Rifare il bagno
di
zorrogattoge
genere
orge
Le amiche, la pubblicità... Nadia aveva deciso che dovevamo rifare il bagno.
Non avevo voglia di discutere e, dopo tanti anni di matrimonio, sapevo che era meglio assecondarla e lasciarle fare.
Fece venire geometri e architetti e piccoli impresari e mi fece vedere progetti, ma «Amore, non me ne capisco: deve piacere a te, decidi tu!»
Così ci trovammo una squadra di muratori in casa, a buttarci all'aria il bagno grande (per fortuna avevamo il “bagnetto”, quello piccolo, con la lavatrice) e Nadia era tutta contenta del trambusto in casa.
Io andavo via al mattino, spesso incrociando gli operai che arrivavano e tornavo la sera, per cena, ma sapevo che Nadia seguiva i lavori o che, per non lasciare la squadra sola in casa, quando usciva per la spesa o qualche altro impegno, demandava a nostra figlia Giulia, alle prese con l'inizio degli studi universitari, il “tenerli d'occhio, che non facciano casini”.
La sera, a cena, dopo qualche giorno vedevo Giulia che aveva cambiato umore: meno allegra, occhi bassi, a rimuginare.
«Cosa c'è, tesorino: problemi di cuore?» chiesi, con tono leggero.
«Ehm... no, papino: sai che con Enrico abbiamo chiuso da un mese...- vide il mio sguardo interrogativo e capì di dovermi dare una spiegazione -...E' che questo primo esame che devo preparare è... complicato, ecco!
Quando mamma esce, resto a casa a studiare e li sento lavorare e cantare nella loro lingua, ma ce la faccio...» concluse con un vago sorriso timido.
Mi feci bastare la spiegazione e nei giorni seguenti venni assorbito da un problema grosso sul lavoro.
Mi sembrava che i lavori in casa avessero perso lo slancio iniziale, ma sapevo che Nadia e Giulia vigilavano e quindi non mi ponevo il problema.
Dopo qualche sera, notai che mia moglie era di umore diverso: sembrava allegra, ma sentivo che c'era qualcosa e anche con Giulia, tono a volte affettuoso, a volte tagliente, con la nostra bambina sempre ad occhi bassi, a replicare con un filo di voce.
Mi strinsi nelle spalle: non mi sembrava un problema da affrontare.
Dopo un paio di giorni, sul lavoro, mi accorsi che non trovavo più un certo documento importante e, pensando di averlo dimenticato sulla mia scrivania a casa, telefonai a Nadia, per averle la certezza; rispose dopo diversi squilli.
«Ciao Na... senti, sulla mia scrivania, c'è mica una cartellina azzurra?»
«Eh, sai... non lo so...» La voce era strana, svogliata, distratta...
«Beh scusa: e non puoi andare un attimo a vedere?»
«Ma... adesso, subito?»
«Eh beh, sì, scusa; cosa stavi facendo?»
«No niente... ero in bagno... in bagno sì, sto facendo la doccia... Aspetta... vado»
Davvero strana la mia Nadia quella mattina...
«Pronto, ci sei?... Sì, c'è e... ohhhh!... Dicevo che c'è... grossa!»
Sorrisi: «Beh, semmai spessa! Puoi mica portarmela, per favore?»
Esitò qualche istante: «E no... come faccio? Non posso lasciare Constantin solo. In casa, dai...»
Constantin... Il capo della squadra dei muratori... un omone alto 20 centimetri più di me e massiccio come un suv... Un tipo che, parlandoci insieme, sorride sempre e si sistema spesso il pacco (a occhio, di una notevole taglia, proporzionata all'omone... Uh, i ricordi dei tempi del liceo, quando per sfogare la nostra sessualità di maschietti esuberanti ci... arrangiavamo tra noi... e io che spesso mi trovavo “sotto”, a fare la “donna”... con piacere, in fondo)
Smisi di fantasticare: «Va beh, ma scusa non può restare in casa Giulia... o venire lei col motorino a portarmelo?»
«Ohhh... eh... no, non può... E'... impegnata...»
«Va beh, ma dille di piantare lì e..»
«Ma non può, è... è uscita... sì, uscita... ed ha anche dimenticato il cellu a casa... Non posso chiamarla»
Sentivo Nadia un po' strana e la nostra conversazione vagamente surreale.
«Va beh, senti... A me quel documento serve, per studiarlo e utilizzarlo domattina...»
«Mhhh... ma allora... si dai... (stt!) … perchè non vieni a prenderlo prima, qui a casa.... ohhhh... nel tuo studio, sì... così trovi tutto...»
Era strana, Nadia, però in effetti, se avessi staccato prima, avrei potuto andare a casa e studiarmi quell'accidente di dossier...
«Va bene... tanto devo studiarmelo e farlo lì o qui... Tra un po' sono a casa, dai!»
Arrivato a casa, come d'abitudine «Ciao Na, sono a casa!»
