Quella volta in gita
di
Agraphicus
genere
etero
Credo che questa sia stata una delle esperienze più gratificanti della mia vita: andare controcorrente e pensare al proprio piacere, senza dare importanza ai commenti altrui, talvolta allusivi, soprattutto dopo aver scopato con la propria professoressa. Ma partiamo dall'inizio.
Si chiamava Anna, e al mio quinto anno di superiori aveva 46 anni: era una bella donna, carismatica e molto affabile; la prima cosa che si notava di lei era il seno prosperoso, un petto mastodontico che a stento riusciva a vincere la forza di gravità (quanti commenti con i miei compagni), ma nonostante ciò aveva anche un bel viso, con occhi chiari, e un sedere non troppo sporgente, ma presente. Durante i primi quattro anni la vedevo come una professoressa come tutte le altre, ad eccezione del sogno di poterla possedere, ma dopo essere cresciuto scattò in me un qualcosa che mi fece capire che Anna sarebbe diventata qualcosa in più di una semplice professoressa. Così incominciai a corteggiarla, prima per gioco, poi seriamente, riuscendo ad attirare la sua attenzione su di me. Tutto cambiò durante la gita di quinto anno: eravamo a Praga, e Anna era una delle professoresse che ci accompagnavano, quindi dovevo sfruttare questa opportunità. Un giorno la inondai di così tanti complimenti che lei accettò il mio gioco: mancava solo l'occasione propizia, per cui andava creata. Mi feci aiutare da un mio compagno; avevamo organizzato un piano efficace, dove lui, con le sue doti, doveva rubare dei souvenir al Castello, per poi farsi scoprire da lei durante il nostro rientro. A questo punto Anna avrebbe obbligato il mio compagno a tornare indietro insieme a lei a riconsegnare gli oggetti rubati, per poi fare rientro in hotel a raggiungere gli altri: ma al posto del mio compagno con Anna sarei dovuto andare io, così da terminare il corteggiamento e poi portarmela a letto. E così avvenne. Mentre eravamo in metro, Anna scoprì la refurtiva e obbligò il mio compagno a scendere con lei dal treno e tornare indietro. Ma il mio compagno aveva paura di fare brutta figura con gli impiegati del Castello, e implorò qualcuno di andare al posto suo. Così mi fece avanti io, e tutti si stupirono: anche Anna si stupì, ma notai il suo sguardo che aveva capito le mie vere intenzioni. "Va bene Roberto, andiamo, con voi ci vediamo in hotel", disse Anna, e insieme scendemmo dal treno e aspettammo l'altro sulla banchina opposta. "Allora, come mai ti sei sostituito al tuo compagno? Vuoi ancora continuare a riempirmi di complimenti?"; "Beh, se c'è l'occasione, questo è il momento". Parlammo a lungo, e scoprì di lei molte cose di cui non sapevo, mentre Anna rideva dei miei modi di corteggiamento. "Sai non ho mai conosciuto nessuna che riesce a leggere il pensiero degli uomini"; "Ah sì? Il mio è solo sesto senso"; "Sì certo, e vediamo. Adesso a cosa sto pensando?"; "Stai pensando al modo in cui potresti portarmi a letto". Rimasi scioccato; Anna riuscii a stupirmi ancora una volta: "Wow, non so che dire, alzo bandiera bianca"; "Io invece qualcosa da dirti ce l'ho: è davvero bello sentirsi desiderata da un uomo più giovane, e per giunta da uno studente". A questo punto si avvicinò a me, ed iniziò a baciarmi, prima con timidezza, poi con più passione: limonammo così tanto che non ci accorgemmo di aver oltrepassato la fermata di Malostranská. "Credo che non sia più importante tornare al castello, torniamo in hotel", disse Anna, e mentre cambiammo un'altra volta direzione, chiamò una sua collega, avvisandola del fatto che avremmo ritardato, e che quindi potevano uscire in centro. Io intanto l'abbracciai da dietro, e nonostante avesse il maglione e il cappotto pesante, riuscì a sentire la presenza del mio pene sul suo