Mos Maiorum Plotumni - Parte Seconda
di
Agraphicus
genere
incesti
A fine anno 82, i Plotumnio ritornarono ad essere in tre: a dicembre nacque Valerio, figlio di Fulvia e di suo figlio Marco. Il periodo della gravidanza fu piacevole, soprattutto perché la maggior parte del tempo fu trascorsa in estate. Fulvia, accudita da Domizia e dal suo amore Marco, visse un periodo molto tranquillo e quasi si dimenticò che suo marito non c'era più; l'unica cosa che gli mancava era stare in intimità con Marco: Domizia, avendo servito alcune donne patrizie di Porfirium come allevatrice, ammonì Fulvia, raccomandandola di non avere rapporti con Marco. Avrebbe potuto fare male al bambino che portava in grembo. A causa dell'astinenza, non vedeva l'ora di ritornare tra le braccia di Marco e scoparlo come faceva nove mesi prima. L'occasione non mancò qualche settimana dopo il parto. Mentre Fulvia allattava il piccolo Valerio, Marco, tornato da una battuta di caccia, rimase estasiato di fronte l'atto materno: i seni della madre, di norma già grandi, sembravano ancora più grandi, e le areole avevano mutato colore dal marroncino al marrone scuro. Avvicinatosi Marco si chinò e diede un bacio passionale a Fulvia. "Come sei bella quando ti prendi cura di nostro figlio.." "Sono bella io o le mie tette?!" "Entrambe". Visto che Valerio si era addormentato, Fulvia lo ripose nella culla e sedutasi dove era prima, ricevette un massaggio sensuale da Marco che le era dietro. Le mani dapprima prendevano la zona della cervicale e via via si spostavano lungo le spalle; scendendo lungo il petto, toccavano le due tettone nude e osavano stimolare i capezzoli che continuavano a perdere latte. Presa dall'eccitazione, Fulvia si girò, e mentre il figlio continuava a massaggiarla, tirò fuori il pene e iniziò un fantastico pompino. "Ahh sii mamma, da quanto tempo non sentivo questa sensazione". Marco, fuori di sé, iniziò a spremere i meloni della madre, spruzzando ovunque il latte, facendo godere la madre. "Oh si Marco, mi vuoi far morire". Messo in sesto il pene di Marco, Fulvia si alzò e, spogliatasi, si mise a cavalcioni sul cazzo del figlio e iniziò a cavalcarlo. "Ohh, per Giove, che bello, da quanto tempo aspettavo questo momento. Ahhh". Il ritmo, dapprima lento e cadenzato, iniziò a velocizzarsi, e mentre Fulvia saltava sull'uccello di Marco, lui la teneva ferma dal culo, sentendo il vigore della madre. Stanco della posizione, prese lui l'iniziativa e la buttò sul giaciglio, continuando a penetrarla: la posizione gli consentiva di ciucciare quei capezzoloni e di gustare il latte. "Ahh Marco, godo, non bere tutto il latte, è di Valerio. Ohh si". "Oh mamma, volevo solo assaggiarne un po', non ricordavo il sapore, ahh". Per non incappare in un'altra gravidanza, Marco tirò fuori il pene da dentro sua madre che lo prese tra le sue immense bocce e iniziò una bella spagnola. "Ahh mamma, ti amo, sono felice. Ahh si, sto per venire, ohh". "Oh Marco, anche io ti amo, sii vieni, vieni sulle mie tettone dai". "Ecco vengo, AHHHH, AAAAHHHH". Come al solito, con copiosi schizzi, Marco imbiancò i grandi seni di Fulvia che, dopo l'intensa scopata, massaggiò proprio con lo sperma del figlio, quasi fosse una crema lenitiva. "Marco ti voglio sempre accanto a me e nostro figlio". "Si mamma, saremo sempre insieme!"
