Un drink in più
di
Joker995
genere
orge
Delle tante ragazze che aveva frequentato, probabilmente lei era la migliore con cui sperimentare e spingersi dove molte altre prima di lei non avevano voluto. Altre lo avevano fatto, ma si erano concesse per devozione, sopportando più che traendo piacere da quelle situazioni che qualcuno avrebbero potuto definire "estreme".
Vincent quella sera aveva deciso di sorprendere Marta, di metterla alla prova, in un certo senso. Lui le diede appuntamento a casa sua, un ampio appartamento in centro. Il programma era semplice, essenziale: un paio di drink e poi fuori a cena in uno dei ristoranti sushi più rinomati della zona.
Marta arrivò puntuale nel suo meraviglioso vestitino nero, semplice, elegante e sensuale allo stesso tempo: sia le gambe che la sua deliziosa scollatura erano un piacere per gli occhi.
Fatta accomodare in casa, l'atmosfera era ideale: luci soffuse, Sidney Bechet in sottofondo, tanto vino e tanti distillati a disposizione. Sembrava tutto perfettamente in ordine, in un ampio salotto che poteva contare di due divani stipati in corrispondenza delle due pareti che facevano angolo alla sinistra dell'ingresso, e di altrettante poltroncine in corrispondenza di ciascun divano; un lungo tavolo in vetro era stipato verso il lato opposto della stanza: Vincent la accolse con un calice di vino già versato, lei sembrava quasi stordita da questa atmosfera resa di altri tempi, oltre che dalla scelta della musica, anche dall'assenza di TV, al posto della quale c'era il giradischi da cui provenivano quelle note tanto retrò quanto inebrianti. Un solo dettaglio sembrò sfuggire all'attenzione di Marta: una sedia stipata in mezzo alla stanza, non distante dai due divani, che quasi stonava con l'armonia di tutto il resto.
I due presero posto sul divano, e continuando a sorseggiare vino, furono trascinati da conversazioni che partirono dalla storia jazz per poi trasformarsi, con voli pindarici difficilmente spiegabili, in un confronto sulla loro passione in comune per la cucina fusion asiatica.
Più il vino scendeva, però, più la tensione sessuale tra loro due saliva, Vincent le si avvicinò al punto tale che, senza concludere quei discorsi che ormai diventavano sempre più superflui e sconclusionati, iniziò a baciarle appassionatamente il collo, salendo fino ai lobi delle orecchie, mordendoli e stuzzicandoli con la punta della lingua. Marta, la cui testa in preda ai fumi del vino era sempre più leggera, lasciò andare leggermente il capo all'indietro, facendosi trasportare dai movimenti di Vincent che, quasi improvvisamente, si staccò da lei per alzarsi e prendere qualcosa che era stipato su di un tavolino lì vicino, accanto alle bottiglie di vino già aperte e versate:
«Stasera ho in serbo qualcosa di diverso, ma dovrai indossare queste: se accetterai, non avrai possibilità di tirarti indietro», così dicendo Vincent porse a Marta una benda di cuoio nera e delle corde, che lei prima osservò e poi, senza stare troppo a pensare né a capire come fossero arrivati così rapidamente a quel punto, decise di accettare e di indossare.
«Siediti qui, e lasciati andare completamente», con queste parole, Vincent accompagnò Marta alla "sedia dimenticata" al centro della stanza su cui lei delicatamente prese posto, per poi indossare la benda, facendosi legare i polsi allo schienale.
Lui iniziò a girarle intorno, a sfiorare la sua pelle in più punti: dalle spalle al seno, passando ancora per il suo collo. A quel punto successe qualcosa: per un attimo Marta non avvertì più la presenza di Vincent e sentì uno scatto che lei riconobbe nel rumore della porta di ingresso che era stata evidentemente aperta: non ci voleva pensare, ma sapeva che era difficile immaginare quale potesse essere il limite alla fantasia ed alla perversione di Vincent. A quel punto Marta prestò molta più attenzione ai rumori che provenivano dalla stanza e le sembrò che il rumore di passi che percepì, non poteva provenire da una sola persona: era disorientata e preoccupata, non riusciva a capire quante persone fossero ora presenti nella stanza.
Dopo qualche istante in cui nulla accadde, sentì una mano che cautamente abbassò entrambi i lembi superiori del suo vestitino facendo sì che le sue splendide tette fuoriuscissero dal vestito, rendendole visibili ed alla mercé di chiunque fosse presente.
