Dovresti farti una scopata
di
Arlong
genere
etero
“OH, SÌ, COSÌ SFONDAMI“
“AMORE, CHE TROIA CHE SEI“
E queste parole venivano scandite dai cigolii irregolari del letto, Chiara poteva sentirli e riusciva a distinguere con eccellente limpidezza tutti i dettagli di ciò che avveniva nella stanza accanto, dove, per almeno tre sere a settimana la sua coinquilina ospitava il suo ragazzo.
Ed era una sera di quelle, e come ogni sera di quelle, Chiara veniva privata del suo sonno, rimaneva lì, distesa sul suo letto al buio, con uno sguardo cupo e quasi assente contornato dalle occhiaie che fissava il soffitto mentre il muro dietro la testa tremava.
“AH AH, PIÙ FORTE“
Decisamente la coinquilina stava avendo una delle migliori notti della sua vita, almeno una delle migliori tra quelle di cui Chiara era stata testimone uditiva, ed erano molte. Dal canto suo, nel suo letto, lei stava cercando di ricordare l’ultima volta che un uomo la fece ansimare e godere in quel modo. Erano passati anni, non che la protagonista della nostra storia di oggi sia molte vecchia o molto brutta, tuttavia, anche a causa di un carattere molto timido e chiuso, aveva lasciato andare svariate occasioni di adulto divertimento.
Chiara, aveva appena 28 anni, era alta, decisamente sopra la media femminile, era dotata di una lunga chioma bionda, di gambe sinuose e di una figura snella e longilinea. Il seno era ben distinguibile, non era eccessivamente voluminoso ma concentrico ed elegante, perfettamente proporzionato al suo corpo. Inoltre, lei non ne era al corrente, ma il suo sedere si conquistava spesso gli sguardi voluttuosi dei suoi conoscenti ogni volta che la incontravano o anche di anonimi passanti per le strade. Era frequentemente apprezzata per la sua semplicità, il viso pulito senza trucco, i look poco appariscenti e i modi di fare da classica ragazza della porta accanto. Non se la tirava mai e questo era molto gradito dalle persone che avevano il piacere di frequentarla. Tuttavia, ultimamente i suoi amici le criticavano il fatto di stare diventando più antipatica, come se si stesse inacidendo con lo scorrere dei giorni e degli anni.
E questo era visibile a tutti e le sue migliori amiche additavano la causa di tale atteggiamento alla mancanza di un “buon sesso”. Buon sesso che, invece, stava avendo la coinquilina e i tremori e i gemiti ne erano prova intangibile.
La testa di Chiara ondeggiava come ondeggiava la testata del letto, sembrava quasi che i due amanti fossero lì accanto a lei, sembrava quasi che quei gemiti le venissero sussurrati direttamente alle orecchie. A separarli vi era solo una parete. Era imbarazzante, come ogni volta che accadeva, e alla frustrazione di non poter prendere sonno si univa una certa invidia per non poter godere di tanta passione. Così, anche quella sera, la lingua di Chiara si fece largo tra le sue labbra inumidendo quello inferiore. La mano destra scivolava lentamente sulla sua pancia e sopra l’ombelico per lasciar soffermare i polpastrelli delle dita all’ingresso del suo intimo.
D’altronde, provare ad addormentarsi era inutile, tanto valeva coccolarsi un po’.
“SÌ, DAI, SÌ“
Al sentire il ritmo dei due aumentare le dita ruppero la barriera di stoffa e si addentrarono nelle sue mutandine. Il polpastrello del dito medio, per primo, incontrò il clitoride che massaggiò con delicatezza. Il suo respiro cominciò a farsi pesante come era pesante l’ansimare dei due dall’altro lato della parete. Il dito medio proseguì il suo percorso per andare ad insinuarsi proprio nella vagina andando a tastare quelle pareti già bagnate. Chiara trovava strano che recepisse il piacere dal piacere degli altri.
