Memoriale dell’invisibile - Atto III
di
Massenet
genere
etero
Il fumo nella bocca impasta i pensieri di puro concetto che mi intasano la mente, mentre assorto alla finestra mi godo la frescura della sera, donandogli densità.
La densità è una caratteristica fisica della materia, il fumo la dona ai pensieri, alla mia materia intellettuale. Così ora manifesto la mia materia in uno sbuffo di fumo.
Percepisco i tuoi movimenti pigri mentre ti impossessi del divano, lo spazio di luce utile è giusto quello lasciato dalla porta scorrevole socchiusa.
Sei sempre seminuda, tutto il giorno, con quella canotta leggera di raso che ti si appoggia sulla carne ma non sa contenerla. Il tuo movimento è lento, la tua compagnia ti piace, riconoscerti ti piace, vederti attraverso un obiettivo è una forma di provocazione. Possiedi l’arte del saperti provocare da sola.
Il fumo nella bocca impasta i pensieri di puro concetto che mi intasano la mente, mentre assorto alla finestra mi godo la frescura della sera, donandogli densità.
La densità è una caratteristica fisica della materia, il fumo la dona ai pensieri, alla mia materia intellettuale. Così ora manifesto la mia materia in uno sbuffo di fumo.
Percepisco i tuoi movimenti pigri mentre ti impossessi del divano, lo spazio di luce utile è giusto quello lasciato dalla porta scorrevole socchiusa.
Sei sempre seminuda, tutto il giorno, con quella canotta leggera di raso che ti si appoggia sulla carne ma non sa contenerla. Il tuo movimento è lento, la tua compagnia ti piace, riconoscerti ti piace, vederti attraverso un obiettivo è una forma di provocazione. Possiedi l’arte del saperti provocare da sola.
Il fumo nella bocca impasta i pensieri di puro concetto che mi intasano la mente, mentre assorto alla finestra mi godo la frescura della sera, donandogli densità.
La densità è una caratteristica fisica della materia, il fumo la dona ai pensieri, alla mia materia intellettuale. Così ora manifesto la mia materia in uno sbuffo di fumo.
Percepisco i tuoi movimenti pigri mentre ti impossessi del divano, lo spazio di luce utile è giusto quello lasciato dalla porta scorrevole socchiusa.
Sei sempre seminuda, tutto il giorno, con quella canotta leggera di raso che ti si appoggia sulla carne ma non sa contenerla. Il tuo movimento è lento, la tua compagnia ti piace, riconoscerti ti piace, vederti attraverso un obiettivo è una forma di provocazione. Possiedi l’arte del saperti provocare da sola.
Quante prospettive possono crearsi tra le tue curve? Infinite.
Mi rendo conto del mio privilegio, mi tocco l’erezione immaginando l’umanità al posto dei miei occhi, immaginando di pubblicare tutte le tue foto, mostrarle a tutti, esibirti, lasciarti ammirare dagli sguardi di tutti, e mentre consegno al fumo questa scena, le tue gambe si spalancano davanti allo schermo, ti guardi e ti tocchi come fossi davanti ad uno specchio. Ti accarezzi, ti guardi e ti tocchi, ti fissi negli occhi ti tocchi e ti muovi non stacchi gli occhi da te, ti accarezzi ti guardi e ti tocchi: chissà a cosa stai pensando, com’è la tua materia intellettuale, è la vista che ha guidato il pensiero, è il tuo corpo che domina il tuo pensiero. Mi domando a cosa tu stia pensando, vorrei la summa dei tuoi pensieri proprio ora che ho davanti la summa della tua materia. E non dirmi che non stai pensando a nulla. Avrai pensato alla foto da inviare ai tuoi spasimanti? Alla voglia di provocarli, di possederli mentalmente, portarli allo sfinimento, costringerli a renderti giustizia, renderti altro da tutte le altre scopate, invaghirli, ghermirli circuirli e solo alla fine lasciare alla loro mascolinità, al loro cazzo duro la facoltà di possederti il più forte e violento possibile. Stai pensando agli sguardi che ricevi in palestra? Ai messaggi timidi degli approcci? Al bukkake che guardi ripetutamente nei film porno? Un giorno giuro che lo avrai. Tu giunonica, fiera e fregna a metà tra il temperamento di una valchiria e la fecondità di un ventre africano. “i miei ragazzi mi han sempre detto che mi avrebbero voluto madre dei propri figli”, te l’ho detto anch’io e l’ho fatto subito, perché per me non era una frase romantica, era una fottuta pulsione sessuale, un’esigenza di piacere, tu valchiria africana femmina tra le femmine.