65 a.C.: sono passati diciassette anni da quando tutto è iniziato, la morte di Publio, l'amore tra Marco e Fulvia, la nascita di Valerio. Da un po' di anni, i Plotumnio erano tornati a Roma nella loro domus: ormai non correvano nessun pericolo, Silla e i suoi seguaci erano morti e ora si respirava un po' di pace nell'Urbe. Marco Plotumnio era un affermato magistrato ed era tutto il giorno ad esercitare la sua professione nel foro. Al suo ritorno, aveva conosciuto Cicerone, anch'egli scampato alla persecuzione di Silla e che ambiva a diventare console. L'avvocato riuscì a istruirlo a modo sulla giustizia e in poco tempo Marco diventò magistrato. Intanto Fulvia, tornata alla vita di prima, si dedicava alla cura della casa e alla vita domestica, soprattutto ad istruire Valerio, che aveva da poco compiuto 17 anni e ricevuto da poco la toga virilis. Fulvia era ancora apprezzata nonostante avesse avuto un figlio da suo figlio: dopo la caduta di Silla, Roma si è aperta a nuove culture e tradizioni, senza ovviamente oltrepassare i costumi e il decoro. Sebbene fosse invecchiata (aveva già 54 anni) rimaneva una gran bella donna, anche se già si notavano i lineamenti di una donna matura: qualche lieve ruga sui lineamenti del volto, un po' più appesantita ma non eccessivamente, i seni un po' cadenti ma sempre grandi (ancora la parte preferita di Marco). I suoi cambiamenti li aveva notati, oltre a Marco, anche Valerio: il secondo figlio di Fulvia era un po' più timido di Marco quando aveva la sua età, ma non era uno scellerato in campo sessuale. Anche lui, come il padre, vedeva nella mamma una preda da gustare, ma la sua timidezza e inesperienza lo debilitavano molto. E così, vedendolo sconfortato, Fulvia lo aiutava ad uscire da quel guscio e ad aprirsi un po'. "Dai Valerio, i tuoi amici ti vogliono bene, e sono sicura che qualche ragazza ti ha buttato l'occhio". "Ma dai mamma, sai benissimo che appena parlo con una ragazza inizio a balbettare". "E questo accade perché tu non hai avuto mai esperienze aperte con delle ragazze..." "E cosa si prova?" "Eh, emozioni forti, che solo una donna può darti". A queste parole, Valerio arrossì e dopo aver ricevuto una carezza sul viso dalla madre, ne ricevette un'altra all'altezza del pube. Fulvia lo stava ammaestrando all'ars amatoria: dopo averlo accarezzato, il cazzo di Valerio si destò sull'attenti e in un secondo era già tra le mani di Fulvia che lo lavorava per una sega. "Ah mamma, si prova ciò quando si sta con una donna?" "Si, anche se dipende: ti può piacere di più se davvero quella donna ti piace". "In questo momento mi piace tantissimo, ahh". Valerio era in estasi e non credeva a ciò che stava avvenendo: sua madre lo segava mentre lui era seduto su un triclinio. Per facilitare il lavoro, Fulvia lubrificò il cazzo con un po' della sua saliva e mentre segava Valerio, tirò fuori le grandi mammelle: subito Valerio ne acciuffò una, palpandola e massaggiandola. "Mhh Valerio, non stai andando male.." "Ah mamma, neanche tu, uhh." Vedendo che Valerio si muoveva non poco all'altezza del bacino, Fulvia intuì che stava venendo e avvicinatasi ancora di più a lui, mise le tettone a mo' di davanzale, così che il ragazzo venisse sopra di esse. Neanche un minuto che il cazzo di Valerio esplose come un vulcano, riempiendo le tettone della madre che assaggiò il primo seme del ragazzo. "Ah mamma, grazie, ti voglio bene". "Mh Valerio, anche io te ne voglio. Mi raccomando, questo è un nostro segreto e non capiterà più." Dopo quel pomeriggio, Valerio si aprì molto, sia con i suoi cari, sia con i suoi amici e sembrava sempre più contento. Intanto in quei giorni, Marco era