Dare Ring 20 - Un’ora d’intimità (parte seconda)

di
genere
orge

«Insomma, che vuoi fare?» mi chiede Francesca con gioiosa impazienza.
Vado a posare il cellulare che ho in mano sul comodino dove si trova anche il suo. Mi siedo a bordo del letto e inizio ad accarezzarla partendo dal seno e scendendo verso la vagina e poi le gambe. È un tocco delicato ma non risparmio nessuna parte, così da attizzarla ancora di più. Lei mi guarda con degli occhi che esprimono solo una richiesta: quella di essere scopata a sangue. Del resto, è da una serata che stiamo flirtando su questa cosa e il momento è decisamente arrivato.
«Devi sapere che io ho delle fantasie di dominazione» dico io mentre continuo ad accarezzarla. Il soffice della sua pelle continua a mandarmi scariche di tensione lungo le braccia.
«Beh, direi che si era capito» replica lei, che non sembra per nulla impaurita dalla mia affermazione.
«La cosa non ti mette a disagio?»
Francesca mi guarda come se avessi detto una cavolata: «Il mio ex era un master BDSM. Facevamo un sacco di giochi di quel tipo insieme. È sempre stato tutto safe and consensual. Mi piaceva quando mi legava o mi faceva fare la schiavetta. Non sei il solo maschietto con fantasie da dom. E io non sono l’unica femminuccia con fantasie da sub.»
Non so bene come reagire a quella dichiarazione. Da un lato mi dà un po’ fastidio che abbia parlato del suo ex in una situazione del genere, anche se forse era necessario per calmare le mie ansie. Dall’altro, sono al colmo della gioia perché vuol dire che lei accetterà i miei gusti… particolari.
«Quindi non devi preoccuparti. Anzi, se lo fai bene mi fa solo che piacere. Quindi, cosa hai in mente?»
Mi alzo dal letto ed enuncio il mio progetto: «Beh, direi niente di troppo complicato stavolta. È una serata che ci strusciamo e adesso è venuto il momento di scopare. Voglio passare il tempo a scoparti a sangue. Del resto, abbiamo un’ora soltanto.»
«Mi pare un’ottima idea» dice Francesca, con un volto che tradisce tutta la sua voglia, mentre mi mangia con gli occhi.
«Ma come solo regalino per la mia voglia di dominazione pretendo di agghindarti a dovere per la nostra scopata. Del resto, un bel regalo necessita di una bella confezione. Vediamo cosa ci ha lasciato Ilaria…»
Apro il primo cassetto del comodino su cui abbiamo appoggiato i cellulari. Come aveva detto Ilaria, c’erano dei giocattoli erotici e in particolare, il choker-collare che avevo fatto indossare prima a Ilaria, le orecchie da cane, delle manette, un frustino, la catenella argentata che abbiamo usato come guinzaglio. Ilaria mi aveva detto che c’era anche un plug e mi aspettavo fosse quello che le avevo fatto indossare durante la punizione, munito di coda. Noto però che la descrizione di Ilaria è stata imprecisa: il plug che si era messa prima c’era, ma ce n’è anche un altro, privo di coda e ammennicoli. È un piccolo ovetto argentato, con un “tappo” a forma di cuore color rubino, che serve per inserirlo ed estrarlo.
Estraggo dal cassetto per prima cosa il choker.
«Restando in tema cani, direi per prima cosa di farti indossare questo.»
«Ehi, ma sei un fissato!» fa lei, ridacchiando.
«Silenzio! Sono il tuo padrone, del resto. Almeno per quest’ora.» Le passo il choker che lei indossa.
«Sei uno spettacolo, tesoro. Ti sta benissimo. Ma non è un vero collare se non ha un guinzaglio.» Tiro fuori dal cassetto la catenella e mi sposto vicino a Francesca che si è messa a sedere. Attacco la catenella al cuore argentato che unisce le due estremità del choker.
«Ora hai un vero e proprio collare, come ogni cagna che si rispetti.»
«Devo anche mettermi ad abbaiare?» fa Francesca, ridendo.
Colgo la palla al balzo: «Non serve, tanto sarò io a farti guaire come una cagna.»
«Ehi, non vantarti troppo prima di aver fatto niente. Potrei rimanere delusa.»
Estraggo la cuffietta con le orecchie da cane e la porgo a Francesca, che la indossa.
