/K/ come il cristallo - scena tagliata sotto il pontile
di
Bianca V.
genere
esibizionismo
Caro lettore,
cara lettrice,
qui sotto puoi trovare un estratto di una storia che sta quasi per essere terminata...in maniera diversa. E visto che ho operato diversi cambiamenti e quello che stai per leggere non vedrà mai la luce ufficialmente, ufficiosamente mi diverto a metterla a disposizione qui, per te. Mi farebbe molto piacere se mi dicessi come l'hai trovata. Così, solo perché la mia più grande perversione è parlare di persone che non esistono, eccetto nella mia testa. :-)
Buona lettura.
B.
***
Alla fine riuscì a staccarsi da lui e con passo malfermo ridiscese le scale del pontile, tornando da dove era venuta poco tempo prima. Anche se le sembrava che fosse passata un’eternità.
Si fermò a prendere fiato contro un grosso pilone di legno che sorreggeva la struttura, con i piedi a ridosso delle onde che si stavano ritirando. Li sotto c’era ombra e faceva più freddo, un aiuto inaspettato per riprendere controllo dei suoi istinti, anche se il tutto si stava rivelando difficile. Molto difficile.
Quando alzò gli occhi e vide che anche Jason stava scendendo le scale per poco non soffocò. Si fece piccola, contro il palo, per non farsi vedere ma lui già si stava avvicinando.
«Ti avevo lasciato un po’ di vantaggio sperando che te la filassi a gambe levate, Zoe. Non posso credere che tu sia ancora qui!» La aggredì lui, adirato.
Poi addolcì il tono.
«Mi aspettavi?»
«No, no. Non avevo pensato che anche tu, ecco sì, che anche tu stessi andando a casa. Era logico.»
«Già» commentò lui scuotendo i capelli corvini che portava leggermente lunghi.
«E adesso cosa facciamo, io e te?» aggiunse, raggiungendola e intrappolandola con il suo corpo, mentre con una mano si appoggiava al solido pilone, finendo così vicinissimo al suo viso.
Zoe faceva fatica a respirare e per un istante temette di svenire di nuovo. Questa volta non per la mancanza di cibo.
«Potresti baciarmi?» azzardò lei, cercando di sorridere. Voleva sdrammatizzare, quasi balbettò e comunque, non ci credeva nessuno che stesse scherzando. Smaniava dalla voglia di essere baciata e temeva che glielo si leggesse in faccia.
Lui si mise a ridere, una risata calda e avvolgente che la travolse. Non pensava di essere così simpatica.
«Ti ho fatto ridere?» chiese perplessa, perché proprio non capiva il motivo di tanta ilarità. Lei tagliava la tensione con il coltello tra di loro e lui rideva. Forse si sarebbe anche offesa, se lui non la stupì poco dopo.
«Hai fatto di meglio», rispose, facendole l’occhiolino.
«Me lo hai fatto diventare duro.»
E lì, al riparo da sguardi indiscreti e abbastanza lontani dal percorso dei passeggiatori estivi, Zoe si ritrovò quasi senza accorgersene a far scivolare la mano sul sesso eccitato di lui. Poteva sentire l’erezione premere sotto i pantaloncini sportivi, calda e pulsante e si godette quel momento. Lei lo accarezzava e lui socchiudeva gli occhi come un gatto, facendo quasi le fusa.
«Se continui così mi farai venire nei pantaloni, come un novellino», espirò piano per riprendersi.
«Non ti facevo la tipa da atti osceni in luogo pubblico. Ma mi piace.» Si sentì poi in dovere di puntualizzare, cercando sempre di mantenere sotto controllo la situazione. Ma la mano calda e scaltra di Zoe era un intimo richiamo, difficile da ignorare e così lui si avvicinò, facendo scorrere lento un dito sul suo top. I capezzoli di Zoe erano tesi e risaltavano come monete dorate dentro la stoffa elasticizzata e Jason decise che lo avevano torturato anche abbastanza, quella mattina, con il loro losco richiamo.
«Sì, mi piace proprio l’idea» e sentì che lei tratteneva il respiro mentre con un gesto lento ma sicuro le scostava la bretellina e le liberava un seno, quanto bastava perché lo potesse finalmente accarezzare.
