A funghi col vicino.
di
liberoenzo
genere
gay
Del mio vicino ho già anticipato il primo approccio in un racconto precedente (Seconda casa). Ora vi narro il secondo incontro. Lui è del posto - siamo in una zona pedemontana, piemontese, dove ho una seconda casa di vacanze - e conosce bene i luoghi dove crescono molti porcini. Io non ne capisco molto, e mai ci sono andato. Una sera, mentre parlavamo fra di noi - mia moglie e lui, sua moglie invece era altrove -, durante un aperitivo ci disse che il giorno dopo sarebbe andato a funghi, ma da solo, in quanto sua moglie non ne aveva voglia. Mi proposi dunque di accompagnarlo - sapendo che sarebbe stata un'occasione da non perdere per fare del sesso maschio, dopo un anno che non ci si vedeva.
Durante quelle settimane di soggiorno non avevamo mai trovato il modo di restare da soli, per vari motivi. In parte per l'imbarazzo reciproco di ricordarlo, oppure per la costante presenza delle mogli che ce lo impediva, o per altre distrazioni e circostanze. Insomma, di fatto lo avremmo voluto, e gli sguardi d'intesa che di tanto in tanto ci si scambiava lo manifestava senza alcun dubbio.
Quindi, era ovvio che la cosa era desiderata reciprocamente, ma taciuta, e non praticata da un'estate all'altra. Durante l'inverno vivevamo altrove e piuttosto distanti, senza neppure contatti telefonici.
Per farla breve, concordammo l'orario e, di primo mattino - io non chiusi occhio tutta la notte dall'eccitazione -, ci avviammo a quote più elevate lungo il sentiero conosciuto.
Non si parlò quasi mai, se non convenevoli, fino a quando - dopo circa un'ora -, si fermò di colpo e mi disse che era giunto il momento di fare una bella pisciata.
Vi ricordo che si tratta di un uomo di mezza età - come la mia d'altronde -, montanaro, piuttosto rude, maschio e porco (come avrete capito nell'altro mio racconto: Seconda casa).
Quindi, tirò fuori il cazzo con naturalezza, distante da me appena un metro, senza tanti preamboli e necessità di appartarsi, e si mise a pisciare. Io ovviamente lo guardai, ma senza spostarmi minimamente. Il suo cazzo, che già conoscevo, era bello grosso, nerboruto, venoso e grondava urina come un animale. Ci guardammo negli occhi, con una qualche apprensione e a bocche socchiuse, ma ci capimmo al volo. Mi avvicinai, e mentre stava finendo di urinare, presi dolcemente in mano il suo cazzo, lo tenni fino alla fine, glielo sgorlai lentamente, ritirando la pelle per farlo sgocciolare piano piano (come se fosse il mio, di cazzo, alla fine di una pisciata). Non ebbe ancora finito di sgocciolare che, in men che non si dica, lo sentii indurirsi, diventare barzotto, e lo lasciai. Ci guardammo negli occhi, lucidi, eccitati, e lui mi prese per il collo stringendomi a sè per baciarmi. O piuttosto, per slinguarmi senza indugio, in bocca - che io spalancai, ricambiando di gran gusto, e salivando con lui. A queste lunghe slinguate ci alternavamo, sussurrandole, porcate varie, del tipo: che voglia che avevo di te; porco; troia; no, tu lo sei di più; sì, di più; diocane, sputami in bocca; sì, porcodio, ancora dai...
Il suo cazzo era ormai bello duro e premeva sulla mia patta; le sue mani erano dentro i miei pantaloni, fra le natiche, che cercavano di entrare con le dita nel mio ano, senza riuscirci però, per i pantaloni ancora allacciati.
Così ci staccammo, per trovare un posto più comodo e più appartato, fuori dal sentiero principale.
