Ho comprato una schiava parte 1
di
Kronor
genere
dominazione
Buongiorno a tutti, mi chiamo Lorenzo, è il 27 gennaio 2064, e vorrei raccontarvi una storia, in un certo senso la mia storia.
Come saprete, non senza moltissime discussioni e polemiche, da qualche anno è stata ripristinata la schiavitù, ma non voglio entrare nel merito della cosa o dare giudizi morali a riguardo, certamente, con quello che ho fatto, sono l’ultimo a poter parlare. Uno schiavo costa, e tanto, quindi immaginerete lo sforzo economico che mi è costato tutto quello che vi sto raccontando, e ovviamente ci sono delle regole. La schiavitù durerà il tempo della condanna, non un giorno di più. Lo schiavo è privato di tutti i diritti civili ed è equiparato in tutto e per tutto ad un bene, con l’eccezione che non si può uccidere, danneggiare permanentemente, o rivendere.
Ma arriviamo al punto, era una mattina come tante, ero al lavoro, e in un momento di pausa ho dato un’occhiata, come facciamo tutti, al sito dei nuovi ”subordinati” come piace chiamarli alla stampa, alla morbosa ricerca di qualcuno che conosciamo…e vedo un viso familiare. Ci metto un pochino per mettere a fuoco, ma poi ricordo. È una ragazza che avevo frequentato per un po’, ma eravamo usciti solo qualche volta e senza concludere nulla, e con cui era andata malissimo…come si chiamava…Valeria, ecco. Ci eravamo conosciuti per caso, era molto molto sexy, capelli neri lunghi e ondulati, pelle chiara, occhi azzurri, due tette meravigliose…snob, stronza, arrogante, presuntuosa…ricordo che a cena aveva maltrattato la cameriera per una sciocchezza, una figura davvero imbarazzante, dopo un paio di uscite mi aveva scaricato perché “non ero del ceto sociale adatto per una come lei, chiaramente al di fuori della mia portata”. Ricordare questa frase mi ha letteralmente fatto imbestialire, e mi è scattato qualcosa nel cervello…così prendo mezza giornata di ferie, mi iscrivo e corro all’asta.
Non ero mai stato in un posto del genere, classico palazzo governativo storico, bellissimo ma piuttosto freddo, entro nella stanza e, come per le fiere del bestiame c’è un palco su cui vengono fatti salire gli schiavi. Chi non verrà comprato andrà ai campi e alle cave, ma questo è un altro discorso, meglio non pensarci. La vedo, con una tuta blu informe, un po’ spettinata, sguardo spento, vuoto, rassegnato, verso il basso. A quanto ho capito ha cercato di truffare il fisco falsificando i conti della sua azienda per svariati milioni di euro, ma è stata beccata. L’asta comincia, non c’è molta gente, lei è la terza in vendita. Faccio la prima offerta, una signora sui 60 rilancia, poi un tizio grasso. Rilancio anch’io, è di nuova la signora, il tizio sembra fermarsi. Posso alzare ancora un po’, ma non posso permettermi di andare oltre, così provo. Mi aspetto che la signora mi superi, invece se ne sta buona, il banditore conta e…ho vinto, è mia, per i 10 anni della sua pena. Non ci credo, mi sembra davvero assurdo…ho comprato una persona, quando ci penso la testa mi gira. Esco, passo dalla segreteria, invio il bonifico, firmo mille scartoffie, mi spiegano della cavigliera elettrificata e mi dicono che posso aspettare in una sala d’attesa che preparino e consegnino la subordinata. Mi siedo, ho mille pensieri in testa, non mi capacito ancora di cosa ho fatto ma poi mi torna in mente il suo atteggiamento e sale la rabbia. Passano 40 minuti che mi sembrano eterni, poi arrivano due poliziotti che scortano Valeria ammanettata, me la consegnano dandomi le chiavi delle manette. È tutto davvero assurdo, scusatemi se sono monotono ma è una situazione surreale. Stamattina ero persino contrario al ripristino della schiavitù, della pena di morte e tutte le novità del Secondo Impero, e adesso…ho una schiava. Le faccio cenno di seguirmi, ha la testa bassa, non mi guarda, cammina dietro di me come uno zombie. Arriviamo alla macchia, la faccio sedere dietro, lungo la strada abbozzo un tentativo di discussione, ma davvero, che cazzo si dice ad una donna che per 10 anni sarà tua proprietà? Arriviamo a casa, le tolgo le manette, la faccio sedere sul divano e mi siedo di fronte a lei.