«Sei meravigliosa…»
Zoe, che era rimasta rigida come un sasso mentre lui la spogliava a metà, si lasciò finalmente andare al tocco sulla carne nuda. Ora tremava di desiderio a ogni sua carezza, e il piacere si faceva intenso e imbarazzante.
Non aveva più il controllo sul suo corpo e si ritrovò a inarcarsi, per avvicinarsi maggiormente.
«Di più Jason, voglio di più.»
Fece scivolare la mano dentro i pantaloncini, cercando allo stesso tempo, freneticamente, di abbassarglieli. Ma lui non glielo permise, rimettendogliela sopra l’erezione.
«Le apparenze, Zoe, salviamo almeno le apparenze» le disse con voce roca e impastata, per poi partire in avanscoperta del suo ombelico, con una terribile carezza di velluto e con l’altra mano sempre appoggiata al palo.
“Da lontano poteva forse sembrare che stessero solo parlando?”
Zoe lo dubitava, ma arrivata a quel punto non le importava. Esisteva solo nel luogo esatto in cui lui appoggiava la sua mano, mentre piano disegnava piccoli cerchi con il pollice sul suo corpo, fino a che non arrivò all’orlo degli shorts, scivolandoci dentro.
Al contrario di lui, lei non protestò quando la sua mano puntò decisa alla sua intimità.
«Sei calda e bagnata, cazzo!» e a quell’imprecazione lei aprì gli occhi di scatto e vide il desiderio dipinto sul suo volto. Ma anche qualcosa d’altro.
«Giurami che lui non tocca così, ti prego» la supplicò, mentre lei lo stringeva sempre più forte, cercando di massaggiarlo attraverso i pantaloncini scivolosi.
Fu sincera.
«No. Mai», ansimò, e poi sentì dentro il piacere crescere, adesso che lui continuava con quei piccoli gesti in un punto ben preciso, «ti prego continua, non fermarti», singhiozzò.
La necessità di sentire la pelle di Jason si fece così bruciante che gli calò con uno strattone pantaloncini e boxer, a sorpresa, lasciando il sesso scoperto e pulsante in vista. Adesso era soddisfatta, godeva delle carezze che stava ricevendo e ne impartiva a sua volta, massaggiando il pene del compagno che ora si era avvinghiato a lei e con il bacino aveva preso possesso delle sue piccole mani, strusciandosi senza pudore.
«Ah, cazzo, si…» le ansimò nell’orecchio, aveva smesso di accarezzarla e ora la teneva incollata a quel vecchio palo di legno, conficcandogli le dita nei candidi avambracci che a malapena riuscivano a muoversi per tenere il ritmo che lui impartiva.
Lo stringeva convulsamente e lo guardava, per cercare di imprimersi nella memoria la scena dei suoi occhi chiusi, la testa reclinata all’indietro e quella bocca carnosa da cui uscivano gemiti soffiati, ogni volta che lei scivolava su di lui, ogni volta che lo massaggiava e lo stringeva, per poi tornare su e giocare con la sua fessura, passandoci decisa il pollice sopra per raccogliere tutto il liquido pre seminale uscito e usarlo per rendere il massaggio ancora più viscoso e coinvolgente. Adesso avevano entrambi il fiato mozzo e Jason aveva aperto gli occhi, guardandola intensamente, per poi imprigionare la sua delicata mano in quella sua più grande, dettando legge su come volesse essere toccato.
«Massaggiami le palle», le disse senza vergona, come se fosse solo uno strumento del suo piacere, e lei obbedì, guardandolo rapito cambiare espressione.
«Proprio così», e poi le ordinò, «più in fretta, voglio venire così.»
E mentre lei cercava di respirare, ora che lui la schiacciava contro il palo, sentiva la sua erezione ingrossarsi ancora mentre con la mano faceva su e giù sempre più veloce e con l’altra accarezzava come poteva i suoi testicoli e la pelle sensibile che c’era sotto. Era sballottata e faceva fatica a tenere il ritmo, mentre lui gli era contro e godeva, lasciandosi completamente andare a lei. Si fidava, e lei si sentì forte e potente come non mai.
«È così che ti piace, vero?» e lui annuiva appena, con gli occhi chiusi e la mascella contratta.
«Sì», e alla fine venne a caldi fiotti sul suo addome scoperto, facendo un casino sul suo corpo.
