Il Tassista

di
genere
voyeur

Quei fianchi a clessidra discendevano dolcemente evidenziando nella loro forma un sedere tondo, percorrendo con lo sguardo quel corpo geometricamente perfetto si sarebbero potuti ammirare due seni importanti, ingombranti anche solo da guardare. Il tratto della sua penna proseguì sulle spalle ma non si spinse oltre. Il tassista non disegnò più quella notte, insoddisfatto accartocciò il foglio e lo gettò insieme alla penna sul cruscotto, dove già vi era abbandonato un metro da sarta.

“Ah già, devo ricordarmi di prendere le misure delle finestre per darle domani ai muratori, lo faccio appena torno a casa, se solo questo stronzo si sbrigasse”

Era l’ultima corsa, era stato prenotato da una voce maschile ed ecco che si ritrovava lì, sotto un lussuosissimo hotel del centro sul cui terrazzo, evidentemente, vi era una grande festa, a giudicare almeno dalla musica. Tuttavia, il suo cliente si stava facendo attendere, erano le tre di notte, era abituato, a causa del suo lavoro, a vivere la notte, però quella sera gli occhi erano pesantemente stanchi e aveva l’imbellente bisogno di gettarsi a letto.

La portiera della macchina fece “click” e sui sedili posteriori si sedette un uomo, incamiciato in lino, con scarpe di velluto e pantaloni blu.

“Oh finalmente, dove la porto signore?”
“Dobbiamo aspettare mia moglie, sta arrivando”
“Il tassametro però gira eh”
“Non me ne frega un cazzo, non avrò problemi a pagarti”

Pareva che avesse caricato un altro uomo arrogante, un altro rigurgito dell’alta società, uno di quelli che ha tutto e sa di poter avere tutto.

E per la seconda volta la portiera cinguettò e salì lei, quella che doveva essere la moglie. Era difficile decifrarne l’età, sicuramente non aveva quarant’anni, ma trenta li aveva superati da qualche primavera. Aveva una gonna di pelle, delle calze nere, un blazer bianco che si appoggiava su un corpetto nero che lasciava ammirare una tagliente scollatura sulle spalle e sul petto. Proprio sul petto brillava il diamante di una collanina.

“Anna ci hai messo un botto”
“Scusami, stavo salutando tutti”
“Fa niente, fatti perdonare”

E lui la prese per i fianchi e con movimento deciso portò le sue labbra sulle sue. Lei reagì ben compiacente, aggrappandosi con le mani alla camicia e ricambiando quel bacio, chiudendo gli occhi e con una abbondante porzione di lingua.

“Tu non startene lì impalato, via dei cappuccini 7, sbrigati che abbiamo fretta”
“Amore ma non rivolgerti così”
“Ma Anna chi lo rivede più, dai che non sai cosa ti faccio a casa”

E il taxi partì come partì il violento formicare di marito e moglie sui sedili posteriori.

Le mani di lui scorrevano sui suoi fianchi e questo le piaceva, i suoi mugugni crescevano in intensità e frequenza, ogni qualvolta le loro lingue si incontravano e i suoi denti mordevano le sue labbra. Il tassista stava cominciando a sperimentare delle difficoltà alla guida, gli occhi spesso osservavano lo specchietto retrovisore, era stranamente attratto dalla passione dei due, tra le gambe avvertiva una certa pressione. Concentrarsi era diventato difficile, ideò di alzare il volume dello stereo per distrarsi.

“Ma cos’è questa musicaccia? Staccala, mi da fastidio”

E dopo aver inveito ancora una volta contro di lui, quell’uomo affondò le labbra sul collo della moglie per discenderlo, da sotto il mento fino al centro del petto, il tassista era sicuro che avrebbe continuato fin più giù se non ci fosse stato il corpetto. Sicuramente avrebbe continuato a casa. Anna gli rispose accarezzando con i polpastrelli i suoi zigomi, e allungando la sua gamba calzata sul ventre. Il tassista non poteva fare a meno di constatare che la donna era dotata di uno stacco di coscia poderoso, la pelle che bruciava sotto i baci del marito era candida, quasi di porcellana, aggraziata come quella di una ballerina. La vedeva affannarsi, mentre il marito le massacrava a morsi e leccate, il lobo destro, a bocca aperta, incorniciata da labbra sottili, un volto elegante dagli occhi verdi e incastonato dai capelli che scendevano lunghi sulle spalle ad est e ovest e a nord coprivano la sua fronte con una frangetta. Erano dello stesso colore delle foglie autunnali.

