Le confidenze intime di Alba - Tre

di
genere
saffico

Carissime e carissimi, una ragazza mi ha commentato… grazie; adoro le ragazze che mi leggono e (magari) commentano…

Riprendo da quella incredibile notte da cui è iniziato tutto con un sintetico riassunto:
– protesto con l’inquilina dell’alloggio a fianco il mio,
– càpito da loro e mi invitano,
– trovo la mia vicina Roberta e cinque sue amiche,
– sono ventenni, piuttosto lesbiche e pervertite,
– è il compleanno di Roberta,
– torta e spumante, poi ballo lento con la festeggiata
– lunghi e caldi baci,
– io improvviso un discorso piuttosto improbabile,
– ma il vino fa dire e far cose incredibili e…

… e le altre ragazze avendo ascoltato attentamente le mie parole e forse – comprendendo e condividendo la lussuria debordante trasmessa – si avvicinarono, si posero intorno a noi e ci abbracciarono, con una forza tale che quasi pareva volessero penetrare in noi, quasi cercassero una completa fusione dei loro corpi e con i nostri. A quel punto però i miei ricordi si fanno confusi a causa del vino. Ero piuttosto sbronza e non ricordo cosa successe di preciso. So che ci trovammo nude e vogliose nel letto di Roberta purtroppo non sufficientemente ampio per ospitarci tutte. I particolari delle ore successive non li ricordo con precisione. Ricordo solamente confusione e una nebbia mentale che mi fa apparire unicamente rapide e brevi immagini: lampi intensi di memoria: corpi, labbra, caldi umori, eccitazione, mani curiose e penetranti…

Mi svegliai alle sette con una parvenza di lucidità che mi evitò di far tardi al lavoro. Schizzai via seppure malvolentieri. Doccia rapida, divisa e raggiungo in orario il mio posto al bar. Per tutto il giorno non feci che ripensare alla notte trascorsa. Volevo analizzare con chiarezza i fatti accaduti, ma alle domande che mi ritornavano costantemente in testa, non sempre sapevo dare risposte. Come è possibile che una donna come me, quarantacinquenne posata e seria, si sia abbandonata in quel modo con un gruppetto di ragazzine? Perché non sono stata capace di mantenere un minimo di lucidità? Ma invece di trovare risposte, i miei pensieri di andavano costantemente a Roberta, al momento che l’avrei rivista. Allora cercavo giustificazioni: “in fondo era da molto che non mi concedevo un po’ di sesso scatenato…”, “e poi non è avvenuto nulla, solo una notte piacevole che sicuramente ricorderò per molto…”. Mentivo a me stessa, i miei pensieri prendevano strade che mi conducevano inevitabilmente a lei: Roberta. Mi sentivo come una adolescente alla prima cotta. La cosa mi faceva sorridere e in fondo mi auto-convincevo: “si tratta di una sbandata passeggera, nulla più”.
Mi chiedevo anche se tornando avrei trovato solo lei o anche le altre ragazze. Preferivo la prima ipotesi.
Terminato il mio turno, corro a casa. Prima mi fermo da un fiorista e acquisto una unica rosa gialla, bellissima. Mi cambio e suono alla sua porta. Mi apre, sorride e poi vede la rosa e fa un’aria stupita, ma felice.
Per fortuna è sola. Ci accomodiamo sullo stesso divano che aveva accolto ieri notte le effusioni della ricciolina e della biondina. Avrei voluto rivolgerle mille domande, ma nessuna in quel momento mi sembrò adatta. Roberta soprattutto mi parlò delle sue amiche:
“Nessuna di loro significa qualcosa per me, qualcosa di più dell’amicizia e qualche momento di piacere” mi disse. “Sono libera, non ho nessuna relazione in corso e non ne voglio”. Mi parlò di un suo fidanzato che difinì “storico” perché la loro fu una relazione adolescenziale, iniziata a tredici anni. A diciannove anni lei scoprì la sua predilezione per le ragazze e lo lasciò.
Io le raccontai della Spagna, del matrimonio, della separazione e di qualche amorazzo. Ci accorgemmo che era ormai tardi e non volevo lasciarla, perciò la invitai a una trattoria non molto lontana che conoscevo bene.
“Ma io non ho molti soldi…” mi confessò confusa.
“Ma scherzi? Io ti invito e poi ti faccio pagare? E poi io sono più grande di te e lasciami svolgere una certa funzione materna…”
“Va bebe mammina!” ironizzò “sarò la tua bambina innocente”.
“Ah questa poi… Ho evitato sempre qualsiasi gravidanza per essere libera, ora mi trovo una figlia già grande! Va bene… Ma per cortesia non parlarmi di innocenza!”
Al ristorante mangiammo e bevemmo avidamente, in fondo già pensando al classico “dopo cena” che per nessuna ragione, volevamo evitare. Infatti a casa mia, fu subito il mio letto a accoglierci. Nude e avvinghiate l’una all’altra ci baciavamo senza interruzione, con i corpi aderenti. Bevvi avidamente, come nella più delicata delle coppe di vino prelibato, i succhi caldi della sua rosea conchiglia e la sentii precipitare in orgasmi di forte intensità e durata. Gioivo nel sentirla fremere alternando urla, guaiti e mugugni di piacere. Volevo essere io la causa e la padrona dei suoi orgasmi, volevo provocarli e, in una certa misura, controllarli.
Poi lei si pose di fronte a me, con le nostre gambe sovrapposte che si incrociavano e alla tenue luce dell’abat-jour ci guardavamo mentre le dita cercavano i punti più sensibili dei nostri sessi dischiusi. Ho sempre considerato la masturbazione uno dei momenti più alti e sublimi dell’erotismo. Ha poca importanza che sia maschile o femminile, darsi piacere da soli vuol significare che si mettono in stretta relazione desiderio, fantasia e corpo in una perfetta simbiosi, senza le inevitabili limitazioni dovute alla presenza dell’altro e al dover pensare anche al suo piacere. Nella masturbazione si è soli e in totale intima unità con se stessi.
Io e Roberta in quei momenti ci sentivamo così – distese, rilassate e in buona misura complementari – vedevamo il mondo sfumare intorno avendo l'altra persona di fronte. Guardarla, osservarne i movimenti ora rapidi e ora lenti, leggere il piacere negli occhi semichiusi, non perdendo nessun fremito del suo corpo, mi procurava un piacere intenso e profondo. Quel corpo che volevo toccare, mi era precluso, perché non volevo perderne neppure un fotogramma della visione di lei. Il corpo di fronte è dispiegato, esposto completamente, e mi lasciai coinvolgere dai pensieri e dai desideri che invece vorrebbero più concretezza: penetrare, baciare, leccare, magiare e suggere aspirando o spremendo liquidi immaginari, come un neonato al capezzolo colmo che stringe le labbra avide. Raggiungemmo più orgasmi, poi rilassate e appagate ci abbracciamo languidamente e continuammo a baciarci con infinita tenerezza.
Seguirono altre confidenze, questa volta ancor più intime, più sincere, più interiori e profonde. Poi lentamente ci addormentammo abbracciate.
Ma quello a cui non detti peso, seppure lo percepissi chiaramente è che mi stavo innamorando. E questo avrebbe dovuto mettermi in allarme, farmi paura. Ma non mi importava, almeno non in quelle prime ore con lei. Mi consegnavo a un destino sconosciuto e l’unica consapevolezza era il desiderio che provavo. E come a volte succede nella vita, quello era l’inizio del baratro…
scritto il
2024-05-13
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