«Non vorrai farmi mettere anche il plug con coda? Potrebbe essere un po’ di impiccio una roba che mi penzola dal culo mentre lo facciamo.»
«Per fortuna Ilaria si è dimenticato questo» dico e tiro fuori il plug col cuore: «Avresti questo bel cuoricino rosso a coprirti l’ano. Niente impiccio per me.»
«Ehi ma è un po’ più grande di quello che si è messa Ilaria prima!»
«Come stai messa lì sotto? Pensi possa farti male?»
Francesca è un attimo imbarazzata dal fatto che la domanda è così diretta.
«Se non te la senti non lo facciamo, non preoccuparti.»
«Me ne sono messi anche di peggio, certe volte. Come ti ho detto, al mio ex piacevano queste cose. E piacciono anche a me» confessa lei.
«Allora non dovrebbero esserci problemi.»
«Beh, dipende per quanto devo tenerlo. Se me lo vuoi far tenere tutta l’ora potrebbe farmi male, in effetti.»
«Facciamo così, se senti che a un certo punto ti fa male, avvertimi.» Comprendo che dobbiamo dare un po’ il via alle danze, per cui mi avvicino a lei e le sussurro all’orecchio: «Tanto anche se dovessi sentire dolore, col piacere che ti darò io vedrai che non te ne accorgerai nemmeno.»
«Ah sì? Beh, ormai te la sei tirata in tutti i modi. Voglio proprio vedere quello che sei capace di fare.»
«Per ultima cosa, mettiti questo, poi cominciamo.» Mi siedo accanto a lei e la abbraccio. Ci baciamo con passione. Quasi fa fatica a staccarsi da me. Poi le avvicino il plug alla bocca.
«A me non piace usare il lubrificante. Quindi vedi di fare un buon lavoro con la saliva.»
«Mi vuoi proprio male!» ride.
«Smettila di parlare e inizia a leccare!»
Francesca tira fuori la lingua e inizia a leccare il plug. Va sotto, poi sopra, poi inizia a farci il cerchio intorno. Piano piano spingo il plug dentro la cavità fino a metterglielo tutto in bocca, col cuore che sporge fuori e le copre le labbra.
La lascio per qualche secondo così e le dico: «Sappi che dove c’è il plug ci sarà il mio uccello.»
Le tiro fuori il plug. È insalivato per bene. Senza lasciarle il tempo di replicare alla mia provocazione di prima le dico di mettersi a pecorina. Senza una parola, sorridendomi, obbedisce. Si mette con la faccia sul cuscino, la schiena inclinata e il culo in alto. Le vado dietro e le tiro una sonora pacca sulla chiappa sinistra.
«Pronta?» le dico e senza aspettare risposta le avvicino la punta del plug all’ano, mentre con l’altra mano apro le chiappe per tenere scoperto l’orifizio. Inizio a spingere lentamente. È più rilassata di Ilaria. Del resto, siamo da soli e lei ha deciso di essere la mia fidanzata. La situazione non è umiliante come era con Ilaria prima. Sento Francesca emettere un vagito soffocato mentre il plug è ormai a metà strada. Do un’ultima spinta ed entra completamente, senza che la ragazza si lamenti ulteriormente. Adesso. ha il culo tappato da un bellissimo cuore color rubino. Le chiedo se le fa male qualcosa. Lei mi risponde di no. Concludo la procedura tirandole una sonora pacca sulla chiappa. Lei si gira e si mette a sedere sul letto.
«Dà meno fastidio di quello che pensavo. Quasi non lo sento, comunque bisogna controllare tra un’or…»
Non fa in tempo a finire la frase che ho avvicinato il mio capo al suo volto e, tirando il guinzaglio, le ho portato la bocca vicino alla mia. Iniziamo a pomiciare violentemente, lei seduta sul letto e io in ginocchio a sovrastarla. Chiudiamo gli occhi, concentrandoci sulle sensazioni di quella pomiciata. Sono così impulsivo che piano piano arrivo a farla stendere sul letto, col mio corpo sopra il suo, come se stessimo scopando alla missionaria. È una delle pomiciate migliori della mia vita e va avanti per sette minuti buoni. Mentre continuiamo a baciarci faccio scendere la mia mano destra dal suo fianco alla sua fica e inizio a tastarla. È un lago. Dopo aver constatato questo fatto, mi stacco dal bacio e le dico: «Beh, direi che i miei baci ti fanno eccitare.» Lei mi guarda con un viso imbarazzato, come se non volesse ancora darmela vinta e riconoscere che riesco a farla godere come una gatta. Mi metto a sedere davanti a lei, sul letto, con le gambe bene aperte. Anche se lei è già umida, dopo tutti gli stimoli di quella sera ci vuole ben più di un bacio per farmelo rizzare di nuovo. Per adesso, pende flaccido tra le mie gambe. Lei intuisce subito e senza una parola si avvicina al mio cazzo. Io mi stendo completamente sul letto, sempre a gambe aperte e sento un brivido di calore ed eccitazione quando lei mette la cappella in bocca. Sta rannicchiata tra le mie gambe, con la faccia davanti al mio pene, e mi dice: «Beh, rilassati. Chiudi gli occhi. Ho voglia di farti un bel servizio» e riprende il pene in bocca iniziando a lavorare.