“OH, AMORE MIO, PRENDIMI PER I CAPELLI“
I denti di Chiara affondarono sul suo labbro inferiore lasciando andare un profondo sospiro, uno di quelli che in condizione di assoluto silenzio potrebbe essere percettibile, ma in quel contesto sonoro veniva certamente coperto. Sicura di ciò, spalancò bocca e palato per lasciare andare un flebile mugugno. Chiara, quella sera, si divertiva ad immaginare come lo stavano facendo, in quel preciso istante era convinta che lei fosse a pecora, con le ginocchia sul materasso e che lui la trapanasse da dietro. Il loro ritmo cresceva e con esso il ritmo del dito che aveva nella vagina, il quale andava a scavare in profondità, ad uncino, grattando sul punto G e i sospiri di Chiara si facevano sempre più frequenti, manifestandosi quasi contemporaneamente ai cigolii e colpi sordi sul muro, come se ci fosse proprio lei a scopare con quell’uomo nell’altra stanza
“VENGO, VENGO”
“AH, AHHH, SI TI PREGO”
E con fragorosi grugniti i due amanti portarono a termine il loro coito mentre una vampata di calore investiva il ventre di Chiara e la costringeva ad inarcare la schiena per il piacere che però non era arrivato all’apice. Infatti, avrebbe avuto ancora bisogno di qualche minuto in più per raggiungere un orgasmo degno di tale nome, rimase quindi lì, immobile, ad interpretare i rumori provenienti dall’altra stanza nella speranza che i due ricominciassero. Il silenzio che proveniva però era una risposta più che esaustiva, probabilmente si erano già anche appisolati. Certo, Chiara avrebbe potuto continuare da sola ma i suoi sospiri non sarebbero stati più coperti. Sai che figuraccia a farsi beccare a masturbarsi ascoltando altri scopare. E poi, non era più la stessa cosa, per qualche strana ragione i gemiti della sua coinquilina la eccitavano di più.
Così, estrasse il suo dito, si ricompose e si poggiò di fianco, e si addormentò cercando di reprimere una frustrazione galoppante e una pantagruelica insoddisfazione.
“Buongiorno cara”
La mattina dopo, la coinquilina era uscita dalla sua stanza con un largo sorriso e un’espressione di profondo benessere.
“Ciao”
Davanti a sé, vi era tutt’altra scena, Chiara era seduta al tavolo con sguardo torvo e delle occhiaie da fare provincia, la fronte contratta indicava uno stato di stress.
“Ti vedo stanca, forse dovresti andare a letto più presto”
Lo sguardo di Chiara si inasprì ancora di più
“Hai ragione, comunque stasera ho una festa con degli amici, mi sa che farò tardi anche stanotte”
“Ah bello, per favore quando torni non fare troppo rumore, domani mi alzo prestissimo per lavorare”
Un silenzio velenoso seguì quelle parole.
“Ecco, a proposito di rumore la notte…”
“Si, so cosa vuoi dirmi, giuro che sistemo la cosa”
“Ah grazie, vedo che comprendi”
“Si, oggi stesso dirò alla signora del piano di su di evitare di mettere in moto la lavatrice di notte”
“NO, NON È QUELLO”
E la voce si alzò
“Ehi calma Chiara, qual è il problema allora?”
“Allora… come dirlo con delicatezza…”
“Tranquilla, siamo amiche, a me puoi dire tutto”
“E’ la terza notte consecutiva che non riesco a dormire causa tua… e del tuo ragazzo…”
“Nel senso che?”
“Nel senso che vi sento fare… le vostre cose lì… e sento tutto”
“Ma è impossibile ahahah”
E quella fragorosa risata infastidì Chiara ancora di più
“No, ti dico che sento tutto”
“E cosa senti? Siamo silenziosissimi proprio per rispetto nei tuoi confronti”
“Allora forse non te ne rendi conto, immagino che tu non lo faccia a posta, ma ti prego è fastidiosissimo”
“Cosa è fastidioso? Il fatto che faccio l’amore con il mio ragazzo? Sei invidiosa?”
