Le vacanze in onore di Saffo
di
andreaeffe
genere
saffico
Le vacanze in onore di Saffo
Come ogni estate, sono stata costretta dal mio gruppo di amici a partire per il campeggio. Immaginavo già cosa mi sarei dovuta subire: la solita gente, la stanchezza, la sveglia al mattino presto, le lunghe passeggiate, i soliti amici, la solita noia!
Desideravo novità insomma, e tutto mi aspettavo tranne che vivessi l’esperienza che mi ha cambiato la vita e che ora tengo nascosta nel mio cuore come l’avventura più strabiliante e sconvolgente che mi sia mai capitata.
Ma ecco cosa accadde.
Una sera, ero intorno al fuoco insieme a delle amiche, quando arrivò un nuovo gruppo di persone. Era strano vedere gente nuova lì, giravano in genere le stesse facce di sempre.
Io non diedi molta importanza alla cosa, la mia attenzione venne attirata solo quando mi accorsi che tutte le mie amiche non facevano che mettersi in mostra, cercando in tutti i modi di farsi notare dai ragazzi appena arrivati.
Diversamente da me, che non pensavo ad altro che a un bel letto caldo e comodo in cui riposarmi dopo quella giornata massacrante. Stavo per rifugiarmi in tenda quando ad un certo punto, mentre tutti erano presi a divertirsi, la vidi.
Notai una ragazza che continuava a fissarmi. Non era affatto male, anzi! Il suo sguardo mi incantava e fece crescere in me un desiderio che non sapevo nemmeno di possedere. Il viso dai tratti fini era di carnagione bronzea che metteva in risalto i suoi occhi verdi e luminosi. Una cas**ta di lucenti capelli color miele le incorniciava quel viso così accattivante, labbra perfette, piene e rosee spesso si incurvavano in un sorriso scoprendo una fila di perfetti denti bianchi. Bella in un modo naturale, senza trucco né inganno, dal viso seducente e un po’ bambinesco.
Aveva un bel paio di gambe snelle e lunghe, cosce sinuose, una pancia magra e morbida con un brillante piercing incastonato nell’ombelico. Seno rotondo e sodo ma non eccessivamente grande, massimo una terza misura. Forme morbide e femminili.
Quando mi voltai l’ennesima volta nella sua direzione lei era sparita.
Nei giorni successivi la rividi e la osservai, sognando di poter toccare quel suo splendido corpo. La desideravo, la volevo, volevo sentirla vicino a me. Mi sembrava una stupenda fantasia ma durò poco.
Un giorno mi passò accanto sotto un portico, con le mani nelle tasche dei jeans a vita bassa, abbassati ulteriormente. Un altro giorno la vidi parlare al bar, aveva i primi bottoni della camicetta sbottonati a lasciare la curva dei seni scoperta e le gambe accavallate, con la gonna su fino ai fianchi, continuando a sorseggiare il suo drink simulando indifferenza alle occhiate di chi passava.
Un fuoco languido mi bruciava dentro. Il desiderio di averla esplose quando la vidi con gli amici che rideva e scherzava. Un morettino alto e magrissimo la rincorreva e lei, così carina, scappava fingendo paura e strillando divertita. Correndo qua e là, la sua gonnellina corta svolazzava leggera e si sollevava provocante.
I glutei perfetti come solo la gioventù o un ottimo chirurgo plastico possono concedere e delle candide mutandine bianche così esposte attiravano gli sguardi dei presenti.
Lei era il sesso.
Tre stranieri la ammiravano senza preoccuparsi di nascondere la cosa. Un paio di inservienti continuavano a guardarla di sottecchi. Due ragazzi, visibilmente divertiti, ridevano e l’additavano commentandola. Un poliziotto la osservava dalla guardiola del campeggio. Tutti avevano l’espressione tipica di chi l’avrebbe sbattuta al muro, quella gatta selvatica, e penetrata da dietro fino a farle male.
