Le confidenze intime di Alba - Quattro
di
Alba e Roberta
genere
saffico
Carissimi e soprattutto carissime (la voluta preferenza è assolutamente voluta),
quarta parte del racconto della mia storia con Roberta che si dimostra – più i giorni trascorrevano – entusiasmante, ma nello stesso tempo opprimente e spiazzante. Ero convinta – appena iniziai a narrare questi miei ricordi – che la confusione e una certa reticenza sarebbe arrivate, portandomi a interrompere già dalla prima puntata. Vi ricordo che parlo di cose vere, sono parte della mia complessa esperienza di questi ultimi mesi. Forse un residuo di autocensura mi portano a un briciolo di reticenza, ma il piacere di condividere con qualcuno fa sì che venga aggiunta qualche coloritura, qualche voluta di fantasia (ma sono poche).
Sono Alba, ho origini spagnole e vivo in una cittadina italiana da ormai venticinque anni. Dopo un matrimonio e un necessario divorzio, ho sempre voluto vivere da sola, concedendomi unicamente qualche svago momentaneo, senza importanza. Poi… l’incontro casuale con Roberta (giovanissima, venticinque anni meno di me) e la mia solita rassicurante routine è deragliata.
Per le prime due o tre settimane fu una rapporto piacevolissimo, divertente e totale. Ci vedevamo praticamente ogni giorno e quasi sempre dormivamo, si fa per dire, da lei o da me. Solamente un pianerottolo divideva i nostri appartamenti. Sesso a volontà, fantasioso, delicato, perverso, esuberante, improvviso e stupefacente come, molto probabilmente, solo due donne sanno inventarsi e donarsi. Poi pian piano cominciai a percepire qualcosa di insolito e disturbante. Delle sue amiche non seppi più nulla e lei non volle mai più dirmi nulla di loro. Poi iniziarono improvvise e ingiustificate scenate di gelosia e al contempo sue assenze improvvise, dalle quali riappariva al mattino all’alba e si chiudeva nel suo appartamento. E per un paio di giorni, telefono spento. Nessun cenno. Se chiedevo dove fosse stata, erano scatti di rabbia e mi diceva che erano solo e unicamente fatti suoi.
Una domenica, avendo la giornata libera, pregustavo già la possibilità di trascorrere diverse ore con lei. Ne parlai e questa volta fu particolarmente gentile, mi rispose sbandierando un luminoso sorriso, proponendomi di uscire e di trascorrere il pomeriggio da qualche parte.
“Benissimo” risposi “hai già un programma?”
“Si, volevo portarti in un certo posto… un po’ particolare, sarà una sorpresa”.
Nel tardo pomeriggio partimmo con la mia auto e lei, ridendo spesso e facendo un po’ la sciocca, mi indicava la strada. A un certo punto lasciammo la statale e imboccammo una breve stradina sterrata terminante in uno spiazzo. Di fronte c’era una cascina dalla quale spiccava una insegna piuttosto malandata che dichiarava: “Bar dei pescatori”. In effetti, di fianco alla casa c’era un piccolo lago, proprio del tipo di quelli per la pesca sportiva. Entrammo. C’erano quattro uomini che giocavano a carte e tre donne, una delle quali, piuttosto in carne, era dietro al banco del bar. Ci sedemmo a un tavolo e ordinammo due birre.
Al nostro ingresso il vocio degli avventori cessò immediatamente. Tutti gli occhi ci puntavano con manifesta curiosità. Mi sentivo fortemente in imbarazzo. A mezza voce, ma con l’intento di far sentire a tutti, dagli uomini volarono alcune battute piuttosto volgari, come se fossero rivolte a nessuno in particolare, ma chiaramente indirizzate a noi due. Roberta invece sembrava a più suo agio, evidentemente conosceva il posto. Si guardava intorno con un certo interesse e dopo un bel po’ la vidi sorridere a una delle donne presenti. Era poco più grande di lei, probabilmente una trentina di anni, piuttosto in disordine. Capelli castani lunghi e trascurati, un vestitino a fiori decisamente volgarotto. Non poteva certamente definirsi una bellezza.
“Vado in bagno” disse a voce ben udibile con improvvisa risolutezza, e si alzò di scatto senza attendere risposta.