La tenne stretta, per tutto il tempo, gemendo piano mentre l’orgasmo gli mandava in tilt il cervello e il piacere di essersi lasciato completamente andare gli faceva girare la testa.
«Piccola sirena tentatrice», le disse infine, staccandosi leggermente e riportando i pantaloncini e le mutande al loro posto.
Lei lo guardava con occhi pieni di desiderio, paga della sensazione di quiete del suo compagno e lui abbassò lo sguardo, ancora velato dal piacere, sulla piccola vita tornita, dove la prova del suo piacere stava lentamente colando verso il basso.
Con un gesto repentino si tolse la maglietta bianca e l’asciugò, prima che il suo seme potesse sporcarle gli short. Lo fece lentamente, guardandola come se fosse una cosa preziosa da trattare con cura.
Zoe si sentì protetta e coccolata, quel gesto aveva inaspettatamente scoperto una parte vulnerabile in lei, mettendo al contempo a nudo anche una parte molto fisica e ben fatta, di lui. Spalle ampie e muscolose, addominali scolpiti e un fisico atletico e asciutto che faceva pensare a cosa torbide. Si perse nel contemplarlo, senza vergona.
«Tesoro», la risvegliò lui con un sorrisino, «ti piace quello che vedi?»
E per tutta risposta lei gli fece scivolare addosso le mani in una lunga carezza, fino a che lui non gliele prese e gliele mise in alto, sopra la tua testa, contro il ruvido palo, fermandola nella sua avanscoperta. La guardò diritto negli occhi, come a scavarle dentro.
«Grazie per prima. È stato, non so, intenso e volevo ringraziarti.»
«L’ho fatto con piacere.» Rispose semplicemente lei, con il fiato ancora corto e spalmata contro il suo solido corpo.
«Lo so, cioè, lo avevo capito.» Jason si schiarì la voce, in un tentativo di riprendere il controllo, facendo una lunga pausa.
«Ma se non mi sbaglio, prima, mi avevi chiesto un bacio.
E se un bacio mi hai chiesto, principessa dei mari, un bacio avrai». Le sussurrò all’orecchio, facendole venire i brividi.
Zoe stava già per schiudere le labbra e avvicinarsi al suo viso quando lui la guardò con il sorriso negli occhi.
«Le tue labbra sono invitanti, ma adesso, c’è qualcosa d’altro che voglio assaggiare. Abbassati gli short, per favore.» E le liberò le mani, accarezzandole il collo e la scollatura.
«Questo top dovrebbe essere fuorilegge. Le tue tette sono una tentazione». E ancora una volta le prese tra le mani, saggiandone la consistenza morbida e peccaminosa.
Zoe a quel gesto sussultò di piacere, era intenta a riflettere sulla richiesta appena fatta, incerta. Erano pur sempre all’aperto, alla mercè degli sconosciuti. Per un attimo si era dimenticata di essere ancora incollata a quel dannato palo di legno, all’ombra del pontile che passava sulle loro teste. Oramai qualche scheggia doveva essersi conficcata nella carne, da tanto gli stava addosso.
«Jason, no, non qui. Non mi pare… il luogo ideale», decise alla fine. Qualcuno tra i due doveva pur rimanere lucido. A quelle parole lui le sorrise, sornione e ignorando la risposta iniziò ad abbassarsi, tracciando con la lingua pigre scie di fuoco sulle sue carni e lei fu perduta. Avrebbero anche potuto trovarsi sulla pubblica piazza, adesso, che non le sarebbe importato, da tanto il suo mondo si restringeva a quell’uomo e a cosa le stava facendo.
«Visto che prima io ho detto di no, e tu hai fatto di testa tua, adesso mi sembra giusto fare altrettanto.»
Jason dal basso gli calò gli short e le mutandine fino alle ginocchia, scoprendo la sua nudità e al contempo impendendole di aprire le gambe quanto avrebbe desiderato.
«Non mentivi sulla rossa naturale…».
La sua lingua ripresa la pigra esplorazione delle cosce nude; assaggiandola, esplorandola, tormentandola, «b-basta, ti prego, io…», riuscì solo a dire Zoe, persa in quel limbo di passione.
«Shh, abbi pazienza».
E finalmente si immerse in lei, come se fosse una fonte a cui abbeverarsi, succhiandola nelle sue parti tenere, esplorandola con un dito, godendo del calore che emanava e del suo gusto leggero e peccaminoso. Gli piaceva così, esposta e avvinta alla sua volontà.