Il silenzio che era calato nella stanza, nascosto solo dalla musica incessante, sembrava irreale e fu rotto solo da un gemito di Marta, provocato da una lingua che improvvisamente si avvinghiò ad una delle sue tette e che iniziò a leccare e succhiare, seguita da un'altra bocca che, in maniera più audace, iniziò a mordere l'intero capezzolo con sadico desiderio.
Marta sapeva che era lei ad aver accettato, e sapeva che voleva godersi fino in fondo quella situazione, lasciandosi trasportare dalla corrente come se fosse una nave ormai senza timone in un mare aperto tempestoso.
Mentre i due sconosciuti erano evidentemente occupati con le sue tette, altre mani iniziarono ad insinuarsi nel suo interno coscia: Marta, per agevolare i loro movimenti, divaricò bene le sue gambe con la speranza che arrivassero presto alla fonte del suo piacere.
Aveva perso il conto: oltre a Vincent, che lei non riconosceva nel tocco di nessuno di loro, dovevano esserci almeno altre tre persone; all'improvviso, però, qualcuno, presumibilmente una quarta persona, afferrò la sua testa con fermezza per indurla a girarsi verso sinistra: dopo aver girato la testa di circa novanta gradi, Marta sentì premere qualcosa sulle sue labbra, qualcosa che poteva immaginare benissimo cosa fosse: lei socchiuse istintivamente le labbra per permettere a quel cazzo di poter godere della sua bocca calda ed accogliente.
Il cazzo entrò per quasi tutta la sua lunghezza, e Marta non si aspettava fosse così lungo: spalancò la bocca per permettergli di fare esattamente quello per cui era lì in quel momento: scoparle la bocca.
Mentre i movimenti dell'uomo si facevano più intensi, Marta si bagnava sempre di più, mugolava, desiderava avere le sue mani libere, voleva fargli un pompino e voleva potersi aiutare con le sue mani. L'uomo, però, stava godendo tantissimo della situazione, e più Marta era partecipe, più lui si eccitava:
«Prendilo tutto, troia! Voglio vedertelo scendere giù per la gola», così dicendo lo spinse tutto dentro, portando Marta ad un conato così intenso da farle rigurgitare su quel cazzo una piccola parte del vino rosso bevuto in precedenza.
«Così, continua. Ora succhia tutto, pulisci il cazzo, cagna», Marta, ripresasi in fretta, non se lo fece ripetere: continuava a leccare e succhiare quel cazzo per farlo tornare lucido e brillante solo della sua saliva.
Improvvisamente qualcuno le liberò le mani, ed in un attimo Marta era accerchiata: un cazzo era nella sua bocca, altri due erano già nelle sue mani, ed altri due si stavano segando con i suoi capelli.
Lei si sentiva sporca, troia, e le piaceva, voleva essere sempre più partecipe, sempre più complice di quella scena; scese dalla sedia per mettersi in ginocchio e togliersi la benda: voleva vedere negli uno ad uno gli uomini che avrebbe di lì a poco scopato, voleva vedere negli occhi i proprietari dei cazzi che a turno spompinava, leccava e segava. Neppure si accorse che poco distante c'era Vincent che si godeva la scena senza lasciar trasparire il minimo interesse a voler intervenire.
La sedia venne messa da parte, ed uno degli uomini decise che era arrivato il momento di possedere Marta: mentre era ancora in ginocchio, da dietro spinse la sua schiena in avanti, per fare sì che il suo culo fosse in bella mostra: gli ci volle poco per spostare il suo perizoma ed iniziare a scoparla in figa mentre lei, sebbene in una posizione poco comoda, continuava a succhiare e segare quei cazzi. Marta stava godendo, ed i suoi gemiti erano attenuati soltanto dal cazzo che le tappava la bocca.
La scoparono così a turno per un po', finché uno degli uomini non decise di sollevare Marta ed impalarla col suo cazzo sul divano: l'uomo era seduto mentre lei, sopra di lui, saltava sul suo cazzo, pretendendo che quell'uomo prendesse anche una delle sue tette nella sua bocca, spingeva la sua testa con l'obiettivo di fare entrare quanta più carne possibile nella sua bocca. Mentre Marta era impegnata a godere del cazzo e di quella lingua, improvvisamente fu spinta da dietro verso lo schienale del divano: sapeva cosa stava per succedere, inarcò il più possibile la schiena, mentre uno degli uomini puntò dritto al suo culo che penetrò senza troppe accortezze o complimenti.