nervoso a causa di un processo difficile: doveva giudicare il governatore d'Africa Lucio Sergio Catilina, accusato di concussione; uomo sinistro, costui era accusato anche da Cicerone, affinché non potesse candidarsi al consolato. Per accrescere i consensi, Catilina aveva stretto patti con gli ultimi seguaci di Silla, caduti in disgrazia (serpeggiava, infatti, il progetto della congiura scoperta anni dopo). Marco si battè molto affinché Catilina venisse condannato, ma questi ne uscì assolto, anche se ormai aveva perso la possibilità di candidarsi. Marco non era tranquillo: aveva paura di subire una ritorsione nei suoi confronti. "Ma dai amore, cosa potrà succederti, non sei stato tu ad assolvere Catilina?" "Si, ma solo perché non avevo le prove giuste che potevano incastrarlo. E ora lui ha il dente avvelenato, perché a causa del processo non può presentare la candidatura a console". "Ma tu devi stare tranquillo, ne hai parlato con Marco (Cicerone)?" "Si, e anche lui non sospetta nulla, anche se è consapevole che Catilina è un delinquente. Tu cosa dici ma?" "Io dico che non ci devi pensare, e poi sei troppo agitato, devi scaricare un po' di tensione..." Marco e Fulvia non passavano una serata insieme da molto tempo, e la donna era sempre pronta a confortare il figlio e amore, anche con prestazioni particolari. Dopo quel dialogo, Fulvia ne approfittò e, denudatasi nella parte superiore, mise in mezzo alle sue tettone il pene di Marco che a poco a poco si rilassava sulla sedia. "Ahh, tu sai come trattarmi amore". "Eh si, altrimenti che madre sarei". Così iniziò una delle spagnole più impegnative della sua vita: nonostante il cazzo si fosse impennato, spariva in mezzo l'abbondanza delle mammelle di Fulvia che a sprazzi Marco spremeva e massaggiava. Il movimento, quasi ipnotizzante, si faceva sempre più veloce e l'uccello, bagnato anche dalla saliva di Fulvia, scivolava veloce nello spacco tra i due seni morbidi e grandi. "Ah mamma, non dimenticherò mai le tue bambine, ahh come godo, ohh". Solo dopo pochi istanti, Marco emise un sospiro di piacere: era venuto in mezzo allo spacco dei meloni materni che nascondevano all'interno il denso sperma che andava a contatto tra le due tettone. Dopo un bacio passionale, Marco accompagnò la madre nei balnea perché si lavasse, ma i due finirono per fare sesso nella vasca, così da terminare in bellezza la serata. Nessuno dei due sapeva che quella sera sarebbe stata la loro ultima notte di passione. Da alcuni giorni Marco non si presentava a casa: alcune pattuglie di vigiles erano alla ricerca del magistrato che, stranamente, aveva fatto perdere le sue tracce; si mise alla ricerca anche Valerio, che ogni mezz'ora tornava a casa ad aggiornare la madre. Durante il quarto giorno di ricerche, un gruppo di uomini denunciò il ritrovamento di un corpo in un terreno fuori città, nei pressi della zona di Suburra. Tutti quanti allora, anche Valerio e Fulvia, si precipitarono sul luogo per accertarsi se si trattasse di Marco: il cadavere era vestito allo stesso modo, ma nessuno aveva avuto il coraggio di girarlo (era a terra col viso rivolto a terra). Arrivati anche i vigiles, si iniziarono le operazioni di riconoscimento e una scoperta macabra ammutolì tutti: era proprio lui, Marco Plotumnio, il magistrato di appena 34 anni che aveva osato sfidare i poteri alti della Repubblica. Secondo coloro che hanno indagato, pare sia stato sequestrato da un gruppo di uomini, torturato e poi ucciso con diversi colpi di spada. Vedendo il padre senza vita, Valerio si buttò su di lui piangendo disperato e cercando di abbracciarlo, ma fu trattenuto dai suoi amici, per non creare