“Ciao Valeria, per prima cosa vorrei dirti di non preoccuparti, non ho alcuna intenzione di farti del male o altro di strano, e vorrei che riuscissi a sentirti a tuo agio nella tua nuova casa, se vuoi puoi farti una doccia e domani andremo a comprare dei vestiti. Scusami ma non ho nulla da donna, come puoi vedere sono single…” che discorso del cazzo. Ma quale sarebbe quello giusto?lei fa un debole cenno con la testa, così mi alzo e la accompagno verso il bagno, le porgo spugna e asciugamani puliti, esco e chiudo la porta. Solo dopo realizzo che se avessi voluto sarei potuto restare a guardarla, era un mio pieno diritto. Al pensiero sento il cazzo muoversi nei pantaloni, perché signori, era davvero una gran fica, ma non voglio essere quel tipo di padrone, non per ora almeno, così aspetto pazientemente in salotto.
Torna dopo mezzoretta, struccata, pulita, con addosso una mia tuta ovviamente troppo larga per lei. La porto a vedere la sua stanza, per adesso l’improvvisata stanza degli ospiti che nei prossimi giorni sistemeremo decentemente, le dico di riposarsi, non preoccuparsi di nulla per oggi e che per cena avrei ordinato delle pizze. Per un attimo mi cade lo sguardo su quegli occhi azzurri, e mi sorge spontaneo il ricordo del nostro incontro, che lei ovviamente al momento non ricorda nemmeno, e sento la rabbia salire…così me ne esco con “naturalmente però ricorda che sei la schiava, oltre all’ ovvio rispetto e cieca obbedienza mia aspetto da te diversi tipi di prestazioni”. Abbassa lo sguardo, spaesata, spaventata, spezzata, mi giro, chiudo la porta e lascio sola fermandomi un attimo dietro la porta chiusa e la sento piangere.
Il mattino successivo mi alzo presto, preparo la colazione e vado a svegliarla, la trovo già in piedi, probabilmente non ha dormito tutta la notte, con gli occhi gonfi viene in cucina, cerco di fare conversazione ma non le strappo più di qualche monosillabo, beve una tazzina di caffè e non tocca cibo, ma del resto è comprensibile. Le racconto il programma della giornata,vestiti per lei, un bel po visto che non abbiamo assolutamente niente, poi Ikea per qualche mobile per sistemare la sua stanza. Si fa una doccia, si rimette la mia tuta di ieri e saliamo in macchina. Entriamo in un centro commerciale, giriamo un po’ di negozi, non chiedetemi quali non ho nessuna idea delle varie marche da donna, facciamo scorta di pantaloni, gonne, magliette, camicette, maglioni…davvero tutto insomma, usciamo con tre sacchetti pieni. In tutto questo lei resta apatica e distante, come se non volesse guardare il mondo, come se facendo finta di non esistere la sua situazione scomparisse. Arriviamo ad un negozio di intimo, e qui finalmente la cosa mi interessa. La faccio parlare direttamente con la commessa per le taglie, la ragazza deve aver capito la situazione ma è stata molto professionale, scelgo io diversi completini molto sexy, baby-doll, autoreggenti, poi un po’ di mutandine e reggiseni più semplici. Alla cassa mi viene un mezzo infarto quando vedo il conto, ma sono sicuro che si ripagherà.
Carico tutto in macchina e mi dirigo verso l’ikea, lungo il tragitto le comunico una nuova regola: in casa, salvo le ordini diversamente, dovrà essere sempre in intimo senza altro addosso. Annuisce impercettibilmente con la testa e la vedo combattere per trattenere le lacrime, capisco la sua umiliazione, un po’ mi dispiace ma poi la ricordo quando l’avevo conosciuta…anzi, mi viene spontaneo un altro pensiero. La Valeria di quella cena come si comporterebbe con una schiava?sono certo che non avrebbe tanto riguardo, anzi, sfogherebbe su di lei la sua rabbia e il suo sadismo senza alcuna remora.