Marta urlò, quel bastardo la stava inculando senza alcun riguardo nei suoi confronti, trattandola come un pezzo di carne: un altro uomo, in piedi sul divano accanto a lei, le afferrò la testa con le mani per ricominciare a scopare la sua bocca. Marta si sentiva piena, si sentiva troia e godeva: anche il dolore del cazzo nel culo lasciò il passo ad un piacere sempre crescente.
Era in balia degli eventi, aveva tutti i buchi pieni e due cazzi nelle mani, era retta letteralmente dai cinque cazzi che la stavano facendo impazzire: urlava di piacere ed in quel modo venne un numero di volte che neppure lei avrebbe saputo quantificare.
Quasi senza rendersene conto, poco dopo Marta si trovò stesa a pecora sul divano, con i cinque cazzi che si alternavano tra il suo culo e la sua bocca: lei godeva ed era sempre più desiderosa del momento in cui sarebbe stata inondata di sborra, immaginava i cinque uomini che in cerchio la colpivano ovunque, voleva assaggiare il nettare di ognuno di loro.
Ciò che però lei non sapeva, era che i cinque uomini avevano avuto indicazioni precise su quale avrebbe dovuto essere l'epilogo: il primo dei cinque, infatti, la scopò fino a venirle completamente in culo, dandole una sensazione di calore e bruciore che prima di quel giorno aveva provato solo una volta.
Vincent, di cui si era quasi dimenticato, riapparve di fronte a lei, e con sguardo sadico e glaciale esordì dicendo: «Stai ferma troia, e ricorda: hai accettato, ora non puoi tirarti indietro a nulla », mentre proferì queste parole, Marta lo guardava ansimante mentre il suo intestino veniva riempito, non capendo bene cosa volesse dire. Voltandosi, si rese conto che gli altri quattro uomini erano in fila indiana che si segavano dietro al suo culo. Quando il primo ebbe finito, si spostò di fronte a lei per farsi pulire per bene il cazzo con la sua bocca, mentre il secondo finì letteralmente di segarsi nel culo di Marta, usandolo come un perfetto sborratoio: lei si sentiva usata, umiliata ed eccitata, e mentre tutto questo succedeva, non distoglieva lo sguardo dagli occhi di Vincent che era rimasto lì ad osservare; quando anche il secondo ebbe svuotato le sue palle nel culo di Marta, fu il turno degli altri tre, che ripeterono lo stesso schema, come un copione: pochi colpi finali prima di sborrare tutto dentro di lei. Marta si sentiva davvero piena, era una sensazione che progressivamente diventava sempre più fastidiosa: quando anche l'ultimo aveva rilasciato fino all'ultima goccia di sborra nel suo culo, Vincent si affiancò a Marta, facendole sporgere il culo in avanti, verso l'esterno del divano: «Adesso rilassati troia, devi lasciarti andare», Marta capì e, sebbene con qualche timore, si rilassò facendo fuoriuscire gran parte della sborra che aveva in corpo: non si era accorta però, che uno degli uomini reggeva sotto al suo culo il suo calice, contenente ancora un po' del vino rosso di inizio serata; quando anche l'ultima goccia di sborra era ormai colata nel calice, Vincent prese il bicchiere, porgendolo a Marta con sadica falsa educazione: lei era riluttante, quasi schifata, ma allo stesso tempo era troppo eccitata, voleva obbedire, voleva assecondare ogni perversione di Vincent, non voleva deluderlo, obbedire anche ai compiti più degradanti era il segreto di tutto il piacere che provava.
Mentre tutti questi pensieri invadevano la sua mente, prese il bicchiere, senza guardare troppo il contenuto, preferendo non staccare il contatto visivo dal suo padrone, lo portò alla sua bocca e con pochi rumorosi sorsi mandò tutto giù, leccando provocatoriamente una delle ultime gocce di vino rimaste sull'orlo del bicchiere.
Gli altri uomini si erano già ricomposti, stavano andando via in un silenzio per loro quasi imbarazzante: Marta e Vincent continuavano a guardarsi, desiderosi l'uno dell'altra, consci che di lì a poco avrebbero ricominciato, con Marta che finalmente avrebbe avuto l'unica cosa che desiderava ormai da minuti interminabili: il cazzo del suo padrone.
