Una serata inaspettata
di
Joker995
genere
tradimenti
La situazione tra Gianni e Carla era sempre più pesante, oltre che stantia e monotona.
Gianni era un ragazzo di provincia di 28 anni che, dopo la laurea in ingegneria, si era trasferito in città dove aveva trovato un buon lavoro ed un modesto appartamento che gli permetteva di vivere in completa autonomia.
Carla, con cui era insieme dai tempi dell'università, aveva due anni in meno rispetto a Gianni ed era già inquadrata come dirigente nella impresa edile di famiglia e viveva in uno spazioso appartamento al centro.
Entrambi non sapevano che svolta dare alla relazione: Carla credeva non fosse ancora il momento di avere una famiglia, Gianni, dal canto suo, non voleva convivere stabilmente e perdere quel poco di autonomia faticosamente ottenuta: la situazione, dunque, era evidentemente impantanata su dei binari morti, senza considerare che tutto era reso ancora più complesso dagli interminabili impegni lavorativi di Gianni che lo stavano, col tempo, negativamente trasformando.
Inevitabilmente, la complessità della situazione aveva quasi totalmente spento quel fuoco - all'inizio un vero e proprio incendio - che aveva per tanto tempo contraddistinto il loro rapporto.
Una sera, dopo tanti rinvii, incastrati tutti gli impegni, sembrava finalmente arrivato il momento in cui sarebbe stato possibile passare una bella serata insieme, come quelle dei vecchi tempi.
Il programma era semplice ma efficace: un paio di drink insieme al nuovo locale all'aperto che si trovava zona prossima alla campagna, di cui tutti parlavano molto bene: gente carina, buona musica e buoni drink.
A poche ore dall'appuntamento, dopo una tediosa conversazione su WhatsApp, Gianni, scusandosi per l'ennesimo contrattempo, chiese a Carla se fosse un problema rinviare la serata, visto un inaspettato carico di lavoro che lo avrebbe costretto in ufficio più del dovuto: lei, con un'apatia che avrebbe dovuto preoccupare il ragazzo, disse che non ci sarebbero stati problemi se lui avesse preferito tornare a casa dopo il lavoro e che lo avrebbe raggiunto da lui a fine serata.
Carla si organizzò così per conto suo con un'amica per scendere intorno alle 22: quest'ultima, sfortunatamente - ed a quel punto iniziò a chiedersi se non fosse il caso di annullare i suoi piani - si sentì male poco prima dell'orario stabilito, lasciandola nuovamente da sola.
Snervata ma ostinata, Carla non si perse d'animo: decise di andare da sola, consapevole che tante persone della zona frequentavano il locale, tenendo inoltre presente che, in ogni caso, socializzare era una delle sue attività preferite.
Parcheggiata la macchina nell'ampio spiazzo antistante, il locale si presentava con un lungo bancone situato alla destra dell'ingresso, con un bel prato curato, occupato da tanti tavoli e sedie di varie misure: in fondo al giardino c'era un palco, non grandissimo ma comunque funzionale, utilizzato probabilmente per gli eventi di musica live nei week-end.
Mentre si guardava intorno, godendosi l'aria fresca di campagna che dava sollievo rispetto all'afa cittadina, Carla scorse ad uno dei tavoli un suo vecchio collega universitario, Marco: alto, capelli quasi rasati, di bella presenza, che era lì con un paio di amici, un tizio dal volto anonimo che non aveva mai visto prima ed una ragazza che conosceva poco dai tempi della scuola ma che non le era mai riuscita a stare simpatica.
Carla si avvicinò al gruppo in maniera molto allegra, salutando calorosamente: Marco, che non la vedeva da un po', fu lieto di accoglierla, invitandola a sedersi accanto a loro e presentandole, oltre i due amici, il barman, a cui stavano chiedendo consigli.
Il suo nome era Martin: ragazzo sudamericano lì per uno stage universitario che arrotondava lavorando di sera al locale.
Carla, per rompere il ghiaccio, ed anche per ostentare la sua esperienza in materia, iniziò un semi-interrogatorio circa le varie tipologie di gin a disposizione del locale: il barista, divertito e sicuro di sé, dopo un primo colloquio la condusse al bancone per offrirle alcuni cicchetti delle bottiglie più pregiate, un po' per aiutarla nella scelta, un po' per approfittarne per poter conversare privatamente con lei.