Tu con le tue dita ti affanni e raggiungi il culmine, io guardo, gli spasmi il rumore insistente del tuo massaggiatore che ti tritura il clitoride, inizi a gemere, ecco il suono dell’orgasmo, ecco il mio momento, atteso paziente. Ecco il mio regalo per te, tu che adori farti sbattere dopo essere venuta, sì eccomi solo ora entrare nella stanza e offrirti il mio sesso a completare l’opera della manifestazione della tua materia davanti a tutti noi.
“Amore sbattimi” mi dici sottovoce, e io dovrei metterti a pecora ed eseguire, ma mi siedo e ti faccio sedere su di me, perché finora ho guardato, ma adesso tocca a me avere quel che voglio e quel che voglio è la tua materia, vederti impalata su di me a spruzzarmi addosso tutti gli umori che hai in corpo, voglio bagnarmi completamente del tuo organismo, del tuo diario umorale, e questa è la posizione in cui ti esce meglio. Ti blocco i polsi sul mio petto e inizio a muovermi veloce e forte dentro di te, è il rumore a dirmi quando efficace, è tutto suono. Ti martellerò incessantemente fino a che non ti accascerai sul mio corpo, e mentre respiri affannata ti abbraccerò con una mano dietro la nuca, ti terrò a cavalcioni protesa su di me, e da qui ricomincerò a spingere forsennatamente sussurrandoti deciso all’orecchio che eri bellissima che ho visto tutto. Che sei bella e fica, e che alla fine è solo il cazzo che vuoi e voglio sentirtelo dire: “il tuo cazzo è quello che voglio. Voglio il tuo cazzo”. Ripetilo. Ripetilo e squirta, sollevati e allagami non voglio altro che la tua materia. Ora che ho avuto i tuoi umori, che ti sei stesa sulla schiena, dimmelo ancora “amore scopami forte”, mettimi i piedi sulle spalle e fatti sfondare fino al cervello, che lo so che così è come mi senti di più dentro, e allora senza misure e senza remore, ti sfonderò lasciandomi andare all’unica voglia di far suonare la tua carne come fossero percosse violente, ti penetrerò lasciandomi andare senza controllo, venendo come viene, per tanto tempo resiste il mio piacere ad uscire e restituirti la materia a inondarti il ventre il corpo e l’anima dei miei umori.
La densità è una caratteristica fisica della materia, il fumo la dona ai pensieri, alla mia materia intellettuale. Così ora manifesto la mia materia in uno sbuffo di fumo.
Percepisco i tuoi movimenti pigri mentre ti impossessi del divano, lo spazio di luce utile è giusto quello lasciato dalla porta scorrevole socchiusa.
Sei sempre seminuda, tutto il giorno, con quella canotta leggera di raso che ti si appoggia sulla carne ma non sa contenerla. Il tuo movimento è lento, la tua compagnia ti piace, riconoscerti ti piace, vederti attraverso un obiettivo è una forma di provocazione. Possiedi l’arte del saperti provocare da sola.
Il fumo nella bocca impasta i pensieri di puro concetto che mi intasano la mente, mentre assorto alla finestra mi godo la frescura della sera, donandogli densità.
La densità è una caratteristica fisica della materia, il fumo la dona ai pensieri, alla mia materia intellettuale. Così ora manifesto la mia materia in uno sbuffo di fumo.
Percepisco i tuoi movimenti pigri mentre ti impossessi del divano, lo spazio di luce utile è giusto quello lasciato dalla porta scorrevole socchiusa.
Sei sempre seminuda, tutto il giorno, con quella canotta leggera di raso che ti si appoggia sulla carne ma non sa contenerla. Il tuo movimento è lento, la tua compagnia ti piace, riconoscerti ti piace, vederti attraverso un obiettivo è una forma di provocazione. Possiedi l’arte del saperti provocare da sola.
Il fumo nella bocca impasta i pensieri di puro concetto che mi intasano la mente, mentre assorto alla finestra mi godo la frescura della sera, donandogli densità.
La densità è una caratteristica fisica della materia, il fumo la dona ai pensieri, alla mia materia intellettuale. Così ora manifesto la mia materia in uno sbuffo di fumo.
Percepisco i tuoi movimenti pigri mentre ti impossessi del divano, lo spazio di luce utile è giusto quello lasciato dalla porta scorrevole socchiusa.