Oggettivamente quella Anna era una bellissima donna, di quelle di altissimo valore, fighe ed eleganti. Era un peccato che in quel momento stesse tremando sotto le dita e la bocca di un uomo tanto arrogante e maleducato. Certo, durante i suoi viaggi notturni ieri capitato ben peggio di una coppia di fornicatori. Dagli ubriachi che gli imbrattano la pelle dei sedili vomitando, dai drogati che provavano a rapinarlo con una siringa, la vita del tassista di notte era difficile, la sua vita in particolare era difficile, e per questo motivo conservava sempre una pistola nel porta oggetti del lato guida. Non era nato ricco né lo era mai diventato, mica come l’uomo lì dietro, che in virtù del suo status gli era concesso trattar male chiunque e scoparsi le donne più belle in circolazione. Quale era il suo merito? Essere stronzo? Forse, ma non ci rimuginava troppo, una vita di espedienti gli aveva insegnato che il mondo premia gli stronzi, anche le donne premiano gli stronzi.

Quel senso di livore, imbarazzo e disgusto, però, sembrava destinato ad arrestarsi quando il suo taxi accostò su via dei cappuccini numero 7.

“Sono 25 euro”
“Anna, ho il portafoglio nella tua borsa”
“Sì…”

Anna cominciò a cercare la sua borsa dietro la schiena, poi sotto i sedili, poi ancora dietro la schiena del marito.

“Qualcosa non va?”

Il tassista notò dallo specchietto retrovisore un certo timore nei volti dei due.

“Credo di aver lasciato la borsa nel locale”
“Anna sei la solita scema, allora non potremo pagarlo”
“Cosa? No, non sta né in cielo né in terra”
“Allora torniamo indietro, la recuperiamo e ti paghiamo”
“Se torno indietro vi lascio là, è la mia ultima corsa questa, sono a pezzi e ho bisogno di andare a letto”
“Anch’io devo andare a letto ma a differenza tua non per dormire; quindi, vedi di darti una mossa e risolvere questa situazione, o ci fai scendere gratis o torni indietro!”

Il tassista aveva lo stomaco vuoto, le palle piene e pesanti come i suoi occhi stanchi. Non aveva voglia di farsi fregare il compenso di una sera da gente tanto squallida e miserabile.

“E allora, dato che mi pare di capire che hai il cazzo duro, e per causa di voi due piccioncini ce l’ho anch’io, facciamo così: tiriamolo entrambi fuori, se il tuo è più lungo del mio vi offro la corsa”
“Lo sapevo che eri un depravato, quelli con la faccia come la tua sono tutti così, sarà comunque un piacere prima umiliarti e poi farmi regalare la corsa”

Il marito era incredibilmente sicuro di sè mentre il labbro inferiore della moglie cominciò a tremare prima di chiedere:

“E cosa vuoi se è più lungo il tuo?”
“Mmm, fammi pensare… facciamo che per pagarmi tu me lo succhi fino a farmi venire”
“Ovviamente rifiutiamo, portaci indietro, ti paghiamo la corsa e cercheremo un altro taxi”
“No Anna, sono le tre e mezza e ho fretta, è praticamente vinta, una questione di cinque secondi”
“Non è per niente una questione di cinque sec..”
“Basta, comando io, accettiamo la sfida”

Anna portò le mani al viso, come per nascondere il suo impallidirsi, in un gesto di disperazione.

“Siamo d’accordo allora, in tal caso vi farò scendere senza chiedervi un euro”
“Esatto! Anna, non fare la cretina, tranquillizzati, sai bene che vincerò, me lo hai detto tu che non hai mai visto un pisello grande come il mio, me lo ripeti ogni sera”

Anna scuoteva la testa, con il volto affondato tra le dita per non voler assistere ad uno spettacolo con il finale secondo lei già scontato. In quel momento ripensò a tutte le innocenti bugie dette a letto al marito con il solo scopo di alimentare un po’ il suo ego e farlo stare bene, quelle bugie stavano per ritorcersi contro entrambi.