La poca affluenza durante la serata permise ai due di continuare a bere e chiacchierare: cicchetto dopo cicchetto, la conversazione divenne sempre più intima e, ad una domanda relativa alla sua vita sentimentale, Carla confessò di sentirsi trascurata, cosa che inoltre, detestava ammetterlo, la faceva sentire poco attraente.
Martin colse l'occasione per dirle che chiunque non le desse attenzioni, non poteva che essere un idiota, aggiungendo che era stupenda e, con un sussulto di audacia, che da quando l'aveva vista arrivare, non avrebbe voluto fare altro che averla.
Carla era in parte imbarazzata dalle parole del barista, ma sentiva anche un inequivocabile calore in mezzo alle gambe: era eccitata, l'alcol disinibiva e lui non era affatto male,
«Ti ringrazio tanto, anche tu non sei affatto male», a queste parole, Martin fece una inaspettata proposta: «Perché non ci spostiamo sul retro? Divertiamoci un po' senza impegno, a fanculo chi non ti merita»;
In quel momento Carla non voleva pensare a Gianni, e le sue uniche preoccupazioni riguardavano se stessa, ora voleva soltanto divertirsi liberamente,
«Mai avrei pensato di dire una cosa del genere, però sì, vaffanculo chi non mi merita», detto ciò, lo seguì sul retro, dove c'erano due bagni per i clienti, ed un terzo bagno riservato al personale, che poteva essere aperto solo a chiave.
Martin la scortò all'interno: era uno spazio ampio, pulito, comprendente anche di bidet e doccia. Non appena chiuse la porta, il barman si scaraventò su di lei, portandola contro il muro: la baciava con passione, le sue mani presero presto a toccarla ovunque, il vestitino leggero della ragazza fece sì che Martin potesse bypassarlo facilmente, percorrendo con le mani le sue forme ed afferrando in ogni modo qualunque parte del corpo volesse.
Nella foga del momento, ci volle poco a sfilarle il vestitino, lasciandole addosso soltanto le scarpe aperte con un accenno di tacco e delle splendide mutandine di pizzo nere: quella visione infervorò ancora di più il barista che la spinse in basso, portandola in ginocchio e rivelando un cazzo di notevoli dimensioni di fronte alla ragazza: Carla iniziò a succhiarlo senza indugi, voleva che entrasse tutto nella sua bocca, se lo sentiva fino in gola: Martin era fermo, godendosi la maestosa arte del pompino di Carla, che in quel momento conduceva le danze.
Dopo aver continuato a pompare per un po', Martin riprese in mano la situazione, sollevando Carla, piegandola in avanti e facendola poggiare con le mani sul water: la visuale per il barista era meravigliosa, e senza indugi la penetrò a pecora, trovando la sua fica bagnatissima e calda.
L'eccitazione di Carla indusse il barman ad essere estremamente rude, prendendola per i fianchi ed iniziando a spingere e colpire con tutta la sua forza,
«Oh cazzo sì, continua così, spaccami in due» lo esortava ripetutamente Carla,
Martin capì che si poteva spingere oltre e prese uno degli spazzolini riposti sul lavandino, scegliendo appositamente quello col manico più largo, iniziando a premere sul suo sfintere mentre continuava a scoparla a pecora:
«Oddio, cos'è?», chiese lei presa totalmente alla sprovvista,
«Zitta e godi, è quello che meriti» fece Martin mentre infilava sempre di più l'oggetto, simulando una mini doppia-penetrazione
«Oh sì, continua, godo tantissimo» fece Carla che intanto iniziò a toccarsi mentre veniva scopata
«Brava troia, godi. La vuoi la sborra?»,
«Oh si, ti prego, riempimi tutta, svuota le tue palle dentro di me», Martin non se lo fece ripetere due volte, aumentando il ritmo dei suoi colpi fino a venire completamente dentro di lei con un urlo che non riuscì a trattenere.
Carla, dal canto suo, sentiva distintamente i getti del cazzo di Martin, contandone almeno sei o sette e, dopo aver lasciato che si riposasse ancora un attimo dentro di lei, si voltò per succhiargli bene il cazzo e ripulirlo.