Vincent quella sera aveva deciso di sorprendere Marta, di metterla alla prova, in un certo senso. Lui le diede appuntamento a casa sua, un ampio appartamento in centro. Il programma era semplice, essenziale: un paio di drink e poi fuori a cena in uno dei ristoranti sushi più rinomati della zona.
Marta arrivò puntuale nel suo meraviglioso vestitino nero, semplice, elegante e sensuale allo stesso tempo: sia le gambe che la sua deliziosa scollatura erano un piacere per gli occhi.
Fatta accomodare in casa, l'atmosfera era ideale: luci soffuse, Sidney Bechet in sottofondo, tanto vino e tanti distillati a disposizione. Sembrava tutto perfettamente in ordine, in un ampio salotto che poteva contare di due divani stipati in corrispondenza delle due pareti che facevano angolo alla sinistra dell'ingresso, e di altrettante poltroncine in corrispondenza di ciascun divano; un lungo tavolo in vetro era stipato verso il lato opposto della stanza: Vincent la accolse con un calice di vino già versato, lei sembrava quasi stordita da questa atmosfera resa di altri tempi, oltre che dalla scelta della musica, anche dall'assenza di TV, al posto della quale c'era il giradischi da cui provenivano quelle note tanto retrò quanto inebrianti. Un solo dettaglio sembrò sfuggire all'attenzione di Marta: una sedia stipata in mezzo alla stanza, non distante dai due divani, che quasi stonava con l'armonia di tutto il resto.
I due presero posto sul divano, e continuando a sorseggiare vino, furono trascinati da conversazioni che partirono dalla storia jazz per poi trasformarsi, con voli pindarici difficilmente spiegabili, in un confronto sulla loro passione in comune per la cucina fusion asiatica.
Più il vino scendeva, però, più la tensione sessuale tra loro due saliva, Vincent le si avvicinò al punto tale che, senza concludere quei discorsi che ormai diventavano sempre più superflui e sconclusionati, iniziò a baciarle appassionatamente il collo, salendo fino ai lobi delle orecchie, mordendoli e stuzzicandoli con la punta della lingua. Marta, la cui testa in preda ai fumi del vino era sempre più leggera, lasciò andare leggermente il capo all'indietro, facendosi trasportare dai movimenti di Vincent che, quasi improvvisamente, si staccò da lei per alzarsi e prendere qualcosa che era stipato su di un tavolino lì vicino, accanto alle bottiglie di vino già aperte e versate:
«Stasera ho in serbo qualcosa di diverso, ma dovrai indossare queste: se accetterai, non avrai possibilità di tirarti indietro», così dicendo Vincent porse a Marta una benda di cuoio nera e delle corde, che lei prima osservò e poi, senza stare troppo a pensare né a capire come fossero arrivati così rapidamente a quel punto, decise di accettare e di indossare.
«Siediti qui, e lasciati andare completamente», con queste parole, Vincent accompagnò Marta alla "sedia dimenticata" al centro della stanza su cui lei delicatamente prese posto, per poi indossare la benda, facendosi legare i polsi allo schienale.
Lui iniziò a girarle intorno, a sfiorare la sua pelle in più punti: dalle spalle al seno, passando ancora per il suo collo. A quel punto successe qualcosa: per un attimo Marta non avvertì più la presenza di Vincent e sentì uno scatto che lei riconobbe nel rumore della porta di ingresso che era stata evidentemente aperta: non ci voleva pensare, ma sapeva che era difficile immaginare quale potesse essere il limite alla fantasia ed alla perversione di Vincent. A quel punto Marta prestò molta più attenzione ai rumori che provenivano dalla stanza e le sembrò che il rumore di passi che percepì, non poteva provenire da una sola persona: era disorientata e preoccupata, non riusciva a capire quante persone fossero ora presenti nella stanza.
Dopo qualche istante in cui nulla accadde, sentì una mano che cautamente abbassò entrambi i lembi superiori del suo vestitino facendo sì che le sue splendide tette fuoriuscissero dal vestito, rendendole visibili ed alla mercé di chiunque fosse presente.