Guardavo quel morettino che con la scusa di spaventarla le stringeva i fianchi nudi e delineati, e capivo che probabilmente avrebbe dato via auto, soldi, collezione di porno e molto più per un reciproco rapporto orale con quella splendida ragazza.
Ed ero gelosa.
La svolta arrivò durante una festa in spiaggia, la notte di Ferragosto. Avevo bevuto un po’ ma ero abbastanza lucida da essere padrona delle mie azioni. Mi sentii sfiorare la mano e un brivido mi percorse tutto il corpo non appena mi trovai lei accanto, e un minuto dopo feci quello che non avrei mai pensato di poter fare.
La seguii nel bosco e là le mie fantasie divennero realtà. Le sue dolci labbra percorsero tutto il mio corpo, accrescendo ad ogni bacio la mia voglia. Iniziò dal seno, mi strinse le rotondità, sollevò il mio top e mi leccò le aureole, la sua lingua giocava su di esse. Mi succhiava piano i capezzoli alternandoli a piccoli morsi.
Poi scese giù, sul ventre, fino alla mia intimità. Presto le dita presero il posto delle labbra, accarezzandomi con movimenti ritmici e sensuali. Io ansimavo sempre di più mentre lei si bagnava dei miei liquidi.
Fu in quell’istante che mi disse il suo nome: “Piacere…Vanessa”.
Le sue parole spezzate dall’eccitazione mi fecero godere più di tutto il resto.
Mi piegai su di lei e feci guizzare la mia lingua su tutto il suo corpo, facendo aumentare la sua eccitazione, le sorrisi maliziosa e subito dopo lei fece scivolare le sue dita dentro di me, lentamente, per poi accelerare e rallentare di nuovo, per non farmi raggiungere subito l’apice del piacere.
Restammo a lungo avvinghiare nell’oscurità finchè non vedemmo il sole spuntare.
Il giorno dopo mi aspettava il ritorno a casa e, delusa, guardai la sua tenda, ma lei non uscì.
Dentro di me sorridevo: in fondo questa vacanza non era stata poi così male.
Come ogni estate, sono stata costretta dal mio gruppo di amici a partire per il campeggio. Immaginavo già cosa mi sarei dovuta subire: la solita gente, la stanchezza, la sveglia al mattino presto, le lunghe passeggiate, i soliti amici, la solita noia!
Desideravo novità insomma, e tutto mi aspettavo tranne che vivessi l’esperienza che mi ha cambiato la vita e che ora tengo nascosta nel mio cuore come l’avventura più strabiliante e sconvolgente che mi sia mai capitata.
Ma ecco cosa accadde.
Una sera, ero intorno al fuoco insieme a delle amiche, quando arrivò un nuovo gruppo di persone. Era strano vedere gente nuova lì, giravano in genere le stesse facce di sempre.
Io non diedi molta importanza alla cosa, la mia attenzione venne attirata solo quando mi accorsi che tutte le mie amiche non facevano che mettersi in mostra, cercando in tutti i modi di farsi notare dai ragazzi appena arrivati.
Diversamente da me, che non pensavo ad altro che a un bel letto caldo e comodo in cui riposarmi dopo quella giornata massacrante. Stavo per rifugiarmi in tenda quando ad un certo punto, mentre tutti erano presi a divertirsi, la vidi.
Notai una ragazza che continuava a fissarmi. Non era affatto male, anzi! Il suo sguardo mi incantava e fece crescere in me un desiderio che non sapevo nemmeno di possedere. Il viso dai tratti fini era di carnagione bronzea che metteva in risalto i suoi occhi verdi e luminosi. Una cas**ta di lucenti capelli color miele le incorniciava quel viso così accattivante, labbra perfette, piene e rosee spesso si incurvavano in un sorriso scoprendo una fila di perfetti denti bianchi. Bella in un modo naturale, senza trucco né inganno, dal viso seducente e un po’ bambinesco.