Lui camminava con il cazzo ancora al di fuori, che io gli stringevo, fino ad un punto che ci sembrava più opportuno. Mi spinse a ridosso di un albero con le spalle e mi calò i pantaloni. Il mio cazzo non era ancora del tutto duro, ma era già sgocciolante. lo prese con la mano, stringendomi insieme anche i coglioni, titillandomi con il pollice il glande, mentre ci si baciava e slinguava ancora. Quindi mi chinai e iniziai a pomparlo avidamente, ma anche ad osservare il suo glande, gonfio, rosso, col prepuzio dilatato che slinguai con avidità, mentre con le mani strizzavo le sue natiche, le sue coscie, ma anche i suoi coglioni: grossi, pelosi, maschi. Il suo cazzo era bello, nodoso e circonciso come piacciono a me. Me lo gustavo ben bene, e il mio cazzo divenne quasi duro, ma forse già pronto a sborrare prima ancora di inturgidirsi del tutto, per cui mi fermai e mi alzai. La sua faccia era infuocata, la sua barba incolta, e lo sguardo fulminato. Ci togliemmo tutto, restando nudi.
Si chinò e cominciò a pomparmi, a strusciare la sua faccia fra i coglioni, e la sua barba ispida mi eccitava ancora di più, raspandomi tutto, il cazzo, i coglioni e le coscie. Non resistevo, glielo dissi, per cui volle che gli sborrassi in bocca, subito, bestemmiando. Esplosi, e bestemmiai anch'io dal godimento. Bevve tutto e si alzò subito, quasi di fretta mi spinse in giù e, con tono perentorio, mi ordinò di fare altrettanto, dandomi della troia, seguito da altre bestemmie, ancora più forti delle precedenti. Resisteva più di me, il porco, con il cazzo durissimo che mi conficcava in gola e che gustavo ben bene, salivando e sputandogli addosso fra una serie di pompate profonde: sputi e pompate. Poi lo girai e gli spalancai le natiche per leccargli il culo. Peloso, odoroso di sudore e feromoni, ma pulito. Avevo ormai tytta la faccia lavata. Una goduria. Gli leccai da dietro anche i coglioni e il glande, ma con difficoltà però, tanto era in tiro e rivolto all'insù da non facilitarmi dal retro nel farlo, se non spalancandogli le gambe e facendo delle torsioni. Poco dopo lui si rigira scavalcandomi con la gamba e mi ordina di spalancare la bocca perchè ormai stava per venire. Eseguii, e la sua sborra mi schizzò ovunque fra la faccia, la lingua e la camicia, mentre si segava, e sembrava non finire mai. Ancora barzotto, glielo prosciugai, fino a sentirlo molle del tutto. Ci ricomponemmo e - risciaquatici poi in un torrente - proseguimmo la nostra strada, alla caccia di porcini.
Durante quelle settimane di soggiorno non avevamo mai trovato il modo di restare da soli, per vari motivi. In parte per l'imbarazzo reciproco di ricordarlo, oppure per la costante presenza delle mogli che ce lo impediva, o per altre distrazioni e circostanze. Insomma, di fatto lo avremmo voluto, e gli sguardi d'intesa che di tanto in tanto ci si scambiava lo manifestava senza alcun dubbio.
Quindi, era ovvio che la cosa era desiderata reciprocamente, ma taciuta, e non praticata da un'estate all'altra. Durante l'inverno vivevamo altrove e piuttosto distanti, senza neppure contatti telefonici.
Per farla breve, concordammo l'orario e, di primo mattino - io non chiusi occhio tutta la notte dall'eccitazione -, ci avviammo a quote più elevate lungo il sentiero conosciuto.
Non si parlò quasi mai, se non convenevoli, fino a quando - dopo circa un'ora -, si fermò di colpo e mi disse che era giunto il momento di fare una bella pisciata.
Vi ricordo che si tratta di un uomo di mezza età - come la mia d'altronde -, montanaro, piuttosto rude, maschio e porco (come avrete capito nell'altro mio racconto: Seconda casa).
