava il figlio quando lui non c’era.
Mi misi a piangere. Le dissi che sì, mi piaceva essere una maiala, non ci potevo fare niente. L’assenza di Giovanni mi devastava e che avevo ceduto a Marco solo per bisogno. Lei prese allora a consolarmi. Disse che era così anche per lei. Mi capiva. Che anzi era gelosa di me perché papà poi veniva sempre a dormire con me, e che sapeva che mi inculava, ci aveva ascoltati alcune notti insonni, ma che con lei non lo aveva mai fatto.
Quella notte allora chiamai in camera, sul lettone matrimoniale, sia Sara che Marco. Dissi loro che finché non fosse tornato papà, avremmo potuto fare sesso tutte e due con Marco. Erano così d’accordo che in un attimo erano nudi. Dopo averci leccate Marco penetrò per prima Sara, mentre io mi masturbavo guardandoli. Sara venne copiosamente. Marco allora la lasciò nel suo deliquio e si rivolse a me. Gli chiesi se voleva entrarmi nel culo, così che anche Sara potesse vederci e imparare. Mi rispose che non l’aveva mai fatto. Presi il lubrificante dal cassetto e me lo colai abbondantemente sulle dita. Aprii le natiche in modo che mi vedesse bene il buco, lo dilatai rilassandolo e iniziai a penetrarmi, ansimando e lubrificandomi. Mi voltai e lo vidi che si masturbava furiosamente, imitato da Sara che si sfregava il clitoride velocissima. Tolsi le due dita dal culo e misi altro lubrificante, iniziando quindi a fargli una sega per ungerlo. Sara, a quella visione venne ancora, questa volta bagnando le lenzuola con uno schizzo abbondante. Restò come morta, stesa con il volto rosso e il respiro pesante. Intanto Marco iniziava a penetrarmi. Un’onda di calore, dolore, eccitazione e vergogna mi presero assieme. Mio figlio mi inculava.
- Ti piace fottere in culo la mamma eh? Dimmi che ti piace!
- Sì mamma, il tuo culo è…
Non riusciva a finire la frase, era troppo eccitato per pensare. Tutto il suo sangue era fluito nel pene sgombrandogli la mente da ogni capacità intellettiva. Restava solo aggrappato alle sue funzioni animali. Pompava sempre più forte, lo sentivo sempre più dentro. Improvvisamente sentii il suo mugolio assieme a un fiotto di broda calda che mi penetrava nelle viscere. Eravamo in paradiso. Diede un secondo colpo affondando nella mia carne e le ultime gocce di sborra mi irrorarono l’ano. Quando infine tolse il cazzo sentii che dal culo mi colava tutta la sua sborra. Ci baciammo intensamente tutti e tre.
In quei giorni insegnai a Sara a dilatare lo sfintere, a riempirsi di lubrificante. Era ansiosa di imparare. E Marco era ansioso di cavalcare la sorella anche nell’ano. Li guidai nella loro esperienza. A giudicare da quanto intensamente si diedero piacere, direi che superai la prova di insegnante a pieni voti. Sara mi disse che il dolore era stato forte, ma poi era come cagare, ma in direzione opposta, e che, la seconda volta che il fratello la montò, il piacere del proibito superò ogni scala. Mi disse che non vedeva l’ora che papà la ingroppasse nel culo.
Una sera tardi ci stavamo dando piacere tutti e tre nel letto, quando si spalancò la porta all’improvviso. Giovanni era tornato con un giorno di anticipo e ci aveva trovato come tre maiali infoiati. Dopo l’iniziale sbigottimento, incominciò a proferire una sequela di insulti nei miei confronti. Mi fece avvampare. Quando prese lo scudiscio dal cassetto capii che stava al gioco. Mi misi in ginocchio mostrandogli il culo.
- Puniscimi, sono una troia, me lo merito
Con tutta forza prese a colpirmi, uno, due, tre, sei, dieci colpi. Il culo era in fiamme.
- Puniscimi inculandomi, me lo merito, sono una mamma porca. Una cagna.
Sara e Marco ci guardavano con gli occhi sbarrati. Giovanni mi sputò nel buco del culo, si aprì la patta e prese a montarmi come una vacca, infilandomelo dentro fino in fondo fin dal primo colpo. Il dolore mi faceva colare dal piacere.
Quella sgualdrinella di Sara capì il gioco e, volendo parteciparvi, si mise al mio fianco, anche lei con la faccia sul materasso e il culo ben in alto.
- Dai papà, incula anche me. Ti voglio dentro dove non sei mai entrato.
Sentii Giovanni uscirmi dalla carne e lo vidi mettersi dietro Sara e cominciare a penetrarla.
Guardai Marco. Aveva un’erezione maestosa. Non avevo cambiato posizione e rimanevo col buco ben aperto in aria. Lo invitai a penetrarmi.
In breve io e Sara fummo cavalcate rispettivamente da figlio e padre.
Le loro sborrate ci riempirono i culi in fiamme.
Dormimmo così, sporchi e abbracciati, in quattro, nello stesso letto.
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