“Cosa? Ma che c’entra?”
“C’entra con il resto di due, sei diventata come le vecchiette in menopausa che rimproverano i ragazzini che si baciano in pubblico”
“Ma figurati se…”
“Ultimamente sei troppo antipatica… sai cosa…”
“Cosa?”
“DOVRESTI FARTI UNA SCOPATA OGNI TANTO”
“E QUESTO COME È CONNESSO AL FATTO CHE MI DISTURBI LA NOTTE?”
“Ti disturberebbe pure la tosse di una formica in Arizona, sei troppo stressata, rilassati, sciogli i nervi e…”
“E?”
“E fatti una scopata”
“Ma…”
“Ma niente, io ora vado a farmi una doccia, ciao”
E se ne andò, lasciandola lì con un nulla di fatto e l’ira nella mente. Pochi attimi dopo la porta della camera della coinquilina si spalancò nuovamente ma questa volta ad uscire fu lui, il ragazzo.
“Ehi Chiara, che muso lungo che hai”
Ormai di casa, con la piena confidenza e anch’egli con la faccia di chi se la passa benissimo, si muoveva verso la macchina del caffè in pantofole, tuta grigia e canotta bianca.
Dopo aver armeggiato per qualche secondo con la macchinetta le chiese:
“Scusa, puoi aiutarmi? Non ho mai capito come la usate”
Chiara sospirò con le mani tra i capelli.
“Si, arrivo”
Si alzò e lo raggiunse, portandosi faccia a faccia. Lui reggeva ancora la confezione della cialda sul bacino. Chiara gliela sfilò con le mani portando, involontariamente, le sue nocche a pochi centimetri di distanza dal cavallo del ragazzo. Non poté, quasi per caso, fare a meno di indugiare sulla prominenza e la sagoma del suo membro che affiorava sotto il tessuto della tuta grigia. Seppur coperta da alcuni livelli di stoffa, quella figura era ben distinguibile, e quasi pareva pulsare leggermente. Gli occhi della ragazza seguirono l’intero percorso delineata da quella sagoma, dalla base, che appariva tozza e larga, proseguendo verso destra lungo quella che doveva essere una leggera curva accentuata dallo stato di semi-riposo del membro, fino ad arrivare al grosso terminale tondeggiante che doveva essere il glande. Il fidanzato della coinquilina, apparentemente, era uno di quelli con cui la natura era stata generosa, e a giudicare dalle urla e i gemiti di cui Chiara era testimone uditiva, non vi erano dubbi che quel ragazzo a letto regalava gioie. Era forse giusto che quella stronza della sua coinquilina potesse beneficiare di un fidanzato ben dotato e bravo a letto mentre lei era costretta a toccarsi da sola ascoltandoli? Cosa aveva in più di lei quella ragazza spocchiosa? Forse avrebbe dovuto accogliere il suo consiglio e farsi una scopata, magari proprio con il suo ragazzo, lì sul tavolo della cucina. Avrebbe avuto torto se per caso, uscendo dal bagno, lei avesse trovato il suo ragazzo con il volto contratto per lo sforzo di montarla da dietro, o meglio ancora, se avesse visto le sue grandi mani sul sedere nudo di Chiara mentre la sollevavano su e giù come una bambolina di pezza? O se lo avesse trovato in piena erezione, con i muscoli tesi e lo sguardo perso, mentre Chiara gli assaggiava il pisello con le labbra? Chiara si stava chiedendo di cosa sapesse il pisello di quel ragazzo e quanta porzione del palato potesse occupargli, in realtà si chiedeva anche se avesse dimenticato il sapore di un pisello o la sensazione di avere il palato completamente occupato. Si domandava se sarebbe stato opportuno chiedergli di mostrarglielo, lì, velocemente e senza impegno. Per una genuina curiosità, non si sarebbe offeso nessuno.
“Chiara? Ci sei?”
