Memoriale dell’invisibile - Atto II
di
Massenet
genere
etero
Atto II – 04/07/2024
L’invisibile si manifesta nel plasmare la materia, penetrandola. Materia, l’essenza solida delle cose, l’essenza solida del tuo sistema linfatico, del sistema cirolatorio di vene e capillari che si dipana su tutto il tuo essere sfiora ogni tua materica cellula, fibra, muscolo, persino grasso e si disegna in quelle curve sinuose che sono la più grande rappresentazione della tua estrosità invisibile, del tuo spirito.
Così muovi le tue forme materiche, i piedi che così tanto ti affanni a definire brutti, ma che io osservo affascinato quando balli perché tutto parte da lì, da come li usi per tirarti su, per orientare il resto del tuo corpo che sinusoidale si muove da quel punto primo che pianta il suo equilibrio sulla sabbia e ti lascia ondeggiare, in un ancheggiare, uno sculettare che richiama a tutta la materia che ha intorno il primordiale richiamo alla fecondità. Tu sei feconda, non serve altro, materia e feconda, materiale, materniale, mater-ia, madre mia, tu richiami il sesso in quanto materia, mater-ia, questo non è il fulcro del tuo erotismo, la manifestazione del tuo desiderio, questa è la rappresentazione del desiderio degli altri, di possederti, di sentirsi attratti, la tua materia che si fa magnetica e attira gli sguardi, gli occhi i pensieri, le intenzioni, i bisogni, i corpi, i movimenti, quelli controllati delle gambe che si dirigono verso di te, e quelli incontrollati come i rigonfiamenti dei cazzi bloccati dal costume (sociale e da mare).
Così l’invisibile si manifesta nel miracolo di lasciare la nostra pargola ai nonni, e scegliere una serata, andarci insieme, in maniera invisibile separarci, separare i corpi per lasciare invisibile il contatto delle nostre menti, lasciarti libera di ballare con me, ma soprattutto di ballare e basta, di perderti nella folla, di farti magnetismo e sussussarti all’orecchio quanti ti stanno guardando in questo momento. Farmi in disparte a praticare l’osservazione, il voyeurismo dello spettacolo materico che sei, che sei altro da me, lasciarti inebriare dagli odori e dalle attenzioni degli altri, osservarti mentre pratichi con incredibile maestria l’arte della seduzione di gesti impercettibili, selezionare chi ti soddisfa, attirarlo a te e giocarci, mostrarti e concedergli un contatto, più di uno, continuare a farti guardare, lasciarti avvinghiare, stabilire dei non-detti di comportamenti da avere insieme, danzare insieme, sentire la necessità dell’altro di avere di più. Tiri una boccata di sigaretta, e un po' ti gira la testa per non parlare del momento in cui sorridendo mi guardi e io ti faccio l’occhiolino, vieni da me ti dico.
Il tragitto tra il me fermo e la te in movimento è un insieme di troiaggine e amore affettuoso quando arrivi ti offro un po' di gin tonic e mi fai accendere la mia sigaretta, ti sussurro all’orecchio “ti piace?” tu mi abbracci e mi rispondi “non si nota?” “torna da lui, arrivo subito”.
Quando mi avvicino inizio la stessa danza che ha fatto lui, mi avvicino e aspetto che tu mi attiri nel tuo campo di attrazione fino a mischiarci in una danza di corpi che si sfiorano e si assimilano tra loro. Ma questa volta l’insieme materico del mio corpo e del tuo insieme non vogliono chiudere il resto del mondo fuori, strusciandoti sul mio pacco puoi guardare lui negli occhi e chiamarlo a te, lasciarlo avvicinare e sentire i tuoi seni che sfiorano il suo petto, lasciarti andare alle mani che ti cercano, cercare di contarle e di riconoscerne le movenze, perderne il contatto con la realtà e farne elementi indipendenti che nel buio dei tuoi occhi chiusi percorrono la tua carne e ti lasciano estasiata. Hai ancora le labbra bagnate delle mie quando la sua lingua ti sfiora il labbro inferiore. Me ne accorgo prima da come ti sei piantata sul mio pacco in quell’attimo di immobilismo che da come la sua mano ti ha cinto il collo. Dopo quei secondi interminabili di passione e flagellazione per me che sono il tuo uomo, ti pretendo e pretendo oltre, diventa una pomiciata senza freni quella tra me e te con le dita che ti pizzicano i capezzoli, e la lingua oscena che scende su tutto il collo fin sui tuoi seni, voglio di più devo rivendicare il mio, ovvero la tua mano sulla mia patta, invitata a toccare sopra la leggera stoffa dei pantaloni la mia erezione. “Voglio mettertelo in bocca, diglielo”.
Tu sei più eccitata di me, e come potrebbe essere il contrario, il tipo che hai scelto è un figo della madonna e le attenzioni che ricevi sono intrise di amore e passione, di materia e sentimento. “Mi piaci, ma devo andare ho voglia di prenderlo in bocca al mio uomo. Ma vorrei che continuassi a guardarmi, se vuoi puoi guardarmi, voglio che mi guardi”. Se non è un coglione alfa, non potrà che soddisfare la curiosità, e chissà, la fortuna aiuta gli audaci.