«Ti conviene lavorare bene. Più è affilato, meglio farà il suo lavoro» rispondo io e inizio a godermi il trattamento. È una sensazione meravigliosa farsi fare un bocchino così: sono completamente steso, rilassato, a occhi chiusi, mentre lei sta lì tra le mie gambe a darmi piacere. Riapro gli occhi solo quando lei ha smesso. Sollevo un po’ la testa per guardarla. Mi sorride e mi mostra il risultato: la sua faccia si trova a un millimetro da un pene dritto, duro come mai ce l’ho avuto.
«Sei proprio brava» mi complimento. Il lavoro che ha appena effettuato mi ha enormemente eccitato. Adesso, è il momento che si assuma le conseguenze della sua bravura come spompinatrice. Mi alzo a sedere, poi mi metto in ginocchio accanto a lei, che nel frattempo si è anche alzata, e la spingo verso il capo del letto, costringendola a stendersi. Ora è nuda stesa davanti a me. Metto ciascuna mano sulla parte interna di una delle sue cosce e la costringo ad aprirle. Ora l’ultima difesa che potrebbe tentare è con le mani, per cui mi stendo su di lei e le afferro entrambi i polsi facendo stendere le mani sopra la testa. Adesso sono steso su di lei col cazzo in tiro sulla sua fica, le nostre labbra vicine e le sue mani bloccate sui polsi dalle mie, nella posizione di suprema vulnerabilità. Mi viene un ultimo scrupolo: «Dovrei mettere il preservativo?»
«Tranquillo, io prendo la pillola e non credo tu abbia malattie veneree. Vai sereno» mi fa lei, facendo quasi fatica a parlare per quanto è presa dalla situazione. Adesso ha una faccia da troia che attizza la mia voglia oltre ogni dire. E sia, è il momento. Spingo avanti il bacino e la penetro lentamente. Lei non fa motto e del resto ogni parola sarebbe inappropriata. Non geme neanche, ma si vede che è totalmente dominata da quello che sta avvenendo. La guardo negli occhi e inizio a spingere, stantuffandola. Per il momento non vado troppo veloce, ma faccio attenzione a caricare bene ogni colpo per arrivare fino in fondo. Sento la classica sensazione di caldo e umido sul mio cazzo e il piacere diffondersi lungo il basso ventre. È un posto caldo e fradicio lì sotto. Inizio ad aumentare il ritmo mentre le tengo sempre le braccia bloccate e aperte sopra la testa. Ogni colpo va sempre più a fondo e il tempo che passa tra uno e l’altro è sempre di meno. Finalmente, Francesca inizia a gemere e ad ansimare. Al principio, risponde bene al mio movimento, accompagnandolo col corpo. Poi, quando il ritmo inizia a essere molto sostenuto, inizio a sentire come una resistenza, come se non avesse più voglia di assecondarmi. La guardo, continuando a scoparla: mi guarda con un’espressione che è un misto tra l’atroce godimento e la disperazione. Mormora: «Tommy… ti prego…» È come se avesse un’ultima remora. Vorrebbe forse un modo, un modo qualunque, per difendersi. Forse è un misto di cose: il fatto che ci conoscevamo poco, tutti gli stimoli di quella sera, è la prima volta che scopiamo, il pudore di non mostrare troppo il proprio piacere… forse semplicemente il fatto di stare là con le mani completamente bloccate e con un corpo sopra il suo a decidere ogni movimento e a stantuffarla. Ma non c’è rimedio ed è proprio adesso il momento che devo farla mia. La ignoro e anzi aumento ancora il ritmo fino ad arrivare io stesso al limite. Sento altri «ti prego» ma stavolta comprendo che la loro continuazione sia “continua!” e non “fermati”. Anche lei sta raggiungendo il limite. Continuo al mio ritmo forsennato, con una foga che ho raramente avuto durante il sesso e mi spingo col bacino così avanti che quasi le sovrasto il volto col petto a ogni spinta. «TOMMY!» la sento esclamare in fine e poi emettere i rantoli profondi dell’orgasmo. Io non sono venuto… del resto, ci vorrebbe un esercito di troie per farmi venire dopo tutti gli stimoli di quella sera, ma sento la stanchezza nelle gambe. Aspetto che Francesca finisca di godersi ogni goccia di quell’orgasmo e poi mi accascio sul suo petto, continuando a tenere il cazzo nella sua fica. «Sei stato bravissimo, proprio bravissimo…» dice lei, con la voce soffocata. Quando se la sente di tornare a muoversi, inizia a coccolarmi i capelli, mentre io le lecco dolcemente il seno destro. Guardiamo entrambi la sveglia sul comodino. Sono passati già 45 minuti da quando stiamo lì dentro da soli. Come passa il tempo, quando ci si diverte, non è vero?