Raggiunse una porcina nell’angolo sulla destra della stanza e uscì. Dopo vidi la donna di prima lasciare il suo posto e raggiungere la stessa porta. Stranamente, non me ne stupii, tanto era surreale quel posto e quella situazione. Mi sembrava di essere immersa in un film nel quale ero una semplice e impotente spettatrice. E neppure mi stupii quando vidi due uomini abbandonare il gioco di carte, alzarsi e scomparire dietro i battenti della stessa porta.
Il mio sentirmi estranea, staccata, forse veniva provocata da quell’atmosfera sospesa; di strana attesa. Come tutto il luogo nell’insieme mi apparivano fuori dal tempo e dal mondo. L’imprevedibilità di Roberta, che ormai avevo imparato a conoscere, comunque mi stupì, mai aveva raggiunto tali stranezze. Il tutto, l'ambiente, le persone e Roberta stessa, mi fecero percepire come normale ciò che in qualsiasi altro momento avrei giudicato assolutamente incomprensibile e anomalo.
A quel punto dovevo sapere. Perché mi aveva portata in quel luogo così fuori dal mondo? Cos’era quel suo strano comportamento? E cosa stava succedendo in quel fatiscente bar? Perciò mi alzai e mi introdussi anche io nella misteriosa porta. Percorsi uno stretto e oscuro corridoio che terminava davanti a una seconda piccola porta. Entrai e mi ritrovai in una stanza angusta e sguarnita. Unico arredo, un divano rosso, vecchio e scassato posto al centro. Seduta su di esso, vidi Roberta con la gonna completamente alzata e la testa dell’altra donna tra le sue gambe. I due uomini, silenziosi, si masturbavano con i pantaloni appena slacciati.
La scena era talmente straniante e improbabile che percepii una sensazione di profondo e freddo disagio percorrermi il corpo. Rimasi immobile osservando le persone. Non mi sentivo per nulla eccitata. Anzi ero bloccata completamente. Roberta bella, dalle nude gambe lisce e morbide, con il corpo esposto, aveva assunto una espressione altera, gelida e per nulla partecipe. La donna invece si muoveva e mugolava di piacere e si intuiva che avesse una mano persa tra le gambe e si masturbava energicamente. Uno dei due uomini emise un breve gemito e eiaculò a terra, poi si girò e uscì. Poco dopo anche l’altro uomo fece lo stesso. La donna fu come colta da improvvisi e rapidi fremiti di piacere, emise un urlo gutturale e si abbandonò a terra.
A quel punto Roberta, impassibile, si alzò, non le rivolse neppure una parola, si abbassò la gonna e non cercò nessun suo indumento intimo. Evidentemente era già uscita di casa indossando nulla sotto. Passandomi vicino, con una aria indifferente, sussurrò:
“Bene, ora possiamo tornare a casa”.
Per tutto il tragitto di ritorno non parlammo. Io non riuscivo a togliermi dall’imbarazzo. Non che fossi scandalizzata dal suo comportamento. Non ho mai giudicato nessun comportamento di carattere sessuale come deviato o deviante. Non ho mai pensato al sesso come perversione e concepisco il piacere della trasgressione in tutte le sue forme e espressioni. Solo mi sentivo bloccata perché non sapevo che cosa dire e cosa chiederle. E lei non mi sembrava interessata a dirmi qualcosa; una qualsiasi cosa. Raggiunto il mio appartamento, Roberta si svestì e si infilò nella doccia, mentre io preparavo due bicchieri di vino e un frugale spuntino per entrambe. Poco dopo la ragazza uscì dalla doccia, ancora nuda e bagnata, mi afferrò una mano e mi trascinò a letto, iniziando maldestramente a svestirmi. Facilitai il suo lavoro. Poi ci abbracciammo e ci baciammo con ferocia. A quel punto successe una cosa assolutamente imprevista: Roberta parve essere colta da improvvisamente pazzia, tremava compulsivamente e brutalmente, ebbe un orgasmo fortissimo senza toccarsi o che io la toccassi. Poi come colta da una libidine aggressiva si impossessò del mio sesso, mi leccò e volle che facessi altrettanto e venne una seconda volta e poi venne ancora, pareva che non ci fosse nessuna possibilità di controllo o termine al suo godimento. Dopo si acquietò e, questa volta, mi baciò con tenerezza.
“Grazie” mi disse, poi si girò dandomi la schiena e si addormentò sfinita.