“Uno.. due… e tre!”

I due uomini fecero schizzare i loro membri di marmo, Anna allargò leggermente la fessura tra le dita per verificare se tutti i suoi timori fossero fondati. Non era un caso che il tassista fosse così impaziente di proporre quella sfida, chissà quante volte l’aveva proposto ad altre clienti, la donna non poteva che constatare che quello sì che era il pisello più grande che avesse mai visto, statuario e spesso, con una vena appariscente che lo percorreva in tutta la sua lunghezza. Largo che andava restringendosi fino ad arrivare al prepuzio e alla cappella che, per colore e diametro, in quel momento le ricordava una lattina di coca-cola. Quanto a quello del marito non c’era neanche bisogno di osservarlo, anche perché Anna aveva praticamente lo sguardo incollato a quello dell’altro, per sapere che non c’era storia e che, almeno lei, avrebbe dovuto soffermarsi su quel taxi per ben più di cinque secondi.

“Perfetto, ho vinto, possiamo scendere”
“Cosa ma sei cieco?”
“Ascolti, perdoni la maleducazione di mio marito, perdoni la perdita di tempo, perdoni tutto, ci lasci il suo numero domani le diamo il triplo, anzi il quadruplo di quanto le dobbiamo”
“Anna stai zitta! Mi dispiace, ti sarebbe piaciuto goderti mia moglie ma ti è andata male, hai perso, vai a casa a farti una sega se vuoi”

L’orgoglio maschile di quell’uomo era così ingombrante da offuscargli pure la visione della cruda realtà mentre le iridi della moglie erano diventate saette e avrebbero voluto incenerirlo con lo sguardo.

“Non c’è problema, dii a tua moglie di misurarli e vediamo chi ha ragione”

Il tassista afferrò il metro da sarta sul cruscotto e lo lanciò ai due là dietro. Anna, torva in viso, lo raccolse, lo distese, afferrò il pisello del marito e applicò il nastro sull’asta, dalle palle alla cappella.

“Quattordici centimetri e venti…”
“Cosa? Anna ma siamo sempre stati d’accordo sul fatto che sono quasi venti”
“Ti prego, fai silenzio!”

Il tassista tirò indietro il sedile, reggendo il proprio pene, per mettersi alla portata delle mani della donna.

“Non c’è bisogno, è chiaro che ha vinto lei”
“Dammi pure del tu, tra poco saremo molto intimi, comunque voglio che lo misuri, tuo marito deve vedere con i suoi stessi occhi quanto è scemo”

Lei sospirò, e di nuovo, le sue dita affusolate, reggendo il metro, circondarono la base di quel pisello mentre la mano sinistra tirò il nastro fino alla punta.

“Diciotto e novantasei… forse sette… insomma quasi diciannove centimetri”

La sentenza era inappellabile, la matematica non è un’opinione. Pronunciando quelle parole Anna distolse lo sguardo da quel pene per incrociare, alzandolo, quello del tassista. Solo in quel momento ebbe la prima occasione di guardarlo bene in faccia. Aveva un viso roccioso, bello e virile ma segnato dall’esistenza, un filo di barba, non curato ed irregolare, gli si increspava sul mento e le guance, su quella destra veleggiava una vistosa cicatrice con la forma di una mezzaluna. Gli occhi erano scuri, profondi come pozzi, la loro fiamma non sembrava spenta, piuttosto era alquanto fioca. In quel momento, con quel cazzo di marmo in mano e la bocca di quel viso spigoloso a pochi centimetri dalla sua, Anna avvertiva una strana e pericolosa sensazione. Il cuore in petto le batteva come un tamburo tribale e probabilmente gli altri due uomini riuscivano a sentirlo.

“Allora? Perché non passi davanti?”
“Va bene…”

La voce della donna era succube e spaventata. Aprì lo sportello ed in un millesimo di secondi riaprì quello anteriore per ritrovarsi di fianco al tassista.