Quindi, tirò fuori il cazzo con naturalezza, distante da me appena un metro, senza tanti preamboli e necessità di appartarsi, e si mise a pisciare. Io ovviamente lo guardai, ma senza spostarmi minimamente. Il suo cazzo, che già conoscevo, era bello grosso, nerboruto, venoso e grondava urina come un animale. Ci guardammo negli occhi, con una qualche apprensione e a bocche socchiuse, ma ci capimmo al volo. Mi avvicinai, e mentre stava finendo di urinare, presi dolcemente in mano il suo cazzo, lo tenni fino alla fine, glielo sgorlai lentamente, ritirando la pelle per farlo sgocciolare piano piano (come se fosse il mio, di cazzo, alla fine di una pisciata). Non ebbe ancora finito di sgocciolare che, in men che non si dica, lo sentii indurirsi, diventare barzotto, e lo lasciai. Ci guardammo negli occhi, lucidi, eccitati, e lui mi prese per il collo stringendomi a sè per baciarmi. O piuttosto, per slinguarmi senza indugio, in bocca - che io spalancai, ricambiando di gran gusto, e salivando con lui. A queste lunghe slinguate ci alternavamo, sussurrandole, porcate varie, del tipo: che voglia che avevo di te; porco; troia; no, tu lo sei di più; sì, di più; diocane, sputami in bocca; sì, porcodio, ancora dai...
Il suo cazzo era ormai bello duro e premeva sulla mia patta; le sue mani erano dentro i miei pantaloni, fra le natiche, che cercavano di entrare con le dita nel mio ano, senza riuscirci però, per i pantaloni ancora allacciati.
Così ci staccammo, per trovare un posto più comodo e più appartato, fuori dal sentiero principale.
Lui camminava con il cazzo ancora al di fuori, che io gli stringevo, fino ad un punto che ci sembrava più opportuno. Mi spinse a ridosso di un albero con le spalle e mi calò i pantaloni. Il mio cazzo non era ancora del tutto duro, ma era già sgocciolante. lo prese con la mano, stringendomi insieme anche i coglioni, titillandomi con il pollice il glande, mentre ci si baciava e slinguava ancora. Quindi mi chinai e iniziai a pomparlo avidamente, ma anche ad osservare il suo glande, gonfio, rosso, col prepuzio dilatato che slinguai con avidità, mentre con le mani strizzavo le sue natiche, le sue coscie, ma anche i suoi coglioni: grossi, pelosi, maschi. Il suo cazzo era bello, nodoso e circonciso come piacciono a me. Me lo gustavo ben bene, e il mio cazzo divenne quasi duro, ma forse già pronto a sborrare prima ancora di inturgidirsi del tutto, per cui mi fermai e mi alzai. La sua faccia era infuocata, la sua barba incolta, e lo sguardo fulminato. Ci togliemmo tutto, restando nudi.
Si chinò e cominciò a pomparmi, a strusciare la sua faccia fra i coglioni, e la sua barba ispida mi eccitava ancora di più, raspandomi tutto, il cazzo, i coglioni e le coscie. Non resistevo, glielo dissi, per cui volle che gli sborrassi in bocca, subito, bestemmiando. Esplosi, e bestemmiai anch'io dal godimento. Bevve tutto e si alzò subito, quasi di fretta mi spinse in giù e, con tono perentorio, mi ordinò di fare altrettanto, dandomi della troia, seguito da altre bestemmie, ancora più forti delle precedenti. Resisteva più di me, il porco, con il cazzo durissimo che mi conficcava in gola e che gustavo ben bene, salivando e sputandogli addosso fra una serie di pompate profonde: sputi e pompate. Poi lo girai e gli spalancai le natiche per leccargli il culo. Peloso, odoroso di sudore e feromoni, ma pulito. Avevo ormai tytta la faccia lavata. Una goduria. Gli leccai da dietro anche i coglioni e il glande, ma con difficoltà però, tanto era in tiro e rivolto all'insù da non facilitarmi dal retro nel farlo, se non spalancandogli le gambe e facendo delle torsioni. Poco dopo lui si rigira scavalcandomi con la gamba e mi ordina di spalancare la bocca perchè ormai stava per venire. Eseguii, e la sua sborra mi schizzò ovunque fra la faccia, la lingua e la camicia, mentre si segava, e sembrava non finire mai. Ancora barzotto, glielo prosciugai, fino a sentirlo molle del tutto. Ci ricomponemmo e - risciaquatici poi in un torrente - proseguimmo la nostra strada, alla caccia di porcini.
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