All’Ikea facciamo molto in fretta, non nego di aver avuto una gran voglia di tornare a casa, così carico il necessario in macchina e partiamo. Le comunico che d’ora in poi si sarebbe occupata dei pasti, la mattina avrebbe controllato cosa le sarebbe servito, avrebbe comprato ciò che mancava dal tablet e glielo avrebbero consegnato con il drone poco dopo, di nuovo da parte sua nulla più di un vago cenno con la testa.
Arrivati a casa e portati su gli acquisti, le dico di andare a cambiarsi, e torna poco dopo con una maglietta e dei jeans. “Valeria scusa ma mi sembrava di averti detto qual’era la regola a casa” la vedo tremare, le lacrime cominciare a far capolino da quei bellissimi occhioni azzurri “per favore, posso non farlo?” Mi si stringe il cuore, sono sincero, per un momento mi ha davvero fatto tenerezza, pena, ha risvegliato un istinto protettivo…ma poi l’ho ricordata quand’era in tutt’altra posizione, quando ha trattato quella cameriera in quel modo orribile, quando guardava tutti dall’alto in basso con disprezzo…”no Valeria, e chiariamo una cosa: i ruoli sono chiari e definiti, io sono il tuo padrone, ordino e tu obbedisci. Ora spogliati” singhiozza qualcosa che no capisco, senza muoversi “Valeria non voglio punirti, obbedisci” ancora nulla, così tiro fuori dalla tasca il telecomando della cavigliera. Evidentemente l’aveva già provata, per che subito spalanca gli occhi e borbotta “no no, scusa ti prego no” e si toglie la maglietta. Ed ecco lì, quelle bellissime tettone strette in un reggiseno bianco, la pelle chiara, lattea, senza un’imperfezione. Poi si toglie anche i jeans, mutandine bianche coordinate al reggiseno, semplici ma in questo momento non mi importa. Non si depila da un po’, lo vedo sulla gambe e sulle cosce, vicino l’inguine, a questo non avevo pensato ma in questo momento ho il cazzo di marmo, non me ne può fregare di meno di qualche pelo. Resta lì, in piedi, seminuda, cercando di coprirsi timidamente con le braccia.
“Braccia lungo i fianchi e girati”. Esegue, guardo quel bel culo sodo, un pochino più largo di come lo ricordavo, ma faccio fatica a resistere all’impulso di morderlo e baciarlo.
“Posso rivestirmi?” Qua mi fa incazzare. Davvero, in quel momento provo una rabbia che in realtà contribuisce ad eccitarmi ancora di più. “Cosa non è chiaro?in casa non sarai MAI vestita, e ti conviene fartene una ragione in fretta” “ma io…” senza quasi accorgermene premo il tasto sul telecomando della cavigliera, lei urla, percorsa da una scossa non effettivamente pericolosa ma certamente molto dolorosa. Barcolla, stordita “hai capito adesso?io ordino e tu obbedisci” glielo urlo, le sputo le parole con cattiveria, un insieme di pensieri, ricordi e sensazioni mi attraversano la mente, e lei ancora non ricorda chi sono, questo mi fa pensare a quanto poco fossi per lei. Incazzato nero le urlo di inginocchiarsi, resta immobile, riprendo il telecomando “no no ti prego” e si inginocchia con gli occhi colmi di paura. Mi avvicino, tiro fuori il cazzo durissimo, glielo avvicino alla bocca senza troppi riguardi, resta immobile, mi fa incazzare per l’ennesima volta. “Sai cosa devi fare, e se fai la stronza ti faccio davvero male” apre la bocca e glielo spingo dentro, le metto una mano dietro la testa e praticamente le scopo la bocca, non fa quasi nulla, manco sento la lingua ma non mi interessa, è esercitare un potere, un’applicazione di forza, un’atto di dominazione, in breve uno stupro, me ne rendo conto, ma in quel momento non mi interessa. Ci metto poco a venire, le tengo la testa riempiendole la bocca di sperma, lei è spaventata, schifata, non mi interessa minimamente. Finisco e mi tiro fuori dalla sua bocca, lei si sputa una parte sulla mano, una parte deve averla ingoiata, le dico di andare in bagno a lavarsi e di tornare qui subito dopo.