Aveva un bel paio di gambe snelle e lunghe, cosce sinuose, una pancia magra e morbida con un brillante piercing incastonato nell’ombelico. Seno rotondo e sodo ma non eccessivamente grande, massimo una terza misura. Forme morbide e femminili.
Quando mi voltai l’ennesima volta nella sua direzione lei era sparita.
Nei giorni successivi la rividi e la osservai, sognando di poter toccare quel suo splendido corpo. La desideravo, la volevo, volevo sentirla vicino a me. Mi sembrava una stupenda fantasia ma durò poco.
Un giorno mi passò accanto sotto un portico, con le mani nelle tasche dei jeans a vita bassa, abbassati ulteriormente. Un altro giorno la vidi parlare al bar, aveva i primi bottoni della camicetta sbottonati a lasciare la curva dei seni scoperta e le gambe accavallate, con la gonna su fino ai fianchi, continuando a sorseggiare il suo drink simulando indifferenza alle occhiate di chi passava.
Un fuoco languido mi bruciava dentro. Il desiderio di averla esplose quando la vidi con gli amici che rideva e scherzava. Un morettino alto e magrissimo la rincorreva e lei, così carina, scappava fingendo paura e strillando divertita. Correndo qua e là, la sua gonnellina corta svolazzava leggera e si sollevava provocante.
I glutei perfetti come solo la gioventù o un ottimo chirurgo plastico possono concedere e delle candide mutandine bianche così esposte attiravano gli sguardi dei presenti.
Lei era il sesso.
Tre stranieri la ammiravano senza preoccuparsi di nascondere la cosa. Un paio di inservienti continuavano a guardarla di sottecchi. Due ragazzi, visibilmente divertiti, ridevano e l’additavano commentandola. Un poliziotto la osservava dalla guardiola del campeggio. Tutti avevano l’espressione tipica di chi l’avrebbe sbattuta al muro, quella gatta selvatica, e penetrata da dietro fino a farle male.
Guardavo quel morettino che con la scusa di spaventarla le stringeva i fianchi nudi e delineati, e capivo che probabilmente avrebbe dato via auto, soldi, collezione di porno e molto più per un reciproco rapporto orale con quella splendida ragazza.
Ed ero gelosa.
La svolta arrivò durante una festa in spiaggia, la notte di Ferragosto. Avevo bevuto un po’ ma ero abbastanza lucida da essere padrona delle mie azioni. Mi sentii sfiorare la mano e un brivido mi percorse tutto il corpo non appena mi trovai lei accanto, e un minuto dopo feci quello che non avrei mai pensato di poter fare.
La seguii nel bosco e là le mie fantasie divennero realtà. Le sue dolci labbra percorsero tutto il mio corpo, accrescendo ad ogni bacio la mia voglia. Iniziò dal seno, mi strinse le rotondità, sollevò il mio top e mi leccò le aureole, la sua lingua giocava su di esse. Mi succhiava piano i capezzoli alternandoli a piccoli morsi.
Poi scese giù, sul ventre, fino alla mia intimità. Presto le dita presero il posto delle labbra, accarezzandomi con movimenti ritmici e sensuali. Io ansimavo sempre di più mentre lei si bagnava dei miei liquidi.
Fu in quell’istante che mi disse il suo nome: “Piacere…Vanessa”.
Le sue parole spezzate dall’eccitazione mi fecero godere più di tutto il resto.
Mi piegai su di lei e feci guizzare la mia lingua su tutto il suo corpo, facendo aumentare la sua eccitazione, le sorrisi maliziosa e subito dopo lei fece scivolare le sue dita dentro di me, lentamente, per poi accelerare e rallentare di nuovo, per non farmi raggiungere subito l’apice del piacere.
Restammo a lungo avvinghiare nell’oscurità finchè non vedemmo il sole spuntare.
Il giorno dopo mi aspettava il ritorno a casa e, delusa, guardai la sua tenda, ma lei non uscì.
Dentro di me sorridevo: in fondo questa vacanza non era stata poi così male.
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