Lei rispose con un «Ohhh!»
Strana risposta e... «Dove sei?»
Non avevo voglia di discutere e, dopo tanti anni di matrimonio, sapevo che era meglio assecondarla e lasciarle fare.
Fece venire geometri e architetti e piccoli impresari e mi fece vedere progetti, ma «Amore, non me ne capisco: deve piacere a te, decidi tu!»
Così ci trovammo una squadra di muratori in casa, a buttarci all'aria il bagno grande (per fortuna avevamo il “bagnetto”, quello piccolo, con la lavatrice) e Nadia era tutta contenta del trambusto in casa.
Io andavo via al mattino, spesso incrociando gli operai che arrivavano e tornavo la sera, per cena, ma sapevo che Nadia seguiva i lavori o che, per non lasciare la squadra sola in casa, quando usciva per la spesa o qualche altro impegno, demandava a nostra figlia Giulia, alle prese con l'inizio degli studi universitari, il “tenerli d'occhio, che non facciano casini”.
La sera, a cena, dopo qualche giorno vedevo Giulia che aveva cambiato umore: meno allegra, occhi bassi, a rimuginare.
«Cosa c'è, tesorino: problemi di cuore?» chiesi, con tono leggero.
«Ehm... no, papino: sai che con Enrico abbiamo chiuso da un mese...- vide il mio sguardo interrogativo e capì di dovermi dare una spiegazione -...E' che questo primo esame che devo preparare è... complicato, ecco!
Quando mamma esce, resto a casa a studiare e li sento lavorare e cantare nella loro lingua, ma ce la faccio...» concluse con un vago sorriso timido.
Mi feci bastare la spiegazione e nei giorni seguenti venni assorbito da un problema grosso sul lavoro.
Mi sembrava che i lavori in casa avessero perso lo slancio iniziale, ma sapevo che Nadia e Giulia vigilavano e quindi non mi ponevo il problema.
Dopo qualche sera, notai che mia moglie era di umore diverso: sembrava allegra, ma sentivo che c'era qualcosa e anche con Giulia, tono a volte affettuoso, a volte tagliente, con la nostra bambina sempre ad occhi bassi, a replicare con un filo di voce.
Mi strinsi nelle spalle: non mi sembrava un problema da affrontare.
Dopo un paio di giorni, sul lavoro, mi accorsi che non trovavo più un certo documento importante e, pensando di averlo dimenticato sulla mia scrivania a casa, telefonai a Nadia, per averle la certezza; rispose dopo diversi squilli.
«Ciao Na... senti, sulla mia scrivania, c'è mica una cartellina azzurra?»
«Eh, sai... non lo so...» La voce era strana, svogliata, distratta...
«Beh scusa: e non puoi andare un attimo a vedere?»
«Ma... adesso, subito?»
«Eh beh, sì, scusa; cosa stavi facendo?»
«No niente... ero in bagno... in bagno sì, sto facendo la doccia... Aspetta... vado»
Davvero strana la mia Nadia quella mattina...
«Pronto, ci sei?... Sì, c'è e... ohhhh!... Dicevo che c'è... grossa!»
Sorrisi: «Beh, semmai spessa! Puoi mica portarmela, per favore?»
Esitò qualche istante: «E no... come faccio? Non posso lasciare Constantin solo. In casa, dai...»
Constantin... Il capo della squadra dei muratori... un omone alto 20 centimetri più di me e massiccio come un suv... Un tipo che, parlandoci insieme, sorride sempre e si sistema spesso il pacco (a occhio, di una notevole taglia, proporzionata all'omone... Uh, i ricordi dei tempi del liceo, quando per sfogare la nostra sessualità di maschietti esuberanti ci... arrangiavamo tra noi... e io che spesso mi trovavo “sotto”, a fare la “donna”... con piacere, in fondo)
Smisi di fantasticare: «Va beh, ma scusa non può restare in casa Giulia... o venire lei col motorino a portarmelo?»
«Ohhh... eh... no, non può... E'... impegnata...»
«Va beh, ma dille di piantare lì e..»
«Ma non può, è... è uscita... sì, uscita... ed ha anche dimenticato il cellu a casa... Non posso chiamarla»
Sentivo Nadia un po' strana e la nostra conversazione vagamente surreale.
«Va beh, senti... A me quel documento serve, per studiarlo e utilizzarlo domattina...»
«Mhhh... ma allora... si dai... (stt!) … perchè non vieni a prenderlo prima, qui a casa.... ohhhh... nel tuo studio, sì... così trovi tutto...»
Era strana, Nadia, però in effetti, se avessi staccato prima, avrei potuto andare a casa e studiarmi quell'accidente di dossier...
«Va bene... tanto devo studiarmelo e farlo lì o qui... Tra un po' sono a casa, dai!»
Arrivato a casa, come d'abitudine «Ciao Na, sono a casa!»
Lei rispose con un «Ohhh!»
Strana risposta e... «Dove sei?»
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