Obbligo o Verità
di
Arlong
genere
prime esperienze
Era l’estate dei suoi diciotto anni e, come ogni estate, si trovava nella casa a mare dei genitori in Liguria. Quella sera si sentiva particolarmente coraggioso e decise che fosse la volta buona di invitare Arianna ad uscire per provarci. Una sorta di appuntamento. O meglio, lui se lo immaginava così, d’altronde non aveva una grande esperienza con le ragazze, anzi, a parte qualche sporadico bacio, era rimasto vergine. Certo era ancora giovane, ma questa situazione, mista alla precocità dell’ambiguità sessuale tra i coetanei della sua generazione, gli creava un grande disagio e, sicuramente, non lo andava a raccontare troppo in giro. Inoltre, immaginava e supponeva, che Arianna, invece, fosse molto più esperta di lui, non perché fosse particolarmente vivace ma solamente per il fatto che aveva due anni in più di lui. Nella mente di un ragazzo diciottenne, una ragazza di vent’anni era una donna a tutti gli effetti.
Arianna era notoriamente molto bella. Lo era considerata da tutti. Aveva dei profondi occhi verdi incastonati in un viso dolce, pallido e cosparso di lentiggini. Aveva uno stile particolare, acconciava i capelli rossicci e ramati con un bob corto e mosso. I suoi outfit erano spessi bohemiens e un po’ radical chic. Insomma, era la classica ragazza che portava i jeans a zampa di elefante, i cappotti olivastri in inverno e i vestiti vintage e floreali in estate, che ascoltava gli Smashing Pumpkins, gli Slowdive e altra roba dimenticata dalla sua generazione. Di buonissima famiglia, era un po’ una figlia di papà, la ragazza gioiello dei genitori che aveva la media del trenta alla Bocconi, che non combinava mai guai, non beveva, non fumava, frequentava brava gente e che negli atteggiamenti era una principessina. Tutto ciò misto ad uno stile retrò e ricercato le dava eleganza ma a tutti sembrava che se la tirasse, per questo attirava le antipatie di molti anche se pochi erano quelli che a scuola non avrebbero voluto scoparsela lo stesso.
Si erano conosciuti proprio a scuola, un paio di anni prima, lei andava in quinta superiore, lui in terza. Le loro classi avevano l’ora di educazione fisica in comune, lui passava spesso l’intera ora ad osservarla di sottecchi, la trovava incredibilmente avvenente, ma non le rivolse mai la parola, per il resto se ne stava in disparte, timido com’era anche nei confronti dei suoi stessi compagni, a giocare da solo a ping-pong, ribattendo la pallina contro il tavolo, piegato all’insù. Un giorno, casualmente, fu Arianna ad avvicinarsi e a chiedergli di fare due scambi con lei, piuttosto che a giocare da solo con il muro. La ragazza, così, si rivelò una gran giocatrice, oltre ad essere anche molto simpatica e dolce, smentendo così le voci sul suo conto. Il loro divenne un appuntamento fisso durante l’ora di educazione fisica e quella che per lui era inizialmente solamente un oggetto del desiderio si trasformò in una amica sincera.
Difatti, con il passare del tempo, i due strinsero i legami, lei lo includeva spesso nel suo gruppo di amici ma uscivano anche da soli. Gli piaceva la sua compagnia, era una ragazza intelligente, con lei si poteva parlare di tutto, dalla musica alla politica, dallo sport alla moda, però, di sesso e avventure non ne parlava mai. Anche lei aveva una casa a mare nello stesso paesino ligure ma la sua era tre volte più grande. Solitamente, durante l’estate, la mattina andavano in spiaggia insieme, passavano un paio d’ore a chiacchierare facendo il bagno e prendendo il sole e poi tornavano a casa di lei per pranzare. In quel mese di agosto lo facevano quasi ogni giorno e proprio un giorno successe un fatto strano…
Quella mattina si attardarono molto in spiaggia e risalirono in casa per le due e mezza. Erano nel cortile, come sempre, non sarebbero entrati all’interno sporchi di sabbia e sale, così Arianna si avviò verso la doccia esterna per sciacquarsi. Solo lei aveva le chiavi di casa e lui non avrebbe potuto entrare in sua assenza e dunque l’attendeva fuori, aspettando il suo turno per sciacquarsi.
“Ari, sbrigati, ti prego, ho fame”
“Vieni sotto la doccia anche tu, così facciamo prima”
Una proposta arrivata con una tale innocenza e schiettezza da sbigottirlo un momento.
“Ma non mi sembra il caso”
“Ma tanto la facciamo in costume, dai che ho fame anch’io”
E convinto si avviò, la raggiunse sotto il soffione e lo scorrere dell’acqua dolce, erano davvero in costume ma a pochi centimetri l’uno dall’altro e questa cosa gli procurava i brividi. Lei gli dava le spalle, vedeva le gocce d’acqua bagnarle il collo, per poi scivolare lungo la sua sinuosa schiena come una valanga che arriva a valle, dove a valle c’era quel sedere a mandolino, ed era lì che avrebbe voluto affondare le unghie, afferrarlo a mani pieni. Se lo immaginava spesso, chissà se rimaneva sodo pure al tatto, chissà se era sensibile e lei avrebbe urlato qualora glielo avesse morso. Perché quello avrebbe voluto fare, addentare quel culo chiaro e stringere con tutta la sua forza fino a farla piangere. Voleva averlo addosso, sulla faccia e sui palmi delle mani. Poi, avvenne la magia. Lei si girò, con la mano raccolse la sua chioma all’indietro e i suoi sguardi si incrociarono. Aveva davanti a sé una visione paradisiaca, uno sguardo di smeraldo, magnetico e maturo, un naso dolcissimo e delle labbra che sembravano disegnate. L’acqua continuava a scorrere e si infrangeva sul suo petto, mettendo in risalto il seno, coperto unicamente dal costume, si vedeva distintamente il segno dell’abbronzatura estiva e il disegno composto dai nei che partivano in una curva dall’alto del petto verso il centro del seno. Quel disegno gli rimase stampato in mente per sempre, così come l’immagine dei capezzoli che sembravano affiorare dal tessuto. Una ragazza di porcellana, talmente delicata che lui avrebbe avuto il terrore a romperla o rovinarla, altro che prenderla a morsi e farla piangere.
“Oh, ti sei imbambolato? Andiamo a mangiare”
Chiuse il rubinetto e si avviò, nell’avviarsi si sfiorarono e lui si sentì svenire. Inoltre, ebbe come l’impressione che la sua coscia toccò proprio la sua imponente erezione. Che l’abbia fatto di proposito? Che l’abbia avvertito? In realtà credette pure che avesse donato un fugace sguardo al suo membro ormai visibile sotto il costume, anzi indugiò proprio qualche secondo a fissarlo. C’erano giorni in cui avrebbe potuto giurarlo, metterci la mano sul fuoco. C’erano altri giorni in cui faceva un bagno di realtà, pensava che il contatto se lo fosse sognato e che lei non si fosse neanche minimamente accorta della sua eccitazione. Tuttavia, c’era un altro dubbio che lo tormentava, possibile che lo avesse portato sotto la doccia con sé senza un secondo fine? E se fosse stato un segnale? E se la dolce e angelica Arianna lo avesse fatto per spronarlo a scopare lì, in piedi come gli animali, sotto il sole e vulnerabili agli sguardi? Pensandoci, per Arianna, lui era solamente un ragazzino, un amico e nient’altro, forse per questo lo ha spinto sotto la doccia con sé, forse perché lo riteneva talmente innocuo e ingenuo da non considerare eccitante quella situazione per entrambi.
Fatto sta, che nei giorni a seguire, quel ricordo lo aiutò molto nel masturbarsi, prima di andare a dormire, praticamente ogni sera. Si chiedeva spesso se avesse quel rapporto anche con altri ragazzi, in realtà però, Arianna non gli aveva mai nominato altri ragazzi, aveva un po’ di amici maschi ma nulla di più e non era in grado di nominare una persona con cui lei fosse stata o avesse avuto un flirt. Quello strano candore era origine di pettegolezzi per le sue amiche, c’era chi diceva che fosse una figa di legno asessuata, mentre altri sostenevano che era tutta una maschera e in verità fosse una gran troia. A questo, però, lui neanche voleva pensarci.
In ogni caso, quella sera avrebbe svelato tutti gli arcani, perché quella sera era la sua sera. Con tutto il coraggio conservato durante la sua intera vita compose il numero.
“Ehi, Ari, Ciao”
“Ciao, dimmi”
“Ehm… mi chiedevo… se… se… ti va di uscire sta sera…”
“Mmm… no, non mi va”
“Ah…”
“Ma ho casa libera stasera, perché dopo cena non vieni tu?”
Avrebbe dovuto mostrarlo più frequentemente quel coraggio, perché le cose si stavano palesando molto più facili del previsto.
Quindi, accettato l’invito, si fiondò nella doccia, si profumò e si fece più bello possibile. Con una esorbitante dovizia e cura dei particolari si rasò le palle. Camicia e pantaloncini ed uscì. Fece una velocissima sosta in farmacia per compare i preservativi. Per lui sarebbe stato un incredibile successo anche solamente strapparle un bacio ma voleva prepararsi ad ogni scenario. Così, carico a molla e incredibilmente fiducioso si ritrovò davanti il suo portone e suonò il campanello.
“Ciao, finalmente ti conosco, Arianna parla sempre di te”
“E tu chi saresti?”
Con enorme sorpresa, davanti ai suoi occhi c’era una ragazza, carina certo, ma non era Arianna.
“Cecilia, piacere”
Conosceva a memoria tutti gli amici, i conoscenti e i parenti di Arianna, ma quella Cecilia, non l’aveva mai sentita nominare. Aveva anche lei un caschetto, biondo platino e tinto, e gli occhi azzurri. Ciò che, però lo sbalordiva era il suo stile. Un septum al naso, uno sguardo rude e un tatuaggio molto visibile sulla coscia. Il tipo di persona che ci si aspetterebbe di incontrare ad un rave party in un sottoscala di Berlino. Almeno visivamente era totalmente agli antipodi di Arianna, cosa mai potesse c’entrare con lei?