scandalo. D'altro canto fu la reazione di Fulvia: se per la morte di Publio si disperò enormemente, appena vide il corpo sfigurato del suo primo figlio e suo amante, scoppiò in lacrime ma contenute, e non disse nulla; a differenza di Valerio, lei fu fatta avvicinare e, chinatasi a sopra di lui, gli diede un bacio a stampo. Poi il silenzio. Divenuto console Cicerone, promise a Fulvia e a Valerio di trovare i colpevoli (anche se aveva già un'idea) e organizzò un funerale con tutti gli onori, declamando un panegirico in suo onore e del padre Publio. I giorni dopo, Fulvia manteneva sempre il silenzio, ma parlava soltanto con Valerio: il ragazzo era sempre con lei, e si confortavano a vicenda, proprio come accadde diciassette anni prima tra lei e Marco dopo la morte di Publio. "Povero figlio e amore mio, come lo hanno ucciso. Solo perché aveva esercitato il suo lavoro. Ora non è più tempo di passioni, l'amore mio non c'è più. Siamo solo io e te adesso Valerio". Valerio aveva paura che sua madre senza un uomo accanto a lei si lasciasse andare, e così decise, un po' di settimane dopo la morte di Marco, di presentargli alcuni uomini che potessero aiutarla con il suo problema. Ma Fulvia non parlava, e si negava ai loro occhi, portando avanti le proprie tesi: "Valerio, io ti ringrazio per quello che stai facendo per me, ma tuo padre è insostituibile, soltanto le persone che lo conoscevano bene come me possono capirmi". "Mamma, ma meglio di me che sono suo figlio, chi può capirlo?" "Hai ragione figlio mio. Scusa, sono stata cieca". Da quel dialogo, Fulvia ne uscì quasi rinata: il giorno dopo smise di vestire gli abiti del lutto e ritornò a sorridere e a stare in mezzo alla gente, e comprese che era merito di Valerio se stava così. Vide in lui una speranza, un nuovo Marco, forse più carismatico: si accorse che Valerio teneva davvero a lei, forse più del figlio defunto che tanto aveva amato. Così una sera decise di organizzare una cena per ringraziarlo ancora. "Mamma, non sei tu a dovermi ringraziare, ma io devo ringraziare te per tutto quello che mi hai dato, insieme a mio padre". "Valerio, sai che non è vero, in questo mese mi hai aperto gli occhi, prima ero accecata dal dolore e ora sono una nuova persona. Ho capito davvero quanto tieni a me". Così Fulvia si alzò dal suo posto e raggiunse Valerio, dandogli un bacio: all'inizio il ragazzo, non sapendo cosa fare, rimase con la bocca chiusa, ma dopo pochi istanti concesse la sua lingua a quella di sua madre. I due limonarono amorevolmente e pian piano, ancora con le bocche incollate si alzarono e raggiunsero il triclinio nel soggiorno, proprio quel triclinio dove Valerio fu ammaestrato da Fulvia. Madre e figlio si sdraiarono uno sopra l'altro: mentre Valerio cercava di spogliare sua madre, Fulvia raggiungeva con la mano le sue parti basse, iniziando a massaggiare le palle. "Ah Valerio, grazie". "No mamma, grazie a te". Dopo la bocca, Valerio iniziò a baciare ogni centimetro del corpo di Fulvia, che intanto ansimava dal piacere: scendendo arrivò alle grandi tette, pronte ad accogliere un altro figlio, e iniziò a baciarle e a succhiare i capezzoli. "Mamma, che tettone che hai, ci vorrei passare il resto dei miei giorni". "Ahh Valerio, anche tuo padre e prima ancora tuo nonno dicevano così. Vai, prendile tutte, sii". Intanto, anch'egli denudato, scendendo arrivò col pene all'entrata della fica che già era bagnata di umori, e non con difficoltà si fece strada nella cavea materna. "Ahhh sii, sono dentro mia madre". "Oh si, Valerio, pompami, fammi tua". Valerio non se lo fece ripetere due volte e iniziò a fottere Fulvia con un grande ritmo, sdraiato