Mi hanno sorpreso a rubare in palestra (parte 2)
di
Nando Persona
genere
feticismo
Federico continuava a fissarmi adirato e gocciolare sul pavimento dello spogliatoio. Nei suoi occhi potevo leggere scandalo, disgusto e paura. Io ero totalmente pietrificato dal suo sguardo e non riuscivo a proferire una parola. La mia fronte era madida di sudore e muovevo le labbra solo per boccheggiare. I secondi passavano lenti, quando a un certo punto, finalmente, Federico si sblocca e mi chiede cosa stessi facendo col suo calzino in bocca. In quel momento mi sembrò una buona idea giustificarmi dicendo che non lo stavo leccando ma che lo stavo annusando. Se possibile, il viso di Federico si incupì ancora di più. Posso capire che, per un uomo come lui, l'immagine di un altro uomo che candidamente ammetta di aver desiderato sniffare i suoi odori non sia esattamente facile da elaborare. Fu colto da un moto di pudicizia e si coprì i genitali che fino a quel punto erano stati scoperti. Mi affrettai a dirgli di non essere omosessuale e che questa mia stranezza non aveva niente a che fare con l'attrazione. Federico si sciolse un po' e prese a rivestirsi in silenzio, tentando di elaborare l'accaduto. Decisi di lasciargli spazio e andai a fare una doccia. Al mio ritorno Federico era ancora lì seduto sulla panca dello spogliatoio, incerto e crucciato. Se possibile, ero ancora più imbarazzato di prima e dispiaciuto all'idea di aver rovinato il bel rapporto di amicizia che avevamo da anni. Mi sedetti di fronte a lui e decisi di dirgli la verità. Lo chiami per nome, reclamando la sua attenzione. Lui mi guardò imbarazzato. Gli chiesi se potessi tentare almeno di spiegare. Lui non rispose, ma lo presi per un silenzio assenso. Iniziai dicendo che provavo per lui una grande ammirazione, come amico, come persona, ma soprattutto come uomo. Gli dissi che l'esperienza dei nostri allenamenti mi era servita non solo per il supporto con gli esercizi ma anche per conformarmi a un modello di maschio che così tanto ammiravo e dal quale mi sentivo così lontano. Gli spiegai che per me era tutto una novità e gli mostrai il blog dal quale avevo appreso la teoria degli odori che mi aveva indotto a ricercare i suoi, per sentirmi un po' come lui. Federico alternava espressioni dispiaciute e smorfie di disgusto. Conclusi dicendo che ero dispiaciuto e che non sarebbe mai più ricapitato, pregandolo di mantenere il segreto per non distruggere definitivamente la mia irrilevante reputazione. Federico a quel punto si ridestò, frettolosamente riprese a vestirsi e non proferì più una parole per tutto il viaggio di ritorno. Quella sera saltammo la birra che usualmente bevevamo dopo gli allenamenti e ci dirigemmo a casa. Arrivati davanti la mia abitazione, Federico accostò, spense l'auto e mi guardò. Io non ero in imbarazzo, ero arreso all'inesorabile. Mi aspettavo di sentirmi dire che la nostra amicizia finiva lì. Finalmente si decise a parlare e mi disse impacciatamente che quella cosa non gli piaceva, che era molto lontana da lui, ma che aveva compreso e che sarebbe stato disposto a chiudere un occhio e a non riparlarne più, a patto che non succedesse nuovamente di sorprendermi a rubare la sua biancheria sporca. Quando nominò la biancheria, mi ricordai che il suo calzino era ancora nella mia borsa. La aprii, presi il calzino e feci per restituirglielo come segno di pace. Il calzino nel frattempo si era asciugato e le secrezioni di cui era pregno avevano iniziato a rilasciare il loro caratteristico odore di sudore e scarpe usate. L'abitacolo rapidamente si riempì di quella puzza. Federico mi guardò e mi chiese se veramente quell'odore (lui utilizzò l'espressione "quello schifo") mi piacesse. Gli spiegai nuovamente che per me non era una puzza ma un concentrato di ormoni maschili e che, nonostante l'iniziale straniamento derivante dal maleodore, sniffarlo mi faceva sentire più maschio a mia volta. Federico sembrò rassegnarsi a questo mio bisogno e mi fece cenno di tenere il calzino. Quando feci per scendere dall'auto, mi fermò e mi disse di passargli il suo borsone. Lo aprì e tirò fuori l'altro calzino, me lo porse dicendomi che di un calzino solo non avrebbe saputo cosa farsene e mi congedò dicendomi che ci saremmo aggiornati per il prossimo allenamento. Io scesi in silenzio dalla macchina, feci un cenno con la mano e lo guardai allontanarsi. Ero lì, davanti alla mia abitazione, con i suoi calzini sporchi in mano e mi sentivo profondamente umiliato come uomo e come