Cecilia lo guidò verso il soggiorno, dove nell’aria vi era l’odore di pizza ed in sottofondo risuonava Around the Fur dei Deftones, lì ecco finalmente Arianna, concentrata nel piegare e buttare dei cartoni della pizza.
“Ah ma tu sei da tanto qui?”
“Si, qualche problema?”
Le risposte di Cecilia erano altamente elettriche anche se erano condite da risatine, anche Arianna rideva in maniera inusuale.
“Ari, avevi detto che eri sola”
“Lo ero, infatti vi ho invitati”
“Sì ma non la conosco”
“La conosci oggi”
E scoppiarono ancora a ridere, Arianna quasi perse l’equilibrio nel farlo. Era tutto molto strano fino a quando notò due bottiglie di vino vuote sulla tavola.
“Ma avete bevuto così tanto?”
“Ma cosa sei mio padre?”
“Ari non pensavo che il tuo amico fosse così scemo”
“Oh ma come ti perm…”
“Non litigate su, andiamo in soggiorno a sederci”
Arianna fece strada, la camminata era barcollante e si appoggiava alla spalla di Cecilia. Arrivarono in soggiorno, le ragazze si sederono a terra, lui sul divano.
“Perché stai sul divano?”
“E perché hai messo la camicia?”
“Proprio scemo questo amico tuo”
E in effetti, notò solo adesso che era vestito troppo bene per l’occasione, le ragazze erano semplicemente in maglietta e pantaloncini.
“Toglila”
Cecilia sembrava proprio una fuori di testa mentre Arianna si limitava a ridere ancora.
“No, perché?”
“Perché stiamo giocando ad obbligo o verità e abbiamo deciso così”
“Ma non stiamo giocando”
“Ora sì”
Cecilia prese una delle due bottiglie vuote e la mise in mezzo al trio.
“Ma che gioco stupido…”
“No dai, è divertente”
Incredibilmente quelle parole erano state proferite dalla moderata Arianna
“Va bene…”
“Bene, togli la camicia e iniziamo”
“Ma perché?”
“TOGLILA”
Rimproverato da entrambe si sbottonò e la tolse, era nel pieno dell’imbarazzo ma le ragazze non sembravano nemmeno guardarlo. Cecilia estrasse l’iPhone e scaricò un’applicazione che generava in automatico gli esiti del celebre gioco. Decise in fretta di sfruttare il gioco a suo vantaggio scegliendo solo obblighi ma tutto sembrava peggiorare piuttosto che migliorare mentre le casse sul tavolo diffondevano musica alternative rock come colonna sonora di quella serataccia.
“Trattieni il fiato per due minuti e mezzo”
“Bevi l’aceto”
“Fai cinque giravolte”
Si stava umiliando e necessitava cambiare tattica.
“Oh scemo, tocca di nuovo a te”
“Verità”
“Con quante persone hai scopato?”
Quella domanda era arrivata come un macigno, la risposta sincera l’avrebbe messo solo più in imbarazzo e Cecilia lo avrebbe massacrato di battutine, così improvvisò e decise di mentire sulla sua verginità.
“Cinque, cinque ragazze”
Cinque gli sembrava davvero un numero spropositato, se ne accorse nel momento in cui lo disse, ma ormai era troppo tardi, si aspettava ulteriori risate e domande indagatrici.
“Beh, ci sta”
Domande e risate che non arrivarono.
“Pensavo di più, in realtà”
“Anch’io, lui è molto carino, sarà forse che è un po’ timido”
Quelle parole provenivano da Arianna, a sentirle quasi gli si gonfiò il petto e gli tornò il sorriso sulle labbra. La ragazza dei suoi sogni lo trovava carino.
“Però io lo batto”
“Lo so Ceci, hai avuto un passato sregolato, non c’è bisogno di ricordarmelo”
“Sei gelosa?”
“Direi di sì”
“Scusa, non è colpa mia se il tuo passato invece è noioso”
“In che senso?”
“Allo scemo non hai mai raccontato niente?”
“Ehi, smettila, Ari cosa dovresti raccontarmi?”
“Nulla, non abbiamo così tanta confidenza”
“Ma come no?”
“Vabbè Ari, io so già tutto, se non vuoi raccontare nulla allo scemo fa niente”
“Smettila di chiam…”
“È imbarazzante ma posso raccontargli di quel ragazzo”
“Lascia stare, non era per te la domanda su quante persone hai scopato”
“Ma no, io sono vergine”
Era una rivelazione scioccante, inoltre, in quel momento, tra lui e lei, era ironicamente il ragazzo ad essere percepito come il più esperto.
“Praticamente mi ero appartata con un tizio molto figo e insomma era da un paio di minuti che stavo in ginocchio a far…”
“No, non sei obbligata a raccontarlo”
La storia di come la ragazza innocente che tanto gli piaceva aveva fatto un pompino ad un altro non era decisamente nella lista dei suoi desideri.
“Vabbè, per farla breve, l’ho trovato terribile, l’ho mandato a casa senza farlo venire, subito dopo ho vomitato e ho passato il resto della notte a lavarmi i denti per levare il saporaccio dalla bocca”
“Ah, che schifo”
“Vedi, sarà stato in quel momento che l’hai capito”
“Probabile”
“Capito cosa?”
Le ragazze continuavano a parlare ignorandolo.
“Te l’ho detto, dovresti riprovare per tornare sui tuoi passi”
“Ti piace scherzare con sta roba eh, ma se riprovo poi c’è il rischio che non ci frequentiamo più e sai che non ti conviene”
“Ahah, è vero ma so che non puoi fare a meno di me, tesoro”
E Cecilia concluse quella frase rivolgendole un occhiolino come una ciliegina sulla torta dell’ambiguità e stranezza di quello scambio di battute. C’era una tensione particolare tra quelle due ragazze. Arianna, dal canto suo non si sembrava minimamente imbarazzata dalla storia che aveva appena raccontato e il suo sguardo magnetico era posto sulle labbra della bionda mentre il suo viso si era fatto stranamente più intenso.
“Cecilia”
“Si, splendore?”
“Tocca a te”
“Cosa?”
“Obbligo o verità?”
“Ah, già, il gioco, ehm, obbligo”
“Il telefono dice che devi levarti la maglietta”
“Oh finalmente tocca anche a te”
“Scemo, io non faccio tutte queste storie come te”
E con totale nonchalance si sfilò la maglia, mettendo alla luce due seni piccoli ma con due capezzoli paffuti.
“Perché non hai il reggiseno?”
“Perché fa caldo e mi dava fastidio, fatti gli affari tuoi scemo”
Sentì i pantaloncini farsi sempre stretti in prossimità del cavallo. Cecilia così scoprì un nuovo tatuaggio: un pugnale in verticale tra le due tette.
“Oh, la smetti di fissarmi?”
“Oh scusa”
“Non parlavo con te, scemo”
Parlava con Arianna che spostò lo sguardo adesso su quel seno mentre la bocca era socchiusa e il suo respiro si era fatto vistosamente più profondo e cadenzato.
“Arianna tocca a te”
“Obbligo”
Proprio lui premette il tasto sul telefono per far comparire l’obbligo e ciò che venne sullo schermo gli fece fare un balzo al cuore.
“Dice: bacia una persona in questa stanza”
“Oh finalmente”
La risposta di Arianna lo fece tremare, stava per assaggiare le labbra di quella ragazza che aveva tanto bramato, baciarla se lo immaginava ogni notte prima di andare a letto e ora sarebbe diventato realtà. Quegli istanti e di attesa erano infiniti e aveva allo stomaco una sensazione inspiegabile che mai più provò nella vita se non il giorno della sua discussione della tesi di laurea. Irrigidì il busto e inumidì le labbra per prepararsi e Arianna dal suo posto scattò in avanti come una molla… verso Cecilia.
Quel bacio decollò ma atterrò sul viso arrogante della ragazza bionda che lo accolse con piacere. Arianna ormai sembrava in trance e riceveva la lingua di Cecilia che allacciava alla sua, mentre le reggeva il volto con entrambe le mani. Anche questo era strano, l’incontrarsi delle bocche si stava prolungato troppo, era diventato un limone, carico di passione e ritmato dai loro sospiri e dallo schioccare delle labbra. In preda alla frenesia Cecilia si lasciò cadere all’indietro, distendendosi, e la sua lei le franò addosso ma non si fermarono, anzi, le lingue spuntavano molto più violentemente da fuori le loro bocche. Lui aveva davanti ben quattro gambe sinuose che si intrecciavano, sembravano di seta nello sfregarsi tra loro. Le ragazze si baciavano con troppa confidenza, con troppa passione negli occhi, si sente spesso di ragazze che si baciano per gioco o per provare, ma quei baci non erano un gioco e non c’era nulla da provare, quelle due conoscevano i loro corpi fin troppo bene.
Stava diventando evidente adesso perché Arianna non era mai stata associata ad un ragazzo, adesso era evidente il significato di quegli ambigui discorsi tra le due. Ad Arianna piacevano le femmine e probabilmente quella Cecilia era la sua ragazza.
La sensazione che gli montava in corpo era tra le più indescrivibili al mondo, nel petto il cuore spezzato e la delusione di aver inseguito per anni una ragazza fidanzata ed inarrivabile e nel bacino… un fastidioso formicolio e un’erezione talmente vistosa da far male, lì ingabbiata nei pantaloni. E l’erezione pulsava sempre più forte mentre Arianna aveva disceso il collo dell’amante fino all’incavo dello sterno per applicargli la lingua su e risalire leccando il disegno del pugnale.
“Oh Ari vacci piano c’è ancora lui che ci guarda”
“Oddio è vero”
Si arrestarono, Arianna aveva il viso imbarazzato e scarlatto mentre Cecilia i capezzoli sempre più duri.
“Che facciamo ora?”
