Il vicino di casa
di
liberoenzo
genere
gay
Nella mia seconda casa - in zona pedemontana - ho un bellissimo giardino che curo costantemente, per tutta l'estate, durante la mattinata. Da qualche mese è stata acquistata una piccola casa confinante, da un giovane ragazzo, conosciuto e presentatosi da poco. Molto gentile e carino, forse gay - mi dico -, dal momento che non mi staccava gli occhi dal pacco dei miei pantaloni da giardinaggio, sporchi di terra e logori.
Una mattina, lo vedo arrivare con un paio di short cortissimi, molto attillati e sfrangiati nell'orlo, per mettersi a lavorare nella sua nuova casa, prima del restauro. Per la precisione, nella stalla, da svuotare di terriccio e materiali vari. Ci salutiamo, qualche convenevolo, per poi ognuno applicarsi nelle proprie mansioni: io nel mio giardino e lui nella sua stalla, praticamente confinante.
La mattinata era veramente calda, tanto da restare a petto nudo. Ad un certo punto mi accorgo che Arturo - questo il suo nome - mi stava osservando dalla finestrella della stalla, credendo di non essere da me visto. Capii che gli piacevo e fantasticai l'ipotesi di qualche porcata da fare con lui. Zappando sudavo, e cappii che le mie posture e i miei gesti - che enfatizzavo in virilità - stuzzicavano il ragazzo. Così fantasticavo, zappando, di comne eccitarlo ancora di più, insomma recitavo una parte omoerotica. Ad un certo punto - eccitato io stesso -, mi fermai e decisi di agire di conseguenza. Distante di qualche metro dalla sua stalla, in un angolo del muretto del mio giardino, a gambe aperte, aprii la patta e tirai fuori il cazzo per urinare. Sapevo di essere guardato da lui, attraverso la finestrella della stalla, tantè che il silenzio confermava che Arturo si era interrotto dal suo lavorio. Mi feci ancora più determinato: finito di urinare, sgorlai il cazzo, e iniziai lentamente, ma molto lentamente, ad assecondarlo nell'erezione, ma senza arrivare ad una vera e propria masturbazione. Girai lentamente la testa verso la finestrella e vidi Arturo, a bocca socchiusa, che mi stava osservando, senza ritirarsi per nascondersi. Mi rigirai verso il mio cazzo che divenne così bello turgido, capendo di poter osare. Circonciso, la mia cappella era bella gonfia e ormai pulsante. Riguardai verso la finestrella, e rividi Arturo a cui strizzai l'occhio, mentre mi riassestavo il cazzo nei pantaloni. Ormai era chiaro che potevo entrare tranquillamente nella sua stalla e procedere, come feci.
Mi avvicinai a lui. Ci guardammo negli occhi in silenzio e gli dissi: ti piace il mio cazzo vero? Molto, rispose. Lo avvicinai a me e, lentamente, con le labbra, sfiorai le sue, e ancora, sempre molto lentamente, iniziai con la lingua a stuzzicarlo. Ci slinguammo a lungo e in modo sempre più disinibito. Con molta dimestichezza, Arturo mi tira fuori il cazzo dai pantaloni, mentre io infilo le mie mani nei suoi, per palparlo nelle natiche. Era esperto, il ragazzo, una troietta ben arrapata ed ingorda, che ansimava dalla voglia di maschio. Io, eccitatissimo, capii che potevo osare ancora di più con lui, e iniziai a sputargli in bocca e a slinguarlo sempre più lubricamente. Lui gemeva, e spalancava la bocca, a volerne ancora di saliva. Ci spogliammo del tutto. Nudi, ma in piedi - non potevamo stenderci nella stalla ancora da sistemare -, con i soli scarponcini da montagna addosso, non facevamo altro che palparci e slinguarci e salivarci addosso. Gli alzai una gamba, facendolo appoggiare con il piede sul davanzale della finestrella, mi girai dietro di lui e iniziai a leccargli il culo, liscio, glabro, stupend. Affondavo la faccia fra le sue natiche, lo slinguavo, mentre con le mani gli strizzavo i coglioni e il cazzo. Lui gemeva dal piacere e mi schiacciava la testa perchè affondassi ancora di più mla lingua dentro il culo. Gli succhiai il cazzo avidamente, bello, sudato e da me salivato sempre di più.
Odori forti, di maschi sudati.
Mi staccai per non farlo sborrare subito. Lo feci chinare, e a ginocchia spalancate, inizia a pomparmi, di brutto. Lacrima da quanto affonda. Gli sputo in bocca, riprende a pomparmi, lacrima e geme, ingordo, avido di cazzo. Dammi la sborra mi dice ansimando; e io bestemmio dalla eccitazione; accellero i colpi, e sento la sua gola sbattere sulla punta del mio glande, ormai sempre più gonfio: uno, due, tre e quattro colpi sempre più secchi: esplodo sborra, bestemmiando come non mai... Tanta la mia sborra di cinquantenne, che lui mi sputa sull'asta, per poi ripomparmi, ingordo, troia più che mai. Glielo dico, lo vuole risentire, anche le imprecazioni gli piacciono, gliele ridico, le vuole ancora più spinte. Lo accontento.