“Oh sì, scusa, ero sovrappensiero”
Come da un sogno veniva destata da quei pensieri morbosi e turbolenti. Raccolse la cialda, azionò la macchinetta e gli preparò un caffè. Subito dopo si rintanò nella sua stanza, cercando di spegnere quella zanzarosa confusione che aveva in testa e rilassarsi, procedendo ad iniziare la sua giornata.
Quel giorno le ore si susseguirono velocemente e arrivò presto la sera e il momento di prepararsi per uscire. Chiara trascorse i soliti tempi tecnici di una donna davanti allo specchio e in bagno. Fece la doccia, asciugò e piastrò i suoi capelli lasciandoli lisci e leggermente mossi, pose un filo di eye-liner sulle ciglia e un leggero strato di rossetto sulle labbra. Indossò una semplice maglietta bianca su cui mise una giacca di pelle nera, una gonna dello stesso colore, moderata e non volgare ma che comunque terminava appena sopra le ginocchia e dei tacchi alti ma non troppo ad esasperare la sua vertiginosa figura. Era bella, arrogantemente bella senza essere eccessiva, ma a ciò non pensava, si era vestita per essere a suo agio e piacere a sé stessa e non per piacere agli altri. Anche se, da quella mattina un tarlo le divorava la testa: piaceva ancora agli altri?
Dopo mezz’ora di mezzi raggiunse il luogo della festa e i suoi amici. Si aggregò subito ad una coppia di ragazze, sue conoscenti di vecchia data e ad un ragazzo dal volto familiare.
“Ciao Chiara, come va? Lo conosci Giuseppe?”
“Certo, come no, eravamo insieme al liceo”
E lei se lo ricordava bene, durante il primo anno, quando ancora non era formosa e sviluppata, in una giornata dove decise di indossare un reggiseno poco appariscente e generoso, di quella volta che le chiese davanti a tutti i compagni di classe se quel giorno si fosse dimenticata le tette a casa. Magari lui lo aveva rimosso ma per Chiara, da adolescente, quella battuta infantile era rimasta indelebilmente nella sua memoria. Tutto sommato Giuseppe era un ragazzo timido ma piacevole da frequentare, l’arroganza adolescenziale l’aveva abbandonata ormai da tempo, era simpatico e per bene, mai arrogante o prevaricatore; lo incontrava spesso in svariate occasioni sociali ma faceva sempre poco caso a lui, così come lui a lei, ma solo in quel momento notava che vestiva bene, aveva un bel portamento, probabilmente andava anche in palestra e in fondo, era anche decisamente carino.
E in quel momento il primo bicchiere di vino della serata scivolò via.
La festa trascorreva, così come le conversazioni e le persone approcciate, nonostante il vasto ricambio di persone salutate Chiara si era resa conto che Giuseppe le stava sempre a fianco. Ciò non le dava fastidio, anzi lo apprezzava, e apprezzava anche quando le toccava il braccio per parlarle, aveva pure un bel sorriso che faceva sorridere anche lei.
“Vado a fumare una sigaretta fuori, mi accompagni?”
“Certo”
E in quel momento il secondo bicchiere della serata scivolò via.
Le ore erano diventate sempre più piccole e a Chiara ricominciava a porsi il problema di come tornare a casa. Forse il tram per una ragazza da sola a tarda notte non era la soluzione migliore, sicuramente non la più veloce ma in poco tempo realizzò che, forse, la soluzione l’aveva lì, sotto il mento. Sarebbe bastato civettare un po’ per scroccare un passaggio da Giuseppe. Tuttavia, un secondo quesito le palesò in mente: voleva tornare a casa grazie a lui o voleva tornare a casa con lui?
E in quel momento il terzo bicchiere della serata le diede la risposta che cercava.