“Ma nulla, non ti preoccupare, gli piace pure guardarci”
“Sì ma non può stare lì”
“E cosa vuoi fare? Farlo partecipare?”
“No, mandiamolo a casa…”
Parlavano di lui come se fosse stato un pacco postale.
“Ari…”
“Eh…”
“E se tu sfruttassi questa situazione per riprovare di nuovo a fare un pompino?”
“Basta, perché ti sei fissata?”
“Perché mi eccita l’idea di guardarti mentre lo fai, e io lo so, amore mio, che tu sei disposta a tutto pur di farmi bagnare”
Era indubbio quanto per Cecilia fosse facile, con poche parole e un tono suadente, convincere Arianna. Quel tono avrebbe esercitato un certo effetto su qualsiasi ragazzo in realtà, ma in quel caso sulla fanciulla era particolarmente efficace.
“Non so…”
“Mica lo lasciamo a guardare”
“Non mi sento molto sicura”
“Possiamo legargli le mani e attaccarlo da qualche parte, così non ti tocca”
“Beh, sì, forse così ha senso”
Continuavano a parlare di lui come se non fosse stato in quella stanza, come se fosse un giocattolino.
“No, basta, voi due siete ubriache stasera, me ne vado”
“Ma come!”
“Ha ragione Ceci, non possiamo costringerlo”
“Uff… va bene dai”
“Va bene, se non vuoi vai pure”
Seguirono degli istanti di silenzio, forse l’alternativa non era poi così male, a legargli le mani sarebbero state due ragazze e non due terroristi islamici, in realtà forse non voleva andarsene perché ormai pensava con la sua erezione e non più con la testa.
“No, aspettate, va bene”
“Bravo scemo, levati la cintura”
Le ragazze si alzarono, Cecilia gli piombò alle spalle mentre Arianna gli sfilò con velocità la cintura e la passò alla fidanzata.
“Lì, alla gamba del tavolo”
Cecilia lo accompagnò verso il tavolo circolare del soggiorno, lui non opponeva resistenza. Arrivati, gli legò le mani al tavolo.
“Ahi, è stretto”
“E allora interrompiamo”
“No no, posso resistere”
“Bravo”
In pochi istanti le due furono in ginocchio. Lui cercava lo sguardo di Arianna ma lei guardava solamente Cecilia in attesa che prendesse l’iniziativa. Difatti fu proprio lei e poggiargli la mano sinistra sul pacco mentre con la destra tiro giù la zip. La stessa mano abbasso l’elastico delle mutande ed ecco che il suo pisello spiccò dondolando tra i visi delle due ragazze. Arianna sgranò gli occhi mentre Cecilia con due dita lo sollevava e abbassava come per soppesarlo e studiarlo.
“Ok, non me l’aspettavo…”
“Ari… è più grande di quello di quel ragazzo?”
“Si… pure di un bel po’”
“Neanch’io ne ho mai visto uno più grande…”
Cecilia si aggrappò alla base e porse quella minchia ad Arianna che rispose dandogli un bacio a stampo sul lato, poi inumidì con la lingua le labbra e lo avvolse con l’intera bocca ad occhi chiusi. Le sue labbra morbidamente ciucciavano la sua cappella come si succhia lo zucchero intinto su una fragola e il glande usciva e rientrava dolcemente in quella bocca fino a quando Arianna tiro fuori la lingua per accarezzare il frenulo. In quel momento rischiuse le palpebre e, finalmente, incrociò il suo sguardo smeraldino, venendone fulminato. Avrebbe voluto assaggiare le labbra di Arianna ma anche averle lì, sul suo cazzo, non gli dispiaceva. Nel frattempo, Cecilia aveva cominciato flemmaticamente a masturbarlo, muovendo la sua mano piano piano.
Anche lei poggiò le sue labbra sui suoi genitali, alla base del pene per poi risalire l’asta con profondi e bagnati baci. Arianna con la punta della lingua percorreva timidamente in senso inverso, in pochi secondi il ritmo delle due ragazze aumentò e quel grande cazzo fu in breve tempo ricoperto di saliva, non c’era un istante in cui questo non avesse una bocca addosso, anzi erano costantemente due le bocche a danzare e a saltare avanti e indietro su quel pezzo di carne marmoreo, se ad avvolgergli il pisello fossero i baci delicati di Arianna o le più arroganti labbra di Cecilia era quasi diventato difficile da capire. Lui che si è sempre considerato uno sfigato, un perdente, aveva due fregne indescrivibili, più grandi di due anni, in ginocchio a succhiargli il cazzo con trasporto.
Avesse avuto le mani libere, le avrebbe usate per afferrarle per i capelli o per accarezzare il viso di entrambe, tuttavia, toccava lasciare a Cecilia la guida. La ragazza aveva una maestria e sicurezza spaventosa, reggeva il pene e spesso imboccava Arianna, quando accadeva lui aveva la cappella e la metà superiore del cazzo nella bocca della rossa e la metà inferiore tra le dita della bionda che poi andava ad appoggiare la lingua sul suo scroto, per non farsi mancare niente.
“Ari... leccagli le palle anche tu…”
Cecilia con autorità tirava le fila di quel doppio pompino. Quando sentì la lingua e i denti di Arianna solleticargli i coglioni Cecilia iniziò a masturbarlo dolcemente ma con fermezza. Non poté non notare che il viso candido di Arianna era gradualmente diventato di porpora. Si accorse solo allora che Cecilia con la mano libera aveva raggiunto la vagina di Arianna, dalla schiena passando per il culo e mentre il palmo della sua mano si era appoggiato tra le natiche le sue dita affusolate stavano sfregando con veemenza in mezzo alle gambe della sua compagna. Cecilia in quel momento stava toccando simultaneamente due persone, stava facendo tremare due corpi contemporaneamente e stava tracciando due strade diverse ma intrecciate verso un orgasmo. Sentiva uno strano calore mentre le orecchie vibravano, le casse dello stereo, ancora in funzione, emettevano Dazed and Confused, ma il suono di quella melodia era ormai ovattato da quello dei sospiri e dei mugugni.
Quando Arianna si staccò, Cecilia avvicinò il suo seno verso il pene ed iniziò a massaggiarsi il capezzolo con il glande. Arianna si avventò su quella scena, la sua lingua cominciò a vorticare sulla cappella per andare a cogliere ed assaggiare quel pezzo di tetta. Erano scomposte ma sensuali mentre quella lingua e quel capezzolo giocavano a guardia e ladri usando il glande come ostacolo.
Arianna sollevò il mento per rificcare la lingua in bocca a Cecilia, nello slancio del movimento le ginocchia su cui era poggiata le fecero perdere l’equilibrio e, con un riflesso incondizionato, la sua mano si aggrappò al cazzo e immediatamente replicò i movimenti e il ritmo della mano di Cecilia che già era lì da svariati secondi. Le due ragazze lo stavano segando contemporaneamente mentre fornicavano con passione.
Le due mani si slacciarono da quel pisello per riallacciarsi a vicenda.
“No, stavo quasi venendo…”
“Ceci, andiamo sul divano.”
“Ma…”
Le ragazze erano completamente disinteressate a lui, avevano ottenuto il sapore che cercavano e adesso sembravano essere tornate ai gusti originali.
“Oh, almeno mi slegate?”
Si spostarono sul divano, pochi metri più in là, da coppia ben consolidata, si spogliarono a vicenda velocemente di ciò che gli era rimasto addosso, rimanendo completamente nude. Non ne aveva mai visto una donna nuda, figuriamoci due. I seni di Arianna erano proprio come se li immaginava, sodi e vistosi ma eleganti, con grazia restavano su da soli, come a levitare. Trovava fosse un peccato che a goderne del sapore, in quel momento, fosse la maleducata bocca di Cecilia, lo infastidiva sì ma non riusciva a scollare gli occhi da quella scena, sentiva il sangue pulsare fortemente in mezzo alle gambe e la saliva scomparire dalla sua bocca. Arianna si distese completamente, con le gambe aperte, Cecilia appoggiò ambo le mani sulle sue ginocchia e divenne timoniera del suo piacere. Si unirono i bacini, quattro gambe sinuose si intrecciarono come corde e iniziarono a scivolare tra loro con un movimento naturale e palesemente collaudato. Le due vagine, diverse ma simili nel gonfiore e nelle pulsazioni erano estremamente vicine, sembravano baciarsi come amanti, anche da lontano lui riusciva a percepirne il calore e l’incandescenza. Si sarebbe quasi aspettato che al loro toccarsi ne sarebbe uscito del vapore, come della carne sulla piastra; invece, a disperdersi nell’etere furono le voci delle due. Si era sempre chiesto come risultassero i gemiti di Arianna, in quel momento lo scoprì. Era una dolce melodia, vellutata e delicata anche nella carnalità, i suoi lamenti erano armoniosi nel loro crescendo come una ballad rock, lenta ma carica di adrenalina. Forse era quella la parte più eccitante dell’intera scena, anche più delle vagine che si baciavano tra loro, sfregandosi con vigore, travolgendosi come onde del mare e ammantandosi di una patina traslucida. Anche più dei seni che sudavano e ballavano, su e giù, con i capezzoli che sembravano chiodi e duri come il marmo. Forse, però, poteva pareggiare nella gara dell’eccitazione, il volto della ragazza dai capelli ramati che si tinse degli stessi colori che resero famosi i quadri di Dalì, il suo sguardo lucente non perse la sua intensità ma sembrava annichilito da quello di ghiaccio della sua partner che la scrutava sospirando e spingendo, scopandola come farebbe un uomo ma donandole il doppio del piacere. La fronte e gli zigomi erano contratti, la bocca aperta a fare da motore ai suoi gemiti, spalancata come se stesse per far fuoriuscire l’anima che Cecilia le stava strappando sfregandole la figa, clitoride contro clitoride, labbra contro labbra. Difatti, l’orgasmo di Arianna si disegnò sul suo volto prima di liberarsi nella sua voce ed esplodere come un assolo di chitarra finale. Vide con chiarezza le sue gambe tremare, la schiena inarcarsi e lo smalto rosso delle sue unghie affondare sul copridivano verde. E così il loro ansimare si arrestò, solo allora ritornarono udibili le note di una canzone dei Pixies che provenivano dallo stereo, come a svegliarlo da un sogno lucido. Anche Cecilia era incredibile da vedere, statuaria nella sua pelle candida mentre si ergeva sul corpo di Arianna, sentiva che in qualche modo avrebbe dovuto ringraziarla per lo spettacolo che gli aveva appena regalato, eppure, provava un forte senso di invidia. Il suo più grande desiderio era sempre stato poter baciare e toccare Arianna come si era permessa di fare lei quella sera ma in quell’istante scoprì di avere un desiderio ben più esigente: farla tremare e scuoterle l’anima e la voce come era appena riuscita a fare quella ragazza piena di tatuaggi. In qualche modo odiava che a farle quella cosa era un’altra persona, anzi, riflettendoci un secondo in più realizzò che odiava proprio Cecilia, una sconosciuta comparsa dal nulla che rubò il cuore di Arianna.