«Aspetta, prima di andare devo pisciare, sono stato lontano già troppo a lungo, non potrò allontanarmi di nuovo» fece Martin mentre passava il vestitino a Carla che invece, sentita la cosa, divertita rispose «Voglio darti una mano io, non l'ho mai fatto prima», così dicendo, prese il cazzo di Martin puntando direttamente verso il Water; il barista, non proprio a suo agio, dovette impegnarsi un attimo per rilassarsi e pisciare, ma alla fine ci riuscì, godendosi quella mano inaspettata. Quando ebbe finito, Carla, prima di riporre il cazzo al suo posto, decise di riprenderlo nella sua bocca per assaporarlo così com'era in quel momento, sfiorando la cappella con la lingua con dei movimenti circolari con cui la avvolgeva completamente: Martin, preso alla sprovvista, si sentì soltanto di esclamare «Sei davvero troia nell'anima», per poi finalmente ricomporsi ed uscire da lì seguito dalla ragazza.
Tornata al bancone, Carla ritrovò Marco che le chiese che fine avesse fatto, lei rispose vagamente e poco convintamente che aveva avuto problemi in bagno. L'amico sembrava credere poco alle sue parole ma, facendo finta di niente, le offrì da bere e la esortò a tornare dal resto del gruppo. Carla accettò volentieri, convinta che in questo modo l'attenzione sulla sua prolungata assenza sarebbe definitivamente calata.
La serata filò liscia, ed i drink bevuti iniziarono ad essere molti, troppi. Quando le lancette dell'orologio segnavano ormai le tre passate, tutti si convinsero che era arrivata l'ora di tornare a casa: Marco, consapevole che Carla aveva bevuto troppo e che non era nelle condizioni ottimali per guidare, si offrì di farle da autista fino a casa di Gianni.
Carla sapeva che era la soluzione migliore ed accettò: durante il tragitto, Marco iniziò ad incalzarla, lanciando frecciatine sul fatto che "casualmente" quando è stata assente lei, lo è stato anche il barista, lei replicava divertita, fingendo di credere che fosse uno scherzo, ma Marco si fece più insistente, fino a portare Carla a cedere e confessare tutto quello che era successo.
Nella voce di Carla si percepiva un sottile dispiacere per Gianni che non poteva essere però definito pentimento, piuttosto sembrava una semplice amarezza nei confronti del fidanzato.
Marco, dal canto suo, si mostrò comprensivo, voltandosi verso di lei per prestare più attenzione al discorso e, nel mentre, poggiare una mano lungo la sua gamba: Carla si accorse del cambio di atteggiamento dell'amico, tuttavia non sembrava preoccupata o dispiaciuta, anzi: con un movimento quasi impercettibile allargò leggermente le sue gambe per far sì che la mano di Marco potesse dirigersi verso l'interno coscia.
Lui, resosi conto della situazione, cambiò tono di voce, e mentre continuava a far scivolare la sua mano verso la sua fica, la rassicurava: «È normale avere certi istinti, e se c'è qualcuno che finisce per darti per scontata, tutto sommato è anche giusto che tu ti lasci un po' andare», mentre terminava la frase, le sue dita erano arrivate ormai alla sua fica, che Marco scoprì essere già bagnata.
Carla era ferma, lo lasciava fare, voleva che continuasse: di tutta risposta, infatti, le sue uniche mosse furono quelle di allargare le gambe ed alzare il vestito per rendere più agevoli i movimenti dell'amico.
«Adesso ci penso io a darti il piacere della buonanotte», così dicendo, Marco iniziò a stimolare il clitoride di Carla col pollice, per poi infilare due dita nella sua fica, col solo obiettivo, però, di lubrificarle per bene e poter puntare dritta al suo culo: Carla, per la seconda volta in una serata, veniva inaspettatamente inculata, e per la seconda volta godeva più di quanto si aspettasse.
Le mani di Marco erano esperte ed i suoi movimenti circolari sul clitoride, insieme alla stimolazione anale, la portarono ad un potente orgasmo che l'amico riuscì a percepire benissimo, non solo per i gemiti liberatori di Carla, ma anche e soprattutto perché ad ogni urlo corrispondeva una contrazione che portava le sue dita ad essere strette dal culo di Carla.