La sentiva stringersi internamente, quando contraeva i muscoli per uno spasmo di piacere, mentre lui la stuzzicava in un posto in particolare. Nonostante si trattenesse, i gemiti che uscivano dalla sua bocca erano fuoco per Jason che si sentì coinvolto in quel piacere come se fosse suo. Ansimava, adesso la massaggiava con le dita, sfregandola, mentre con la lingua la baciava in modo osceno. I suoi umori gli colavano in gola come miele bollente e lui si scopri assetato più che mai, aumentando il ritmo delle carezze e diventando un tutt’uno con quella fica; dentro quell’oscura caverna lui palpitava e sussultava per il piacere della compagna e sapeva, dal modo in cui si stava tendendo verso di lui, mugugnando come se stesse piangendo e affondando le unghie nei suoi capelli, che non avrebbe retto ancora a lungo a quelle intime attenzioni.
«Jason, io…» e finalmente il piacere esplose in lei, catapultandola in una dimensione parallela dove esisteva solo quell’attimo perfetto.
Il caldo della lingua vellutata sul suo sesso era stato come una bomba, esplosa dentro di lei con una foga assurda.
«Va tutto bene, tranquilla».
E lui si rialzò, prendendola tra le braccia e accarezzandole piano la chioma ribelle che sussultava.
«Hai i capelli di una strega del medioevo e io sono appena finito sul rogo con te. Mi stacco un attimo e ti rimetto a posto, va bene?»
«Si», rispose lei, ancora stranita. Non si era accorta che in tutto quel tumulto gli short le erano calati alle caviglie, ma si rese conto quando lui glieli sistemò, visto che non perse l’occasione per accarezzarle le gambe candide e sode, facendola sospirare di piacere.
Poi però lui si alzò di scatto.
«Sta arrivando qualcuno» e senza darle il tempo di replicare iniziò a baciarla dolcemente, allontanandosi leggermente dal suo corpo ma coprendola dagli sguardi indesiderati con il suo.
Quel bacio sapeva di peccato e lei lo assaporò fino in fondo. Poi, bruscamente come era iniziato, quel magico contatto svanì.
Lo vide girarsi e seguire con gli occhi gli sconosciuti che se ne andavano, evidentemente sollevato.
«Zoe, è meglio che tu vada, adesso. Non voglio ritrovarmi un fidanzato incazzato alla porta tra qualche minuto. Io passo dalla spiaggia, tu prendi la strada. È più sicuro e più veloce. E per la amor di Dio, corri come il vento. Scappa da me e non ti voltare, perché se ti becco un’altra volta nei paraggi giuro che non rispondo di me.»
Ma lei non lo stava quasi ascoltando, solleticando gli addominali perfetti messi a nudo e giocando con un lembo della t-shirt che penzolava dalla spalla.
«Sì, sì» rispose solo, sorridendo come un’ebete. Era stranamente felice e pensava che non fosse solo per il sesso. O forse sì e si era solo dimenticata come ci si sentisse dopo, se lo si faceva bene. O all’aperto, come nel loro caso. Poi si ricordò di dove erano e cosa avevano appena fatto.
«Pensi che i due che sono passati abbiano visto qualcosa?»
«Non credo, se no a questo punto saremmo già in manette.»
E alla faccia spaventata di Zoe lui sentì uno strano bisogno di rassicurarla. Proteggerla. Ma anche di prenderla in giro, era bellissima quando le guance si imporporavano.
«Tranquilla, non ti danno mica l’ergastolo per essermi venuta in bocca.»
Lei trasalì, facendo scuotere la testa a Jason che ridacchiava.
«Ti metti a palparmi l’uccello in un cazzo di sottoscala e te la prendi se ti dico che mi sei venuta in bocca?» Fece una pausa guardandola intensamente,
«Tra l’altro…non ti ho ancora detto che buon sapore che hai. Di miele e di follia.
La mia.
Dai vai, prima che ricominciamo.»
E con uno sforzo vide che si staccava da lei.
«Ricorda: Jason Legrand, JMB.
Ti aspetto.»