“Ok, Ceci, dammi un attimo…”
“Va bene, ho bisogno anch’io di fumare una sigaretta”
Le ragazze si rivestirono, Cecilia uscì per fumare mentre Arianna lo slegò dopo aver staccato la musica.
“Finalmente, mi facevano male i polsi”
“Si, ascolta, forse è meglio se ti vesti e vai a casa”
“E’ successo qualcosa?”
“No, sono stanca, appena incroci Cecilia uscendo dille che sono a letto”
Si sentiva d’intralcio e quasi cacciato via malamente mentre notò sul viso della ragazza un’espressione carica di sensi di colpa. In ogni caso, si rimise i pantaloni, ingabbiando con difficoltà un’erezione che non dava cenni di svanire. Si incamminò lungo il vialetto all’esterno.
“Ehi, scemo, vai già a casa?”
“Si, Ari ha detto che ha sonno, vuole dormire”
“Ah ho capito, certo ha sonno…”
“Si”
“Bene, allora sbrigati ad andartene così continuiamo senza essere guardate”
“Ma si è messa a dormire”
“Certo, anch’io adesso la raggiungo per… dormire”
Cecilia distolse il suo sguardo dal fumo della sua stessa sigaretta per guardarlo dritto in faccia e donargli un simpatico occhiolino. Si sentì ribollire il sangue nelle vene, aveva sempre temuto la competizione degli altri ragazzi, ironicamente però, doveva darsi battaglia con una donna e, paradossalmente, sentiva che lo svantaggio era insormontabile.
“No, con me è sincera, non conosci il rapporto che abbiamo”
“E quindi ti avrà già detto prima di stasera che è bisessuale e fidanzata”
“…”
“Immaginavo”
Vincere una discussione con quella ragazza sembrava impossibile.
“Da quando va avanti questa cosa?”
“Sta con me da un anno, ma prima ha avuto altre storie”
“Un anno? Ma è assurdo che non mi abbia detto niente”
“No, i suoi genitori sono molto all’antica, troppo all’antica, sono dei bigotti”
“Sono un po’ tradizionalisti ma non direi che…”
“No, io lo direi, ci hanno già scoperto una volta e le hanno vietato di frequentarmi ancora, io non dovrei nemmeno essere qui, stiamo sfruttando il fatto che siano ritornati in città per motivi di lavoro, ci vediamo solo di nascosto.”
“Mi dispiace…”
“Si, quei vecchi di merda non possono accettare che la figlia perfetta, la luce dei loro occhi, frequenti una ragazza, e che quella ragazza sia una tipa come me”
E lui i genitori di Arianna li conosceva, immaginava che per la figlia si aspettassero un ragazzo che rispondesse a certi stereotipi, il classico bocconiano con la camicia di lino o la polo, che la porti ai ristoranti di pesce, e non una ragazza con piercing e tatuaggi che la porta ai concerti metal o techno. Cecilia stava cominciando a fargli pena, la odiava di meno a causa di quell’aria mesta che aveva mentre si accendeva una seconda sigaretta.
“E perché stasera hai deciso di fare questa cosa con me?”
“Quello non c’entra niente, vorrei provare una cosa a tre con lei, diciamo che era un esperimento”
“MA… BEH NON È UNA CATTIVA ID…”
“Si, ma lascia stare, è un esperimento fallito, tu non mi piaci per niente”
“Come scusa? E perché?”
“Perché la vita non è un film porno, per fare una cosa del genere ci vuole una persona fidata, con cui ci sia un legame consolidato”
“E il legame è consolidato, io la conosco da più tempo di te, è una mia cara amica”
“A parte il fatto che dovresti avere un legame consolidato anche con me, ma è evidente che tu hai sempre avuto dei secondi fini con lei, io li conosco quelli come te”
“Quelli come me?”
“Si, quante ragazze hai detto che hai scopato? Cinque? Sono un botto alla tua età, tu non sei un ragazzo serio, non hai intenzioni serie con lei, lei è una ragazza speciale e non voglio che diventi l’ennesima tacca sulla cintura di uno scemo”
“Ti sbagli di grosso, io a lei voglio molto bene, più di quanto tu possa immaginare”
“Si? E perché oggi sei venuto con questo?”
Dalla tasca estrasse con due dita il preservativo che poche ore prima aveva comprato in farmacia.
“Da dove l’hai preso?”
“Ti è cascato quando ti abbiamo abbassato i pantaloni ma ovviamente tu eri concentrato su altro”
“E allora? Lo porto sempre con me, anzi, non è come sembra, sono vergine anch’io”
“Ma non prendermi in giro, non sei vergine e oggi ti sei presentato qui solamente per scopare”
“No, no e no, io la am…”
“Ti è andata di lusso, ti sei beccato un pompino, ora per favore, brutto scemo, smamma e fammi il favore di non raccontare niente a nessuno”
Cecilia non gli faceva più pena, era tornato a odiarla come prima, anzi più di prima e, fatalmente, un pensiero perverso gli attraversò la mente.
“Perché non dovrei?”
“Cosa?”
“Perché non dovrei raccontare di questa sera? Per fare un favore ad una stronza come te?”
“Non solo a me, ma anche a chi definisce una tua cara amica”
“E cosa ottengo in cambio?”
Mai, in assoluto e in alcun modo, avrebbe voluto far del male ad Arianna, ma forse a Cecilia sì, ed era il momento di mostrarsi risoluto.
“Cosa vuoi?”
“Prima avete interrotto sul più bello e ce l’ho ancora duro…”
“Vedi, sei come tutti gli altri, pensi solo a quello”
“Come vuoi tu, ma fammi venire, qui ed ora, e mi porto il vostro segreto nella tomba”
Cecilia non disse sì o no, solamente sospirò e con la mano libera presa a slacciargli i pantaloni, mentre con l’altra reggeva ancora la sigaretta. Era spaventoso come lei fosse al suo agio nel muoversi per toccare un altro corpo, maschile o femminile che fosse. Era chiaramente una ragazza esperta tant’è che in pochi secondi, con una mano sola, estrasse il suo cazzo ancora in tiro e cominciò a segarlo a ritmo moderato. Lì in piedi accanto a lui.
“Ah… davvero non ne hai mai visto uno più grosso?”
E Cecilia ancora una volta non rispose, lo guardava con aria di sufficienza con i suoi occhi innevati. Prese un’altra boccata dalla sigaretta e risputò il fumo sul viso del ragazzo.
“Vediamo di darci una mossa”
E cominciò ad aumentare il ritmo ma svogliatamente, senza guardarlo, dedicando il suo sguardo solo al filtro di ciò che fumava, nell’attesa di terminare quel ricatto il prima possibile. Non era piacevole come quando lo masturbava prima dentro casa, era quasi fastidioso.
“No, non così!”
Sorprendentemente e repentinamente liberò un manrovescio verso la sua mano, colpendola, allontanandola e facendo brillare nell’aria buia la scintilla della sigaretta che si spense a terra.
“Ma che cazzo fai?”
Con violenza la afferrò con la mano, per l’orecchio, agguantando pure una ciocca di capelli. L’avvicinò con fermezza rendendo i loro visi pericolosamente vicini.
“Senti, brutta zoccola, è tutta la sera che insulti, è tutta la sera che si fa quello che dici tu, ora stai zitta e fa come dico io”
“Ok, mai stai calmo…”
Quel viso terrorizzato era decisamente carino.
“Sarò calmo solo dopo averti sborrato in bocca, mettiti in ginocchio”
Cecilia ubbidì. Lui non ci pensò due volte e con un movimento deciso e prepotente le infilò il cazzo in bocca. Senza aspettare e senza chiedere il permesso. Era bello avere di nuovo una bocca calda e umida sul pisello ma ancor più bello era umiliare la sua rivale, costringerla a subire in ginocchio. La afferrò per i capelli, dalla parte della nuca, e cominciò a spingere forsennatamente, con forza e violenza le scopava la bocca. Nel silenzio della notte si sentivano chiaramente i rumori sordi della sua gola. Chiaramente non le piaceva e questo era benzina per i suoi istinti animaleschi, le affondava il pene nella gola come se avesse voluto distruggerle lo spirito, scoparle il respiro e picchiargli il cuore a colpi di cazzo. Ad un certo punto, spinse con tutte le sue forze, il naso di lei si schiacciò contro la base del pene, pungendosi con i peli appena rasati. Fu un eterno soffocotto che terminò solo quando fu palese che lei non ne poteva più. Così le libero la bocca, Cecilia ebbe appena il tempo di riprendere fiato quando un secco ceffone, a mano aperta, le raggiunse la guancia sinistra, e subito dopo, dalla direzione opposta, sulla destra, le arrivò un secondo schiaffo, con il cazzo, violento come una frustata. E di nuovo la afferrò per i capelli, iniziando a masturbarsi. E lì, lui venne, copiosamente, annaffiandole la faccia. Non ne avendone abbastanza, decise di tingere quel viso sconvolto anche con uno sputo che atterrò sul fazzoletto di pelle tra il naso e l’occhio destro.