sopra di lei mentre continuava a baciare quel ventre che l'aveva generato. Intanto con le mani si accarezzava il viso della madre, che intanto ululava di piacere sotto i colpi del figlio. "Vai, sii, continua, non fermarti, ohh come godo". "Sii mamma, sei mia, ahh". Stanco della posizione, Valerio riuscì a mettersi supino sul triclinio, mentre Fulvia gli stava sopra e prese a cavalcarlo: mentre saltava sul suo uccello, le enormi bocce rimbalzavano da tutte le parti e, quasi fosse ipnotizzato, Valerio allungò le mani per tastarle e spremerle. Dopo un po', partecipò anche lui attivamente alla penetrazione, alzandosi con la parte superiore del corpo e cingendo Fulvia che era ancora a cavalcioni: sentiva le tettone premere sul suo petto, e mentre baciava la madre, le mani andavano a toccare quel culo che rimaneva bello sodo e morbido. "Oh si Valerio, che bello, non scopavo così da una vita". "Ahh mamma, non mi far arrossire, uh, che goduria." Stremata, Fulvia si staccò da Valerio per assaporare il pene che era un po' più grande di quello di Marco: il pompino non era profondo, tuttavia riusciva a far godere Valerio, che sentendo che stava per venire, prese la madre e la fece mettere a pecorina, pronta per gli ultimi colpi decisivi. "Ohh mamma, non c'è la faccio più, sto per venire, ti amo mamma ahhh". "Ohh amore, sii, vieni, vieni dentro tua madre ahh". Mamma e figlio, come due usignoli innamorati, gridarono di piacere per il loro amore e Valerio, aggrappato alle tettone di Fulvia, riversò una grande quantità di sperma nella fica di sua madre. "AAAHHHH SII, così..." I due, dopo aver vissuto questo momento di passione, rimasero immobili per un po', come per ricordare cosa avevano fatto per ripartire dopo la morte di Marco, per ricominciare un nuovo capitolo della loro vita
65 a.C.: sono passati diciassette anni da quando tutto è iniziato, la morte di Publio, l'amore tra Marco e Fulvia, la nascita di Valerio. Da un po' di anni, i Plotumnio erano tornati a Roma nella loro domus: ormai non correvano nessun pericolo, Silla e i suoi seguaci erano morti e ora si respirava un po' di pace nell'Urbe. Marco Plotumnio era un affermato magistrato ed era tutto il giorno ad esercitare la sua professione nel foro. Al suo ritorno, aveva conosciuto Cicerone, anch'egli scampato alla persecuzione di Silla e che ambiva a diventare console. L'avvocato riuscì a istruirlo a modo sulla giustizia e in poco tempo Marco diventò magistrato. Intanto Fulvia, tornata alla vita di prima, si dedicava alla cura della casa e alla vita domestica, soprattutto ad istruire Valerio, che aveva da poco compiuto 17 anni e ricevuto da poco la toga virilis. Fulvia era ancora apprezzata nonostante avesse avuto un figlio da suo figlio: dopo la caduta di Silla, Roma si è aperta a nuove culture e tradizioni, senza ovviamente oltrepassare i costumi e il decoro. Sebbene fosse invecchiata (aveva già 54 anni) rimaneva una gran bella donna, anche se già si notavano i lineamenti di una donna matura: qualche lieve ruga sui lineamenti del volto, un po' più appesantita ma non eccessivamente, i seni un po' cadenti ma sempre grandi (ancora la parte preferita di Marco). I suoi cambiamenti li aveva notati, oltre a Marco, anche Valerio: il secondo figlio di Fulvia era un po' più timido di Marco quando aveva la sua età, ma non era uno scellerato in campo sessuale. Anche lui, come il padre, vedeva nella mamma una preda da gustare, ma la sua timidezza e inesperienza lo debilitavano molto. E così, vedendolo sconfortato, Fulvia lo aiutava ad uscire da quel guscio e ad aprirsi un po'. "Dai Valerio, i tuoi amici ti vogliono bene, e sono sicura che qualche