È la prima volta che scrivo qualcosa, spero vi sia piaciuto e che la forma non faccia troppo schifo, per qualsiasi idea, suggerimento e critica scrivetemi a skylar2023@libero.it
Come saprete, non senza moltissime discussioni e polemiche, da qualche anno è stata ripristinata la schiavitù, ma non voglio entrare nel merito della cosa o dare giudizi morali a riguardo, certamente, con quello che ho fatto, sono l’ultimo a poter parlare. Uno schiavo costa, e tanto, quindi immaginerete lo sforzo economico che mi è costato tutto quello che vi sto raccontando, e ovviamente ci sono delle regole. La schiavitù durerà il tempo della condanna, non un giorno di più. Lo schiavo è privato di tutti i diritti civili ed è equiparato in tutto e per tutto ad un bene, con l’eccezione che non si può uccidere, danneggiare permanentemente, o rivendere.
Ma arriviamo al punto, era una mattina come tante, ero al lavoro, e in un momento di pausa ho dato un’occhiata, come facciamo tutti, al sito dei nuovi ”subordinati” come piace chiamarli alla stampa, alla morbosa ricerca di qualcuno che conosciamo…e vedo un viso familiare. Ci metto un pochino per mettere a fuoco, ma poi ricordo. È una ragazza che avevo frequentato per un po’, ma eravamo usciti solo qualche volta e senza concludere nulla, e con cui era andata malissimo…come si chiamava…Valeria, ecco. Ci eravamo conosciuti per caso, era molto molto sexy, capelli neri lunghi e ondulati, pelle chiara, occhi azzurri, due tette meravigliose…snob, stronza, arrogante, presuntuosa…ricordo che a cena aveva maltrattato la cameriera per una sciocchezza, una figura davvero imbarazzante, dopo un paio di uscite mi aveva scaricato perché “non ero del ceto sociale adatto per una come lei, chiaramente al di fuori della mia portata”. Ricordare questa frase mi ha letteralmente fatto imbestialire, e mi è scattato qualcosa nel cervello…così prendo mezza giornata di ferie, mi iscrivo e corro all’asta.
Non ero mai stato in un posto del genere, classico palazzo governativo storico, bellissimo ma piuttosto freddo, entro nella stanza e, come per le fiere del bestiame c’è un palco su cui vengono fatti salire gli schiavi. Chi non verrà comprato andrà ai campi e alle cave, ma questo è un altro discorso, meglio non pensarci. La vedo, con una tuta blu informe, un po’ spettinata, sguardo spento, vuoto, rassegnato, verso il basso. A quanto ho capito ha cercato di truffare il fisco falsificando i conti della sua azienda per svariati milioni di euro, ma è stata beccata. L’asta comincia, non c’è molta gente, lei è la terza in vendita. Faccio la prima offerta, una signora sui 60 rilancia, poi un tizio grasso. Rilancio anch’io, è di nuova la signora, il tizio sembra fermarsi. Posso alzare ancora un po’, ma non posso permettermi di andare oltre, così provo. Mi aspetto che la signora mi superi, invece se ne sta buona, il banditore conta e…ho vinto, è mia, per i 10 anni della sua pena. Non ci credo, mi sembra davvero assurdo…ho comprato una persona, quando ci penso la testa mi gira. Esco, passo dalla segreteria, invio il bonifico, firmo mille scartoffie, mi spiegano della cavigliera elettrificata e mi dicono che posso aspettare in una sala d’attesa che preparino e consegnino la subordinata. Mi siedo, ho mille pensieri in testa, non mi capacito ancora di cosa ho fatto ma poi mi torna in mente il suo atteggiamento e sale la rabbia. Passano 40 minuti che mi sembrano eterni, poi arrivano due poliziotti che scortano Valeria ammanettata, me la consegnano dandomi le chiavi delle manette. È tutto davvero assurdo, scusatemi se sono monotono ma è una situazione surreale. Stamattina ero persino contrario al ripristino della schiavitù, della pena di morte e tutte le novità del Secondo Impero, e adesso…ho una schiava. Le faccio cenno di seguirmi, ha la testa bassa, non mi guarda, cammina dietro di me come uno zombie. Arriviamo alla macchia, la faccio sedere dietro, lungo la strada abbozzo un tentativo di discussione, ma davvero, che cazzo si dice ad una donna che per 10 anni sarà tua proprietà? Arriviamo a casa, le tolgo le manette, la faccio sedere sul divano e mi siedo di fronte a lei.