“Bene, ti ringrazio”
“Non era nei patti farlo così”
La voce di Cecilia era rotta.
“Non importa”
“Non sei uno scemo, sei un vero e proprio pezzo di merda”
“E tu sei una puttana, per favore dopo aver baciato la tua ragazza prima di addormentarvi spiegale che il sapore che sente nella tua bocca è quello del mio sperma”
“Spero ti capiti qualcosa di brutto”
“Va bene, ciao”
E si allontanò, sentendo in lontananza il singhiozzare della ragazza.
Arianna era notoriamente molto bella. Lo era considerata da tutti. Aveva dei profondi occhi verdi incastonati in un viso dolce, pallido e cosparso di lentiggini. Aveva uno stile particolare, acconciava i capelli rossicci e ramati con un bob corto e mosso. I suoi outfit erano spessi bohemiens e un po’ radical chic. Insomma, era la classica ragazza che portava i jeans a zampa di elefante, i cappotti olivastri in inverno e i vestiti vintage e floreali in estate, che ascoltava gli Smashing Pumpkins, gli Slowdive e altra roba dimenticata dalla sua generazione. Di buonissima famiglia, era un po’ una figlia di papà, la ragazza gioiello dei genitori che aveva la media del trenta alla Bocconi, che non combinava mai guai, non beveva, non fumava, frequentava brava gente e che negli atteggiamenti era una principessina. Tutto ciò misto ad uno stile retrò e ricercato le dava eleganza ma a tutti sembrava che se la tirasse, per questo attirava le antipatie di molti anche se pochi erano quelli che a scuola non avrebbero voluto scoparsela lo stesso.
Si erano conosciuti proprio a scuola, un paio di anni prima, lei andava in quinta superiore, lui in terza. Le loro classi avevano l’ora di educazione fisica in comune, lui passava spesso l’intera ora ad osservarla di sottecchi, la trovava incredibilmente avvenente, ma non le rivolse mai la parola, per il resto se ne stava in disparte, timido com’era anche nei confronti dei suoi stessi compagni, a giocare da solo a ping-pong, ribattendo la pallina contro il tavolo, piegato all’insù. Un giorno, casualmente, fu Arianna ad avvicinarsi e a chiedergli di fare due scambi con lei, piuttosto che a giocare da solo con il muro. La ragazza, così, si rivelò una gran giocatrice, oltre ad essere anche molto simpatica e dolce, smentendo così le voci sul suo conto. Il loro divenne un appuntamento fisso durante l’ora di educazione fisica e quella che per lui era inizialmente solamente un oggetto del desiderio si trasformò in una amica sincera.
Difatti, con il passare del tempo, i due strinsero i legami, lei lo includeva spesso nel suo gruppo di amici ma uscivano anche da soli. Gli piaceva la sua compagnia, era una ragazza intelligente, con lei si poteva parlare di tutto, dalla musica alla politica, dallo sport alla moda, però, di sesso e avventure non ne parlava mai. Anche lei aveva una casa a mare nello stesso paesino ligure ma la sua era tre volte più grande. Solitamente, durante l’estate, la mattina andavano in spiaggia insieme, passavano un paio d’ore a chiacchierare facendo il bagno e prendendo il sole e poi tornavano a casa di lei per pranzare. In quel mese di agosto lo facevano quasi ogni giorno e proprio un giorno successe un fatto strano…
Quella mattina si attardarono molto in spiaggia e risalirono in casa per le due e mezza. Erano nel cortile, come sempre, non sarebbero entrati all’interno sporchi di sabbia e sale, così Arianna si avviò verso la doccia esterna per sciacquarsi. Solo lei aveva le chiavi di casa e lui non avrebbe potuto entrare in sua assenza e dunque l’attendeva fuori, aspettando il suo turno per sciacquarsi.
“Ari, sbrigati, ti prego, ho fame”
“Vieni sotto la doccia anche tu, così facciamo prima”
Una proposta arrivata con una tale innocenza e schiettezza da sbigottirlo un momento.
“Ma non mi sembra il caso”
“Ma tanto la facciamo in costume, dai che ho fame anch’io”
E convinto si avviò, la raggiunse sotto il soffione e lo scorrere dell’acqua dolce, erano davvero in costume ma a pochi centimetri l’uno dall’altro e questa cosa gli procurava i brividi. Lei gli dava le spalle, vedeva le gocce d’acqua bagnarle il collo, per poi scivolare lungo la sua sinuosa schiena come una valanga che arriva a valle, dove a valle c’era quel sedere a mandolino, ed era lì che avrebbe voluto affondare le unghie, afferrarlo a mani pieni. Se lo immaginava spesso, chissà se rimaneva sodo pure al tatto, chissà se era sensibile e lei avrebbe urlato qualora glielo avesse morso. Perché quello avrebbe voluto fare, addentare quel culo chiaro e stringere con tutta la sua forza fino a farla piangere. Voleva averlo addosso, sulla faccia e sui palmi delle mani. Poi, avvenne la magia. Lei si girò, con la mano raccolse la sua chioma all’indietro e i suoi sguardi si incrociarono. Aveva davanti a sé una visione paradisiaca, uno sguardo di smeraldo, magnetico e maturo, un naso dolcissimo e delle labbra che sembravano disegnate. L’acqua continuava a scorrere e si infrangeva sul suo petto, mettendo in risalto il seno, coperto unicamente dal costume, si vedeva distintamente il segno dell’abbronzatura estiva e il disegno composto dai nei che partivano in una curva dall’alto del petto verso il centro del seno. Quel disegno gli rimase stampato in mente per sempre, così come l’immagine dei capezzoli che sembravano affiorare dal tessuto. Una ragazza di porcellana, talmente delicata che lui avrebbe avuto il terrore a romperla o rovinarla, altro che prenderla a morsi e farla piangere.
“Oh, ti sei imbambolato? Andiamo a mangiare”
Chiuse il rubinetto e si avviò, nell’avviarsi si sfiorarono e lui si sentì svenire. Inoltre, ebbe come l’impressione che la sua coscia toccò proprio la sua imponente erezione. Che l’abbia fatto di proposito? Che l’abbia avvertito? In realtà credette pure che avesse donato un fugace sguardo al suo membro ormai visibile sotto il costume, anzi indugiò proprio qualche secondo a fissarlo. C’erano giorni in cui avrebbe potuto giurarlo, metterci la mano sul fuoco. C’erano altri giorni in cui faceva un bagno di realtà, pensava che il contatto se lo fosse sognato e che lei non si fosse neanche minimamente accorta della sua eccitazione. Tuttavia, c’era un altro dubbio che lo tormentava, possibile che lo avesse portato sotto la doccia con sé senza un secondo fine? E se fosse stato un segnale? E se la dolce e angelica Arianna lo avesse fatto per spronarlo a scopare lì, in piedi come gli animali, sotto il sole e vulnerabili agli sguardi? Pensandoci, per Arianna, lui era solamente un ragazzino, un amico e nient’altro, forse per questo lo ha spinto sotto la doccia con sé, forse perché lo riteneva talmente innocuo e ingenuo da non considerare eccitante quella situazione per entrambi.
Fatto sta, che nei giorni a seguire, quel ricordo lo aiutò molto nel masturbarsi, prima di andare a dormire, praticamente ogni sera. Si chiedeva spesso se avesse quel rapporto anche con altri ragazzi, in realtà però, Arianna non gli aveva mai nominato altri ragazzi, aveva un po’ di amici maschi ma nulla di più e non era in grado di nominare una persona con cui lei fosse stata o avesse avuto un flirt. Quello strano candore era origine di pettegolezzi per le sue amiche, c’era chi diceva che fosse una figa di legno asessuata, mentre altri sostenevano che era tutta una maschera e in verità fosse una gran troia. A questo, però, lui neanche voleva pensarci.
In ogni caso, quella sera avrebbe svelato tutti gli arcani, perché quella sera era la sua sera. Con tutto il coraggio conservato durante la sua intera vita compose il numero.
“Ehi, Ari, Ciao”
“Ciao, dimmi”
“Ehm… mi chiedevo… se… se… ti va di uscire sta sera…”
“Mmm… no, non mi va”
“Ah…”
“Ma ho casa libera stasera, perché dopo cena non vieni tu?”
Avrebbe dovuto mostrarlo più frequentemente quel coraggio, perché le cose si stavano palesando molto più facili del previsto.
Quindi, accettato l’invito, si fiondò nella doccia, si profumò e si fece più bello possibile. Con una esorbitante dovizia e cura dei particolari si rasò le palle. Camicia e pantaloncini ed uscì. Fece una velocissima sosta in farmacia per compare i preservativi. Per lui sarebbe stato un incredibile successo anche solamente strapparle un bacio ma voleva prepararsi ad ogni scenario. Così, carico a molla e incredibilmente fiducioso si ritrovò davanti il suo portone e suonò il campanello.
“Ciao, finalmente ti conosco, Arianna parla sempre di te”
“E tu chi saresti?”
Con enorme sorpresa, davanti ai suoi occhi c’era una ragazza, carina certo, ma non era Arianna.
“Cecilia, piacere”
Conosceva a memoria tutti gli amici, i conoscenti e i parenti di Arianna, ma quella Cecilia, non l’aveva mai sentita nominare. Aveva anche lei un caschetto, biondo platino e tinto, e gli occhi azzurri. Ciò che, però lo sbalordiva era il suo stile. Un septum al naso, uno sguardo rude e un tatuaggio molto visibile sulla coscia. Il tipo di persona che ci si aspetterebbe di incontrare ad un rave party in un sottoscala di Berlino. Almeno visivamente era totalmente agli antipodi di Arianna, cosa mai potesse c’entrare con lei?
Cecilia lo guidò verso il soggiorno, dove nell’aria vi era l’odore di pizza ed in sottofondo risuonava Around the Fur dei Deftones, lì ecco finalmente Arianna, concentrata nel piegare e buttare dei cartoni della pizza.
“Ah ma tu sei da tanto qui?”
“Si, qualche problema?”