ragazza ti ha buttato l'occhio". "Ma dai mamma, sai benissimo che appena parlo con una ragazza inizio a balbettare". "E questo accade perché tu non hai avuto mai esperienze aperte con delle ragazze..." "E cosa si prova?" "Eh, emozioni forti, che solo una donna può darti". A queste parole, Valerio arrossì e dopo aver ricevuto una carezza sul viso dalla madre, ne ricevette un'altra all'altezza del pube. Fulvia lo stava ammaestrando all'ars amatoria: dopo averlo accarezzato, il cazzo di Valerio si destò sull'attenti e in un secondo era già tra le mani di Fulvia che lo lavorava per una sega. "Ah mamma, si prova ciò quando si sta con una donna?" "Si, anche se dipende: ti può piacere di più se davvero quella donna ti piace". "In questo momento mi piace tantissimo, ahh". Valerio era in estasi e non credeva a ciò che stava avvenendo: sua madre lo segava mentre lui era seduto su un triclinio. Per facilitare il lavoro, Fulvia lubrificò il cazzo con un po' della sua saliva e mentre segava Valerio, tirò fuori le grandi mammelle: subito Valerio ne acciuffò una, palpandola e massaggiandola. "Mhh Valerio, non stai andando male.." "Ah mamma, neanche tu, uhh." Vedendo che Valerio si muoveva non poco all'altezza del bacino, Fulvia intuì che stava venendo e avvicinatasi ancora di più a lui, mise le tettone a mo' di davanzale, così che il ragazzo venisse sopra di esse. Neanche un minuto che il cazzo di Valerio esplose come un vulcano, riempiendo le tettone della madre che assaggiò il primo seme del ragazzo. "Ah mamma, grazie, ti voglio bene". "Mh Valerio, anche io te ne voglio. Mi raccomando, questo è un nostro segreto e non capiterà più." Dopo quel pomeriggio, Valerio si aprì molto, sia con i suoi cari, sia con i suoi amici e sembrava sempre più contento. Intanto in quei giorni, Marco era nervoso a causa di un processo difficile: doveva giudicare il governatore d'Africa Lucio Sergio Catilina, accusato di concussione; uomo sinistro, costui era accusato anche da Cicerone, affinché non potesse candidarsi al consolato. Per accrescere i consensi, Catilina aveva stretto patti con gli ultimi seguaci di Silla, caduti in disgrazia (serpeggiava, infatti, il progetto della congiura scoperta anni dopo). Marco si battè molto affinché Catilina venisse condannato, ma questi ne uscì assolto, anche se ormai aveva perso la possibilità di candidarsi. Marco non era tranquillo: aveva paura di subire una ritorsione nei suoi confronti. "Ma dai amore, cosa potrà succederti, non sei stato tu ad assolvere Catilina?" "Si, ma solo perché non avevo le prove giuste che potevano incastrarlo. E ora lui ha il dente avvelenato, perché a causa del processo non può presentare la candidatura a console". "Ma tu devi stare tranquillo, ne hai parlato con Marco (Cicerone)?" "Si, e anche lui non sospetta nulla, anche se è consapevole che Catilina è un delinquente. Tu cosa dici ma?" "Io dico che non ci devi pensare, e poi sei troppo agitato, devi scaricare un po' di tensione..." Marco e Fulvia non passavano una serata insieme da molto tempo, e la donna era sempre pronta a confortare il figlio e amore, anche con prestazioni particolari. Dopo quel dialogo, Fulvia ne approfittò e, denudatasi nella parte superiore, mise in mezzo alle sue tettone il pene di Marco che a poco a poco si rilassava sulla sedia. "Ahh, tu sai come trattarmi amore". "Eh si, altrimenti che madre sarei". Così iniziò una delle spagnole più impegnative della sua vita: nonostante il cazzo si fosse impennato, spariva in mezzo l'abbondanza delle mammelle di Fulvia che a sprazzi Marco spremeva e massaggiava. Il movimento, quasi ipnotizzante, si faceva sempre più veloce e l'uccello, bagnato