culo, tanto da tastare il bozzo che si era creato. "Cerca di stare calmo, abbiamo solo 15 fermate di metro davanti a noi", e con frasi di questo genere Anna continuava a farmi salire la voglia: "Più dici così e più mi eccito", le risposi. Arrivammo in hotel, e dopo aver preso la chiave della sua stanza in reception, salimmo di corsa le scale, arrivammo in camera in men che non si dica. Chiusa la porta dietro di noi, ingrifato, spinsi Anna contro il letto, mentre io iniziavo a svestirmi. Anche lei fece lo stesso, e con fare sensuale, si tolse prima i pantaloni e poi il maglione: comparve davanti ai miei occhi un completino in lingerie nero, le mutandine che coprivano la figa già umida e il reggiseno che sorreggeva due tettone maestose. "Ora rilassati e goditi lo spettacolo", disse Anna, e chinandosi (quei seni pendevano come scamorze appese), si tolse la mutandina; poi si girò e, dandomi le spalle, fece cadere a terra il reggiseno, e iniziò a far muovere a destra e sinistra le mammelle, di cui io vedevo solo i lembi. Infine si girò, e scoprì i capezzoli: l'areola era larga e di colore marroncino, e i capezzoli erano duri come chiodi. "Forse è la cosa più bella che io abbia visto in vita mia", dissi a stento di fronte a tanta bellezza. "Che fai, vuoi rimanere lì tutta la sera?", mi domandò Anna, allora subito accettai il suo invito: mi avvicinai a lei e iniziai a palparle le tettone, a soppesarle, e anche a baciarle; poi iniziai a spremerle, indugiando a leccare quei capezzoloni. Nel mentre, Anna iniziava a gemere, reclinando la testa all'indietro, e con le mani andava giù verso i miei pantaloni, scoprendo così il mio cazzo che già era duro. " Oh Roberto, non pensavo ti facessi questo effetto!", ma io non risposi, preso così tanto dalla morbidezza di quei meloni immensi; allora Anna incominciò a segarmi lentamente, talvolta scappellandomi.
Poi si inginocchiò, e prese il mio pene in bocca: una sensazione mai provata prima, Anna ingoiava l'asta fino alle palle, e si aiutava con la saliva, che a volte sputava sul cazzo, così da poter tornare a respirare. "Ohh sii prof, che sensazione stupenda, come godo"; ricevetti come risposta soltanto il rumore godurioso del pompino, di come Anna succhiava avidamente il mio pene. Poi si fermò e disse: "Chiamami solo Anna"; e subito dopo sputò un po' di saliva tra lo spacco delle due tettone, prese l'uccello e lo posizionò in mezzo. "Vediamo se riesci a resistere"; era un qualcosa di unico: il cazzo spariva in mezzo a quel ben di Dio, il cui movimento mi ipnotizzava. "Mamma mia, sono ormai cinque anni che sognavo di fare ciò"; e intanto Anna continuava questa spagnola da favola. Poi si alzò, e dopo avermi di nuovo baciato mi disse: "Adesso tocca a te, sorprendimi"; così la buttai sul letto, e misi la mia testa in mezzo alle sue gambe, e iniziai a leccarle la figa. Era davvero bagnata di umori, e ad ogni colpo di lingua sul clitoride, Anna gemeva ed orgasmava, stringendo le gambe e facendomi quasi soffocare. Poi la tirai verso di me, al bordo del letto, e infilai l'uccello duro nella vagina: " Oh sì, sei dentro di me, scopami"; e incominciai a penetrarla, dapprima gradualmente, poi più velocemente, curioso di voler vedere quelle mammellone danzare al ritmo. Era meraviglioso: stavo scopando la professoressa dei miei sogni, che si contorceva dalla goduria a causa dei miei colpi. Volle prendere, ancora una volta in bocca il pene, poi si sdraiò sul fianco e mi invitò di nuovo a penetrarla da dietro: "Ah sì, Roberto, continua più forte"; e la stantuffavo, mentre con la mano strizzavo uno di quei morbidi meloni. Infine, con ancora il cazzo dentro di lei, la feci mettere a pecorina, così da chiavarla più prepotentemente: "Mhh, si Roberto vai, spingi, oohh"; "Sii, come