Sub rosa (parte II - Virilità)

di
genere
incesti

Decimo è ormai adulto da un paio di anni.
È il figlio che ogni genitore romano vorrebbe, portatore di tutti i principi del codice morale: fides, pietas, majestas, virtus e gravitas.
Di bell’aspetto, pacato nelle discussioni, abbastanza abile nel combattimento, osservante delle tradizioni.
Di lui gli amici dicono: “è giovane, ma già dotato come un cavallo.”

Suo padre Lucio Fabio Massimo, popolare e stimato avvocato della Capitale, vorrebbe che continuasse la sua professione.
Al mattino presto, nell’atrio della sua grande domus, l’avvocato riceve i suoi clienti; lo salutano, si rivolgono a lui per avere quei consigli che egli, grazie alla sua conoscenza del diritto, può dare.
Decimo Massimo è cresciuto in questo ambiente, sempre pronto ad assistere suo padre e da lui apprendere il mestiere: come iniziare e condurre una causa, come difendere un diritto leso, come stipulare un contratto.
Suo padre è fiero di lui ed è convinto che altri progetti, il matrimonio per esempio, possano aspettare.
Prima Decimo deve imparare ad essere un grande avvocato oppure intraprendere la carriera politica.

Con un ragazzo modello come Decimo è normale dare per scontati aspetti della vita di un figlio maschio che invece un altro genitore manipolerebbe fin da subito.
Tutti i padri, ad un certo punto della vita di un ragazzo, sanno che arriva il momento di iniziarli al mondo femminile.
Quanti padri accompagnano i figli ai lupanari attendendo fuori la porta? Quanti padri invogliano i figli ad abusare delle schiave in casa?
Bene. Lucio Massimo nel frattempo si è occupato di altro, convinto che Decimo fosse riuscito a sbrigare da solo queste faccende.

Eppure, per il ragazzo, la questione della verginità cominciava a farsi seria.
Tutti i suoi amici, come lui già adulti, avevano scoperto i piaceri della carne e tutti erano sorpresi dal fatto che un ragazzo come Decimo, con un pene di notevoli dimensioni, fosse ancora vergine.
Un pensiero banale e privo di un grande senso, ma che tuttavia aveva una sua logica.
Decimo aveva certamente conosciuto l’amore e l’innamoramento, ma non aveva mai potuto apprezzare il più grande dono di Venere: il sesso.
C’era un segreto di cui nessuno era a conoscenza, però.
Un segreto che il ragazzo tratteneva a fatica, ben conscio delle conseguenze a cui sarebbe andato incontro se i suoi desideri nascosti fossero diventati, per caso, realtà.

Una donna era entrata nel cuore di Decimo.
Quella donna era Lucrezia Claudia Sabina, sua madre.
Effettivamente era molto difficile non restare affascinati da questa matrona.
Madre di tre figli, di innata eleganza, dalla lunga chioma bruna mediterranea, dalle sinuose forme ben nascoste dalla stola e, così come il marito, modello di pudicizia, esempio per le figlie e per le giovani romane patrizie, che la stimavano e come lei avrebbero voluto essere.

A scatenare questa passione in Decimo è stato un libro di letteratura erotica greco, scritto da un autore ellenico anonimo, forse solo per gioco, ma che nel giovane ragazzo romano ha sortito effetti pericolosi.
Quel libro invogliava il lettore ad avere un rapporto sessuale incestuoso, cioè privo di castità: quello tra una madre e un figlio.
Solo i barbari potevano però concedersi a tali atti; un vero uomo romano doveva saper controllare queste pulsioni indicibili.
“Penetrerei con forza una legione di schiavi dalla Numidia, mai mia madre”, si dice.