Le risposte di Cecilia erano altamente elettriche anche se erano condite da risatine, anche Arianna rideva in maniera inusuale.
“Ari, avevi detto che eri sola”
“Lo ero, infatti vi ho invitati”
“Sì ma non la conosco”
“La conosci oggi”
E scoppiarono ancora a ridere, Arianna quasi perse l’equilibrio nel farlo. Era tutto molto strano fino a quando notò due bottiglie di vino vuote sulla tavola.
“Ma avete bevuto così tanto?”
“Ma cosa sei mio padre?”
“Ari non pensavo che il tuo amico fosse così scemo”
“Oh ma come ti perm…”
“Non litigate su, andiamo in soggiorno a sederci”
Arianna fece strada, la camminata era barcollante e si appoggiava alla spalla di Cecilia. Arrivarono in soggiorno, le ragazze si sederono a terra, lui sul divano.
“Perché stai sul divano?”
“E perché hai messo la camicia?”
“Proprio scemo questo amico tuo”
E in effetti, notò solo adesso che era vestito troppo bene per l’occasione, le ragazze erano semplicemente in maglietta e pantaloncini.
“Toglila”
Cecilia sembrava proprio una fuori di testa mentre Arianna si limitava a ridere ancora.
“No, perché?”
“Perché stiamo giocando ad obbligo o verità e abbiamo deciso così”
“Ma non stiamo giocando”
“Ora sì”
Cecilia prese una delle due bottiglie vuote e la mise in mezzo al trio.
“Ma che gioco stupido…”
“No dai, è divertente”
Incredibilmente quelle parole erano state proferite dalla moderata Arianna
“Va bene…”
“Bene, togli la camicia e iniziamo”
“Ma perché?”
“TOGLILA”
Rimproverato da entrambe si sbottonò e la tolse, era nel pieno dell’imbarazzo ma le ragazze non sembravano nemmeno guardarlo. Cecilia estrasse l’iPhone e scaricò un’applicazione che generava in automatico gli esiti del celebre gioco. Decise in fretta di sfruttare il gioco a suo vantaggio scegliendo solo obblighi ma tutto sembrava peggiorare piuttosto che migliorare mentre le casse sul tavolo diffondevano musica alternative rock come colonna sonora di quella serataccia.
“Trattieni il fiato per due minuti e mezzo”
“Bevi l’aceto”
“Fai cinque giravolte”
Si stava umiliando e necessitava cambiare tattica.
“Oh scemo, tocca di nuovo a te”
“Verità”
“Con quante persone hai scopato?”
Quella domanda era arrivata come un macigno, la risposta sincera l’avrebbe messo solo più in imbarazzo e Cecilia lo avrebbe massacrato di battutine, così improvvisò e decise di mentire sulla sua verginità.
“Cinque, cinque ragazze”
Cinque gli sembrava davvero un numero spropositato, se ne accorse nel momento in cui lo disse, ma ormai era troppo tardi, si aspettava ulteriori risate e domande indagatrici.
“Beh, ci sta”
Domande e risate che non arrivarono.
“Pensavo di più, in realtà”
“Anch’io, lui è molto carino, sarà forse che è un po’ timido”
Quelle parole provenivano da Arianna, a sentirle quasi gli si gonfiò il petto e gli tornò il sorriso sulle labbra. La ragazza dei suoi sogni lo trovava carino.
“Però io lo batto”
“Lo so Ceci, hai avuto un passato sregolato, non c’è bisogno di ricordarmelo”
“Sei gelosa?”
“Direi di sì”
“Scusa, non è colpa mia se il tuo passato invece è noioso”
“In che senso?”
“Allo scemo non hai mai raccontato niente?”
“Ehi, smettila, Ari cosa dovresti raccontarmi?”
“Nulla, non abbiamo così tanta confidenza”
“Ma come no?”
“Vabbè Ari, io so già tutto, se non vuoi raccontare nulla allo scemo fa niente”
“Smettila di chiam…”
“È imbarazzante ma posso raccontargli di quel ragazzo”
“Lascia stare, non era per te la domanda su quante persone hai scopato”
“Ma no, io sono vergine”
Era una rivelazione scioccante, inoltre, in quel momento, tra lui e lei, era ironicamente il ragazzo ad essere percepito come il più esperto.
“Praticamente mi ero appartata con un tizio molto figo e insomma era da un paio di minuti che stavo in ginocchio a far…”
“No, non sei obbligata a raccontarlo”
La storia di come la ragazza innocente che tanto gli piaceva aveva fatto un pompino ad un altro non era decisamente nella lista dei suoi desideri.
“Vabbè, per farla breve, l’ho trovato terribile, l’ho mandato a casa senza farlo venire, subito dopo ho vomitato e ho passato il resto della notte a lavarmi i denti per levare il saporaccio dalla bocca”
“Ah, che schifo”
“Vedi, sarà stato in quel momento che l’hai capito”
“Probabile”
“Capito cosa?”
Le ragazze continuavano a parlare ignorandolo.
“Te l’ho detto, dovresti riprovare per tornare sui tuoi passi”
“Ti piace scherzare con sta roba eh, ma se riprovo poi c’è il rischio che non ci frequentiamo più e sai che non ti conviene”
“Ahah, è vero ma so che non puoi fare a meno di me, tesoro”
E Cecilia concluse quella frase rivolgendole un occhiolino come una ciliegina sulla torta dell’ambiguità e stranezza di quello scambio di battute. C’era una tensione particolare tra quelle due ragazze. Arianna, dal canto suo non si sembrava minimamente imbarazzata dalla storia che aveva appena raccontato e il suo sguardo magnetico era posto sulle labbra della bionda mentre il suo viso si era fatto stranamente più intenso.
“Cecilia”
“Si, splendore?”
“Tocca a te”
“Cosa?”
“Obbligo o verità?”
“Ah, già, il gioco, ehm, obbligo”
“Il telefono dice che devi levarti la maglietta”
“Oh finalmente tocca anche a te”
“Scemo, io non faccio tutte queste storie come te”
E con totale nonchalance si sfilò la maglia, mettendo alla luce due seni piccoli ma con due capezzoli paffuti.
“Perché non hai il reggiseno?”
“Perché fa caldo e mi dava fastidio, fatti gli affari tuoi scemo”
Sentì i pantaloncini farsi sempre stretti in prossimità del cavallo. Cecilia così scoprì un nuovo tatuaggio: un pugnale in verticale tra le due tette.
“Oh, la smetti di fissarmi?”
“Oh scusa”
“Non parlavo con te, scemo”
Parlava con Arianna che spostò lo sguardo adesso su quel seno mentre la bocca era socchiusa e il suo respiro si era fatto vistosamente più profondo e cadenzato.
“Arianna tocca a te”
“Obbligo”
Proprio lui premette il tasto sul telefono per far comparire l’obbligo e ciò che venne sullo schermo gli fece fare un balzo al cuore.
“Dice: bacia una persona in questa stanza”
“Oh finalmente”
La risposta di Arianna lo fece tremare, stava per assaggiare le labbra di quella ragazza che aveva tanto bramato, baciarla se lo immaginava ogni notte prima di andare a letto e ora sarebbe diventato realtà. Quegli istanti e di attesa erano infiniti e aveva allo stomaco una sensazione inspiegabile che mai più provò nella vita se non il giorno della sua discussione della tesi di laurea. Irrigidì il busto e inumidì le labbra per prepararsi e Arianna dal suo posto scattò in avanti come una molla… verso Cecilia.
Quel bacio decollò ma atterrò sul viso arrogante della ragazza bionda che lo accolse con piacere. Arianna ormai sembrava in trance e riceveva la lingua di Cecilia che allacciava alla sua, mentre le reggeva il volto con entrambe le mani. Anche questo era strano, l’incontrarsi delle bocche si stava prolungato troppo, era diventato un limone, carico di passione e ritmato dai loro sospiri e dallo schioccare delle labbra. In preda alla frenesia Cecilia si lasciò cadere all’indietro, distendendosi, e la sua lei le franò addosso ma non si fermarono, anzi, le lingue spuntavano molto più violentemente da fuori le loro bocche. Lui aveva davanti ben quattro gambe sinuose che si intrecciavano, sembravano di seta nello sfregarsi tra loro. Le ragazze si baciavano con troppa confidenza, con troppa passione negli occhi, si sente spesso di ragazze che si baciano per gioco o per provare, ma quei baci non erano un gioco e non c’era nulla da provare, quelle due conoscevano i loro corpi fin troppo bene.
Stava diventando evidente adesso perché Arianna non era mai stata associata ad un ragazzo, adesso era evidente il significato di quegli ambigui discorsi tra le due. Ad Arianna piacevano le femmine e probabilmente quella Cecilia era la sua ragazza.
La sensazione che gli montava in corpo era tra le più indescrivibili al mondo, nel petto il cuore spezzato e la delusione di aver inseguito per anni una ragazza fidanzata ed inarrivabile e nel bacino… un fastidioso formicolio e un’erezione talmente vistosa da far male, lì ingabbiata nei pantaloni. E l’erezione pulsava sempre più forte mentre Arianna aveva disceso il collo dell’amante fino all’incavo dello sterno per applicargli la lingua su e risalire leccando il disegno del pugnale.
“Oh Ari vacci piano c’è ancora lui che ci guarda”
“Oddio è vero”
Si arrestarono, Arianna aveva il viso imbarazzato e scarlatto mentre Cecilia i capezzoli sempre più duri.
“Che facciamo ora?”
“Ma nulla, non ti preoccupare, gli piace pure guardarci”
“Sì ma non può stare lì”
“E cosa vuoi fare? Farlo partecipare?”
“No, mandiamolo a casa…”
Parlavano di lui come se fosse stato un pacco postale.
“Ari…”
“Eh…”
“E se tu sfruttassi questa situazione per riprovare di nuovo a fare un pompino?”
“Basta, perché ti sei fissata?”