è godurioso scoparti, ahh". E continuavo a pomparla forte, con le tettone che ballavano avanti e indietro, seguendo il movimento oscillatorio e candenzato: "Anna, non resisto più, sto per venire"; "Sì, vai, riempimi tutta, godo". Dopo un ultimo affondo, le allagai la figa con calda sborra, mentre io mi adagiato sulla sua schiena, e con le mani spremevo ancora quei seni pieni che così tanto adoravo. "È stata la mezz'ora più gratificante della mia vita", la ringraziai, e subito dopo la baciai; poi, staccatomi da lei, scesi dal letto e presi le mie cose per cambiarmi e tornare in camera, ma Anna domandò: "Già te ne vai? Resta ancora un po'. Gli altri sono in giro per la città, e torneranno per cena. E poi c'è una bella vasca nel bagno, puoi lavarti qui, così sei più comodo". A queste parole capii davvero quanto la mia professoressa tenesse a me, per cui accettai l'invito e mi risistemai accanto a lei sul letto: ci accoccolammo come due innamorati, nudi, con l'odore dei nostri umori misto al sudore. "Wow, questo non è un bagno, è una reggia!"; aveva ragione: il bagno era davvero grande, e al suo interno era presente un'enorme vasca, in cui potevano starci almeno tre persone. Riempii la vasca di acqua calda, entrai, e mi distesi appoggiando la testa sul bordo; non passarono nemmeno cinque minuti che Anna mi raggiunse: sembrava ancora più bella di quando l'ho lasciata nella stanza. "Rilassati Roberto, d'ora in poi a te ci penso io"; entrò anche lei e si posizionò accanto a me: le sue mammellone erano all'altezza del mio volto, e così potei ciucciare quei capezzoloni così grandi, mentre le sue mani massaggiavano il pisello nell'acqua, che già era ritornato duro. "Uhh Anna, temo di non poter fare a meno di te, ahh"; "Sai Roberto, penso la stessa cosa anche io", e intanto si mise a cavalcioni su di me e cominciò a cavalcare il cazzo, che non voleva saperne di afflosciarsi. Fu un altro quarto d'ora di passione: prima venni di nuovo dentro di lei, poi ci lavammo seriamente, scambiandoci comunque effusioni di vario tipo (strusciate varie, palpamenti a vicenda, limoni etc.). Alla fine della serata ci eravamo ripromessi di passare momenti come questo, e, certamente, ce ne sarebbero stati.
Si chiamava Anna, e al mio quinto anno di superiori aveva 46 anni: era una bella donna, carismatica e molto affabile; la prima cosa che si notava di lei era il seno prosperoso, un petto mastodontico che a stento riusciva a vincere la forza di gravità (quanti commenti con i miei compagni), ma nonostante ciò aveva anche un bel viso, con occhi chiari, e un sedere non troppo sporgente, ma presente. Durante i primi quattro anni la vedevo come una professoressa come tutte le altre, ad eccezione del sogno di poterla possedere, ma dopo essere cresciuto scattò in me un qualcosa che mi fece capire che Anna sarebbe diventata qualcosa in più di una semplice professoressa. Così incominciai a corteggiarla, prima per gioco, poi seriamente, riuscendo ad attirare la sua attenzione su di me. Tutto cambiò durante la gita di quinto anno: eravamo a Praga, e Anna era una delle professoresse che ci accompagnavano, quindi dovevo sfruttare questa opportunità. Un giorno la inondai di così tanti complimenti che lei accettò il mio gioco: mancava solo l'occasione propizia, per cui andava creata. Mi feci aiutare da un mio compagno; avevamo organizzato un piano efficace, dove lui, con le sue doti, doveva rubare dei souvenir al Castello, per poi farsi scoprire da lei durante il nostro rientro. A questo punto Anna avrebbe obbligato il mio compagno a tornare indietro insieme a lei a riconsegnare gli oggetti rubati, per poi fare rientro in hotel a raggiungere gli altri: ma al posto del mio compagno con Anna sarei dovuto andare io, così da terminare il