Decimo comincia ad essere incuriosito da quel libro, comincia a credere che sua madre, donna di straordinaria bellezza, sia la donna giusta con cui avere il suo primo rapporto sessuale.
A complicare le cose ci ha pensato un evento più o meno casuale: una notte, richiamato da strani rumori in casa, Decimo aveva colto e osservato i suoi genitori durante un amplesso.
Una matrona non può concedersi al marito se non per procreare; per tutti gli altri bisogni ci sono stuoli di prostitute e schiave.
Eppure quella donna bramosa di sesso era proprio sua madre. Per di più nuda, come una schiava qualunque. Una visione capace di stordire i sensi.
L’immagine di pudore e castità della matrona, svanita di colpo. Dov’era finita la virtù della frigidità richiesta ad ogni matrona che si rispetti?
Questo, agli occhi di Decimo, aveva reso sua madre una donna ancora più speciale.
Una donna forte, capace di dominare a letto mentre cavalca il suo sposo.
Da quella notte il giovane ha un pensiero fisso: vuole provare anche lui, con la stessa donna di suo padre, i piaceri della carne.
Ha deciso di seguire il libro alla lettera e di farsi guidare per sedurre sua madre.

Lucrezia, fiera educatrice del suo primogenito e sua intima consigliera, era ignara di tutto questo.
Ma poiché ogni matrona ha a cuore anche l’affermazione virile del proprio figlio, per Decimo s’intravedeva una possibilità.
Il libro consigliava:

“Miei cari giovani lettori, asini arrapati, fate desiderare alle vostre madri il bagliore della gioventù, donate loro quello che non possono più avere: un bastone duro e giovane! Mostratelo, con prudenza, in tutta la sua fierezza.
Quando raggiungete lo stato di fierezza, andate e mostrate.
Per quanto non potrà toccare con mano, sì invece potrà toccherà con gli occhi e vi desidererà e sarà gelosa di quello che lei stessa ha creato. Questo è il primo passo. Ma non adoperate violenza; piuttosto adoperate mistero. Mostrate come un gioielliere mostra la sua merce più cara che è pronto a trattare.”

Quando, allora, mostrare? Con una casa sempre piena di gente? Decimo doveva escogitare un piano.
Lucrezia, da buona matrona romana, dormiva in una camera separata da quella del marito.
Quasi nessuno riusciva ad entrare nella sua stanza, a meno che non si trattasse delle schiave pronte ad aiutarla per lavarsi e vestirsi.
Lì, il ragazzo avrebbe avvicinato sua madre nel giorno della settimana dedicato al bagno totale e avrebbe agito.

**********

L’estate è prepotente, Roma è nella trappola della canicola.
Questo vuol dire che i bagni completi settimanali diventano due per la matrona Lucrezia.
Si è appena svegliata, come sempre di buon mattino, e ha bisogno di un bagno fresco.
Ha dormito senza lo strophium, per il troppo caldo, vestita solo di una leggera tunica.

La sua schiava più fidata batte le mani e entrano le altre inservienti.
Lucrezia inizia col lavare i denti con la solita pasta al bicarbonato, rinfresca braccia e viso e poi lega i capelli dietro la nuca, aiutata dalle schiave.
Decimo intuisce dai rumori che arrivano dal piano superiore e dalle ombre svelte dei passi delle schiave sotto la porta, che la madre è sveglia.
Deve fare in fretta prima che scenda per dirigersi al balneum personale, stanza per ovvi motivi inaccessibile.