Il silenzio che era calato nella stanza, nascosto solo dalla musica incessante, sembrava irreale e fu rotto solo da un gemito di Marta, provocato da una lingua che improvvisamente si avvinghiò ad una delle sue tette e che iniziò a leccare e succhiare, seguita da un'altra bocca che, in maniera più audace, iniziò a mordere l'intero capezzolo con sadico desiderio.
Marta sapeva che era lei ad aver accettato, e sapeva che voleva godersi fino in fondo quella situazione, lasciandosi trasportare dalla corrente come se fosse una nave ormai senza timone in un mare aperto tempestoso.
Mentre i due sconosciuti erano evidentemente occupati con le sue tette, altre mani iniziarono ad insinuarsi nel suo interno coscia: Marta, per agevolare i loro movimenti, divaricò bene le sue gambe con la speranza che arrivassero presto alla fonte del suo piacere.
Aveva perso il conto: oltre a Vincent, che lei non riconosceva nel tocco di nessuno di loro, dovevano esserci almeno altre tre persone; all'improvviso, però, qualcuno, presumibilmente una quarta persona, afferrò la sua testa con fermezza per indurla a girarsi verso sinistra: dopo aver girato la testa di circa novanta gradi, Marta sentì premere qualcosa sulle sue labbra, qualcosa che poteva immaginare benissimo cosa fosse: lei socchiuse istintivamente le labbra per permettere a quel cazzo di poter godere della sua bocca calda ed accogliente.
Il cazzo entrò per quasi tutta la sua lunghezza, e Marta non si aspettava fosse così lungo: spalancò la bocca per permettergli di fare esattamente quello per cui era lì in quel momento: scoparle la bocca.
Mentre i movimenti dell'uomo si facevano più intensi, Marta si bagnava sempre di più, mugolava, desiderava avere le sue mani libere, voleva fargli un pompino e voleva potersi aiutare con le sue mani. L'uomo, però, stava godendo tantissimo della situazione, e più Marta era partecipe, più lui si eccitava:
«Prendilo tutto, troia! Voglio vedertelo scendere giù per la gola», così dicendo lo spinse tutto dentro, portando Marta ad un conato così intenso da farle rigurgitare su quel cazzo una piccola parte del vino rosso bevuto in precedenza.
«Così, continua. Ora succhia tutto, pulisci il cazzo, cagna», Marta, ripresasi in fretta, non se lo fece ripetere: continuava a leccare e succhiare quel cazzo per farlo tornare lucido e brillante solo della sua saliva.
Improvvisamente qualcuno le liberò le mani, ed in un attimo Marta era accerchiata: un cazzo era nella sua bocca, altri due erano già nelle sue mani, ed altri due si stavano segando con i suoi capelli.
Lei si sentiva sporca, troia, e le piaceva, voleva essere sempre più partecipe, sempre più complice di quella scena; scese dalla sedia per mettersi in ginocchio e togliersi la benda: voleva vedere negli uno ad uno gli uomini che avrebbe di lì a poco scopato, voleva vedere negli occhi i proprietari dei cazzi che a turno spompinava, leccava e segava. Neppure si accorse che poco distante c'era Vincent che si godeva la scena senza lasciar trasparire il minimo interesse a voler intervenire.
La sedia venne messa da parte, ed uno degli uomini decise che era arrivato il momento di possedere Marta: mentre era ancora in ginocchio, da dietro spinse la sua schiena in avanti, per fare sì che il suo culo fosse in bella mostra: gli ci volle poco per spostare il suo perizoma ed iniziare a scoparla in figa mentre lei, sebbene in una posizione poco comoda, continuava a succhiare e segare quei cazzi. Marta stava godendo, ed i suoi gemiti erano attenuati soltanto dal cazzo che le tappava la bocca.
La scoparono così a turno per un po', finché uno degli uomini non decise di sollevare Marta ed impalarla col suo cazzo sul divano: l'uomo era seduto mentre lei, sopra di lui, saltava sul suo cazzo, pretendendo che quell'uomo prendesse anche una delle sue tette nella sua bocca, spingeva la sua testa con l'obiettivo di fare entrare quanta più carne possibile nella sua bocca. Mentre Marta era impegnata a godere del cazzo e di quella lingua, improvvisamente fu spinta da dietro verso lo schienale del divano: sapeva cosa stava per succedere, inarcò il più possibile la schiena, mentre uno degli uomini puntò dritto al suo culo che penetrò senza troppe accortezze o complimenti.