L’invisibile si manifesta nel plasmare la materia, penetrandola. Materia, l’essenza solida delle cose, l’essenza solida del tuo sistema linfatico, del sistema cirolatorio di vene e capillari che si dipana su tutto il tuo essere sfiora ogni tua materica cellula, fibra, muscolo, persino grasso e si disegna in quelle curve sinuose che sono la più grande rappresentazione della tua estrosità invisibile, del tuo spirito.
Così muovi le tue forme materiche, i piedi che così tanto ti affanni a definire brutti, ma che io osservo affascinato quando balli perché tutto parte da lì, da come li usi per tirarti su, per orientare il resto del tuo corpo che sinusoidale si muove da quel punto primo che pianta il suo equilibrio sulla sabbia e ti lascia ondeggiare, in un ancheggiare, uno sculettare che richiama a tutta la materia che ha intorno il primordiale richiamo alla fecondità. Tu sei feconda, non serve altro, materia e feconda, materiale, materniale, mater-ia, madre mia, tu richiami il sesso in quanto materia, mater-ia, questo non è il fulcro del tuo erotismo, la manifestazione del tuo desiderio, questa è la rappresentazione del desiderio degli altri, di possederti, di sentirsi attratti, la tua materia che si fa magnetica e attira gli sguardi, gli occhi i pensieri, le intenzioni, i bisogni, i corpi, i movimenti, quelli controllati delle gambe che si dirigono verso di te, e quelli incontrollati come i rigonfiamenti dei cazzi bloccati dal costume (sociale e da mare).
Così l’invisibile si manifesta nel miracolo di lasciare la nostra pargola ai nonni, e scegliere una serata, andarci insieme, in maniera invisibile separarci, separare i corpi per lasciare invisibile il contatto delle nostre menti, lasciarti libera di ballare con me, ma soprattutto di ballare e basta, di perderti nella folla, di farti magnetismo e sussussarti all’orecchio quanti ti stanno guardando in questo momento. Farmi in disparte a praticare l’osservazione, il voyeurismo dello spettacolo materico che sei, che sei altro da me, lasciarti inebriare dagli odori e dalle attenzioni degli altri, osservarti mentre pratichi con incredibile maestria l’arte della seduzione di gesti impercettibili, selezionare chi ti soddisfa, attirarlo a te e giocarci, mostrarti e concedergli un contatto, più di uno, continuare a farti guardare, lasciarti avvinghiare, stabilire dei non-detti di comportamenti da avere insieme, danzare insieme, sentire la necessità dell’altro di avere di più. Tiri una boccata di sigaretta, e un po' ti gira la testa per non parlare del momento in cui sorridendo mi guardi e io ti faccio l’occhiolino, vieni da me ti dico.
Il tragitto tra il me fermo e la te in movimento è un insieme di troiaggine e amore affettuoso quando arrivi ti offro un po' di gin tonic e mi fai accendere la mia sigaretta, ti sussurro all’orecchio “ti piace?” tu mi abbracci e mi rispondi “non si nota?” “torna da lui, arrivo subito”.
Quando mi avvicino inizio la stessa danza che ha fatto lui, mi avvicino e aspetto che tu mi attiri nel tuo campo di attrazione fino a mischiarci in una danza di corpi che si sfiorano e si assimilano tra loro. Ma questa volta l’insieme materico del mio corpo e del tuo insieme non vogliono chiudere il resto del mondo fuori, strusciandoti sul mio pacco puoi guardare lui negli occhi e chiamarlo a te, lasciarlo avvicinare e sentire i tuoi seni che sfiorano il suo petto, lasciarti andare alle mani che ti cercano, cercare di contarle e di riconoscerne le movenze, perderne il contatto con la realtà e farne elementi indipendenti che nel buio dei tuoi occhi chiusi percorrono la tua carne e ti lasciano estasiata. Hai ancora le labbra bagnate delle mie quando la sua lingua ti sfiora il labbro inferiore. Me ne accorgo prima da come ti sei piantata sul mio pacco in quell’attimo di immobilismo che da come la sua mano ti ha cinto il collo. Dopo quei secondi interminabili di passione e flagellazione per me che sono il tuo uomo, ti pretendo e pretendo oltre, diventa una pomiciata senza freni quella tra me e te con le dita che ti pizzicano i capezzoli, e la lingua oscena che scende su tutto il collo fin sui tuoi seni, voglio di più devo rivendicare il mio, ovvero la tua mano sulla mia patta, invitata a toccare sopra la leggera stoffa dei pantaloni la mia erezione. “Voglio mettertelo in bocca, diglielo”.
Tu sei più eccitata di me, e come potrebbe essere il contrario, il tipo che hai scelto è un figo della madonna e le attenzioni che ricevi sono intrise di amore e passione, di materia e sentimento. “Mi piaci, ma devo andare ho voglia di prenderlo in bocca al mio uomo. Ma vorrei che continuassi a guardarmi, se vuoi puoi guardarmi, voglio che mi guardi”. Se non è un coglione alfa, non potrà che soddisfare la curiosità, e chissà, la fortuna aiuta gli audaci.
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