“Per caso puoi accompagnarmi a casa? Non ho la macchina”
“Certo che posso, andiamo”
Il silenzio in macchina era pesante, Chiara fissò il cruscotto per notare che erano esattamente le tre di notte, aveva bisogno di una scusa, di un’idea, per portare quel ragazzo a salire su fino al suo appartamento. Il bisogno divenne imbellente quando la macchina accostò davanti al portone del suo palazzo. Chiara optò per l’opzione più semplice, gli uomini sono semplici, d’altronde, era questo che pensava.
“Ti va di continuare a fare due chiacchiere su da me?”
“Certo”
Il silenzio pesante si spostò dalla macchina all’ascensore. Era passato molto tempo da quando Chiara aveva sedotto un uomo, anzi era stato un uomo ad aver sedotto lei, non sapeva neanche da dove cominciare, cosa dire, cosa fare. Non sapeva nemmeno se quella era l’occasione giusta, magari quel ragazzo era lì con lei in quel momento perché aveva davvero intenzione di fare due chiacchiere sul divano del suo appartamento, magari aveva frainteso tutte le attenzioni che le aveva riservato quella sera, magari era semplice amicizia e quel passaggio a casa altro non era che una cortesia senza secondi fini.
Era proprio immersa in questi pensieri quando la bocca di Giuseppe si fiondò sulla sua, di scatto e con prorompenza, al bacio Chiara rispose con sorpresa ma pronta, amalgamando le proprie labbra sulle sue, d’istinto lei afferrò il colletto della sua camicia e lo portò più vicino a sé, questo a lui diede il coraggio per poggiare la mano sul fianco di lei.
“Mmm”
Il contatto con la sua grande mano la fece mugugnare e contemporaneamente avvicinò la sua coscia scoperta al suo bacino, la strusciava sentendo la sua virilità che pulsava. Nel frattempo, lui le baciava il collo mentre l’altra mano le accarezzava il viso. Aveva un uomo eccitato addosso e lei si sentiva un forno, il suo fiatone comunicava a lui tutte quelle sensazioni.
Fu il ding dell’ascensore ad interromperli, come due molle scattarono all’unisono verso il portone. Chiara in fretta e furia rovistava nella borsetta in cerca delle chiavi mentre Giuseppe attendeva impazientemente mentre con la mano le saggiava la consistenza del fondoschiena.
Una volta dentro, lui la prese per mano, individuando il divanetto del soggiorno e conducendola lì come se fosse il padrone di casa. Si sedette, lasciando Chiara all’in piedi.
“No, non togliere i tacchi”
“Ma così sono più alta di te”
“Lo so, mi eccita”
E, detto ciò, afferrò la ragazza con entrambe le mani per le natiche e portò la sua vita al suo volto. Chiara assecondò il movimento e, in men che non si dica, il capo del ragazzo era scomparso sotto la sua gonna. Chiara sentì le sue mutandine scendere velocemente fino all’altezza delle sue ginocchia e poi di colpo, un gemito scappò dalla sua gola, quando avvertì la punta della sua lingua all’imbocco della fessura della sua vagina. La fanciulla inarcò il collo e la schiena e si aggrappò con entrambe le mani allo schienale del divano. Era da tempo che non sentiva quella sensazione, la sensazione di una lingua umida che le puntellava la figa, se lo ricordava diverso come era diverso da quelle volte che se lo era immaginato da sola, sul suo letto. Percezioni che sembrava avesse dimenticato. Ogni contatto con quella grande lingua le faceva tremare le gambe, dei brividi partivano dal suo ventre e le raggiungevano la nuca. Sentiva il vorticare della sua bocca su tutte le parti della sua figa, le piaceva particolarmente quando lui gliela leccava nella sua interezza, percepiva i bozzetti della lingua che in sequenza le grattavano il clitoride, era come una montagna russa a cui lei partecipava gemendo, perché aveva ben capito che all’aumentare del gemere aumentava il ritmo del grattare.