“No, tutto questo è una follia, Anna, non ti metterei mai in mezzo ad una roba del genere, volevo solo vedere dove questo maniaco si sarebbe spinto, scendiamo dal taxi, domani ti diamo il doppio come ti diceva lei”
“Io gli ho detto il quadruplo…”

Si udì il click della chiusura delle portiere, con un movimento fulmineo il suo braccio sinistro si mosse ed estrasse la pistola dal porta oggetti per puntarla alla fronte dell’uomo.

“Non sei abbastanza uomo giù in mezzo alle gambe, non sei abbastanza uomo per trattare gli altri con decenza, ora non vorrai dirmi che non sei abbastanza uomo per rispettare la parola data?”
“Va bene, ti prego abbassala”
“Ora, ti posso solo concedere di uscire e aspettarla in casa”
“Non la lascio sola con te, rimango qui”
“Ottimo, allora stai zitto e guardala”
“Ok ma la regola è che lei lo fa e tu non la sfiori con un dito”
“Senti pezzo di merda, le regole non le fai tu, chiudi la bocca, mentre tua moglie la apre e lasciaci fare”

L’uomo deglutì rumorosamente, poggiò sé stesso sullo schienale ed annuì arreso. Il tassista posò la pistola al suo posto e si rivolse alla donna che nel frattempo era diventata del colore della candeggina.

“Ascoltami Anna, se durante l’atto qualcosa per te sarà di troppo, dimmelo pure, la eviterò”

Quella inaspettata cortesia, collegata al fatto che la chiamò per nome, paradossalmente la tranquillizzò moltissimo.

“Va bene, prima iniziamo e prima finiamo”

E dunque, la bocca di Anna si avventò verso il centro delle sue gambe e inglobò quel pezzo di carne. Il suo palato fu invaso dal sapore pungente di uomo, la cappella accarezzò l’interno delle sue guance e l’avverti nitidamente pulsare sulla sua lingua. Le labbra cinsero l’asta e cominciarono a percorrerla dall’alto verso il basso, la pelle di quel pene era tesa come la tela e allo stesso tempo marmorea.

Una smorfia di piacere si disegnò sul rude volto del tassista, il pensiero di avere un viso tanto aggraziato ed elegante che rovistava tra le sue gambe lo eccitava più di quelle stesse labbra sul suo cazzo. Come un riflesso incondizionato la sua mano si poggiò sulla testa di lei, le afferrò i capelli e cominciò a spingere dando il ritmo ai movimenti del pompino, guidando la sua bocca dall’alto verso il basso e viceversa.

“Ehi, non la toccare”

Un gesto della mano sinistra fu sufficiente per interrompere le lamentele del marito. Nell’abitacolo riecheggiavano solo i rumori bagnati delle labbra di Anna che assaggiavano il pene. Dal canto suo, la donna sapeva benissimo che tutto ciò che era gradito al tassista poteva solamente accelerare i tempi di quell’ingrato compito.

Difatti, non oppose resistenza quando avvertì il grande palmo della sua mano sulla nuca. Aveva la testa sotto una grande mano, il viso tra due grandi cosce e la bocca sopra un grande cazzo. Una situazione che, se non fosse per la sua grottesca stranezza, avrebbe trovato anche piacevole.

I polpastrelli ruvidi del tassista cominciarono a sfiorare la spalla nuda di Anna, la sua pelle gli sembrava di seta ma rispose al tocco quasi come se fosse stata senziente. Anna non reagiva e lasciava scorrere le dita su di sè. Scesero la spalla per ricongiungersi alla sua schiena, sotto la giacca, risalirono la parte superiore della sua spina dorsale incuneandosi sui bozzi delle vertebre. Raggiunse in fretta il suo collo e aprì la mano per avvolgerlo tra le sue dita.

Fu necessaria una leggera spinta e una piccola porzione della sua forza per far inabissare tra le sue gambe la faccia della donna e affondarle il cazzo nella gola. Anna, in balia degli eventi, non poté fare altro che tirare indietro il palato non appena sentì quella cappella pericolosamente vicina all’ugola. Nell’abitacolo riecheggiò solamente il rumore sordo del suo strozzarsi.