Sei sempre seminuda, tutto il giorno, con quella canotta leggera di raso che ti si appoggia sulla carne ma non sa contenerla. Il tuo movimento è lento, la tua compagnia ti piace, riconoscerti ti piace, vederti attraverso un obiettivo è una forma di provocazione. Possiedi l’arte del saperti provocare da sola.
Quante prospettive possono crearsi tra le tue curve? Infinite.
Mi rendo conto del mio privilegio, mi tocco l’erezione immaginando l’umanità al posto dei miei occhi, immaginando di pubblicare tutte le tue foto, mostrarle a tutti, esibirti, lasciarti ammirare dagli sguardi di tutti, e mentre consegno al fumo questa scena, le tue gambe si spalancano davanti allo schermo, ti guardi e ti tocchi come fossi davanti ad uno specchio. Ti accarezzi, ti guardi e ti tocchi, ti fissi negli occhi ti tocchi e ti muovi non stacchi gli occhi da te, ti accarezzi ti guardi e ti tocchi: chissà a cosa stai pensando, com’è la tua materia intellettuale, è la vista che ha guidato il pensiero, è il tuo corpo che domina il tuo pensiero. Mi domando a cosa tu stia pensando, vorrei la summa dei tuoi pensieri proprio ora che ho davanti la summa della tua materia. E non dirmi che non stai pensando a nulla. Avrai pensato alla foto da inviare ai tuoi spasimanti? Alla voglia di provocarli, di possederli mentalmente, portarli allo sfinimento, costringerli a renderti giustizia, renderti altro da tutte le altre scopate, invaghirli, ghermirli circuirli e solo alla fine lasciare alla loro mascolinità, al loro cazzo duro la facoltà di possederti il più forte e violento possibile. Stai pensando agli sguardi che ricevi in palestra? Ai messaggi timidi degli approcci? Al bukkake che guardi ripetutamente nei film porno? Un giorno giuro che lo avrai. Tu giunonica, fiera e fregna a metà tra il temperamento di una valchiria e la fecondità di un ventre africano. “i miei ragazzi mi han sempre detto che mi avrebbero voluto madre dei propri figli”, te l’ho detto anch’io e l’ho fatto subito, perché per me non era una frase romantica, era una fottuta pulsione sessuale, un’esigenza di piacere, tu valchiria africana femmina tra le femmine.
Tu con le tue dita ti affanni e raggiungi il culmine, io guardo, gli spasmi il rumore insistente del tuo massaggiatore che ti tritura il clitoride, inizi a gemere, ecco il suono dell’orgasmo, ecco il mio momento, atteso paziente. Ecco il mio regalo per te, tu che adori farti sbattere dopo essere venuta, sì eccomi solo ora entrare nella stanza e offrirti il mio sesso a completare l’opera della manifestazione della tua materia davanti a tutti noi.
“Amore sbattimi” mi dici sottovoce, e io dovrei metterti a pecora ed eseguire, ma mi siedo e ti faccio sedere su di me, perché finora ho guardato, ma adesso tocca a me avere quel che voglio e quel che voglio è la tua materia, vederti impalata su di me a spruzzarmi addosso tutti gli umori che hai in corpo, voglio bagnarmi completamente del tuo organismo, del tuo diario umorale, e questa è la posizione in cui ti esce meglio. Ti blocco i polsi sul mio petto e inizio a muovermi veloce e forte dentro di te, è il rumore a dirmi quando efficace, è tutto suono. Ti martellerò incessantemente fino a che non ti accascerai sul mio corpo, e mentre respiri affannata ti abbraccerò con una mano dietro la nuca, ti terrò a cavalcioni protesa su di me, e da qui ricomincerò a spingere forsennatamente sussurrandoti deciso all’orecchio che eri bellissima che ho visto tutto. Che sei bella e fica, e che alla fine è solo il cazzo che vuoi e voglio sentirtelo dire: “il tuo cazzo è quello che voglio. Voglio il tuo cazzo”. Ripetilo. Ripetilo e squirta, sollevati e allagami non voglio altro che la tua materia. Ora che ho avuto i tuoi umori, che ti sei stesa sulla schiena, dimmelo ancora “amore scopami forte”, mettimi i piedi sulle spalle e fatti sfondare fino al cervello, che lo so che così è come mi senti di più dentro, e allora senza misure e senza remore, ti sfonderò lasciandomi andare all’unica voglia di far suonare la tua carne come fossero percosse violente, ti penetrerò lasciandomi andare senza controllo, venendo come viene, per tanto tempo resiste il mio piacere ad uscire e restituirti la materia a inondarti il ventre il corpo e l’anima dei miei umori.
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