Avevo idea di farmi fare uno smorzacandela da Francesca, far dominare un poco lei e farle dettare il ritmo, anche perché le mie gambe sono stanche. Ma non c’è tempo e ho un’altra idea troppo bella. E poi del resto tutta quell’ora è stata improntata sulla mia dominazione; quindi, ha senso che sia io a continuare a stare sopra. È lei che indossa un collare e un guinzaglio, una cuffia con delle orecchie da cane e un plug in culo, del resto. Vuole fare la cagna? Bene, l’accontenterò. Mi alzo lentamente dal letto, togliendo il cazzo dalla sua vagina ma lasciandolo ricoperto dei suoi umori. Mi avvicino al cassetto e tiro fuori le manette. Francesca si mette a sedere. Mi avvicino a lei e mi siedo dietro di lei sul letto. Lei capisce senza parlare e mette le mani dietro la schiena. Gliele blocco con le manette. Si gira e mi lancia uno sguardo complice, come a voler approvare quello che ho fatto e pregustando il gioco che ho in mente.
«Mettiti a pecorina, forza» le ordino. Lei obbedisce senza fiatare. Ha le mani ammanettate dietro la schiena, quindi non può mettersi a quattro zampe ma butta semplicemente la faccia sul cuscino e sta con la schiena inclinata e il culo in alto. È una posizione umiliante per lei ed eccitante per me, anche se ormai di ragazze che hanno assunto quella posa ne abbiamo viste tante quella sera. Mi sposto dietro Francesca. Quello che vedo è uno spettacolo eccezionale: il suo culetto tappato da un comico e tenero cuoricino rosso rubino e la sua fica depilata. Le do una pacca abbastanza forte sulla chiappa sinistra e lei capisce che deve aprire un poco le gambe e lasciarmi ammirare quello spettacolo. Mi inginocchio dietro di lei e ammiro la sua schiena candida, il bianco che viene poi interrotto dal nero del choker che ha sul collo e infine dal biondo dei suoi capelli. Dal choker stesso parte la catenella argentata che io afferro. La tiro piano verso di me, tirando Francesca verso il mio corpo. La punta del mio pene è all’ingresso della sua vagina, la scoperò a pecorina. Stavolta non c’è tempo di andare piano: le mie gambe mi fanno male per tutta la stanchezza accumulata quella notte, è meglio caricare tutto in un unico sprint finale. Inizio a fotterla selvaggiamente, tanto più che la posizione è una delle mie preferite. Lei sta con la faccia sul cuscino e trema tutta di fronte alla mia foga. La sento tentare di invocare pietà esattamente come ha fatto prima. Stavolta, al pudore di non farsi scovare a godere si aggiunge l’umiliazione di quella posizione da sottomessa e lo shock per il mio assalto improvviso. Ma anche stavolta i suoi appelli alla pietà cadono nel vuoto e anzi incremento di velocità fino al parossismo. Passano almeno dieci minuti del sesso più selvaggio che entrambi abbiamo mai avuto e lei sta di nuovo per raggiungere l’orgasmo. Mancano appena cinque minuti, poi Ilaria entrerà e quell’ora beata finirà. Decido però che ancora non basta e che un’altra volta ancora vanno cambiate le carte in tavola. Durante questa selvaggia penetrazione, ho stretto a me Francesca tirando il guinzaglio con la mano sinistra mentre con la destra le stringevo le cosce in modo da non lasciarle modo di buttarsi in avanti e sottrarsi a quel dolce supplizio. Adesso però ho preso così tanto ritmo che non c’è più bisogno di tenerla bloccata a me. Lascio il guinzaglio e allungo la mano verso il cassetto aperto del comodino. Riesco a fare questa procedura senza rallentare il ritmo furioso della mia