Marco volle godersi fino all'ultimo ogni sussulto del corpo di Carla, iniziando a sfilare le sue dita dal culo senza mai distogliendo lo sguardo dagli occhi di Carla: quel momento fu seguito da un bacio passionale che durò svariati minuti in cui i due si stringevano e toccavano ovunque.
Dopo essersi staccato da lei, Marco era troppo eccitato ed in un attimo, senza proferire parola, cacciò il cazzo dai pantaloni, afferrando la testa di Carla che, senza fare i complimenti, iniziò a succhiarlo avidamente.
«Sì, così, cagna. Continua così, gustati il secondo cazzo della serata, sei proprio una grande puttana, lo sai?»
Carla rispose con un eccitante «Sì» a malapena comprensivo perché soffocato da quel cazzo che non voleva in alcun modo fare uscire dalla sua bocca.
Marco si stava godendo il pompino magistrale di Carla e, data la sua invitante posizione poiché totalmente piegata in avanti, decise di rimetterle due dita in fica mentre continuava a lavorare sul suo cazzo.
«Continua, cagna. Voglio sborrarti in gola», a queste parole, Carla aumentò il ritmo, sentì la cappella pulsare, sapeva che Marco stava per venire, bramava quel nettare che non tardò ad arrivare: Marco venne in silenzio, premendo ferocemente la testa di Carla sul suo cazzo: la sborrata fu così abbondante che lei si sentì soffocare, se la sentiva tutta in gola e le piaceva, voleva ingoiare tutto, non voleva perdersi nemmeno una goccia, e così fu.
Quando Marco allentò la presa, lei gli ripulì bene il cazzo con la lingua, gli diede poi un tenero bacio sulla cappella, e con un saluto veloce se ne andò di fretta senza minimamente preoccuparsi del fatto che lui fosse ancora lì nella sua auto.
Entrata furtivamente in casa, Carla si accorse che Gianni dormiva profondamente: quella scena aveva acquietato ogni sua possibile ansia o paura, le aveva fatto capire, insomma, che ciò che era successo non le avrebbe creato problemi: aveva goduto ed era felice, e tanto le bastava.
Gianni era un ragazzo di provincia di 28 anni che, dopo la laurea in ingegneria, si era trasferito in città dove aveva trovato un buon lavoro ed un modesto appartamento che gli permetteva di vivere in completa autonomia.
Carla, con cui era insieme dai tempi dell'università, aveva due anni in meno rispetto a Gianni ed era già inquadrata come dirigente nella impresa edile di famiglia e viveva in uno spazioso appartamento al centro.
Entrambi non sapevano che svolta dare alla relazione: Carla credeva non fosse ancora il momento di avere una famiglia, Gianni, dal canto suo, non voleva convivere stabilmente e perdere quel poco di autonomia faticosamente ottenuta: la situazione, dunque, era evidentemente impantanata su dei binari morti, senza considerare che tutto era reso ancora più complesso dagli interminabili impegni lavorativi di Gianni che lo stavano, col tempo, negativamente trasformando.
Inevitabilmente, la complessità della situazione aveva quasi totalmente spento quel fuoco - all'inizio un vero e proprio incendio - che aveva per tanto tempo contraddistinto il loro rapporto.
Una sera, dopo tanti rinvii, incastrati tutti gli impegni, sembrava finalmente arrivato il momento in cui sarebbe stato possibile passare una bella serata insieme, come quelle dei vecchi tempi.
Il programma era semplice ma efficace: un paio di drink insieme al nuovo locale all'aperto che si trovava zona prossima alla campagna, di cui tutti parlavano molto bene: gente carina, buona musica e buoni drink.
A poche ore dall'appuntamento, dopo una tediosa conversazione su WhatsApp, Gianni, scusandosi per l'ennesimo contrattempo, chiese a Carla se fosse un problema rinviare la serata, visto un inaspettato carico di lavoro che lo avrebbe costretto in ufficio più del dovuto: lei, con un'apatia che avrebbe dovuto preoccupare il ragazzo, disse che non ci sarebbero stati problemi se lui avesse preferito tornare a casa dopo il lavoro e che lo avrebbe raggiunto da lui a fine serata.