corteggiamento e poi portarmela a letto. E così avvenne. Mentre eravamo in metro, Anna scoprì la refurtiva e obbligò il mio compagno a scendere con lei dal treno e tornare indietro. Ma il mio compagno aveva paura di fare brutta figura con gli impiegati del Castello, e implorò qualcuno di andare al posto suo. Così mi fece avanti io, e tutti si stupirono: anche Anna si stupì, ma notai il suo sguardo che aveva capito le mie vere intenzioni. "Va bene Roberto, andiamo, con voi ci vediamo in hotel", disse Anna, e insieme scendemmo dal treno e aspettammo l'altro sulla banchina opposta. "Allora, come mai ti sei sostituito al tuo compagno? Vuoi ancora continuare a riempirmi di complimenti?"; "Beh, se c'è l'occasione, questo è il momento". Parlammo a lungo, e scoprì di lei molte cose di cui non sapevo, mentre Anna rideva dei miei modi di corteggiamento. "Sai non ho mai conosciuto nessuna che riesce a leggere il pensiero degli uomini"; "Ah sì? Il mio è solo sesto senso"; "Sì certo, e vediamo. Adesso a cosa sto pensando?"; "Stai pensando al modo in cui potresti portarmi a letto". Rimasi scioccato; Anna riuscii a stupirmi ancora una volta: "Wow, non so che dire, alzo bandiera bianca"; "Io invece qualcosa da dirti ce l'ho: è davvero bello sentirsi desiderata da un uomo più giovane, e per giunta da uno studente". A questo punto si avvicinò a me, ed iniziò a baciarmi, prima con timidezza, poi con più passione: limonammo così tanto che non ci accorgemmo di aver oltrepassato la fermata di Malostranská. "Credo che non sia più importante tornare al castello, torniamo in hotel", disse Anna, e mentre cambiammo un'altra volta direzione, chiamò una sua collega, avvisandola del fatto che avremmo ritardato, e che quindi potevano uscire in centro. Io intanto l'abbracciai da dietro, e nonostante avesse il maglione e il cappotto pesante, riuscì a sentire la presenza del mio pene sul suo culo, tanto da tastare il bozzo che si era creato. "Cerca di stare calmo, abbiamo solo 15 fermate di metro davanti a noi", e con frasi di questo genere Anna continuava a farmi salire la voglia: "Più dici così e più mi eccito", le risposi. Arrivammo in hotel, e dopo aver preso la chiave della sua stanza in reception, salimmo di corsa le scale, arrivammo in camera in men che non si dica. Chiusa la porta dietro di noi, ingrifato, spinsi Anna contro il letto, mentre io iniziavo a svestirmi. Anche lei fece lo stesso, e con fare sensuale, si tolse prima i pantaloni e poi il maglione: comparve davanti ai miei occhi un completino in lingerie nero, le mutandine che coprivano la figa già umida e il reggiseno che sorreggeva due tettone maestose. "Ora rilassati e goditi lo spettacolo", disse Anna, e chinandosi (quei seni pendevano come scamorze appese), si tolse la mutandina; poi si girò e, dandomi le spalle, fece cadere a terra il reggiseno, e iniziò a far muovere a destra e sinistra le mammelle, di cui io vedevo solo i lembi. Infine si girò, e scoprì i capezzoli: l'areola era larga e di colore marroncino, e i capezzoli erano duri come chiodi. "Forse è la cosa più bella che io abbia visto in vita mia", dissi a stento di fronte a tanta bellezza. "Che fai, vuoi rimanere lì tutta la sera?", mi domandò Anna, allora subito accettai il suo invito: mi avvicinai a lei e iniziai a palparle le tettone, a soppesarle, e anche a baciarle; poi iniziai a spremerle, indugiando a leccare quei capezzoloni. Nel mentre, Anna iniziava a gemere, reclinando la testa all'indietro, e con le mani andava giù verso i miei pantaloni, scoprendo così il mio cazzo che già era duro. " Oh Roberto, non pensavo ti facessi questo effetto!", ma io non risposi, preso così tanto dalla morbidezza di quei meloni immensi; allora Anna incominciò a segarmi lentamente, talvolta scappellandomi.
