Il primo bacio in assoluto
di
Domenica20
genere
prime esperienze
Quel pomeriggio l’ansia c’era, ma era smorzata. L’aspettativa, la curiosità e l’eccitazione stavano distraendomi.
Stavo per incontrare quello che in chat avevo definito come “il mio Padrone”.
A casa mia madre era sospettosa perché avevo completamente alterato il modo di prepararmi.
Avevo passato molto, troppo tempo in doccia.
E poi indossavo una gonna, capo che avevo smesso di mettere tempo addietro.
L’outfit mi piaceva moltissimo. Forse perché l’aveva scelto lui.
Era una gonna davvero semplice con una camicetta smanicata.
Io avevo inserito la camicetta nella gonna e quest’ultima l’avevo tirata su.
Mamma trovò comunque inappropriata la scelta: abbassò la gonna, tirò fuori la camicia e mi diede una collana per evitare che questa si aprisse sul davanti.
La assecondai, poi una volta in ascensore ristabilii l’ordine precedente e tolsi il reggiseno cosa mai fatta prima.
Lui mi aveva avvertito: avrei subìto un cambiamento evidente nel diventare sua.
Ci eravamo sentiti nel pomeriggio. Più leggevo i suoi messaggi e più mi eccitavo.
Non facevo altro che pensare a come potesse essere e a cosa sarebbe successo.
Temevo la sua età, temevo il suo aspetto, temevo tutto ciò che di superficiale può esserci in una persona perché sapevo di essere già legata alla sua mente, alla sua essenza… e così tutto il resto, che per me fino ad allora aveva sempre contato, non avrebbe avuto rilevanza.
La sorte volle che lui fosse un bel ragazzo, ma questo non cambiò lo sbigottimento che provai nel vederlo in volto.
Era più grande di me. Non troppo, ma nemmeno poco. Lì per lì ci rimasi.
Aveva un volto simpatico, una voce squillante.
Smisi di pensare. Una parte di me voleva tornare a casa… ma non potevo. Aprendo da dentro la portiera della macchina mi stava invitando ad entrare in un mondo tutto nuovo e tutto nostro.
Ero troppo attratta da ciò che lui diceva di essere per andare via.
Andando verso la spiaggia non riuscii a staccargli gli occhi da dosso. Per quasi un mese avevo solo sentito la sua voce, e a quel punto sentivo di dover recuperare tutto.
Mi chiese se davvero volessi essere la sua sottomessa. Mi chiese cosa significasse per me la sottomissione.
Gli dissi che era totale abbandono, ma non ne ero sicura.
Ricordo di aver temuto molto il domani, qualsiasi piega avesse preso la serata: in un caso avrei perso tanto, nell’altro mi sarei buttata in qualcosa di più grande di me.
Ci sedemmo su quello che è diventato il mio scoglio preferito; il posto dove dopo, nei momenti di difficoltà, sono tornata.
Mi disse di sedermi tra le sue gambe e mi tese la mano. Ricordo di aver pensato che il suo corpo era più grande del mio, molto in altezza. Mi sentivo piccola, incredibilmente al sicuro e molto eccitata.
Forse fu il calore delle sue mani attorno alle mie, oppure la sensazione del suo corpo dietro la mia schiena… Mi sentii come se stesse assorbendo quella che oggi definirei la mia intera natura.
Non mi ero mai lasciata toccare da nessuno, neppure per un bacio a stampo. Conservavo tutto, perché mi ero sempre detta che tutto avrei dato a una sola persona. Il mio primo bacio, così, sarebbe stato un tutto o niente, simbolo della mia volontà di donarmi completamente.
Avevo capito che mai gli avrei opposto resistenza quando iniziò ad accarezzarmi le gambe e desiderai che salisse, o ancora quando le sua braccia si mossero sulla mia vita, spezzandomi il respiro.
Col pollice premette su un capezzolo e persi il controllo. Fu improvviso.
Gemetti, incurante (o ben consapevole, in realtà) delle altre persone in spiaggia che pensai si stessero accorgendo di qualcosa. Si vedeva la mutandina? Mi ero fatta sentire? C’era qualcosa, in me e lui, che ci rendeva strani agli occhi di terzi?