Marta urlò, quel bastardo la stava inculando senza alcun riguardo nei suoi confronti, trattandola come un pezzo di carne: un altro uomo, in piedi sul divano accanto a lei, le afferrò la testa con le mani per ricominciare a scopare la sua bocca. Marta si sentiva piena, si sentiva troia e godeva: anche il dolore del cazzo nel culo lasciò il passo ad un piacere sempre crescente.
Era in balia degli eventi, aveva tutti i buchi pieni e due cazzi nelle mani, era retta letteralmente dai cinque cazzi che la stavano facendo impazzire: urlava di piacere ed in quel modo venne un numero di volte che neppure lei avrebbe saputo quantificare.
Quasi senza rendersene conto, poco dopo Marta si trovò stesa a pecora sul divano, con i cinque cazzi che si alternavano tra il suo culo e la sua bocca: lei godeva ed era sempre più desiderosa del momento in cui sarebbe stata inondata di sborra, immaginava i cinque uomini che in cerchio la colpivano ovunque, voleva assaggiare il nettare di ognuno di loro.
Ciò che però lei non sapeva, era che i cinque uomini avevano avuto indicazioni precise su quale avrebbe dovuto essere l'epilogo: il primo dei cinque, infatti, la scopò fino a venirle completamente in culo, dandole una sensazione di calore e bruciore che prima di quel giorno aveva provato solo una volta.
Vincent, di cui si era quasi dimenticato, riapparve di fronte a lei, e con sguardo sadico e glaciale esordì dicendo: «Stai ferma troia, e ricorda: hai accettato, ora non puoi tirarti indietro a nulla », mentre proferì queste parole, Marta lo guardava ansimante mentre il suo intestino veniva riempito, non capendo bene cosa volesse dire. Voltandosi, si rese conto che gli altri quattro uomini erano in fila indiana che si segavano dietro al suo culo. Quando il primo ebbe finito, si spostò di fronte a lei per farsi pulire per bene il cazzo con la sua bocca, mentre il secondo finì letteralmente di segarsi nel culo di Marta, usandolo come un perfetto sborratoio: lei si sentiva usata, umiliata ed eccitata, e mentre tutto questo succedeva, non distoglieva lo sguardo dagli occhi di Vincent che era rimasto lì ad osservare; quando anche il secondo ebbe svuotato le sue palle nel culo di Marta, fu il turno degli altri tre, che ripeterono lo stesso schema, come un copione: pochi colpi finali prima di sborrare tutto dentro di lei. Marta si sentiva davvero piena, era una sensazione che progressivamente diventava sempre più fastidiosa: quando anche l'ultimo aveva rilasciato fino all'ultima goccia di sborra nel suo culo, Vincent si affiancò a Marta, facendole sporgere il culo in avanti, verso l'esterno del divano: «Adesso rilassati troia, devi lasciarti andare», Marta capì e, sebbene con qualche timore, si rilassò facendo fuoriuscire gran parte della sborra che aveva in corpo: non si era accorta però, che uno degli uomini reggeva sotto al suo culo il suo calice, contenente ancora un po' del vino rosso di inizio serata; quando anche l'ultima goccia di sborra era ormai colata nel calice, Vincent prese il bicchiere, porgendolo a Marta con sadica falsa educazione: lei era riluttante, quasi schifata, ma allo stesso tempo era troppo eccitata, voleva obbedire, voleva assecondare ogni perversione di Vincent, non voleva deluderlo, obbedire anche ai compiti più degradanti era il segreto di tutto il piacere che provava.
Mentre tutti questi pensieri invadevano la sua mente, prese il bicchiere, senza guardare troppo il contenuto, preferendo non staccare il contatto visivo dal suo padrone, lo portò alla sua bocca e con pochi rumorosi sorsi mandò tutto giù, leccando provocatoriamente una delle ultime gocce di vino rimaste sull'orlo del bicchiere.
Gli altri uomini si erano già ricomposti, stavano andando via in un silenzio per loro quasi imbarazzante: Marta e Vincent continuavano a guardarsi, desiderosi l'uno dell'altra, consci che di lì a poco avrebbero ricominciato, con Marta che finalmente avrebbe avuto l'unica cosa che desiderava ormai da minuti interminabili: il cazzo del suo padrone.
2
voti
voti
valutazione
8
8
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
L'apparenza inganna - 2racconto sucessivo
Una serata inaspettata
Commenti dei lettori al racconto erotico