“Perché mi eccita l’idea di guardarti mentre lo fai, e io lo so, amore mio, che tu sei disposta a tutto pur di farmi bagnare”
Era indubbio quanto per Cecilia fosse facile, con poche parole e un tono suadente, convincere Arianna. Quel tono avrebbe esercitato un certo effetto su qualsiasi ragazzo in realtà, ma in quel caso sulla fanciulla era particolarmente efficace.
“Non so…”
“Mica lo lasciamo a guardare”
“Non mi sento molto sicura”
“Possiamo legargli le mani e attaccarlo da qualche parte, così non ti tocca”
“Beh, sì, forse così ha senso”
Continuavano a parlare di lui come se non fosse stato in quella stanza, come se fosse un giocattolino.
“No, basta, voi due siete ubriache stasera, me ne vado”
“Ma come!”
“Ha ragione Ceci, non possiamo costringerlo”
“Uff… va bene dai”
“Va bene, se non vuoi vai pure”
Seguirono degli istanti di silenzio, forse l’alternativa non era poi così male, a legargli le mani sarebbero state due ragazze e non due terroristi islamici, in realtà forse non voleva andarsene perché ormai pensava con la sua erezione e non più con la testa.
“No, aspettate, va bene”
“Bravo scemo, levati la cintura”
Le ragazze si alzarono, Cecilia gli piombò alle spalle mentre Arianna gli sfilò con velocità la cintura e la passò alla fidanzata.
“Lì, alla gamba del tavolo”
Cecilia lo accompagnò verso il tavolo circolare del soggiorno, lui non opponeva resistenza. Arrivati, gli legò le mani al tavolo.
“Ahi, è stretto”
“E allora interrompiamo”
“No no, posso resistere”
“Bravo”
In pochi istanti le due furono in ginocchio. Lui cercava lo sguardo di Arianna ma lei guardava solamente Cecilia in attesa che prendesse l’iniziativa. Difatti fu proprio lei e poggiargli la mano sinistra sul pacco mentre con la destra tiro giù la zip. La stessa mano abbasso l’elastico delle mutande ed ecco che il suo pisello spiccò dondolando tra i visi delle due ragazze. Arianna sgranò gli occhi mentre Cecilia con due dita lo sollevava e abbassava come per soppesarlo e studiarlo.
“Ok, non me l’aspettavo…”
“Ari… è più grande di quello di quel ragazzo?”
“Si… pure di un bel po’”
“Neanch’io ne ho mai visto uno più grande…”
Cecilia si aggrappò alla base e porse quella minchia ad Arianna che rispose dandogli un bacio a stampo sul lato, poi inumidì con la lingua le labbra e lo avvolse con l’intera bocca ad occhi chiusi. Le sue labbra morbidamente ciucciavano la sua cappella come si succhia lo zucchero intinto su una fragola e il glande usciva e rientrava dolcemente in quella bocca fino a quando Arianna tiro fuori la lingua per accarezzare il frenulo. In quel momento rischiuse le palpebre e, finalmente, incrociò il suo sguardo smeraldino, venendone fulminato. Avrebbe voluto assaggiare le labbra di Arianna ma anche averle lì, sul suo cazzo, non gli dispiaceva. Nel frattempo, Cecilia aveva cominciato flemmaticamente a masturbarlo, muovendo la sua mano piano piano.
Anche lei poggiò le sue labbra sui suoi genitali, alla base del pene per poi risalire l’asta con profondi e bagnati baci. Arianna con la punta della lingua percorreva timidamente in senso inverso, in pochi secondi il ritmo delle due ragazze aumentò e quel grande cazzo fu in breve tempo ricoperto di saliva, non c’era un istante in cui questo non avesse una bocca addosso, anzi erano costantemente due le bocche a danzare e a saltare avanti e indietro su quel pezzo di carne marmoreo, se ad avvolgergli il pisello fossero i baci delicati di Arianna o le più arroganti labbra di Cecilia era quasi diventato difficile da capire. Lui che si è sempre considerato uno sfigato, un perdente, aveva due fregne indescrivibili, più grandi di due anni, in ginocchio a succhiargli il cazzo con trasporto.
Avesse avuto le mani libere, le avrebbe usate per afferrarle per i capelli o per accarezzare il viso di entrambe, tuttavia, toccava lasciare a Cecilia la guida. La ragazza aveva una maestria e sicurezza spaventosa, reggeva il pene e spesso imboccava Arianna, quando accadeva lui aveva la cappella e la metà superiore del cazzo nella bocca della rossa e la metà inferiore tra le dita della bionda che poi andava ad appoggiare la lingua sul suo scroto, per non farsi mancare niente.
“Ari... leccagli le palle anche tu…”
Cecilia con autorità tirava le fila di quel doppio pompino. Quando sentì la lingua e i denti di Arianna solleticargli i coglioni Cecilia iniziò a masturbarlo dolcemente ma con fermezza. Non poté non notare che il viso candido di Arianna era gradualmente diventato di porpora. Si accorse solo allora che Cecilia con la mano libera aveva raggiunto la vagina di Arianna, dalla schiena passando per il culo e mentre il palmo della sua mano si era appoggiato tra le natiche le sue dita affusolate stavano sfregando con veemenza in mezzo alle gambe della sua compagna. Cecilia in quel momento stava toccando simultaneamente due persone, stava facendo tremare due corpi contemporaneamente e stava tracciando due strade diverse ma intrecciate verso un orgasmo. Sentiva uno strano calore mentre le orecchie vibravano, le casse dello stereo, ancora in funzione, emettevano Dazed and Confused, ma il suono di quella melodia era ormai ovattato da quello dei sospiri e dei mugugni.
Quando Arianna si staccò, Cecilia avvicinò il suo seno verso il pene ed iniziò a massaggiarsi il capezzolo con il glande. Arianna si avventò su quella scena, la sua lingua cominciò a vorticare sulla cappella per andare a cogliere ed assaggiare quel pezzo di tetta. Erano scomposte ma sensuali mentre quella lingua e quel capezzolo giocavano a guardia e ladri usando il glande come ostacolo.
Arianna sollevò il mento per rificcare la lingua in bocca a Cecilia, nello slancio del movimento le ginocchia su cui era poggiata le fecero perdere l’equilibrio e, con un riflesso incondizionato, la sua mano si aggrappò al cazzo e immediatamente replicò i movimenti e il ritmo della mano di Cecilia che già era lì da svariati secondi. Le due ragazze lo stavano segando contemporaneamente mentre fornicavano con passione.
Le due mani si slacciarono da quel pisello per riallacciarsi a vicenda.
“No, stavo quasi venendo…”
“Ceci, andiamo sul divano.”
“Ma…”
Le ragazze erano completamente disinteressate a lui, avevano ottenuto il sapore che cercavano e adesso sembravano essere tornate ai gusti originali.
“Oh, almeno mi slegate?”
Si spostarono sul divano, pochi metri più in là, da coppia ben consolidata, si spogliarono a vicenda velocemente di ciò che gli era rimasto addosso, rimanendo completamente nude. Non ne aveva mai visto una donna nuda, figuriamoci due. I seni di Arianna erano proprio come se li immaginava, sodi e vistosi ma eleganti, con grazia restavano su da soli, come a levitare. Trovava fosse un peccato che a goderne del sapore, in quel momento, fosse la maleducata bocca di Cecilia, lo infastidiva sì ma non riusciva a scollare gli occhi da quella scena, sentiva il sangue pulsare fortemente in mezzo alle gambe e la saliva scomparire dalla sua bocca. Arianna si distese completamente, con le gambe aperte, Cecilia appoggiò ambo le mani sulle sue ginocchia e divenne timoniera del suo piacere. Si unirono i bacini, quattro gambe sinuose si intrecciarono come corde e iniziarono a scivolare tra loro con un movimento naturale e palesemente collaudato. Le due vagine, diverse ma simili nel gonfiore e nelle pulsazioni erano estremamente vicine, sembravano baciarsi come amanti, anche da lontano lui riusciva a percepirne il calore e l’incandescenza. Si sarebbe quasi aspettato che al loro toccarsi ne sarebbe uscito del vapore, come della carne sulla piastra; invece, a disperdersi nell’etere furono le voci delle due. Si era sempre chiesto come risultassero i gemiti di Arianna, in quel momento lo scoprì. Era una dolce melodia, vellutata e delicata anche nella carnalità, i suoi lamenti erano armoniosi nel loro crescendo come una ballad rock, lenta ma carica di adrenalina. Forse era quella la parte più eccitante dell’intera scena, anche più delle vagine che si baciavano tra loro, sfregandosi con vigore, travolgendosi come onde del mare e ammantandosi di una patina traslucida. Anche più dei seni che sudavano e ballavano, su e giù, con i capezzoli che sembravano chiodi e duri come il marmo. Forse, però, poteva pareggiare nella gara dell’eccitazione, il volto della ragazza dai capelli ramati che si tinse degli stessi colori che resero famosi i quadri di Dalì, il suo sguardo lucente non perse la sua intensità ma sembrava annichilito da quello di ghiaccio della sua partner che la scrutava sospirando e spingendo, scopandola come farebbe un uomo ma donandole il doppio del piacere. La fronte e gli zigomi erano contratti, la bocca aperta a fare da motore ai suoi gemiti, spalancata come se stesse per far fuoriuscire l’anima che Cecilia le stava strappando sfregandole la figa, clitoride contro clitoride, labbra contro labbra. Difatti, l’orgasmo di Arianna si disegnò sul suo volto prima di liberarsi nella sua voce ed esplodere come un assolo di chitarra finale. Vide con chiarezza le sue gambe tremare, la schiena inarcarsi e lo smalto rosso delle sue unghie affondare sul copridivano verde. E così il loro ansimare si arrestò, solo allora ritornarono udibili le note di una canzone dei Pixies che provenivano dallo stereo, come a svegliarlo da un sogno lucido. Anche Cecilia era incredibile da vedere, statuaria nella sua pelle candida mentre si ergeva sul corpo di Arianna, sentiva che in qualche modo avrebbe dovuto ringraziarla per lo spettacolo che gli aveva appena regalato, eppure, provava un forte senso di invidia. Il suo più grande desiderio era sempre stato poter baciare e toccare Arianna come si era permessa di fare lei quella sera ma in quell’istante scoprì di avere un desiderio ben più esigente: farla tremare e scuoterle l’anima e la voce come era appena riuscita a fare quella ragazza piena di tatuaggi. In qualche modo odiava che a farle quella cosa era un’altra persona, anzi, riflettendoci un secondo in più realizzò che odiava proprio Cecilia, una sconosciuta comparsa dal nulla che rubò il cuore di Arianna.