anche dalla saliva di Fulvia, scivolava veloce nello spacco tra i due seni morbidi e grandi. "Ah mamma, non dimenticherò mai le tue bambine, ahh come godo, ohh". Solo dopo pochi istanti, Marco emise un sospiro di piacere: era venuto in mezzo allo spacco dei meloni materni che nascondevano all'interno il denso sperma che andava a contatto tra le due tettone. Dopo un bacio passionale, Marco accompagnò la madre nei balnea perché si lavasse, ma i due finirono per fare sesso nella vasca, così da terminare in bellezza la serata. Nessuno dei due sapeva che quella sera sarebbe stata la loro ultima notte di passione. Da alcuni giorni Marco non si presentava a casa: alcune pattuglie di vigiles erano alla ricerca del magistrato che, stranamente, aveva fatto perdere le sue tracce; si mise alla ricerca anche Valerio, che ogni mezz'ora tornava a casa ad aggiornare la madre. Durante il quarto giorno di ricerche, un gruppo di uomini denunciò il ritrovamento di un corpo in un terreno fuori città, nei pressi della zona di Suburra. Tutti quanti allora, anche Valerio e Fulvia, si precipitarono sul luogo per accertarsi se si trattasse di Marco: il cadavere era vestito allo stesso modo, ma nessuno aveva avuto il coraggio di girarlo (era a terra col viso rivolto a terra). Arrivati anche i vigiles, si iniziarono le operazioni di riconoscimento e una scoperta macabra ammutolì tutti: era proprio lui, Marco Plotumnio, il magistrato di appena 34 anni che aveva osato sfidare i poteri alti della Repubblica. Secondo coloro che hanno indagato, pare sia stato sequestrato da un gruppo di uomini, torturato e poi ucciso con diversi colpi di spada. Vedendo il padre senza vita, Valerio si buttò su di lui piangendo disperato e cercando di abbracciarlo, ma fu trattenuto dai suoi amici, per non creare scandalo. D'altro canto fu la reazione di Fulvia: se per la morte di Publio si disperò enormemente, appena vide il corpo sfigurato del suo primo figlio e suo amante, scoppiò in lacrime ma contenute, e non disse nulla; a differenza di Valerio, lei fu fatta avvicinare e, chinatasi a sopra di lui, gli diede un bacio a stampo. Poi il silenzio. Divenuto console Cicerone, promise a Fulvia e a Valerio di trovare i colpevoli (anche se aveva già un'idea) e organizzò un funerale con tutti gli onori, declamando un panegirico in suo onore e del padre Publio. I giorni dopo, Fulvia manteneva sempre il silenzio, ma parlava soltanto con Valerio: il ragazzo era sempre con lei, e si confortavano a vicenda, proprio come accadde diciassette anni prima tra lei e Marco dopo la morte di Publio. "Povero figlio e amore mio, come lo hanno ucciso. Solo perché aveva esercitato il suo lavoro. Ora non è più tempo di passioni, l'amore mio non c'è più. Siamo solo io e te adesso Valerio". Valerio aveva paura che sua madre senza un uomo accanto a lei si lasciasse andare, e così decise, un po' di settimane dopo la morte di Marco, di presentargli alcuni uomini che potessero aiutarla con il suo problema. Ma Fulvia non parlava, e si negava ai loro occhi, portando avanti le proprie tesi: "Valerio, io ti ringrazio per quello che stai facendo per me, ma tuo padre è insostituibile, soltanto le persone che lo conoscevano bene come me possono capirmi". "Mamma, ma meglio di me che sono suo figlio, chi può capirlo?" "Hai ragione figlio mio. Scusa, sono stata cieca". Da quel dialogo, Fulvia ne uscì quasi rinata: il giorno dopo smise di vestire gli abiti del lutto e ritornò a sorridere e a stare in mezzo alla gente, e comprese che era merito di Valerio se stava così. Vide in lui una speranza, un nuovo Marco, forse più carismatico: si accorse che Valerio teneva