Mi disse che dovevo abbassare la voce, io gli risposi che non ce la facevo.
I miei sensi erano all’erta, stimolati o dalla sua mano, o dal suo profumo, o dalla sua barba, o dalla sua voce. Tutto assieme.
Quella sera fui contenta di dare il mio primo bacio. Capii che da quel momento non ci sarebbe stata via di ritorno. Era vero, sarebbe potuta finire male, ma sentivo che per lui ne sarebbe valsa la pena.
Mi baciò la fronte e io appoggiai la testa sul suo petto: ero senza fiato, inconsapevole di ciò che stava accadendo e delle prove alle quali sarei stata sottoposta.
Mi lasciai trascinare dall’eccitazione e dalla crescente fiducia che riponevo in lui.
Quando scostò la mutandina con le dita mi prese un colpo. Ero una centrale elettrica ad alta tensione e pensai di non essermi mai eccitata tanto.
Sentii le sue dita, la sua pelle calda a contatto con la mia, molto bagnata.
Mi chiese di sculettare, di togliere le mutandine, di alzare la gonna e mostrarmi una volta soli.
In auto mi ordinò di stare con le gambe aperte, e quanto mi piacque farlo!
Lì, disponibile, con la mano del mio Padrone che mi accarezzava in mezzo alle gambe.
Mi sedetti su di lui. Toccò la mia verginità, che per me era già sua, ma lui ci tenne a ricordarmelo.
Strinse il seno tra le mani, abbastanza forte da lasciare un paio di piccoli lividi che osservai con meraviglia i giorni successivi.
Poi spinse la mia testa tra le sue gambe dopo essersi slacciato il pantalone. Allora divenni sensibile al suo odore e scoprii che mi piaceva sentirlo godere.
Mi guidò passo passo a fare tutto, e io lo feci con estremo piacere, sebbene fossi un po’ contrariata per avermi impedito di venire. Ancora non capivo.
Quelle due ore divennero la festa delle mie prime volte, celebrate dopo vent’anni di ripagata attesa.
Stavo per incontrare quello che in chat avevo definito come “il mio Padrone”.
A casa mia madre era sospettosa perché avevo completamente alterato il modo di prepararmi.
Avevo passato molto, troppo tempo in doccia.
E poi indossavo una gonna, capo che avevo smesso di mettere tempo addietro.
L’outfit mi piaceva moltissimo. Forse perché l’aveva scelto lui.
Era una gonna davvero semplice con una camicetta smanicata.
Io avevo inserito la camicetta nella gonna e quest’ultima l’avevo tirata su.
Mamma trovò comunque inappropriata la scelta: abbassò la gonna, tirò fuori la camicia e mi diede una collana per evitare che questa si aprisse sul davanti.
La assecondai, poi una volta in ascensore ristabilii l’ordine precedente e tolsi il reggiseno cosa mai fatta prima.
Lui mi aveva avvertito: avrei subìto un cambiamento evidente nel diventare sua.
Ci eravamo sentiti nel pomeriggio. Più leggevo i suoi messaggi e più mi eccitavo.
Non facevo altro che pensare a come potesse essere e a cosa sarebbe successo.
Temevo la sua età, temevo il suo aspetto, temevo tutto ciò che di superficiale può esserci in una persona perché sapevo di essere già legata alla sua mente, alla sua essenza… e così tutto il resto, che per me fino ad allora aveva sempre contato, non avrebbe avuto rilevanza.
La sorte volle che lui fosse un bel ragazzo, ma questo non cambiò lo sbigottimento che provai nel vederlo in volto.
Era più grande di me. Non troppo, ma nemmeno poco. Lì per lì ci rimasi.
Aveva un volto simpatico, una voce squillante.
Smisi di pensare. Una parte di me voleva tornare a casa… ma non potevo. Aprendo da dentro la portiera della macchina mi stava invitando ad entrare in un mondo tutto nuovo e tutto nostro.