E si mise a correre, sbucando da sotto il pontile e lasciando che il sole, ora alto nel cielo, illuminasse il torso nudo da cui pendeva una maglietta bianca, lei lo sapeva, fresca di un peccato appena compiuto.
cara lettrice,
qui sotto puoi trovare un estratto di una storia che sta quasi per essere terminata...in maniera diversa. E visto che ho operato diversi cambiamenti e quello che stai per leggere non vedrà mai la luce ufficialmente, ufficiosamente mi diverto a metterla a disposizione qui, per te. Mi farebbe molto piacere se mi dicessi come l'hai trovata. Così, solo perché la mia più grande perversione è parlare di persone che non esistono, eccetto nella mia testa. :-)
Buona lettura.
B.
***
Alla fine riuscì a staccarsi da lui e con passo malfermo ridiscese le scale del pontile, tornando da dove era venuta poco tempo prima. Anche se le sembrava che fosse passata un’eternità.
Si fermò a prendere fiato contro un grosso pilone di legno che sorreggeva la struttura, con i piedi a ridosso delle onde che si stavano ritirando. Li sotto c’era ombra e faceva più freddo, un aiuto inaspettato per riprendere controllo dei suoi istinti, anche se il tutto si stava rivelando difficile. Molto difficile.
Quando alzò gli occhi e vide che anche Jason stava scendendo le scale per poco non soffocò. Si fece piccola, contro il palo, per non farsi vedere ma lui già si stava avvicinando.
«Ti avevo lasciato un po’ di vantaggio sperando che te la filassi a gambe levate, Zoe. Non posso credere che tu sia ancora qui!» La aggredì lui, adirato.
Poi addolcì il tono.
«Mi aspettavi?»
«No, no. Non avevo pensato che anche tu, ecco sì, che anche tu stessi andando a casa. Era logico.»
«Già» commentò lui scuotendo i capelli corvini che portava leggermente lunghi.
«E adesso cosa facciamo, io e te?» aggiunse, raggiungendola e intrappolandola con il suo corpo, mentre con una mano si appoggiava al solido pilone, finendo così vicinissimo al suo viso.
Zoe faceva fatica a respirare e per un istante temette di svenire di nuovo. Questa volta non per la mancanza di cibo.
«Potresti baciarmi?» azzardò lei, cercando di sorridere. Voleva sdrammatizzare, quasi balbettò e comunque, non ci credeva nessuno che stesse scherzando. Smaniava dalla voglia di essere baciata e temeva che glielo si leggesse in faccia.
Lui si mise a ridere, una risata calda e avvolgente che la travolse. Non pensava di essere così simpatica.
«Ti ho fatto ridere?» chiese perplessa, perché proprio non capiva il motivo di tanta ilarità. Lei tagliava la tensione con il coltello tra di loro e lui rideva. Forse si sarebbe anche offesa, se lui non la stupì poco dopo.
«Hai fatto di meglio», rispose, facendole l’occhiolino.
«Me lo hai fatto diventare duro.»
E lì, al riparo da sguardi indiscreti e abbastanza lontani dal percorso dei passeggiatori estivi, Zoe si ritrovò quasi senza accorgersene a far scivolare la mano sul sesso eccitato di lui. Poteva sentire l’erezione premere sotto i pantaloncini sportivi, calda e pulsante e si godette quel momento. Lei lo accarezzava e lui socchiudeva gli occhi come un gatto, facendo quasi le fusa.
«Se continui così mi farai venire nei pantaloni, come un novellino», espirò piano per riprendersi.
«Non ti facevo la tipa da atti osceni in luogo pubblico. Ma mi piace.» Si sentì poi in dovere di puntualizzare, cercando sempre di mantenere sotto controllo la situazione. Ma la mano calda e scaltra di Zoe era un intimo richiamo, difficile da ignorare e così lui si avvicinò, facendo scorrere lento un dito sul suo top. I capezzoli di Zoe erano tesi e risaltavano come monete dorate dentro la stoffa elasticizzata e Jason decise che lo avevano torturato anche abbastanza, quella mattina, con il loro losco richiamo.
«Sì, mi piace proprio l’idea» e sentì che lei tratteneva il respiro mentre con un gesto lento ma sicuro le scostava la bretellina e le liberava un seno, quanto bastava perché lo potesse finalmente accarezzare.
«Sei meravigliosa…»
Zoe, che era rimasta rigida come un sasso mentre lui la spogliava a metà, si lasciò finalmente andare al tocco sulla carne nuda. Ora tremava di desiderio a ogni sua carezza, e il piacere si faceva intenso e imbarazzante.
