Ho comprato una schiava parte 3

di
genere
dominazione

Il giorno successivo a lavoro è stato un inferno, un problema dietro l’altro, casini che si accumulavano continuamente…sono arrivato alla fine della giornata davvero distrutto.
Non nego che ogni tanto, con la scusa di andare in bagno, ho dato una rapida occhiata al video girato la serata prima, ma purtroppo non era davvero la giornata giusta. Tornando a casa pensavo, naturalmente, a Valeria, a come mi sarebbe piaciuto se lei fosse stata più gentile, avesse finalmente accettato il suo nuovo ruolo e magari l’avessi trovata che preparava la cena, ad accogliermi con un bacio…impossibile naturalmente, di sicuro per adesso e forse anche per sempre. Entro in casa, la saluto e praticamente subito mi investe per farmi cancellare quel video. Urla, ma non la ascolto davvero, non ce la posso fare oggi, e non ho seriamente nessuna voglia di stare a sentire una schiava inveirmi contro. Sono stanco, sono stufo, e perdo davvero la pazienza. Premo il pulsante del telecomando della cavigliera la scossa la fa urlare, lo tengo premuto, cade a terra, si contornce, gli occhi sbarrati dal dolore, la bocca spalancata in un urlo silenzioso. Tolgo il dito dal pulsante, lei non si muove, forse ho esagerato. La tocco con una mano, reagisce, a fatica si mette seduta, mi guarda terrorizzata. “Vestiti, ti porto a vedere cosa c’è di peggio che essere qui con me” non dice niente, fatica un po’ ad alzarsi ma lo fa, si mette una maglietta, un maglione un paio di jeans e scarpe da ginnastica, scendiamo e la faccio salire in macchina. È il primo del mese, quindi ho un idea e passa per il centro della città, come ogni primo del mese ci sono state le esecuzioni, sono sempre un buon promemoria. Assassini e altri criminali di questo livello vengo impiccati pubblicamente nella via principale di ogni città, per i terroristi e i sovversivi invece c’è la crocifissione. Contrariamente a quanto si pensi quando crocifiggi qualcuno questo muore soffocato, il peso finisce sul petto e la cassa toracica non può espandersi, così dopo un po’ non riesce più a respirare. Per rimediare mettevano un pezzo di legno dietro la schiena del condannato, per tenere in avanti il petto. In questo modo il criminale poteva restare in vita molto a lungo, ma il Secondo Impero era misericordioso e il terzo giorno venivano tirati giù e uccisi con una pallottola. Perché poi qualcuno avrebbe dovuto agire contro il Secondo Impero non lo capivo, ci aveva portato ordine e disciplina, sicurezza, progresso…eppure i dissidenti esistevano. C’era gente che non si perdeva un’esecuzione, ne traevano un piacere sadico, ma non ero tra quelli, oltre quelle viste ai tempi della scuola, quando ci portavano a presenziarle, non ne avevo viste altre. Chissà se Valeria invece ne era un’appassionata…ma non era il momento per chiedere. Dopo circa 20 minuti in auto mi infilo in un grande parcheggio, scendiamo e arriviamo alla porta del locale, grande, sovrastata da un’insegna rossa luminosa. È uno dei bordelli dell’impero, volevo che Valeria vedesse cosa poteva succederle…molti comprano schiave per poi farle lavorare qui, in quel modo si ripagano e portano un guadagno. All’entrata spiego alla guardia che vorrei solo fare un giro con la mia schiava, lui la guarda mangiandola con gli occhi e poi dice qualcosa ad un telefono. Pochi secondi e arriva una signora sui 60 anni, ben vestita, un bel sorriso cordiale, piccina, con degli occhiali a punta dalla montatura scura. “Buonasera, sono la direttrice di questo locale, mi diceva il collega che vorreste semplicemente fare un giro, prego accomodatevi”. Attraversiamo una porta e ci trovavamo in un grande atrio, ci sono diversi divani, poltrone, tavolini, tutto ha in aria un po’ vecchia, ma è pulito. Sui divani diverse ragazze e donne, vestite in maniera provocante, ma perlopiù con lo sguardo spaventato o spento. “Queste sono le ragazze libere che aspettano i clienti, chi arriva può noleggiarle per il tempo che desidera e portare la ragazza al piano di sopra, nelle camere. Non sta comprando solo una prestazione sessuale, sta comprando la schiava per il tempo scelto, per quel periodo il cliente è il suo padrone”. Vedo qualcosa attraversare gli occhi di Valeria, ma non riesco a decifrare, paura?sdegno?