Carla si organizzò così per conto suo con un'amica per scendere intorno alle 22: quest'ultima, sfortunatamente - ed a quel punto iniziò a chiedersi se non fosse il caso di annullare i suoi piani - si sentì male poco prima dell'orario stabilito, lasciandola nuovamente da sola.
Snervata ma ostinata, Carla non si perse d'animo: decise di andare da sola, consapevole che tante persone della zona frequentavano il locale, tenendo inoltre presente che, in ogni caso, socializzare era una delle sue attività preferite.
Parcheggiata la macchina nell'ampio spiazzo antistante, il locale si presentava con un lungo bancone situato alla destra dell'ingresso, con un bel prato curato, occupato da tanti tavoli e sedie di varie misure: in fondo al giardino c'era un palco, non grandissimo ma comunque funzionale, utilizzato probabilmente per gli eventi di musica live nei week-end.
Mentre si guardava intorno, godendosi l'aria fresca di campagna che dava sollievo rispetto all'afa cittadina, Carla scorse ad uno dei tavoli un suo vecchio collega universitario, Marco: alto, capelli quasi rasati, di bella presenza, che era lì con un paio di amici, un tizio dal volto anonimo che non aveva mai visto prima ed una ragazza che conosceva poco dai tempi della scuola ma che non le era mai riuscita a stare simpatica.
Carla si avvicinò al gruppo in maniera molto allegra, salutando calorosamente: Marco, che non la vedeva da un po', fu lieto di accoglierla, invitandola a sedersi accanto a loro e presentandole, oltre i due amici, il barman, a cui stavano chiedendo consigli.
Il suo nome era Martin: ragazzo sudamericano lì per uno stage universitario che arrotondava lavorando di sera al locale.
Carla, per rompere il ghiaccio, ed anche per ostentare la sua esperienza in materia, iniziò un semi-interrogatorio circa le varie tipologie di gin a disposizione del locale: il barista, divertito e sicuro di sé, dopo un primo colloquio la condusse al bancone per offrirle alcuni cicchetti delle bottiglie più pregiate, un po' per aiutarla nella scelta, un po' per approfittarne per poter conversare privatamente con lei.
La poca affluenza durante la serata permise ai due di continuare a bere e chiacchierare: cicchetto dopo cicchetto, la conversazione divenne sempre più intima e, ad una domanda relativa alla sua vita sentimentale, Carla confessò di sentirsi trascurata, cosa che inoltre, detestava ammetterlo, la faceva sentire poco attraente.
Martin colse l'occasione per dirle che chiunque non le desse attenzioni, non poteva che essere un idiota, aggiungendo che era stupenda e, con un sussulto di audacia, che da quando l'aveva vista arrivare, non avrebbe voluto fare altro che averla.
Carla era in parte imbarazzata dalle parole del barista, ma sentiva anche un inequivocabile calore in mezzo alle gambe: era eccitata, l'alcol disinibiva e lui non era affatto male,
«Ti ringrazio tanto, anche tu non sei affatto male», a queste parole, Martin fece una inaspettata proposta: «Perché non ci spostiamo sul retro? Divertiamoci un po' senza impegno, a fanculo chi non ti merita»;
In quel momento Carla non voleva pensare a Gianni, e le sue uniche preoccupazioni riguardavano se stessa, ora voleva soltanto divertirsi liberamente,
«Mai avrei pensato di dire una cosa del genere, però sì, vaffanculo chi non mi merita», detto ciò, lo seguì sul retro, dove c'erano due bagni per i clienti, ed un terzo bagno riservato al personale, che poteva essere aperto solo a chiave.
Martin la scortò all'interno: era uno spazio ampio, pulito, comprendente anche di bidet e doccia. Non appena chiuse la porta, il barman si scaraventò su di lei, portandola contro il muro: la baciava con passione, le sue mani presero presto a toccarla ovunque, il vestitino leggero della ragazza fece sì che Martin potesse bypassarlo facilmente, percorrendo con le mani le sue forme ed afferrando in ogni modo qualunque parte del corpo volesse.