Poi si inginocchiò, e prese il mio pene in bocca: una sensazione mai provata prima, Anna ingoiava l'asta fino alle palle, e si aiutava con la saliva, che a volte sputava sul cazzo, così da poter tornare a respirare. "Ohh sii prof, che sensazione stupenda, come godo"; ricevetti come risposta soltanto il rumore godurioso del pompino, di come Anna succhiava avidamente il mio pene. Poi si fermò e disse: "Chiamami solo Anna"; e subito dopo sputò un po' di saliva tra lo spacco delle due tettone, prese l'uccello e lo posizionò in mezzo. "Vediamo se riesci a resistere"; era un qualcosa di unico: il cazzo spariva in mezzo a quel ben di Dio, il cui movimento mi ipnotizzava. "Mamma mia, sono ormai cinque anni che sognavo di fare ciò"; e intanto Anna continuava questa spagnola da favola. Poi si alzò, e dopo avermi di nuovo baciato mi disse: "Adesso tocca a te, sorprendimi"; così la buttai sul letto, e misi la mia testa in mezzo alle sue gambe, e iniziai a leccarle la figa. Era davvero bagnata di umori, e ad ogni colpo di lingua sul clitoride, Anna gemeva ed orgasmava, stringendo le gambe e facendomi quasi soffocare. Poi la tirai verso di me, al bordo del letto, e infilai l'uccello duro nella vagina: " Oh sì, sei dentro di me, scopami"; e incominciai a penetrarla, dapprima gradualmente, poi più velocemente, curioso di voler vedere quelle mammellone danzare al ritmo. Era meraviglioso: stavo scopando la professoressa dei miei sogni, che si contorceva dalla goduria a causa dei miei colpi. Volle prendere, ancora una volta in bocca il pene, poi si sdraiò sul fianco e mi invitò di nuovo a penetrarla da dietro: "Ah sì, Roberto, continua più forte"; e la stantuffavo, mentre con la mano strizzavo uno di quei morbidi meloni. Infine, con ancora il cazzo dentro di lei, la feci mettere a pecorina, così da chiavarla più prepotentemente: "Mhh, si Roberto vai, spingi, oohh"; "Sii, come è godurioso scoparti, ahh". E continuavo a pomparla forte, con le tettone che ballavano avanti e indietro, seguendo il movimento oscillatorio e candenzato: "Anna, non resisto più, sto per venire"; "Sì, vai, riempimi tutta, godo". Dopo un ultimo affondo, le allagai la figa con calda sborra, mentre io mi adagiato sulla sua schiena, e con le mani spremevo ancora quei seni pieni che così tanto adoravo. "È stata la mezz'ora più gratificante della mia vita", la ringraziai, e subito dopo la baciai; poi, staccatomi da lei, scesi dal letto e presi le mie cose per cambiarmi e tornare in camera, ma Anna domandò: "Già te ne vai? Resta ancora un po'. Gli altri sono in giro per la città, e torneranno per cena. E poi c'è una bella vasca nel bagno, puoi lavarti qui, così sei più comodo". A queste parole capii davvero quanto la mia professoressa tenesse a me, per cui accettai l'invito e mi risistemai accanto a lei sul letto: ci accoccolammo come due innamorati, nudi, con l'odore dei nostri umori misto al sudore. "Wow, questo non è un bagno, è una reggia!"; aveva ragione: il bagno era davvero grande, e al suo interno era presente un'enorme vasca, in cui potevano starci almeno tre persone. Riempii la vasca di acqua calda, entrai, e mi distesi appoggiando la testa sul bordo; non passarono nemmeno cinque minuti che Anna mi raggiunse: sembrava ancora più bella di quando l'ho lasciata nella stanza. "Rilassati Roberto, d'ora in poi a te ci penso io"; entrò anche lei e si posizionò accanto a me: le sue mammellone erano all'altezza del mio volto, e così potei ciucciare quei capezzoloni così grandi, mentre le sue mani massaggiavano il pisello nell'acqua, che già era ritornato duro. "Uhh Anna, temo di non poter fare a meno di te, ahh"; "Sai Roberto, penso la stessa cosa anche io", e intanto si mise a cavalcioni su di me e cominciò a cavalcare il cazzo, che non voleva saperne di afflosciarsi. Fu un altro quarto d'ora di passione: prima venni di nuovo dentro di lei, poi ci lavammo seriamente, scambiandoci comunque effusioni di vario tipo (strusciate varie, palpamenti a vicenda, limoni etc.). Alla fine della serata ci eravamo ripromessi di passare momenti come questo, e, certamente, ce ne sarebbero stati.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Un'amorevole zia
Commenti dei lettori al racconto erotico