Non aveva più il controllo sul suo corpo e si ritrovò a inarcarsi, per avvicinarsi maggiormente.
«Di più Jason, voglio di più.»
Fece scivolare la mano dentro i pantaloncini, cercando allo stesso tempo, freneticamente, di abbassarglieli. Ma lui non glielo permise, rimettendogliela sopra l’erezione.
«Le apparenze, Zoe, salviamo almeno le apparenze» le disse con voce roca e impastata, per poi partire in avanscoperta del suo ombelico, con una terribile carezza di velluto e con l’altra mano sempre appoggiata al palo.
“Da lontano poteva forse sembrare che stessero solo parlando?”
Zoe lo dubitava, ma arrivata a quel punto non le importava. Esisteva solo nel luogo esatto in cui lui appoggiava la sua mano, mentre piano disegnava piccoli cerchi con il pollice sul suo corpo, fino a che non arrivò all’orlo degli shorts, scivolandoci dentro.
Al contrario di lui, lei non protestò quando la sua mano puntò decisa alla sua intimità.
«Sei calda e bagnata, cazzo!» e a quell’imprecazione lei aprì gli occhi di scatto e vide il desiderio dipinto sul suo volto. Ma anche qualcosa d’altro.
«Giurami che lui non tocca così, ti prego» la supplicò, mentre lei lo stringeva sempre più forte, cercando di massaggiarlo attraverso i pantaloncini scivolosi.
Fu sincera.
«No. Mai», ansimò, e poi sentì dentro il piacere crescere, adesso che lui continuava con quei piccoli gesti in un punto ben preciso, «ti prego continua, non fermarti», singhiozzò.
La necessità di sentire la pelle di Jason si fece così bruciante che gli calò con uno strattone pantaloncini e boxer, a sorpresa, lasciando il sesso scoperto e pulsante in vista. Adesso era soddisfatta, godeva delle carezze che stava ricevendo e ne impartiva a sua volta, massaggiando il pene del compagno che ora si era avvinghiato a lei e con il bacino aveva preso possesso delle sue piccole mani, strusciandosi senza pudore.
«Ah, cazzo, si…» le ansimò nell’orecchio, aveva smesso di accarezzarla e ora la teneva incollata a quel vecchio palo di legno, conficcandogli le dita nei candidi avambracci che a malapena riuscivano a muoversi per tenere il ritmo che lui impartiva.
Lo stringeva convulsamente e lo guardava, per cercare di imprimersi nella memoria la scena dei suoi occhi chiusi, la testa reclinata all’indietro e quella bocca carnosa da cui uscivano gemiti soffiati, ogni volta che lei scivolava su di lui, ogni volta che lo massaggiava e lo stringeva, per poi tornare su e giocare con la sua fessura, passandoci decisa il pollice sopra per raccogliere tutto il liquido pre seminale uscito e usarlo per rendere il massaggio ancora più viscoso e coinvolgente. Adesso avevano entrambi il fiato mozzo e Jason aveva aperto gli occhi, guardandola intensamente, per poi imprigionare la sua delicata mano in quella sua più grande, dettando legge su come volesse essere toccato.
«Massaggiami le palle», le disse senza vergona, come se fosse solo uno strumento del suo piacere, e lei obbedì, guardandolo rapito cambiare espressione.
«Proprio così», e poi le ordinò, «più in fretta, voglio venire così.»
E mentre lei cercava di respirare, ora che lui la schiacciava contro il palo, sentiva la sua erezione ingrossarsi ancora mentre con la mano faceva su e giù sempre più veloce e con l’altra accarezzava come poteva i suoi testicoli e la pelle sensibile che c’era sotto. Era sballottata e faceva fatica a tenere il ritmo, mentre lui gli era contro e godeva, lasciandosi completamente andare a lei. Si fidava, e lei si sentì forte e potente come non mai.
«È così che ti piace, vero?» e lui annuiva appena, con gli occhi chiusi e la mascella contratta.
«Sì», e alla fine venne a caldi fiotti sul suo addome scoperto, facendo un casino sul suo corpo.
La tenne stretta, per tutto il tempo, gemendo piano mentre l’orgasmo gli mandava in tilt il cervello e il piacere di essersi lasciato completamente andare gli faceva girare la testa.