Nella foga del momento, ci volle poco a sfilarle il vestitino, lasciandole addosso soltanto le scarpe aperte con un accenno di tacco e delle splendide mutandine di pizzo nere: quella visione infervorò ancora di più il barista che la spinse in basso, portandola in ginocchio e rivelando un cazzo di notevoli dimensioni di fronte alla ragazza: Carla iniziò a succhiarlo senza indugi, voleva che entrasse tutto nella sua bocca, se lo sentiva fino in gola: Martin era fermo, godendosi la maestosa arte del pompino di Carla, che in quel momento conduceva le danze.
Dopo aver continuato a pompare per un po', Martin riprese in mano la situazione, sollevando Carla, piegandola in avanti e facendola poggiare con le mani sul water: la visuale per il barista era meravigliosa, e senza indugi la penetrò a pecora, trovando la sua fica bagnatissima e calda.
L'eccitazione di Carla indusse il barman ad essere estremamente rude, prendendola per i fianchi ed iniziando a spingere e colpire con tutta la sua forza,
«Oh cazzo sì, continua così, spaccami in due» lo esortava ripetutamente Carla,
Martin capì che si poteva spingere oltre e prese uno degli spazzolini riposti sul lavandino, scegliendo appositamente quello col manico più largo, iniziando a premere sul suo sfintere mentre continuava a scoparla a pecora:
«Oddio, cos'è?», chiese lei presa totalmente alla sprovvista,
«Zitta e godi, è quello che meriti» fece Martin mentre infilava sempre di più l'oggetto, simulando una mini doppia-penetrazione
«Oh sì, continua, godo tantissimo» fece Carla che intanto iniziò a toccarsi mentre veniva scopata
«Brava troia, godi. La vuoi la sborra?»,
«Oh si, ti prego, riempimi tutta, svuota le tue palle dentro di me», Martin non se lo fece ripetere due volte, aumentando il ritmo dei suoi colpi fino a venire completamente dentro di lei con un urlo che non riuscì a trattenere.
Carla, dal canto suo, sentiva distintamente i getti del cazzo di Martin, contandone almeno sei o sette e, dopo aver lasciato che si riposasse ancora un attimo dentro di lei, si voltò per succhiargli bene il cazzo e ripulirlo.
«Aspetta, prima di andare devo pisciare, sono stato lontano già troppo a lungo, non potrò allontanarmi di nuovo» fece Martin mentre passava il vestitino a Carla che invece, sentita la cosa, divertita rispose «Voglio darti una mano io, non l'ho mai fatto prima», così dicendo, prese il cazzo di Martin puntando direttamente verso il Water; il barista, non proprio a suo agio, dovette impegnarsi un attimo per rilassarsi e pisciare, ma alla fine ci riuscì, godendosi quella mano inaspettata. Quando ebbe finito, Carla, prima di riporre il cazzo al suo posto, decise di riprenderlo nella sua bocca per assaporarlo così com'era in quel momento, sfiorando la cappella con la lingua con dei movimenti circolari con cui la avvolgeva completamente: Martin, preso alla sprovvista, si sentì soltanto di esclamare «Sei davvero troia nell'anima», per poi finalmente ricomporsi ed uscire da lì seguito dalla ragazza.
Tornata al bancone, Carla ritrovò Marco che le chiese che fine avesse fatto, lei rispose vagamente e poco convintamente che aveva avuto problemi in bagno. L'amico sembrava credere poco alle sue parole ma, facendo finta di niente, le offrì da bere e la esortò a tornare dal resto del gruppo. Carla accettò volentieri, convinta che in questo modo l'attenzione sulla sua prolungata assenza sarebbe definitivamente calata.
La serata filò liscia, ed i drink bevuti iniziarono ad essere molti, troppi. Quando le lancette dell'orologio segnavano ormai le tre passate, tutti si convinsero che era arrivata l'ora di tornare a casa: Marco, consapevole che Carla aveva bevuto troppo e che non era nelle condizioni ottimali per guidare, si offrì di farle da autista fino a casa di Gianni.
Carla sapeva che era la soluzione migliore ed accettò: durante il tragitto, Marco iniziò ad incalzarla, lanciando frecciatine sul fatto che "casualmente" quando è stata assente lei, lo è stato anche il barista, lei replicava divertita, fingendo di credere che fosse uno scherzo, ma Marco si fece più insistente, fino a portare Carla a cedere e confessare tutto quello che era successo.