Ero troppo attratta da ciò che lui diceva di essere per andare via.
Andando verso la spiaggia non riuscii a staccargli gli occhi da dosso. Per quasi un mese avevo solo sentito la sua voce, e a quel punto sentivo di dover recuperare tutto.
Mi chiese se davvero volessi essere la sua sottomessa. Mi chiese cosa significasse per me la sottomissione.
Gli dissi che era totale abbandono, ma non ne ero sicura.
Ricordo di aver temuto molto il domani, qualsiasi piega avesse preso la serata: in un caso avrei perso tanto, nell’altro mi sarei buttata in qualcosa di più grande di me.
Ci sedemmo su quello che è diventato il mio scoglio preferito; il posto dove dopo, nei momenti di difficoltà, sono tornata.
Mi disse di sedermi tra le sue gambe e mi tese la mano. Ricordo di aver pensato che il suo corpo era più grande del mio, molto in altezza. Mi sentivo piccola, incredibilmente al sicuro e molto eccitata.
Forse fu il calore delle sue mani attorno alle mie, oppure la sensazione del suo corpo dietro la mia schiena… Mi sentii come se stesse assorbendo quella che oggi definirei la mia intera natura.
Non mi ero mai lasciata toccare da nessuno, neppure per un bacio a stampo. Conservavo tutto, perché mi ero sempre detta che tutto avrei dato a una sola persona. Il mio primo bacio, così, sarebbe stato un tutto o niente, simbolo della mia volontà di donarmi completamente.
Avevo capito che mai gli avrei opposto resistenza quando iniziò ad accarezzarmi le gambe e desiderai che salisse, o ancora quando le sua braccia si mossero sulla mia vita, spezzandomi il respiro.
Col pollice premette su un capezzolo e persi il controllo. Fu improvviso.
Gemetti, incurante (o ben consapevole, in realtà) delle altre persone in spiaggia che pensai si stessero accorgendo di qualcosa. Si vedeva la mutandina? Mi ero fatta sentire? C’era qualcosa, in me e lui, che ci rendeva strani agli occhi di terzi?
Mi disse che dovevo abbassare la voce, io gli risposi che non ce la facevo.
I miei sensi erano all’erta, stimolati o dalla sua mano, o dal suo profumo, o dalla sua barba, o dalla sua voce. Tutto assieme.
Quella sera fui contenta di dare il mio primo bacio. Capii che da quel momento non ci sarebbe stata via di ritorno. Era vero, sarebbe potuta finire male, ma sentivo che per lui ne sarebbe valsa la pena.
Mi baciò la fronte e io appoggiai la testa sul suo petto: ero senza fiato, inconsapevole di ciò che stava accadendo e delle prove alle quali sarei stata sottoposta.
Mi lasciai trascinare dall’eccitazione e dalla crescente fiducia che riponevo in lui.
Quando scostò la mutandina con le dita mi prese un colpo. Ero una centrale elettrica ad alta tensione e pensai di non essermi mai eccitata tanto.
Sentii le sue dita, la sua pelle calda a contatto con la mia, molto bagnata.
Mi chiese di sculettare, di togliere le mutandine, di alzare la gonna e mostrarmi una volta soli.
In auto mi ordinò di stare con le gambe aperte, e quanto mi piacque farlo!
Lì, disponibile, con la mano del mio Padrone che mi accarezzava in mezzo alle gambe.
Mi sedetti su di lui. Toccò la mia verginità, che per me era già sua, ma lui ci tenne a ricordarmelo.
Strinse il seno tra le mani, abbastanza forte da lasciare un paio di piccoli lividi che osservai con meraviglia i giorni successivi.
Poi spinse la mia testa tra le sue gambe dopo essersi slacciato il pantalone. Allora divenni sensibile al suo odore e scoprii che mi piaceva sentirlo godere.
Mi guidò passo passo a fare tutto, e io lo feci con estremo piacere, sebbene fossi un po’ contrariata per avermi impedito di venire. Ancora non capivo.
Quelle due ore divennero la festa delle mie prime volte, celebrate dopo vent’anni di ripagata attesa.
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