“Non così, smettila”

Ma il tassista continuava a non ascoltarlo, lasciò andare la presa solo quando fu evidente che la donna era arrivata al limite. In quel momento lei liberò la bocca per prendere fiato.

“Ora leccami le palle!”

Il patto tra i tre era chiaro ma la sua voce rude ed imponente, sebbene in quel momento sembrasse più eccitante che minacciosa, era abbastanza per garantire l’obbedienza della donna. Difatti, la sua lingua planò sul suo scroto e lo coprì tutto. Con confidenza cominciò a leccarlo, si sentiva pungere dai peli ispidi appena rasati mentre la mano che reggeva quel pene cominciò dolcemente a muoversi su e giù masturbandolo.

La mano dal tassista si spostò sul fianco di lei, quello che puntava al cruscotto. A coppino la mano si appoggiò perfettamente ed iniziò ad accarezzarla. Per la grande sorpresa di suo marito, quella carezza fu accolta da un sospiro.

“Leccami tutto il cazzo”

Come un cane che risponde al padrone, la lingua di Anna si mosse verso l’alto, abbandonando i coglioni e muovendosi sull’asta, a ripetizione scalando più volte quel grande pisello fino alla cappella. Anche il tassista cominciò a sospirare mentre la mano ancora le massaggiava il fianco. Quelle carezze erano avvolgenti, la cute di Anna vibrava, la isolavano dall’atmosfera del taxi, quasi come se si stesse dimenticando a chi stesse facendo un pompino e che suo marito era lì dietro ad osservare. La punta della sua lingua disegnava delle spirali sull’asta, arrampicandosi ancora, questa volta Anna si tradì e giunta al frenulo compì l’errore di alzare lo sguardo e guardare negli occhi il tassista. Lui, con un’espressione a suo modo molto travolgente, non poté non notare il tremore nelle pupille di lei e la sua esitazione.

“Sei proprio una troia, ci sai fare, quanti cazzi hai succhiato nella tua vita?”

Anna arrossì come se non fosse già stata paonazza e abbassò lo sguardo. Il tassista spostò la sua mano, ripercorse ancora una volta la spalla e arrivò sulla scollatura. Il sudore era freddo, quella mano prese uno dei suoi seni, cominciò a palparlo, lentamente e senza violenza ma in maniera molto sicura.

“Non lo vuoi dire davanti a tuo marito?”
“Solo il suo”
“Quindi da stasera due”

Anna sentì le dita del tassista farsi strada sotto il suo top, sopra la sua tetta. La sua paura più grande si concretizzò non appena sentì i suoi polpastrelli sul suo capezzolo: adesso lui poteva tangere la sua eccitazione ed avere la certezza che, in fondo, il suo cazzo le piaceva.

“Quindi il mio è il più grosso che hai visto in vita tua”

I polpastrelli chiusero il suo capezzolo come una pinza e cominciarono a tirare leggermente e a rotare.

“Si…”

Il marito di Anna ascoltava quello squallido scambio di parole, gli pareva di essere seduto sopra il seggiolino di un cinema porno, lui era solo uno spettatore ma l’attrice principale era sua moglie. Tutto quello che stava avvenendo non lo riguardava più come se non fosse stato lì. Era ancora con il pisello di fuori, non lo mise dentro i pantaloni dopo averlo scoperto per cercare di vincere la scommessa. E il suo membro era rimasto così, anzi a guardare la scena gli si era indurito ancora di più. Suo marito neanche ci rifletté troppi secondi, quasi non se ne accorse, e poggiò la sua mano sul proprio cazzo, cominciando a masturbarsi a sua volta.

Anche la mano del tassista si spostò e, con convinzione e certezza di andare a segno, andò a toccare sotto la gonna di Anna. La sua vagina era sicuramente protetta dalle calze e dall’intimo ma avvertì molto vicine le dita di lui. Iniziò a sfregarla, Anna si sentiva bagnare e le gambe iniziavano a tremare.

“E glielo succhi ogni sera?”
“Mmm… quasi…”

La mano del marito cominciò a muoversi più velocemente sulla propria asta. Quella del tassista invece grattava le proprie nocche sul pizzo delle mutandine e scavava tra le gambe di Anna che sentì un brivido lungo la schiena e fece toccare le sue ginocchia. La mano cominciò ad esplorare e tastarle il sedere. Con il pollice cominciò a fare pressione dove ipotizzò ci fosse l’ano.