Nella voce di Carla si percepiva un sottile dispiacere per Gianni che non poteva essere però definito pentimento, piuttosto sembrava una semplice amarezza nei confronti del fidanzato.
Marco, dal canto suo, si mostrò comprensivo, voltandosi verso di lei per prestare più attenzione al discorso e, nel mentre, poggiare una mano lungo la sua gamba: Carla si accorse del cambio di atteggiamento dell'amico, tuttavia non sembrava preoccupata o dispiaciuta, anzi: con un movimento quasi impercettibile allargò leggermente le sue gambe per far sì che la mano di Marco potesse dirigersi verso l'interno coscia.
Lui, resosi conto della situazione, cambiò tono di voce, e mentre continuava a far scivolare la sua mano verso la sua fica, la rassicurava: «È normale avere certi istinti, e se c'è qualcuno che finisce per darti per scontata, tutto sommato è anche giusto che tu ti lasci un po' andare», mentre terminava la frase, le sue dita erano arrivate ormai alla sua fica, che Marco scoprì essere già bagnata.
Carla era ferma, lo lasciava fare, voleva che continuasse: di tutta risposta, infatti, le sue uniche mosse furono quelle di allargare le gambe ed alzare il vestito per rendere più agevoli i movimenti dell'amico.
«Adesso ci penso io a darti il piacere della buonanotte», così dicendo, Marco iniziò a stimolare il clitoride di Carla col pollice, per poi infilare due dita nella sua fica, col solo obiettivo, però, di lubrificarle per bene e poter puntare dritta al suo culo: Carla, per la seconda volta in una serata, veniva inaspettatamente inculata, e per la seconda volta godeva più di quanto si aspettasse.
Le mani di Marco erano esperte ed i suoi movimenti circolari sul clitoride, insieme alla stimolazione anale, la portarono ad un potente orgasmo che l'amico riuscì a percepire benissimo, non solo per i gemiti liberatori di Carla, ma anche e soprattutto perché ad ogni urlo corrispondeva una contrazione che portava le sue dita ad essere strette dal culo di Carla.
Marco volle godersi fino all'ultimo ogni sussulto del corpo di Carla, iniziando a sfilare le sue dita dal culo senza mai distogliendo lo sguardo dagli occhi di Carla: quel momento fu seguito da un bacio passionale che durò svariati minuti in cui i due si stringevano e toccavano ovunque.
Dopo essersi staccato da lei, Marco era troppo eccitato ed in un attimo, senza proferire parola, cacciò il cazzo dai pantaloni, afferrando la testa di Carla che, senza fare i complimenti, iniziò a succhiarlo avidamente.
«Sì, così, cagna. Continua così, gustati il secondo cazzo della serata, sei proprio una grande puttana, lo sai?»
Carla rispose con un eccitante «Sì» a malapena comprensivo perché soffocato da quel cazzo che non voleva in alcun modo fare uscire dalla sua bocca.
Marco si stava godendo il pompino magistrale di Carla e, data la sua invitante posizione poiché totalmente piegata in avanti, decise di rimetterle due dita in fica mentre continuava a lavorare sul suo cazzo.
«Continua, cagna. Voglio sborrarti in gola», a queste parole, Carla aumentò il ritmo, sentì la cappella pulsare, sapeva che Marco stava per venire, bramava quel nettare che non tardò ad arrivare: Marco venne in silenzio, premendo ferocemente la testa di Carla sul suo cazzo: la sborrata fu così abbondante che lei si sentì soffocare, se la sentiva tutta in gola e le piaceva, voleva ingoiare tutto, non voleva perdersi nemmeno una goccia, e così fu.
Quando Marco allentò la presa, lei gli ripulì bene il cazzo con la lingua, gli diede poi un tenero bacio sulla cappella, e con un saluto veloce se ne andò di fretta senza minimamente preoccuparsi del fatto che lui fosse ancora lì nella sua auto.
Entrata furtivamente in casa, Carla si accorse che Gianni dormiva profondamente: quella scena aveva acquietato ogni sua possibile ansia o paura, le aveva fatto capire, insomma, che ciò che era successo non le avrebbe creato problemi: aveva goduto ed era felice, e tanto le bastava.
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