Ad un certo punto il ragazzo si arrestò e la sua testa fece capolino da sotto la gonna. Chiara, dall’alto incrociò quello sguardo da predatore e capì subito cosa lui si aspettava adesso da lei. Era il momento di ricambiare, in un istante fu sulle sue ginocchia, le mutandine dalle gambe scivolarono fino alle caviglie. Adesso sentiva i suoi umori scorrerle sulle cosce. Con il dorso della mano andò, quasi incontrollatamente, a tastare il tessuto dei jeans in prossimità del cavallo, e poi, si chinò per dare un bacio a stampo su quella grossezza sotto la cerniera. Anche con quello strato di tessuto sopra, era palese che qualcosa di estremamente duro e pulsante la stava aspettando. Con molto calma, e senza tremare, le dita affusolate di Chiara slacciarono la cintura e abbassarono la cerniera. Due falangi scivolarono sotto l’elastico delle mutande per tirarlo giù, ed in men che non si dica, gli occhi di Chiara si sgranarono con sorpresa davanti alla vista del pisello che si stagliava di fronte il suo viso. Era di tutto rispetto, si protraeva in lunghezza fino a qualche centimetro sopra la sua fronte, e sarebbero stati di più se fosse stato per una leggera curvatura che aveva verso destra. Fu proprio sulla gobba di quella curvatura che Chiara fece schioccare il primo bacio delicato al suo membro, così per sentire per la prima volta quella pelle tesa sulle sue labbra. Poi, senza pensarci troppo, spalancò la bocca e inglobò tra le sue labbra, prima il glande e poi la metà superiore dell’intero pene. Serrò le labbra e cominciò a ciucciare mentre con la lingua roteava sulla cappella. La faceva scorrere sulla punta ma anche sotto il palato, era da tempo che non sentiva il sapore pungente del cazzo in bocca e la sensazione di far godere un uomo, testimoniata da quel pisello che le pulsava e tremava a pochi centimetri dall’ugola. A secondi alterni la bocca abbandonava il glande per scendere e dedicarsi anche alle palle, con le sue labbra le massaggiava entrambe e le coccolava come due ciliegie mentre la mano rimaneva serrata alla base del pene, alternando movimenti ascendenti e rotanti, masturbandolo così dolcemente e lentamente. Giuseppe, ad un certo punto, le accarezzò una guancia e lentamente le sollevò il viso mentre con l’altra mano prese il suo pene e glielo puntò nuovamente in bocca. Non trovò resistenza e velocemente lo infilò nella sua interezza, stavolta era lui a guidare. Con la mano reggeva quei capelli biondi e accompagnava quel movimento, spingendo verso il basso. Chiara, dal canto suo, rimaneva in balia di quella situazione e si limitava a sostenere il contatto visivo, avvertendo, attraverso lo sguardo, quel senso di dipendenza che le faceva vibrare la figa e tremare le gambe, mentre si godeva il contatto della cappella sul palato e delle sue palle sul mento. Durò appena una decina di secondi dopo i quali lui liberò la bocca di Chiara e poggiò il suo intero cazzo sopra il viso angelico della ragazza. Era impressionante come le si applicava perfettamente, la base poggiava sul mento, il centro dell’asta sul naso, e il glande sulla fronte andando a sfiorare l’attaccatura dei capelli. Lei non si allontanava dal contatto, anzi continuava a dare dei piccoli baci a stampo alla porzione che aveva più vicino alla bocca.
“Sai che sei molto più bella con il mio cazzo in faccia?”
“E’ meglio per te che sai scoparmi la figa come hai fatto con la bocca”
“Stai per scoprirlo…”
A quella provocazione Chiara rispose alzandosi, stava per dargli le spalle e piegarsi quando sentì dei rumori provenire dal bagno.
“Oh no”
“Cosa c’è?”
“C’è la mia coinquilina, dobbiamo andare in camera mia”
“Ok”
Si alzò anche lui, lei, con una certa fretta ma confidenza, lo prese delicatamente per la punta del pene e si incamminò. Da degna padrona di casa si muoveva per il salotto e faceva rimbombare i rumori dei suoi tacchi, con Giuseppe al seguito, facendogli guida, tirandolo lievemente dal pene come un cane al guinzaglio.