Io invece rimasi sveglia a lungo, mille pensieri e mille domande si accumulavano, ma nessuna risposta mi riuscì di trovare. Almeno non quella notte.
quarta parte del racconto della mia storia con Roberta che si dimostra – più i giorni trascorrevano – entusiasmante, ma nello stesso tempo opprimente e spiazzante. Ero convinta – appena iniziai a narrare questi miei ricordi – che la confusione e una certa reticenza sarebbe arrivate, portandomi a interrompere già dalla prima puntata. Vi ricordo che parlo di cose vere, sono parte della mia complessa esperienza di questi ultimi mesi. Forse un residuo di autocensura mi portano a un briciolo di reticenza, ma il piacere di condividere con qualcuno fa sì che venga aggiunta qualche coloritura, qualche voluta di fantasia (ma sono poche).
Sono Alba, ho origini spagnole e vivo in una cittadina italiana da ormai venticinque anni. Dopo un matrimonio e un necessario divorzio, ho sempre voluto vivere da sola, concedendomi unicamente qualche svago momentaneo, senza importanza. Poi… l’incontro casuale con Roberta (giovanissima, venticinque anni meno di me) e la mia solita rassicurante routine è deragliata.
Per le prime due o tre settimane fu una rapporto piacevolissimo, divertente e totale. Ci vedevamo praticamente ogni giorno e quasi sempre dormivamo, si fa per dire, da lei o da me. Solamente un pianerottolo divideva i nostri appartamenti. Sesso a volontà, fantasioso, delicato, perverso, esuberante, improvviso e stupefacente come, molto probabilmente, solo due donne sanno inventarsi e donarsi. Poi pian piano cominciai a percepire qualcosa di insolito e disturbante. Delle sue amiche non seppi più nulla e lei non volle mai più dirmi nulla di loro. Poi iniziarono improvvise e ingiustificate scenate di gelosia e al contempo sue assenze improvvise, dalle quali riappariva al mattino all’alba e si chiudeva nel suo appartamento. E per un paio di giorni, telefono spento. Nessun cenno. Se chiedevo dove fosse stata, erano scatti di rabbia e mi diceva che erano solo e unicamente fatti suoi.
Una domenica, avendo la giornata libera, pregustavo già la possibilità di trascorrere diverse ore con lei. Ne parlai e questa volta fu particolarmente gentile, mi rispose sbandierando un luminoso sorriso, proponendomi di uscire e di trascorrere il pomeriggio da qualche parte.
“Benissimo” risposi “hai già un programma?”
“Si, volevo portarti in un certo posto… un po’ particolare, sarà una sorpresa”.
Nel tardo pomeriggio partimmo con la mia auto e lei, ridendo spesso e facendo un po’ la sciocca, mi indicava la strada. A un certo punto lasciammo la statale e imboccammo una breve stradina sterrata terminante in uno spiazzo. Di fronte c’era una cascina dalla quale spiccava una insegna piuttosto malandata che dichiarava: “Bar dei pescatori”. In effetti, di fianco alla casa c’era un piccolo lago, proprio del tipo di quelli per la pesca sportiva. Entrammo. C’erano quattro uomini che giocavano a carte e tre donne, una delle quali, piuttosto in carne, era dietro al banco del bar. Ci sedemmo a un tavolo e ordinammo due birre.
Al nostro ingresso il vocio degli avventori cessò immediatamente. Tutti gli occhi ci puntavano con manifesta curiosità. Mi sentivo fortemente in imbarazzo. A mezza voce, ma con l’intento di far sentire a tutti, dagli uomini volarono alcune battute piuttosto volgari, come se fossero rivolte a nessuno in particolare, ma chiaramente indirizzate a noi due. Roberta invece sembrava a più suo agio, evidentemente conosceva il posto. Si guardava intorno con un certo interesse e dopo un bel po’ la vidi sorridere a una delle donne presenti. Era poco più grande di lei, probabilmente una trentina di anni, piuttosto in disordine. Capelli castani lunghi e trascurati, un vestitino a fiori decisamente volgarotto. Non poteva certamente definirsi una bellezza.
“Vado in bagno” disse a voce ben udibile con improvvisa risolutezza, e si alzò di scatto senza attendere risposta.