“Ciao Valeria, per prima cosa vorrei dirti di non preoccuparti, non ho alcuna intenzione di farti del male o altro di strano, e vorrei che riuscissi a sentirti a tuo agio nella tua nuova casa, se vuoi puoi farti una doccia e domani andremo a comprare dei vestiti. Scusami ma non ho nulla da donna, come puoi vedere sono single…” che discorso del cazzo. Ma quale sarebbe quello giusto?lei fa un debole cenno con la testa, così mi alzo e la accompagno verso il bagno, le porgo spugna e asciugamani puliti, esco e chiudo la porta. Solo dopo realizzo che se avessi voluto sarei potuto restare a guardarla, era un mio pieno diritto. Al pensiero sento il cazzo muoversi nei pantaloni, perché signori, era davvero una gran fica, ma non voglio essere quel tipo di padrone, non per ora almeno, così aspetto pazientemente in salotto.
Torna dopo mezzoretta, struccata, pulita, con addosso una mia tuta ovviamente troppo larga per lei. La porto a vedere la sua stanza, per adesso l’improvvisata stanza degli ospiti che nei prossimi giorni sistemeremo decentemente, le dico di riposarsi, non preoccuparsi di nulla per oggi e che per cena avrei ordinato delle pizze. Per un attimo mi cade lo sguardo su quegli occhi azzurri, e mi sorge spontaneo il ricordo del nostro incontro, che lei ovviamente al momento non ricorda nemmeno, e sento la rabbia salire…così me ne esco con “naturalmente però ricorda che sei la schiava, oltre all’ ovvio rispetto e cieca obbedienza mia aspetto da te diversi tipi di prestazioni”. Abbassa lo sguardo, spaesata, spaventata, spezzata, mi giro, chiudo la porta e lascio sola fermandomi un attimo dietro la porta chiusa e la sento piangere.
Il mattino successivo mi alzo presto, preparo la colazione e vado a svegliarla, la trovo già in piedi, probabilmente non ha dormito tutta la notte, con gli occhi gonfi viene in cucina, cerco di fare conversazione ma non le strappo più di qualche monosillabo, beve una tazzina di caffè e non tocca cibo, ma del resto è comprensibile. Le racconto il programma della giornata,vestiti per lei, un bel po visto che non abbiamo assolutamente niente, poi Ikea per qualche mobile per sistemare la sua stanza. Si fa una doccia, si rimette la mia tuta di ieri e saliamo in macchina. Entriamo in un centro commerciale, giriamo un po’ di negozi, non chiedetemi quali non ho nessuna idea delle varie marche da donna, facciamo scorta di pantaloni, gonne, magliette, camicette, maglioni…davvero tutto insomma, usciamo con tre sacchetti pieni. In tutto questo lei resta apatica e distante, come se non volesse guardare il mondo, come se facendo finta di non esistere la sua situazione scomparisse. Arriviamo ad un negozio di intimo, e qui finalmente la cosa mi interessa. La faccio parlare direttamente con la commessa per le taglie, la ragazza deve aver capito la situazione ma è stata molto professionale, scelgo io diversi completini molto sexy, baby-doll, autoreggenti, poi un po’ di mutandine e reggiseni più semplici. Alla cassa mi viene un mezzo infarto quando vedo il conto, ma sono sicuro che si ripagherà.
Carico tutto in macchina e mi dirigo verso l’ikea, lungo il tragitto le comunico una nuova regola: in casa, salvo le ordini diversamente, dovrà essere sempre in intimo senza altro addosso. Annuisce impercettibilmente con la testa e la vedo combattere per trattenere le lacrime, capisco la sua umiliazione, un po’ mi dispiace ma poi la ricordo quando l’avevo conosciuta…anzi, mi viene spontaneo un altro pensiero. La Valeria di quella cena come si comporterebbe con una schiava?sono certo che non avrebbe tanto riguardo, anzi, sfogherebbe su di lei la sua rabbia e il suo sadismo senza alcuna remora.