Giunti a destinazione si spogliarono insieme, ingordi ma decisi, Chiara, coperta ormai solo dai suoi tacchi si stese sul letto, un invito che il suo amante di quella sera non esitò a cogliere. Non la fece aspettare nemmeno un istante, si sdraiò su di lei, infilando il suo cazzo che scivolò senza problemi in quella figa bagnata. Il tutto fu accolto da un forte gemito di sorpresa.
“AHH, SI’”
Lui si aggrappò alle sue spalle e cominciò a spingere, prima lentamente e poi aumentò il ritmo. Aumentava anche il ritmo dei gemiti di Chiara, noncurantemente molto rumorosi. I due bacini andavano ad infrangersi l’uno con l’altro, mentre il suo petto muscoloso strusciava sul seno. Sentiva la pelle bruciare mentre lo osservava con uno sguardo perso e lui le dava piacere con quelle spinte scomposte ma efficaci.
E dar prova di quella efficacia vi era la voce estasiata di Chiara che scandiva il rumore dei due corpi che sbattevano tra di loro e i cigolii del letto.
“OH OH, COSI’“
Forse non se ne accorgeva, o forse sì, ma gridava, e quel gridare fomentava Giuseppe che sfrenato le morse il collo con foga e risalì lo stesso con la lingua, fermandosi sotto il lobo dell’orecchio destro. Chiara gli rispose affondando le unghie sulla schiena.
“AH AH, ANCORA”
E lui la morse ancora, stavolta sul labbro inferiore, e lei sentì ancora una volta un pizzico a cui non poteva rispondere in alcun modo se non godendo, in balia di quelle sensazioni che lei, quella notte, sperava che non si sarebbero mai arrestate. Il ragazzo non si fermò lì, abbandonò le labbra di Chiara e si avventò sul suo seno, quello sinistro veniva palpato, stretto, quasi torturato dalla sua mano mentre la bocca stava succhiando il capezzolo destro. Chiara si sentiva levitare.
“Credo che queste siano le tette più belle che abbia mai visto”
“Ah Ah… Una piccola rivincita”
“In che senso?”
“Lasc… Lascia stare, ah”
I due si disunirono. Nettamente, però, entrambi non ne avevano abbastanza.
“Alzati”
Ordinò lui.
“Che vuoi fare?”
“Lasciami fare”
La prese dolcemente per il collo, lei si alzò dal letto e lo seguì fino ad essere portata con la faccia verso la parte, casualmente ed ironicamente, quella che nascondeva contiguamente dall’altra parte la camera della sua coinquilina.
Chiara in quella posizione, ed in piedi con i tacchi che non le fece togliere, era più alta di lui di almeno 5 centimetri. Fatalmente, proprio questa differenza d’altezza lo faceva eccitare come un animale, e lei lo comprese solo in quel momento. Non aveva intenzione di infrangere quel sogno erotico, d’altronde quel ragazzo aveva fatto di tutto per soddisfarla, ed era giusto ricambiare.
Gli diede le spalle, si appiccicò al muro, prima poggiando i palmi delle mani e poi il seno. Girò il capo e appoggiò pure la guancia sinistra. Inarcò la schiena e tirò su le natiche, con incredibile sensualità, dava a lui la completa visione del suo culo sodo e della sua vagina grondante. Nella sua testa era quasi stupita di quella sua sicurezza e consapevolezza del suo corpo, in ogni caso, quella sera aveva riscoperto di essere ancora tremendamente in grado di fare diventare il cazzo di un uomo di marmo.