La signora continua “le ragazze lavorano così finché riescono, è un lavoro molto faticoso, quando ci rendiamo conto che il loro rendimento scende troppo vengono trasferite di sotto, nella stanza comune”. Naturalmente avevo sentito parlare delle stanze comuni, ma non ne avevo mai vista una, in gergo erano chiamate all you can eat. “Possiamo farla vedere alla schiava per favore?” Evito appositamente di chiamarla per nome “certamente” cinguetta la signora avviandosi verso una piccola porta di legno su un lato. La seguiamo, aperta la porta scende una scala e ci troviamo in una stanza molto molto grande, forse quanto l’intero edificio, la luce è soffusa, calda. Sparsi per la stanza ci sono dei tavoli e su di quelli delle strutture di tubi, simili a quello dei ponteggi. Bloccate in vario modo alle strutture ci sono le ragazze, immobilizzate in posizioni oscene, con le strutture di metallo che le tengono imprigionate ma le sostengono anche per evitare che esauste di accascino sul tavolo.
“Qua di solito vengono i clienti meno facoltosi, qui non possono noleggiare una schiava ma pagando una cifra fissa possono restare quanto vogliono e avere rapporti con tutte le schiave che vogliono. Le ragazze non possono rifiutarsi, sono qui solo per farsi penetrare, in qualsiasi orifizio il cliente gradisca. Fanno turni di 8 ore, poi qualcosa da mangiare, una doccia, un po’ di sonno e ricominciano. Tutti i giorni, fino alla fine della loro pena”.
Era una visione davvero pesante, le ragazze a volte sembravano a mala pena coscienti, lo sguardo vacuo, perso, come se fossero drogate, vagine e ani lividi dall’uso costante e non desiderato, anni di stupri continuativi senza neppure potersi muovere. Sapevo che non erano drogate, erano semplicemente spezzate, distrutte, erano state trasformate da persone a semplici pezzi di carne, orifizi per il piacere di sconosciuti, che perlopiù godevano proprio di quella situazione. Sicuramente, anche alla fine della pena, i danni psicologici dovevano essere immensi.
Indico una ragazza magra con i capelli rossi, sdraiata sul tavolo di schiena, le braccia bloccate sopra la testa, le gambe tenute sollevate abbastanza da farle alzare anche il culo, un tubo subito sotto per farlo appoggiare e impedirle di abbassarlo. La bocca era tenuta aperta da un oggetto simile a quello dei dentisti, sbavava vistosamente. Un uomo la stava scopando davanti a noi, probabilmente nel culo, in maniera, rozza, con forza, certamente facendole male ma lei non sembrava neanche accorgersene, si capiva che era viva solo dal ritmico alzarsi a abbassarsi del petto con il respiro. “Guarda, quello è il futuro che ti aspetta, mi basta concordare un prezzo al mese e lasciarti qui, e per te pagherebbero bene, lo sai. È questo che vuoi?perché sono davvero pronto a farlo se non cambi”. “No non voglio, per favore non farlo, è terribile” “lo è, e tutte queste ragazze non valgono meno di te, non hai nulla più di loro, quindi se non vuoi finire così comincia ad avere un po di rispetto” “va bene scusa lo farò, scusami, ma ora andiamo via, ti prego questo posto mi fa paura”
Per un attimo ho un pensiero, c’è una ragazza vicino a noi in piedi, piegata a pecora sul suo tavolo, gambe divaricate a forza, mi viene voglia di ordinare a Valeria di leccarla. È un desiderio forte, ci penso qualche secondo, vorrei umiliarla così, vorrei farle toccare concretamente quel dolore, quella deumanizzazione, fargliela sentire davvero vicina, ma forse ha capito. Indico la ragazza “potrei ordinarti di leccarle culo e fica e tu dovresti obbedire. Ho una gran voglia di farlo” “no per favore, ti prego no, voglio solo andarmene di qui, ho davvero paura di questo posto, ti prego portami via” sento la voce tremare, è veramente terrorizzata, forse ha capito che la schiavitù, per la maggior parte dei condannati, è questo o sorti simili, e non certo pulire casa o cucinare. O spompinarmi se è per questo. Cazzo, mi fa male ammetterlo, ma tutto questo mi ha eccitato. Vederla così docile e spaventata, la totale, assoluta sottomissione di queste donne…ho il cazzo durissimo. Sto imparando molto su di me in questi pochi giorni con Valeria, ma ormai una cosa l’ho capita, non sono una brava persona come credevo di essere.
Mi giro verso la nostra accompagnatrice, la ringrazio e le dico che abbiamo visto abbastanza, lei sorride e ci accompagna all’uscita. Arrivati alla porta mi dice “Se si stufasse di averla intorno sa dove trovarci, un esemplare come questo è sempre il benvenuto, e sicuramente sarebbe un buon investimento per lei”. La ringrazio, ma non sono ancora a quel punto. Torniamo verso casa, evito di passare di nuovo lungo il viale delle esecuzioni, non serve più, in macchina Valeria si lascia andare ad un pianto basso, è scossa dai singhiozzi, grosse lacrime scendono dagli occhi azzurri. Non le dico niente, non voglio alleviare la sua paura, forse per ora è l’unica cosa che capisce davvero.


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scritto il
2024-07-14
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