«Piccola sirena tentatrice», le disse infine, staccandosi leggermente e riportando i pantaloncini e le mutande al loro posto.
Lei lo guardava con occhi pieni di desiderio, paga della sensazione di quiete del suo compagno e lui abbassò lo sguardo, ancora velato dal piacere, sulla piccola vita tornita, dove la prova del suo piacere stava lentamente colando verso il basso.
Con un gesto repentino si tolse la maglietta bianca e l’asciugò, prima che il suo seme potesse sporcarle gli short. Lo fece lentamente, guardandola come se fosse una cosa preziosa da trattare con cura.
Zoe si sentì protetta e coccolata, quel gesto aveva inaspettatamente scoperto una parte vulnerabile in lei, mettendo al contempo a nudo anche una parte molto fisica e ben fatta, di lui. Spalle ampie e muscolose, addominali scolpiti e un fisico atletico e asciutto che faceva pensare a cosa torbide. Si perse nel contemplarlo, senza vergona.
«Tesoro», la risvegliò lui con un sorrisino, «ti piace quello che vedi?»
E per tutta risposta lei gli fece scivolare addosso le mani in una lunga carezza, fino a che lui non gliele prese e gliele mise in alto, sopra la tua testa, contro il ruvido palo, fermandola nella sua avanscoperta. La guardò diritto negli occhi, come a scavarle dentro.
«Grazie per prima. È stato, non so, intenso e volevo ringraziarti.»
«L’ho fatto con piacere.» Rispose semplicemente lei, con il fiato ancora corto e spalmata contro il suo solido corpo.
«Lo so, cioè, lo avevo capito.» Jason si schiarì la voce, in un tentativo di riprendere il controllo, facendo una lunga pausa.
«Ma se non mi sbaglio, prima, mi avevi chiesto un bacio.
E se un bacio mi hai chiesto, principessa dei mari, un bacio avrai». Le sussurrò all’orecchio, facendole venire i brividi.
Zoe stava già per schiudere le labbra e avvicinarsi al suo viso quando lui la guardò con il sorriso negli occhi.
«Le tue labbra sono invitanti, ma adesso, c’è qualcosa d’altro che voglio assaggiare. Abbassati gli short, per favore.» E le liberò le mani, accarezzandole il collo e la scollatura.
«Questo top dovrebbe essere fuorilegge. Le tue tette sono una tentazione». E ancora una volta le prese tra le mani, saggiandone la consistenza morbida e peccaminosa.
Zoe a quel gesto sussultò di piacere, era intenta a riflettere sulla richiesta appena fatta, incerta. Erano pur sempre all’aperto, alla mercè degli sconosciuti. Per un attimo si era dimenticata di essere ancora incollata a quel dannato palo di legno, all’ombra del pontile che passava sulle loro teste. Oramai qualche scheggia doveva essersi conficcata nella carne, da tanto gli stava addosso.
«Jason, no, non qui. Non mi pare… il luogo ideale», decise alla fine. Qualcuno tra i due doveva pur rimanere lucido. A quelle parole lui le sorrise, sornione e ignorando la risposta iniziò ad abbassarsi, tracciando con la lingua pigre scie di fuoco sulle sue carni e lei fu perduta. Avrebbero anche potuto trovarsi sulla pubblica piazza, adesso, che non le sarebbe importato, da tanto il suo mondo si restringeva a quell’uomo e a cosa le stava facendo.
«Visto che prima io ho detto di no, e tu hai fatto di testa tua, adesso mi sembra giusto fare altrettanto.»
Jason dal basso gli calò gli short e le mutandine fino alle ginocchia, scoprendo la sua nudità e al contempo impendendole di aprire le gambe quanto avrebbe desiderato.
«Non mentivi sulla rossa naturale…».
La sua lingua ripresa la pigra esplorazione delle cosce nude; assaggiandola, esplorandola, tormentandola, «b-basta, ti prego, io…», riuscì solo a dire Zoe, persa in quel limbo di passione.
«Shh, abbi pazienza».
E finalmente si immerse in lei, come se fosse una fonte a cui abbeverarsi, succhiandola nelle sue parti tenere, esplorandola con un dito, godendo del calore che emanava e del suo gusto leggero e peccaminoso. Gli piaceva così, esposta e avvinta alla sua volontà.