Lui si avvicinò, reggendo il suo pene poderosamente in tiro, e in pochi attimi, fu di nuovo dentro lei. Deciso e risoluto, cominciò a spingere e pompare con foga fin da subito, aggrappato ai suoi fianchi come ci si aggrappa alle pendici di un burrone. Quella presa stretta sulla vita amplificava il bruciore della pelle di Chiara e il tremore delle sue gambe, Giuseppe nel frattempo, gli sospirava, anzi quasi gli grugniva, direttamente nell’orecchio, e questo la eccitava ancora di più. Tutte condizioni acceleranti del piacere tanto atteso. Lui spingeva, in un movimento ascendente e violento, che ogni volta che arrivava alla cima, per poi riscendere, colpiva il ventre della ragazza come la punta di un fioretto. Ogni volta si scontrava con il suo sedere, sollevandola di qualche centimetro, per poi farla precipitare velocemente risultando in una botta sorda dei tacchi sul pavimento.
“DAI, DAI, SPINGI”
Le piaceva pure avere la sua bocca sulla guancia e il suo fiato sui lobi, sentiva ancora chiaramente l’odore della sua vagina sul suo volto. Si domandava se il suo sapesse ancora di cazzo. Nella sua presa, i gemiti del duo si alternavano di pochi secondi, poi di meno di un secondo e infine di pochi centesimi di secondi. Ad ogni gemito, lui incoraggiato, spingeva ancora più impetuosamente, ed impetuosamente tremava il muro.
“AH AH, CI SONO QUASI”
E così, da gran finale, tutto il formicolio che sentiva sulle pareti della vagina si raccolse nel basso ventre per risalire come un geyser lungo la schiena, fino alla nuca.
“AHHHH, SII”
Un orgasmo che la scosse come scuoteva quella povera parete. Lui uscì e si libero contemporaneamente, come una fontana, spruzzando fiotti, un po’ sul culo della ragazza, un po’ a terra e un po’ sulla sua pancia. Ridendo si pulirono e si addormentarono.
Il mattino dopo, alcuni rumori, provenienti dalla cucina, la svegliarono. I rumori non le impedirono di aprire gli occhi con un sorriso ampiamente soddisfatto e sereno in viso, tuttavia, quel sorriso si incrinò nel vedere che era da sola sul letto.
“Ma…”
Guardò la sveglia, erano le sette, si mise addosso una t-shirt e dei pantaloncini e lasciò la sua camera per trovare Giuseppe, già vestito, ai fornelli.
“Oh, ciao, amore”
E lui provò a darle un bacio a stampo ma Chiara lo parò con le dita.
“COSA? Ma che stai facendo”
“Ti sto preparando la colazione”
“Ma… ma… tu non lavori oggi?”
“Si, ma volevo aspettarti per stare ancora un po’ con te”
“Eh, no guarda, meglio se vai, non voglio che fai in ritardo per colpa mia”
“Ne vale la pena per avere qualche minuto in più con te… sai è da tempo che io…”
“MA… ok mi sa che è un enorme malinteso”
“Forse ieri abbiamo un po’ bruciato le tappe… però lo sappiamo entrambi che tra di noi c’è qualcosa”
“Ti ho detto di andare a lavorare”
E lo afferrò per la manica, conducendolo alla porta, quasi come a cacciarlo via
“Ero sicuro da anni che tra di noi alla fine sarebbe successo…”
“Ascolta, no, io volevo solo farmi una sc…”
“E infatti sono anni che voglio chiederti scusa per averti preso in giro per le tette alle superiori”
“Pensa, non mi ricordo neanche a cosa ti riferisci”
“Non vedo l’ora di dirlo a mia mamma, lei ti adora…”
“Non posso crederci…”
Aprì la porta
“Stasera ti va di cenare insieme, conosco un bel posto…”
“Facciamo che mi faccio sentire io eh!”
E, detto ciò, lo spinse fuori dall’uscio.
“Ciao”
Chiusa la porta d’entrata fu un’altra porta ad aprirsi, quella della camera della coinquilina
“Ci sono le tue mutande ancora nel soggiorno”
“Ok, ma dimmi, che brutte occhiaie che hai, dovresti andare a letto prima la notte”
2
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