“Ok, Ceci, dammi un attimo…”
“Va bene, ho bisogno anch’io di fumare una sigaretta”
Le ragazze si rivestirono, Cecilia uscì per fumare mentre Arianna lo slegò dopo aver staccato la musica.
“Finalmente, mi facevano male i polsi”
“Si, ascolta, forse è meglio se ti vesti e vai a casa”
“E’ successo qualcosa?”
“No, sono stanca, appena incroci Cecilia uscendo dille che sono a letto”
Si sentiva d’intralcio e quasi cacciato via malamente mentre notò sul viso della ragazza un’espressione carica di sensi di colpa. In ogni caso, si rimise i pantaloni, ingabbiando con difficoltà un’erezione che non dava cenni di svanire. Si incamminò lungo il vialetto all’esterno.
“Ehi, scemo, vai già a casa?”
“Si, Ari ha detto che ha sonno, vuole dormire”
“Ah ho capito, certo ha sonno…”
“Si”
“Bene, allora sbrigati ad andartene così continuiamo senza essere guardate”
“Ma si è messa a dormire”
“Certo, anch’io adesso la raggiungo per… dormire”
Cecilia distolse il suo sguardo dal fumo della sua stessa sigaretta per guardarlo dritto in faccia e donargli un simpatico occhiolino. Si sentì ribollire il sangue nelle vene, aveva sempre temuto la competizione degli altri ragazzi, ironicamente però, doveva darsi battaglia con una donna e, paradossalmente, sentiva che lo svantaggio era insormontabile.
“No, con me è sincera, non conosci il rapporto che abbiamo”
“E quindi ti avrà già detto prima di stasera che è bisessuale e fidanzata”
“…”
“Immaginavo”
Vincere una discussione con quella ragazza sembrava impossibile.
“Da quando va avanti questa cosa?”
“Sta con me da un anno, ma prima ha avuto altre storie”
“Un anno? Ma è assurdo che non mi abbia detto niente”
“No, i suoi genitori sono molto all’antica, troppo all’antica, sono dei bigotti”
“Sono un po’ tradizionalisti ma non direi che…”
“No, io lo direi, ci hanno già scoperto una volta e le hanno vietato di frequentarmi ancora, io non dovrei nemmeno essere qui, stiamo sfruttando il fatto che siano ritornati in città per motivi di lavoro, ci vediamo solo di nascosto.”
“Mi dispiace…”
“Si, quei vecchi di merda non possono accettare che la figlia perfetta, la luce dei loro occhi, frequenti una ragazza, e che quella ragazza sia una tipa come me”
E lui i genitori di Arianna li conosceva, immaginava che per la figlia si aspettassero un ragazzo che rispondesse a certi stereotipi, il classico bocconiano con la camicia di lino o la polo, che la porti ai ristoranti di pesce, e non una ragazza con piercing e tatuaggi che la porta ai concerti metal o techno. Cecilia stava cominciando a fargli pena, la odiava di meno a causa di quell’aria mesta che aveva mentre si accendeva una seconda sigaretta.
“E perché stasera hai deciso di fare questa cosa con me?”
“Quello non c’entra niente, vorrei provare una cosa a tre con lei, diciamo che era un esperimento”
“MA… BEH NON È UNA CATTIVA ID…”
“Si, ma lascia stare, è un esperimento fallito, tu non mi piaci per niente”
“Come scusa? E perché?”
“Perché la vita non è un film porno, per fare una cosa del genere ci vuole una persona fidata, con cui ci sia un legame consolidato”
“E il legame è consolidato, io la conosco da più tempo di te, è una mia cara amica”
“A parte il fatto che dovresti avere un legame consolidato anche con me, ma è evidente che tu hai sempre avuto dei secondi fini con lei, io li conosco quelli come te”
“Quelli come me?”
“Si, quante ragazze hai detto che hai scopato? Cinque? Sono un botto alla tua età, tu non sei un ragazzo serio, non hai intenzioni serie con lei, lei è una ragazza speciale e non voglio che diventi l’ennesima tacca sulla cintura di uno scemo”
“Ti sbagli di grosso, io a lei voglio molto bene, più di quanto tu possa immaginare”
“Si? E perché oggi sei venuto con questo?”
Dalla tasca estrasse con due dita il preservativo che poche ore prima aveva comprato in farmacia.
“Da dove l’hai preso?”
“Ti è cascato quando ti abbiamo abbassato i pantaloni ma ovviamente tu eri concentrato su altro”
“E allora? Lo porto sempre con me, anzi, non è come sembra, sono vergine anch’io”
“Ma non prendermi in giro, non sei vergine e oggi ti sei presentato qui solamente per scopare”
“No, no e no, io la am…”
“Ti è andata di lusso, ti sei beccato un pompino, ora per favore, brutto scemo, smamma e fammi il favore di non raccontare niente a nessuno”
Cecilia non gli faceva più pena, era tornato a odiarla come prima, anzi più di prima e, fatalmente, un pensiero perverso gli attraversò la mente.
“Perché non dovrei?”
“Cosa?”
“Perché non dovrei raccontare di questa sera? Per fare un favore ad una stronza come te?”
“Non solo a me, ma anche a chi definisce una tua cara amica”
“E cosa ottengo in cambio?”
Mai, in assoluto e in alcun modo, avrebbe voluto far del male ad Arianna, ma forse a Cecilia sì, ed era il momento di mostrarsi risoluto.
“Cosa vuoi?”
“Prima avete interrotto sul più bello e ce l’ho ancora duro…”
“Vedi, sei come tutti gli altri, pensi solo a quello”
“Come vuoi tu, ma fammi venire, qui ed ora, e mi porto il vostro segreto nella tomba”
Cecilia non disse sì o no, solamente sospirò e con la mano libera presa a slacciargli i pantaloni, mentre con l’altra reggeva ancora la sigaretta. Era spaventoso come lei fosse al suo agio nel muoversi per toccare un altro corpo, maschile o femminile che fosse. Era chiaramente una ragazza esperta tant’è che in pochi secondi, con una mano sola, estrasse il suo cazzo ancora in tiro e cominciò a segarlo a ritmo moderato. Lì in piedi accanto a lui.
“Ah… davvero non ne hai mai visto uno più grosso?”
E Cecilia ancora una volta non rispose, lo guardava con aria di sufficienza con i suoi occhi innevati. Prese un’altra boccata dalla sigaretta e risputò il fumo sul viso del ragazzo.
“Vediamo di darci una mossa”
E cominciò ad aumentare il ritmo ma svogliatamente, senza guardarlo, dedicando il suo sguardo solo al filtro di ciò che fumava, nell’attesa di terminare quel ricatto il prima possibile. Non era piacevole come quando lo masturbava prima dentro casa, era quasi fastidioso.
“No, non così!”
Sorprendentemente e repentinamente liberò un manrovescio verso la sua mano, colpendola, allontanandola e facendo brillare nell’aria buia la scintilla della sigaretta che si spense a terra.
“Ma che cazzo fai?”
Con violenza la afferrò con la mano, per l’orecchio, agguantando pure una ciocca di capelli. L’avvicinò con fermezza rendendo i loro visi pericolosamente vicini.
“Senti, brutta zoccola, è tutta la sera che insulti, è tutta la sera che si fa quello che dici tu, ora stai zitta e fa come dico io”
“Ok, mai stai calmo…”
Quel viso terrorizzato era decisamente carino.
“Sarò calmo solo dopo averti sborrato in bocca, mettiti in ginocchio”
Cecilia ubbidì. Lui non ci pensò due volte e con un movimento deciso e prepotente le infilò il cazzo in bocca. Senza aspettare e senza chiedere il permesso. Era bello avere di nuovo una bocca calda e umida sul pisello ma ancor più bello era umiliare la sua rivale, costringerla a subire in ginocchio. La afferrò per i capelli, dalla parte della nuca, e cominciò a spingere forsennatamente, con forza e violenza le scopava la bocca. Nel silenzio della notte si sentivano chiaramente i rumori sordi della sua gola. Chiaramente non le piaceva e questo era benzina per i suoi istinti animaleschi, le affondava il pene nella gola come se avesse voluto distruggerle lo spirito, scoparle il respiro e picchiargli il cuore a colpi di cazzo. Ad un certo punto, spinse con tutte le sue forze, il naso di lei si schiacciò contro la base del pene, pungendosi con i peli appena rasati. Fu un eterno soffocotto che terminò solo quando fu palese che lei non ne poteva più. Così le libero la bocca, Cecilia ebbe appena il tempo di riprendere fiato quando un secco ceffone, a mano aperta, le raggiunse la guancia sinistra, e subito dopo, dalla direzione opposta, sulla destra, le arrivò un secondo schiaffo, con il cazzo, violento come una frustata. E di nuovo la afferrò per i capelli, iniziando a masturbarsi. E lì, lui venne, copiosamente, annaffiandole la faccia. Non ne avendone abbastanza, decise di tingere quel viso sconvolto anche con uno sputo che atterrò sul fazzoletto di pelle tra il naso e l’occhio destro.
“Bene, ti ringrazio”
“Non era nei patti farlo così”
La voce di Cecilia era rotta.
“Non importa”
“Non sei uno scemo, sei un vero e proprio pezzo di merda”
“E tu sei una puttana, per favore dopo aver baciato la tua ragazza prima di addormentarvi spiegale che il sapore che sente nella tua bocca è quello del mio sperma”
“Spero ti capiti qualcosa di brutto”
“Va bene, ciao”
E si allontanò, sentendo in lontananza il singhiozzare della ragazza.
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