scopata e afferro il frustino, portandolo poi alla mano destra. Proprio davanti a me, sopra il cazzo che la sta penetrando, c’è il suo culetto indifeso, già violato da plug che continua ad essere una fonte costante di leggero dolore. Inizio a frustarla sulle chiappe. Non ho alcuna intenzione di essere delicato: non avrebbe senso visto che voglio acuire il suo già intenso piacere dandole il brivido del dolore. Il mio trattamento riesce: Francesca, fottuta furiosamente e frustata sul culo mentre si trova a pecorina sul letto, con un collare al collo, le mani ammanettate dietro la schiena e un plug nell’ano, emette i rantoli dell’orgasmo e viene copiosamente, mentre contorce tutti i muscoli per il piacere che le ho provocato. Ho giusto il tempo di togliere il cazzo dalla sua fica e stendermi accanto a lei.
«Sei stato fortissimo» mi sussurra mentre le accarezzo i capelli: «Ti prego, scopami sempre così…»
«Ehm ehm… non per disturbare i fidanzatini, ma devo andare a chiamare gli altri.» Questa è la voce di Ilaria. Alziamo la testa dal letto: la vediamo sorridente in piedi a un passo da noi. Dev’essere entrata mentre scopavamo, senza che ce ne accorgessimo. E come avremo potuto accorgercene del resto? Eravamo così presi che neppure un terremoto ci avrebbe distratto da quello che stavamo facendo. Deve anche aver visto le ultime scene della nostra scopata e dal suo sorriso sembra proprio che sia così. Non che la cosa mi dia imbarazzo dopo tutto quello che abbiamo fatto. «Ho staccato con Giovanni un’ora fa. Siamo stati l’ultima coppia a entrare in stanza e siamo usciti dopo un’ora esatta. Ho già recuperato Claudia e Paola, che sono scese in sala. Direi che è il momento di tornare giù anche per voi.» Mi metto a sedere e tiro una pacca sul culo di Francesca come segnale che dobbiamo alzarci. Quando siamo in piedi quasi mi sento cadere per quanto sono stanco.
«Beh, ti ringrazio, Ilaria. È stata decisamente la miglior festa di compleanno della mia vita» dico.
«Guarda che non è ancora finita» replica lei.
«Come?» faccio io, stupito.
«Quest’ora era la prima parte del gioco finale. Adesso viene la grande conclusione.»
«Oh, fanculo, avete ancora voglia di scopare?»
«Beh, se il tuo ciccino è stanco non fa niente, vorrà dire che saremo solo noi a divertirci e tu starai lì a guardare come un fesso.»
Non so bene cosa rispondere ma certo non mi va di essere la pecora nera del gruppo. Scendiamo in sala. Francesca mi stringe la mano. Ci sono tutti ormai. Ilaria passa rapidamente in rassegna i ragazzi, senza farsi scrupoli a fissare i loro uccelli come se dovesse controllare una cosa e trova tutti cazzi dritti. «Ragazzi, mi confermate che nessuno di voi è venuto durante quest’ora?» Pare strano, ma è la verità. Nonostante un’ora continuativa di sesso, nessuno di noi è venuto. Del resto, eravamo già venuti tutti più volte nelle ore precedenti e adesso possiamo andare avanti per un bel po’ prima di scaricarci di nuovo.
«Perfetto!» sorride Ilaria: «Allora possiamo passare al gioco finale senza aspettare un’altra pausa!»
Il gioco finale non si tiene nel salone, ma Ilaria e Giovanni ci conducono alla camera da letto dei genitori di Ilaria, che hanno appena usato per scopare. Il letto è tutto sfatto, ovviamente, il che fa ben intuire il tipo di attività che vi si sono svolte sopra.
Ilaria si stende sul letto e dice enigmaticamente: «Bene ragazzi, siete pronti?»
scritto il
2023-10-29
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