Raggiunse una porcina nell’angolo sulla destra della stanza e uscì. Dopo vidi la donna di prima lasciare il suo posto e raggiungere la stessa porta. Stranamente, non me ne stupii, tanto era surreale quel posto e quella situazione. Mi sembrava di essere immersa in un film nel quale ero una semplice e impotente spettatrice. E neppure mi stupii quando vidi due uomini abbandonare il gioco di carte, alzarsi e scomparire dietro i battenti della stessa porta.
Il mio sentirmi estranea, staccata, forse veniva provocata da quell’atmosfera sospesa; di strana attesa. Come tutto il luogo nell’insieme mi apparivano fuori dal tempo e dal mondo. L’imprevedibilità di Roberta, che ormai avevo imparato a conoscere, comunque mi stupì, mai aveva raggiunto tali stranezze. Il tutto, l'ambiente, le persone e Roberta stessa, mi fecero percepire come normale ciò che in qualsiasi altro momento avrei giudicato assolutamente incomprensibile e anomalo.
A quel punto dovevo sapere. Perché mi aveva portata in quel luogo così fuori dal mondo? Cos’era quel suo strano comportamento? E cosa stava succedendo in quel fatiscente bar? Perciò mi alzai e mi introdussi anche io nella misteriosa porta. Percorsi uno stretto e oscuro corridoio che terminava davanti a una seconda piccola porta. Entrai e mi ritrovai in una stanza angusta e sguarnita. Unico arredo, un divano rosso, vecchio e scassato posto al centro. Seduta su di esso, vidi Roberta con la gonna completamente alzata e la testa dell’altra donna tra le sue gambe. I due uomini, silenziosi, si masturbavano con i pantaloni appena slacciati.
La scena era talmente straniante e improbabile che percepii una sensazione di profondo e freddo disagio percorrermi il corpo. Rimasi immobile osservando le persone. Non mi sentivo per nulla eccitata. Anzi ero bloccata completamente. Roberta bella, dalle nude gambe lisce e morbide, con il corpo esposto, aveva assunto una espressione altera, gelida e per nulla partecipe. La donna invece si muoveva e mugolava di piacere e si intuiva che avesse una mano persa tra le gambe e si masturbava energicamente. Uno dei due uomini emise un breve gemito e eiaculò a terra, poi si girò e uscì. Poco dopo anche l’altro uomo fece lo stesso. La donna fu come colta da improvvisi e rapidi fremiti di piacere, emise un urlo gutturale e si abbandonò a terra.
A quel punto Roberta, impassibile, si alzò, non le rivolse neppure una parola, si abbassò la gonna e non cercò nessun suo indumento intimo. Evidentemente era già uscita di casa indossando nulla sotto. Passandomi vicino, con una aria indifferente, sussurrò:
“Bene, ora possiamo tornare a casa”.
Per tutto il tragitto di ritorno non parlammo. Io non riuscivo a togliermi dall’imbarazzo. Non che fossi scandalizzata dal suo comportamento. Non ho mai giudicato nessun comportamento di carattere sessuale come deviato o deviante. Non ho mai pensato al sesso come perversione e concepisco il piacere della trasgressione in tutte le sue forme e espressioni. Solo mi sentivo bloccata perché non sapevo che cosa dire e cosa chiederle. E lei non mi sembrava interessata a dirmi qualcosa; una qualsiasi cosa. Raggiunto il mio appartamento, Roberta si svestì e si infilò nella doccia, mentre io preparavo due bicchieri di vino e un frugale spuntino per entrambe. Poco dopo la ragazza uscì dalla doccia, ancora nuda e bagnata, mi afferrò una mano e mi trascinò a letto, iniziando maldestramente a svestirmi. Facilitai il suo lavoro. Poi ci abbracciammo e ci baciammo con ferocia. A quel punto successe una cosa assolutamente imprevista: Roberta parve essere colta da improvvisamente pazzia, tremava compulsivamente e brutalmente, ebbe un orgasmo fortissimo senza toccarsi o che io la toccassi. Poi come colta da una libidine aggressiva si impossessò del mio sesso, mi leccò e volle che facessi altrettanto e venne una seconda volta e poi venne ancora, pareva che non ci fosse nessuna possibilità di controllo o termine al suo godimento. Dopo si acquietò e, questa volta, mi baciò con tenerezza.
“Grazie” mi disse, poi si girò dandomi la schiena e si addormentò sfinita.
Io invece rimasi sveglia a lungo, mille pensieri e mille domande si accumulavano, ma nessuna risposta mi riuscì di trovare. Almeno non quella notte.
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