davvero a lei, forse più del figlio defunto che tanto aveva amato. Così una sera decise di organizzare una cena per ringraziarlo ancora. "Mamma, non sei tu a dovermi ringraziare, ma io devo ringraziare te per tutto quello che mi hai dato, insieme a mio padre". "Valerio, sai che non è vero, in questo mese mi hai aperto gli occhi, prima ero accecata dal dolore e ora sono una nuova persona. Ho capito davvero quanto tieni a me". Così Fulvia si alzò dal suo posto e raggiunse Valerio, dandogli un bacio: all'inizio il ragazzo, non sapendo cosa fare, rimase con la bocca chiusa, ma dopo pochi istanti concesse la sua lingua a quella di sua madre. I due limonarono amorevolmente e pian piano, ancora con le bocche incollate si alzarono e raggiunsero il triclinio nel soggiorno, proprio quel triclinio dove Valerio fu ammaestrato da Fulvia. Madre e figlio si sdraiarono uno sopra l'altro: mentre Valerio cercava di spogliare sua madre, Fulvia raggiungeva con la mano le sue parti basse, iniziando a massaggiare le palle. "Ah Valerio, grazie". "No mamma, grazie a te". Dopo la bocca, Valerio iniziò a baciare ogni centimetro del corpo di Fulvia, che intanto ansimava dal piacere: scendendo arrivò alle grandi tette, pronte ad accogliere un altro figlio, e iniziò a baciarle e a succhiare i capezzoli. "Mamma, che tettone che hai, ci vorrei passare il resto dei miei giorni". "Ahh Valerio, anche tuo padre e prima ancora tuo nonno dicevano così. Vai, prendile tutte, sii". Intanto, anch'egli denudato, scendendo arrivò col pene all'entrata della fica che già era bagnata di umori, e non con difficoltà si fece strada nella cavea materna. "Ahhh sii, sono dentro mia madre". "Oh si, Valerio, pompami, fammi tua". Valerio non se lo fece ripetere due volte e iniziò a fottere Fulvia con un grande ritmo, sdraiato sopra di lei mentre continuava a baciare quel ventre che l'aveva generato. Intanto con le mani si accarezzava il viso della madre, che intanto ululava di piacere sotto i colpi del figlio. "Vai, sii, continua, non fermarti, ohh come godo". "Sii mamma, sei mia, ahh". Stanco della posizione, Valerio riuscì a mettersi supino sul triclinio, mentre Fulvia gli stava sopra e prese a cavalcarlo: mentre saltava sul suo uccello, le enormi bocce rimbalzavano da tutte le parti e, quasi fosse ipnotizzato, Valerio allungò le mani per tastarle e spremerle. Dopo un po', partecipò anche lui attivamente alla penetrazione, alzandosi con la parte superiore del corpo e cingendo Fulvia che era ancora a cavalcioni: sentiva le tettone premere sul suo petto, e mentre baciava la madre, le mani andavano a toccare quel culo che rimaneva bello sodo e morbido. "Oh si Valerio, che bello, non scopavo così da una vita". "Ahh mamma, non mi far arrossire, uh, che goduria." Stremata, Fulvia si staccò da Valerio per assaporare il pene che era un po' più grande di quello di Marco: il pompino non era profondo, tuttavia riusciva a far godere Valerio, che sentendo che stava per venire, prese la madre e la fece mettere a pecorina, pronta per gli ultimi colpi decisivi. "Ohh mamma, non c'è la faccio più, sto per venire, ti amo mamma ahhh". "Ohh amore, sii, vieni, vieni dentro tua madre ahh". Mamma e figlio, come due usignoli innamorati, gridarono di piacere per il loro amore e Valerio, aggrappato alle tettone di Fulvia, riversò una grande quantità di sperma nella fica di sua madre. "AAAHHHH SII, così..." I due, dopo aver vissuto questo momento di passione, rimasero immobili per un po', come per ricordare cosa avevano fatto per ripartire dopo la morte di Marco, per ricominciare un nuovo capitolo della loro vita
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