Chiede perdono agli dei per quello che ha in mente e poi esce dalla sua stanza, senza dare nell’occhio.
Suo padre è già indaffarato nel suo ufficio di casa, di là nel triclinio alcuni schiavi puliscono i resti della cena precedente.
Decimo sale le scale e si ritrova di fronte la porta della domina, sua madre.
Non ha bisogno di essere annunciato, ma chiede ugualmente il permesso per entrare.
Tre ancelle stanno truccando Lucrezia.
“Madre, non voglio disturbare il tuo risveglio. Ho bisogno ancora una volta del tuo aiuto”, esordisce il giovane.
“Salve mio primogenito mattiniero. Se vuoi puoi sedere di lato, accanto a me.”
Non c’era notizia migliore.
Lucrezia era sempre stata disponibile con tutti e tre i suoi figli, cioè Decimo e le sue sorelle Antonina e Fabiola e, anche in momenti privati come quello del trucco, non si proibiva mai di ascoltarli.
“Cosa ti tormenta, Decimo?”, chiede la matrona seduta su un’alta sedia di vimini che quasi la nasconde.
È bellissima. Decimo la osserva molto di più di recente rispetto al passato. Non riesce a togliersi dalla testa l’immagine di lei, a godere seduta sul pene di suo padre.
Non può fare a meno di notare i particolari: le labbra color pesca che quando sorride si avvitano e prendono la forma di un cuore, le mani affusolate, i seni proporzionati, il ventre piatto nonostante le tre gravidanze in giovane età.
Lucrezia non ha bisogno di colorare d’oro il suo seno oppure di disegnare finti nei sul volto: è una dea e basta poco per far risaltare i suoi tratti.
“Madre, credo di essermi innamorato di Flaminia, la figlia del nostro vicino”, comincia il ragazzo.
La schiava che sorregge lo specchio di bronzo davanti alla domina, sembra essere interessata all’argomento.
“È una bellissima fanciulla e di buona famiglia. Qual è il problema? È già promessa sposa?”
Lucrezia sapeva che questo momento sarebbe arrivato. Aveva sempre saputo che Decimo, suo unico figlio maschio, preferiva confidarsi con lei riguardo questi argomenti piuttosto che con il padre.
Prima o poi le domande intime sarebbero arrivate. Una madre romana aveva anche questo compito; aveva ogni spiegazione pronta e memorizzata.
“Ecco”, continua Decimo cercando di non balbettare, “riusciamo a vederci di tanto in tanto con l’aiuto di una sua schiava complice, alla quale risulto molto simpatico. Anche Flaminia sembra innamorata.”
Non riusciva a guardare sua madre negli occhi.
“Quando ci scambiamo qualche bacio, mi succede una cosa.”
“Cosa succede?”, chiude Lucrezia continuando a guardare nello specchio mentre le sistemano i capelli.
Le guance di Decimo si fanno rosse senza l’ausilio del trucco.
“Succede che quando rientro a casa, mi fa male la zona lì sotto.”
“Il tuo pene?”, chiede la matrona senza lasciarsi andare all’imbarazzo.
I giorni in cui assistere suo figlio dietro la porta mentre ingravidava la futura moglie non erano molto lontani, tanto valeva cominciare con serietà questi discorsi.
“No, i testicoli”, sussurra Decimo.
“Caro figlio, credo tuo padre sappia dirti di più. Tuttavia, il tuo dolore è naturale. Il tuo corpo non è più quello di un puero. E sicuramente i baci che ti scambi con Flaminia provocano certe reazioni. Nel caso degli uomini, in quella zona del corpo che tu dici, se non ti liberi, può esserci dolore. Poiché non credo che Flaminia possa già concedersi a te, devi provvedere da solo per il momento. Dopodiché possiamo considerare di chiederla in matrimonio e allora avrei libertà.”
Le madri incoraggiavano la masturbazione maschile, per motivi di salute.
“Lo faccio quando posso, ma spesso continuo ad avere dolore. Quando sono con Flaminia, poi, e abbiamo più tempo per stare insieme, grazie alla sua ancella, dopo tanti baci, mi sporco. I miei amici dicono che così facendo non riuscirò ad avere figli.”
“Anche questo è normale. Il tuo corpo chiede Flaminia, ma non può averla. E questo è il suo modo di reagire. Un giorno potrai avere tutti i figli che vorrai.“
Per Decimo poteva bastare. Quello era solo il primo passo, prima di chiedere di più.
Fingersi inesperto e innamorato con la speranza di ottenere l’aiuto materno.

Quella breve chiacchierata non aveva lasciato indifferente una delle schiave della matrona; una volta uscito Decimo dalla stanza, la più giovane tra loro, si lascia andare ad un commento sottovoce:
“Con il pene di cavallo che si ritrova è già tanto resistere e non saltare addosso a quella povera ragazza…”
Lucrezia si volta di scatto. Fulmina con lo sguardo la sua ancella, che abbassa il capo intimorita; sa di aver esagerato.
Ma Lucrezia è già passata oltre, vuole saperne di più. Era proprio vero quello che si diceva di suo figlio? Pene di cavallo? Erano anni che non ammirava suo figlio nudo, ora la curiosità materna gli impone di saperlo a tutti i costi.

Come diceva il libro, bisognava innanzitutto instaurare un rapporto intimo con la propria madre e poi pian piano mostrarle quello che non poteva più avere: un fallo giovane e pieno di energia.
Il viaggio per Decimo era appena cominciato. Doveva solo aspettare.
scritto il
2023-07-23
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