persona. Rientrai in casa, poggiai i calzini sul tavolino e mi sedetti sul divano. Di lì a breve mi addormentai, sfinito da quel turbinio di emozioni e dormii profondamente fino all'alba del giorno seguente. Al mio risveglio, i suoi calzini erano lì e avevano diffuso per l'ambiente del mio soggiorno un lieve olezzo. Capii che l'odore stava svanendo e che i sentori più forti si stavano già attenuando. Li presi in mano, me li portai al viso e inspirai profondamente. Fui totalmente pervaso da quell'odore. Lo feci poi un'altra volta e un'altra ancora. A ogni sniffata il mio cervello riceveva una scarica di eccitazione e adrenalina. Mi preparai per il lavoro e portai i calzini con me, chiusi in una bustina ermetica. Più volte nel giorno mi recai nel bagno dell'ufficio a sniffare la biancheria sporca di Federico. E così continuai a fare per i due giorni successivi, fin quando l'odore non fu quasi del tutto consumato. A quel punto, i calzini non mi servivano più e, sapendo che quel giorno avrei rivisto Federico in palestra, decisi di lavarli e restituirglieli. Lavai energicamente i suoi calzini bianchi, che risultarono alla fine molto più candidi di come li avevo trovati. Federico passò a prendermi puntuale come sempre e, una volta salito in auto, gli porsi la bustina che conteneva i suoi calzini tornati come nuovi e profumati. Federico aprì l'incarto e rimase un po' in imbarazzo. Mi guardò e mi ringraziò, posandoli sul cruscotto. Arrivati in palestra, andammo a cambiarci e Federico non indossò i calzini che gli avevo reso, che erano rimasti in auto, ma un paio che aveva tirato fuori dal borsone. Io mi sforzai a tutti i costi di fare il vago e non farlo sentire osservato. Mentre indossava i nuovi calzini mi chiese come avessi fatto a farli uscire così bianchi, indicando quelli che indossava che ormai erano del tutto ingialliti. Spiegai che li avevo lavati energicamente a mano e che era tutta una questione di olio di gomito. Federico mi guardò e, con una battuta, mi disse che almeno così avevo fatto un po' di esercizio extra. Risi a forza e vorremmo in sala ad allenarci. L'allenamento filò liscio ed io mi sforzai di non far notare a Federico che cercavo in tutti i modi di trovarmi nella scia del suo sudore ascellare. Credo di esserci riuscito, sebbene qualche volta lui mi abbia rivolto un'occhiataccia. Tornati nello spogliatoio, ci sedemmo a riprendere fiato prima della doccia. Federico tolse le scarpe e le calze e rimase a piedi nudi. Non ci volle molto prima che l'odore di quegli indumenti puzzolenti inondasse lo spazio tra di noi. Senza rendermene conto, mi trovai a fissare i calzini che giacevano a terra tra le gambe di Federico e non mi curai del fatto che mi stesse guardando. Sollevai lo sguardo e lo vidi fissarmi. Stavolta nel suo sguardo coglievo una vena di compatimento e di divertimento. Mi chiese se volessi raccoglierli e che si vedeva che li volessi. Gli chiesi se stava facendo sul serio e mi rispose di sì, aggiungendo che per quanto disgustosa la cosa a lui non creava problemi e era prima di attrazione sessuale. Lui si alzò e proseguì a spogliarsi e io raccolsi da terra i suoi calzini. Per pudicizia, non li sniffai davanti a lui e li riposi subito nel mio borsone. Federico intanto aveva sfilato i pantaloncini e si era faticosamente tolto la t-shirt, che gli si era attaccata addosso tanto era bagnata. Piego la t-shirt sporca e prima di metterla via annusò la parte della manica che era stata a contatto con le sue ascelle. Fece una faccia disgustata e mi disse ridendo che era impossibile che mi piacesse anche quell'odore. Io lo guardai profondamente imbarazzato e colpito nel mio orgoglio. Sul volto di Federico si palesò nuovamente l'imbarazzo e un cenno di senso di colpa. Capì di avermi inutilmente messo in imbarazzo, nonostante io con lui mi fossi aperto e fossi stato sincero sul senso della mia dipendenza dagli odori maschili. Con fare comprensivo mi guardò, allungò la mano con la t-shirt sporca e mi chiese se volessi provare a sniffare anche quella. Federico era un bravo ragazzo, sapevo che non mi stava tendendo un tranello. Era davvero onesto. Nei pochi secondi che seguirono, mi interrogai se accettare o meno la sua gentilezza. Federico ormai sapeva quali fossero le mie stranezze, ma un conto era che sapesse della mia passione per i suoi indumenti sudati e un altro che proprio davanti a lui mi cimentassi in una pratica che già aveva suscitato il suo scandalo. Al che gli chiesi retoricamente se fosse serio e se non