“Hai proprio un bel culo, lo hai mai dato?”
“Ah… no…”
“Vuoi che te lo scopi adesso davanti a tuo marito?”

Suo marito si unì al gruppo dei sospiranti sentendo quella domanda, Anna si sorprese nel notare che non sapeva che risposta dare esattamente, si sorprese anche ad accorgersi che dal momento in cui incrociò lo sguardo del tassista aveva smesso di succhiarlo lasciando a lui la libertà di toccarla liberamente, nei suoi punti più delicati: le cosce, il seno, il sedere e la figa. Le bastò un momento di lucidità per ricordare la propria strategia e la necessità di far venire l’uomo nel minor tempo possibile per uscire da quella situazione senza che degenerasse ulteriormente.

Così, con decisione, prese ancora una volta in bocca quell’enorme cazzo e cominciò a segarlo con veemenza. La mano del marito replicò quella velocità di esecuzione sul proprio membro. Il cazzo del tassista cominciò a pulsare e il suo frenulo a tremare. Era vero, che in tutta la vita prima di allora, Anna prese solo il pene del marito, un pene molto diverso da quello lì, ma apparentemente simile nel mondo in cui eiaculano. Venne prima il marito, con due fiotti che gli sporcarono la camicia. Il tassista venne un paio di secondi dopo, aveva le palle piene da tempo; dunque, inondò la bocca di Anna con il suo sperma aspro ed appiccicoso. Lo sentiva dappertutto, sotto la lingua, sulle guance e sul palato. Alzò il capo.

“Guardami mentre ingoi”

Ubbidì e lo sguardò tremante di Anna rimase sulle labbra del tassista mentre con sforzò butto giù tutta la sborra che aveva in bocca. Una gobba, elegante, le comparì sul collo durante l’atto del deglutire. Diede una veloce occhiata al marito e vide che era tutto imbrattato del suo stesso seme. In quel momento sul taxi vi era un fortissimo odore di uomo che le sfondò le narici. Le fu chiaro che, quella notte, ci fu almeno un istante in cui tutti e tre avrebbero voluto che lei ed il tassista scopassero.

Il tassista presa la penna sul cruscotto e poi si avvicinò ad Anna. Le baciò il collo, era rovente e la sentì nuovamente tremare, e dopo aver poggiato le labbra passò ai denti mordendola e quasi facendole male.
Anna non sapeva come reagire, sapeva che quello non era nei patti, ma non riusciva a muovere un muscolo. Infine, però, il tassista si staccò e iniziò ad usare la penna sulla scollatura di lei, sopra il seno e sotto il collo. La punta scivolava sulla sua pelle donandole dei brividi freddi, comprese che si trattava di dieci segni diversi.

“Questo è il mio numero principessa, nel caso ti servisse di nuovo un passaggio gratis”

Seguirono degli istanti di silenzio.

“Cosa c’è? Vuoi farmene un altro? Potete andare ora.”

La coppia scese dalla macchina senza dire una parola, guardandola allontanarsi il tassista realizzò che sì, sarebbe stato davvero bello scopare il culo di Anna, finalmente da solo riaccese lo stereo prima di far scomparire la sua vettura nella notte con a tutto volume il ritornello di Man in the Box degli Alice in Chains.

“Non lo diciamo a nessuno…”
“Stai zitto, non voglio parlarti…”

Anna aveva la faccia di porpora, i pugni chiusi, un segno di dentatura sul collo e un numero di telefono sul petto.

“E ora fatti una doccia così si cancella il segno della pe…”
“STAI ZITTO!”

“E la collana con il diamante dove l’hai lasciata?”

Anna avrebbe voluto uccidere suo marito in quel momento ma quella domanda le raggelò i pensieri: la collana le era caduta quando il tassista la morse ed era rimasta sulla sua auto.

Anna e suo marito ebbero un lungo, proficuo e felice matrimonio, anche grazie a qualcosa che quella sera cambiò per sempre nel loro rapporto.
di
scritto il
2024-01-15
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