All’Ikea facciamo molto in fretta, non nego di aver avuto una gran voglia di tornare a casa, così carico il necessario in macchina e partiamo. Le comunico che d’ora in poi si sarebbe occupata dei pasti, la mattina avrebbe controllato cosa le sarebbe servito, avrebbe comprato ciò che mancava dal tablet e glielo avrebbero consegnato con il drone poco dopo, di nuovo da parte sua nulla più di un vago cenno con la testa.
Arrivati a casa e portati su gli acquisti, le dico di andare a cambiarsi, e torna poco dopo con una maglietta e dei jeans. “Valeria scusa ma mi sembrava di averti detto qual’era la regola a casa” la vedo tremare, le lacrime cominciare a far capolino da quei bellissimi occhioni azzurri “per favore, posso non farlo?” Mi si stringe il cuore, sono sincero, per un momento mi ha davvero fatto tenerezza, pena, ha risvegliato un istinto protettivo…ma poi l’ho ricordata quand’era in tutt’altra posizione, quando ha trattato quella cameriera in quel modo orribile, quando guardava tutti dall’alto in basso con disprezzo…”no Valeria, e chiariamo una cosa: i ruoli sono chiari e definiti, io sono il tuo padrone, ordino e tu obbedisci. Ora spogliati” singhiozza qualcosa che no capisco, senza muoversi “Valeria non voglio punirti, obbedisci” ancora nulla, così tiro fuori dalla tasca il telecomando della cavigliera. Evidentemente l’aveva già provata, per che subito spalanca gli occhi e borbotta “no no, scusa ti prego no” e si toglie la maglietta. Ed ecco lì, quelle bellissime tettone strette in un reggiseno bianco, la pelle chiara, lattea, senza un’imperfezione. Poi si toglie anche i jeans, mutandine bianche coordinate al reggiseno, semplici ma in questo momento non mi importa. Non si depila da un po’, lo vedo sulla gambe e sulle cosce, vicino l’inguine, a questo non avevo pensato ma in questo momento ho il cazzo di marmo, non me ne può fregare di meno di qualche pelo. Resta lì, in piedi, seminuda, cercando di coprirsi timidamente con le braccia.
“Braccia lungo i fianchi e girati”. Esegue, guardo quel bel culo sodo, un pochino più largo di come lo ricordavo, ma faccio fatica a resistere all’impulso di morderlo e baciarlo.
“Posso rivestirmi?” Qua mi fa incazzare. Davvero, in quel momento provo una rabbia che in realtà contribuisce ad eccitarmi ancora di più. “Cosa non è chiaro?in casa non sarai MAI vestita, e ti conviene fartene una ragione in fretta” “ma io…” senza quasi accorgermene premo il tasto sul telecomando della cavigliera, lei urla, percorsa da una scossa non effettivamente pericolosa ma certamente molto dolorosa. Barcolla, stordita “hai capito adesso?io ordino e tu obbedisci” glielo urlo, le sputo le parole con cattiveria, un insieme di pensieri, ricordi e sensazioni mi attraversano la mente, e lei ancora non ricorda chi sono, questo mi fa pensare a quanto poco fossi per lei. Incazzato nero le urlo di inginocchiarsi, resta immobile, riprendo il telecomando “no no ti prego” e si inginocchia con gli occhi colmi di paura. Mi avvicino, tiro fuori il cazzo durissimo, glielo avvicino alla bocca senza troppi riguardi, resta immobile, mi fa incazzare per l’ennesima volta. “Sai cosa devi fare, e se fai la stronza ti faccio davvero male” apre la bocca e glielo spingo dentro, le metto una mano dietro la testa e praticamente le scopo la bocca, non fa quasi nulla, manco sento la lingua ma non mi interessa, è esercitare un potere, un’applicazione di forza, un’atto di dominazione, in breve uno stupro, me ne rendo conto, ma in quel momento non mi interessa. Ci metto poco a venire, le tengo la testa riempiendole la bocca di sperma, lei è spaventata, schifata, non mi interessa minimamente. Finisco e mi tiro fuori dalla sua bocca, lei si sputa una parte sulla mano, una parte deve averla ingoiata, le dico di andare in bagno a lavarsi e di tornare qui subito dopo.
È la prima volta che scrivo qualcosa, spero vi sia piaciuto e che la forma non faccia troppo schifo, per qualsiasi idea, suggerimento e critica scrivetemi a skylar2023@libero.it
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