gli avrebbe fatto schifo assistere a una cosa del genere. Mi disse di no. Al che allungai la mano e accettai la sua offerta, presi la t-shirt tra le mani e portai al naso la manica pregna del suo sudore e del suo odore ascellare. Posai sul naso il tessuto umido e caldo e inspirai. Il tanfo delle sue ascelle, che non erano state più lavate plausibilmente dalla sera prima, molto più dei calzini fu come una scossa elettrica per il mio cervello. Terminata la mia sniffata lo guardai e, ora che aveva compreso vedendo qual era su di me l'effetto benefico di quegli odori, mi sorrise affettuosamente. Aggiunse che non avrebbe mai capito, ma che non era nessuno per giudicare. Feci per restituirgli la maglietta, ma lui mi fermò. Mi disse che potevo tenere maglia e calzini fino al nostro prossimo allenamento e che avrei potuto restituirglieli puliti. Non lo ringraziai perché la sua proposta mi imbarazzò molto. Mi limitai a mettere tutto nel borsone e annunciare che sarei andato in doccia. Mentre uscivo dallo spogliatoio in direzione delle docce, vidi con la coda dell'occhio Federico che si sfilava le mutande. Le sue mutande erano totalmente bagnate sul fondo schiena e si intravedeva un piccolo alone anche sul davanti, probabilmente in corrispondenza del suo prepuzio. Poco prima era andato in bagno. Proseguii verso le docce e mi lavai. Ero contento del nostro patto, non mi sembrava sensato chiedergli anche le mutande. Forse io stesso non ero ancora pronto per apprezzare l'odore del pene e dei suoi umori, l'odore dello scroto e quello del sedere di Federico. Entrambi finimmo di prepararci e uscimmo dalla palestra. Bevemmo la birra e poi tornammo a casa. Rientrato in casa mia ero talmente eccitato dei nuovi indumenti da sniffare che non mi tolsi neanche la giacca e corsi sul divano. Aprii il borsone, estrassi i miei nuovi giocattoli e li sniffai profondamente. Continuai così per circa un'ora. La mia faccia e le mie mani erano sapevano del tanfo delle ascelle di Federico e della puzza dei suoi piedi. Riposi tutto in due bustine separate e mi diressi a letto. L'indomani trascorse rapidamente e continuai a fare le mie capatine in bagno per sniffare di tanto in tanto un calzino. Tra una sessione e l'altra mi venne da fare pipì e mi accostai agli urinatoi del bagno dell'ufficio. In quel momento entrò un inserviente e si recò anche lui al muro per urinare. Si posizionò poco distante da me e iniziò a rilasciare la sua vescica. Si capiva che la tratteneva da molto per via dell'odore che saliva dal suo urinatoio. La trovai una fragranza interessante, diversa da ciò a cui ero abituato. L'inserviente teneva in mano il suo membro, decisamente più considerevole del mio, con la mano destra, usando ben quattro dita per tenere l'asta. Finito il suo bisogno, si sgrullò rapidamente il pene e dopo una grattata di palle lo ripose nelle mutande. Anch'io avevo finito e mi avviai ai lavandini. L'inserviente riprese il carrello che aveva lasciato davanti l'entrata del bagno e fece per andarsene senza lavarsi le mani. Mi sembrò un'occasione giusta per sperimentare quell'odore che a me ancora mancava. Vidi che nel suo carrello c'erano dei rotoloni di carta e gli chiesi se potessi prenderne un po' prima di lavarmi le mani, sebbene in bagno ve ne fosse altra. Era una scusa stupida, ma su due piedi non seppi fare di meglio. Lui acconsentì sbrigativamente e mi fece prendere alcuni strappi da un rotolone già iniziato. Preso ciò che mi serviva, lo ringraziai e feci per dargli la mano destra. Lui ricambiò stranito il mio gesto e se ne andò. Appena fu lontano portai al naso la mano che aveva toccato la sua, impregnata del sudore del suo scroto e magari di qualche goccia di urina. Sniffai le dita e l'esperienza fu incredibile. L'odore risultò essere inebriante e penetrante. Non mi ero mai sentito così maschio prima d'ora. Continuai per un po' a sniffare le dita, ma l'odore era già quasi del tutto andato. Mi lavai le mani e tornai alla mia postazione di lavoro. Ripresi a lavorare su diversi progetti. Di tanto in tanto mi distraevo senza fare caso ai miei pensieri. Ultimato l'ultimo progetto, mi soffermai un po' a guardare il soffitto e rilassarmi. I pensieri viaggiavano lenti. Mi tornò in mente la scena delle mutande di Federico. A un certo punto mi ridestai, mi sedetti composto e mi domandai "di cosa sapranno le mutande di Federico?". Forse era arrivato il momento di scoprirlo.
(To be continued)
(To be continued)
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