Lo stacco, lo slinguo in bocca e sento il sapore della mia sborra. Gliela sputo in bocca. E mi sborra addosso, sul ventre e sul mio cazzo che si sta afflosciando. La raccolgo con la mano e gliela spalmo in viso: ci slinguiamo ancora, esausti. Goduti.
Una mattina, lo vedo arrivare con un paio di short cortissimi, molto attillati e sfrangiati nell'orlo, per mettersi a lavorare nella sua nuova casa, prima del restauro. Per la precisione, nella stalla, da svuotare di terriccio e materiali vari. Ci salutiamo, qualche convenevolo, per poi ognuno applicarsi nelle proprie mansioni: io nel mio giardino e lui nella sua stalla, praticamente confinante.
La mattinata era veramente calda, tanto da restare a petto nudo. Ad un certo punto mi accorgo che Arturo - questo il suo nome - mi stava osservando dalla finestrella della stalla, credendo di non essere da me visto. Capii che gli piacevo e fantasticai l'ipotesi di qualche porcata da fare con lui. Zappando sudavo, e cappii che le mie posture e i miei gesti - che enfatizzavo in virilità - stuzzicavano il ragazzo. Così fantasticavo, zappando, di comne eccitarlo ancora di più, insomma recitavo una parte omoerotica. Ad un certo punto - eccitato io stesso -, mi fermai e decisi di agire di conseguenza. Distante di qualche metro dalla sua stalla, in un angolo del muretto del mio giardino, a gambe aperte, aprii la patta e tirai fuori il cazzo per urinare. Sapevo di essere guardato da lui, attraverso la finestrella della stalla, tantè che il silenzio confermava che Arturo si era interrotto dal suo lavorio. Mi feci ancora più determinato: finito di urinare, sgorlai il cazzo, e iniziai lentamente, ma molto lentamente, ad assecondarlo nell'erezione, ma senza arrivare ad una vera e propria masturbazione. Girai lentamente la testa verso la finestrella e vidi Arturo, a bocca socchiusa, che mi stava osservando, senza ritirarsi per nascondersi. Mi rigirai verso il mio cazzo che divenne così bello turgido, capendo di poter osare. Circonciso, la mia cappella era bella gonfia e ormai pulsante. Riguardai verso la finestrella, e rividi Arturo a cui strizzai l'occhio, mentre mi riassestavo il cazzo nei pantaloni. Ormai era chiaro che potevo entrare tranquillamente nella sua stalla e procedere, come feci.
Mi avvicinai a lui. Ci guardammo negli occhi in silenzio e gli dissi: ti piace il mio cazzo vero? Molto, rispose. Lo avvicinai a me e, lentamente, con le labbra, sfiorai le sue, e ancora, sempre molto lentamente, iniziai con la lingua a stuzzicarlo. Ci slinguammo a lungo e in modo sempre più disinibito. Con molta dimestichezza, Arturo mi tira fuori il cazzo dai pantaloni, mentre io infilo le mie mani nei suoi, per palparlo nelle natiche. Era esperto, il ragazzo, una troietta ben arrapata ed ingorda, che ansimava dalla voglia di maschio. Io, eccitatissimo, capii che potevo osare ancora di più con lui, e iniziai a sputargli in bocca e a slinguarlo sempre più lubricamente. Lui gemeva, e spalancava la bocca, a volerne ancora di saliva. Ci spogliammo del tutto. Nudi, ma in piedi - non potevamo stenderci nella stalla ancora da sistemare -, con i soli scarponcini da montagna addosso, non facevamo altro che palparci e slinguarci e salivarci addosso. Gli alzai una gamba, facendolo appoggiare con il piede sul davanzale della finestrella, mi girai dietro di lui e iniziai a leccargli il culo, liscio, glabro, stupend. Affondavo la faccia fra le sue natiche, lo slinguavo, mentre con le mani gli strizzavo i coglioni e il cazzo. Lui gemeva dal piacere e mi schiacciava la testa perchè affondassi ancora di più mla lingua dentro il culo. Gli succhiai il cazzo avidamente, bello, sudato e da me salivato sempre di più.
Odori forti, di maschi sudati.
Mi staccai per non farlo sborrare subito. Lo feci chinare, e a ginocchia spalancate, inizia a pomparmi, di brutto. Lacrima da quanto affonda. Gli sputo in bocca, riprende a pomparmi, lacrima e geme, ingordo, avido di cazzo. Dammi la sborra mi dice ansimando; e io bestemmio dalla eccitazione; accellero i colpi, e sento la sua gola sbattere sulla punta del mio glande, ormai sempre più gonfio: uno, due, tre e quattro colpi sempre più secchi: esplodo sborra, bestemmiando come non mai... Tanta la mia sborra di cinquantenne, che lui mi sputa sull'asta, per poi ripomparmi, ingordo, troia più che mai. Glielo dico, lo vuole risentire, anche le imprecazioni gli piacciono, gliele ridico, le vuole ancora più spinte. Lo accontento.
Lo stacco, lo slinguo in bocca e sento il sapore della mia sborra. Gliela sputo in bocca. E mi sborra addosso, sul ventre e sul mio cazzo che si sta afflosciando. La raccolgo con la mano e gliela spalmo in viso: ci slinguiamo ancora, esausti. Goduti.
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