La sentiva stringersi internamente, quando contraeva i muscoli per uno spasmo di piacere, mentre lui la stuzzicava in un posto in particolare. Nonostante si trattenesse, i gemiti che uscivano dalla sua bocca erano fuoco per Jason che si sentì coinvolto in quel piacere come se fosse suo. Ansimava, adesso la massaggiava con le dita, sfregandola, mentre con la lingua la baciava in modo osceno. I suoi umori gli colavano in gola come miele bollente e lui si scopri assetato più che mai, aumentando il ritmo delle carezze e diventando un tutt’uno con quella fica; dentro quell’oscura caverna lui palpitava e sussultava per il piacere della compagna e sapeva, dal modo in cui si stava tendendo verso di lui, mugugnando come se stesse piangendo e affondando le unghie nei suoi capelli, che non avrebbe retto ancora a lungo a quelle intime attenzioni.
«Jason, io…» e finalmente il piacere esplose in lei, catapultandola in una dimensione parallela dove esisteva solo quell’attimo perfetto.
Il caldo della lingua vellutata sul suo sesso era stato come una bomba, esplosa dentro di lei con una foga assurda.
«Va tutto bene, tranquilla».
E lui si rialzò, prendendola tra le braccia e accarezzandole piano la chioma ribelle che sussultava.
«Hai i capelli di una strega del medioevo e io sono appena finito sul rogo con te. Mi stacco un attimo e ti rimetto a posto, va bene?»
«Si», rispose lei, ancora stranita. Non si era accorta che in tutto quel tumulto gli short le erano calati alle caviglie, ma si rese conto quando lui glieli sistemò, visto che non perse l’occasione per accarezzarle le gambe candide e sode, facendola sospirare di piacere.
Poi però lui si alzò di scatto.
«Sta arrivando qualcuno» e senza darle il tempo di replicare iniziò a baciarla dolcemente, allontanandosi leggermente dal suo corpo ma coprendola dagli sguardi indesiderati con il suo.
Quel bacio sapeva di peccato e lei lo assaporò fino in fondo. Poi, bruscamente come era iniziato, quel magico contatto svanì.
Lo vide girarsi e seguire con gli occhi gli sconosciuti che se ne andavano, evidentemente sollevato.
«Zoe, è meglio che tu vada, adesso. Non voglio ritrovarmi un fidanzato incazzato alla porta tra qualche minuto. Io passo dalla spiaggia, tu prendi la strada. È più sicuro e più veloce. E per la amor di Dio, corri come il vento. Scappa da me e non ti voltare, perché se ti becco un’altra volta nei paraggi giuro che non rispondo di me.»
Ma lei non lo stava quasi ascoltando, solleticando gli addominali perfetti messi a nudo e giocando con un lembo della t-shirt che penzolava dalla spalla.
«Sì, sì» rispose solo, sorridendo come un’ebete. Era stranamente felice e pensava che non fosse solo per il sesso. O forse sì e si era solo dimenticata come ci si sentisse dopo, se lo si faceva bene. O all’aperto, come nel loro caso. Poi si ricordò di dove erano e cosa avevano appena fatto.
«Pensi che i due che sono passati abbiano visto qualcosa?»
«Non credo, se no a questo punto saremmo già in manette.»
E alla faccia spaventata di Zoe lui sentì uno strano bisogno di rassicurarla. Proteggerla. Ma anche di prenderla in giro, era bellissima quando le guance si imporporavano.
«Tranquilla, non ti danno mica l’ergastolo per essermi venuta in bocca.»
Lei trasalì, facendo scuotere la testa a Jason che ridacchiava.
«Ti metti a palparmi l’uccello in un cazzo di sottoscala e te la prendi se ti dico che mi sei venuta in bocca?» Fece una pausa guardandola intensamente,
«Tra l’altro…non ti ho ancora detto che buon sapore che hai. Di miele e di follia.
La mia.
Dai vai, prima che ricominciamo.»
E con uno sforzo vide che si staccava da lei.
«Ricorda: Jason Legrand, JMB.
Ti aspetto.»
E si mise a correre, sbucando da sotto il pontile e lasciando che il sole, ora alto nel cielo, illuminasse il torso nudo da cui pendeva una maglietta bianca, lei lo sapeva, fresca di un peccato appena compiuto.
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