Mi hanno sorpreso a rubare in palestra (parte 3)
di
Nando Persona
genere
feticismo
Durante le settimane a seguire si consolidò l'accordo che avevamo condiviso io e Federico, quindi dopo i nostri allenamenti io potevo tenere la sua t-shirt sudata e i suoi calzini sporchi da sniffare, a patto di restituirglieli puliti all'appuntamento successivo. Era diventata ormai una consuetudine, non ne parlavamo più e Federico sembrava essere sempre più a suo agio con la cosa, al punto che quando si spogliava sniffava per primo la sua biancheria e nel passarmela mi chiedeva di annusarla a mia volta. Quando lo accontentavo, lui si faceva una risata. Credo che alla lunga avesse maturato una sorta di compiacimento, perché aveva iniziato a fare dei commenti del tipo "cavolo quanto puzzo oggi" oppure "oggi ho veramente dato tutto, senti un po' qui che aroma". Ad ogni modo, sembrava che gli piacesse vedermi apprezzare le sue secrezioni e i suoi odori virili. Con l'avanzare dei giorni, iniziavo a maturare una certa assuefazione dagli odori della sua biancheria sporca. Più passava il tempo e più mi accorgevo di desiderare di più dal nostro rapporto. Non avevo smesso di pensare alle sue mutande, che erano ancora un oggetto proibito, ma avevo iniziato anche a domandarmi che odore avessero direttamente i suoi piedi e le sue ascelle, e non più solo i suoi calzini e la sua t-shirt. Stavo diventando avido dei suoi odori e volevo testarli direttamente dalla fonte. Ad ogni modo, sapevo che quello fosse un tabù invalicabile e avevo deciso che mi sarei accontentato della biancheria per il momento, ma almeno volevo arrivare ad averla tutta, mutande comprese. Fu così che un giorno, mentre ci svestivamo dopo l'allenamento, all'ennesimo "senti qui che puzza oggi" tentai di approcciare la questione dicendogli "e sono solo piedi e ascelle, pensa il resto". Sapevo che fosse un tentativo ardito, soprattutto perché fino a quel momento gli avevo mostrato solo remissività e mai iniziativa (avevo sempre fatto in modo che fosse lui a proporsi), ma non ero più spaventato dalle sue reazioni vista la disponibilità che mi aveva mostrato. Il suo volto si fece dubbioso, anche se accennava ancora un sorriso. Decisi di essere ancora più chiaro e gli spiegai che gli odori maschili più forti e più pregni di ormoni sono quelli delle zone erogene, con tanto di esempio legato agli animali che comunicano sniffandosi i genitali a vicenda. Dissi tutto questo guardando a terra, sapevo che stavo tentando di valicare un confine mai varcato finora e non volevo sembrare troppo sfacciato. Federico capì la richiesta che si celava dietro le mie parole e molto assertivamente mi chiese se volessi anche le mutande. Sempre guardando a terra, risposi che mi ero domandato se la cosa sarebbe potuta piacerci. Usai volutamente il plurale, includendo anche lui. Volevo che sapesse che quello che stava per avvenire avrebbe sancito il fatto che non succedeva solo per accontentare me, ma che anche lui provava una sorta di compiacimento perverso nel vedere me, un uomo inferiore a lui, adorare i suoi indumenti sporchi ed essere in balia dei suoi odori. Seguirono lunghissimi secondi di silenzio mentre io continuavo a guardare per terra e fingevo di preparare distrattamente l'occorrente per andare a fare la doccia. Federico non si era mosso di un millimetro dall'inizio della conversazione e probabilmente aveva continuato a fissarmi. Non avevo il coraggio di cercare il suo sguardo, sapevo che sarei sprofondato nell'imbarazzo e nell'umiliazione. Terminato di preparare il mio occorrente, operazione che si era inutilmente protratta oltre l'inverosimile, presi il mio asciugamano e feci per congedarmi, dicendo che sarei andato a lavarmi. A quel punto Federico mi disse di aspettare e mi voltai a guardarlo. Federico si sfilò le mutande grigie madide del suo sudore e dei suoi umori e le lasciò per terra. Rapidamente mi superò per andare in doccia e passandomi di fianco mi disse di raccoglierle. Fui stranito dal cambio di modalità, in genere mi passava lui le sue cose dopo averle sniffate per primo. Mi domandai se non volesse sperimentare anche lui una nuova forma di sottomissione, chiedendomi nei fatti di abbassarmi per raccogliere da terra le sue mutande sporche. Senza sapere se si fosse già allontanato, eseguii la sua richiesta e, prima di riporle nel borsone, portai al naso le mutande. In particolare, mi soffermai sulla parte del tessuto che era stata a contatto col suo scroto e col perineo. L'esperienza fu decisamente incredibile. Quel mix di odori forti, maschili, muschiati generò una scossa che dal mio cervello si ripercosse per tutto il corpo, facendomi venire i brividi e traballare. Ero però ancora troppo curioso e, prima di riporle, misi il naso dove era stato adagiato il suo pene e dove, probabilmente, si erano raccolte tracce di urina e dei suoi umori durante il giorno. Quella fu in definitiva la cosa più perversa e gratificante che avevo annusato da lì a tutti i mesi precedenti. Né i suoi calzini maleodoranti né il tanfo delle sue t-shirt erano paragonabili al forte odore degli umori stantii del suo pene. Trassi un ultimo, lungo, sfacciato respiro e riposi le sue mutande nel mio borsone. Mi voltai per andare in doccia e vidi lì Federico. Non si era mai mosso da lì ed aveva assistito a tutta la scena. La dinamica fu la medesima della primissima volta, solo che stavolta il suo volto era compiaciuto e divertito. Era possibile che ormai Federico si fosse appassionato a quella pratica di sottomissione e che un po' lo compiacesse l'idea che gli odori delle sue secrezioni e dei suoi umori avessero un tale ascendente su un altro uomo. Lo raggiunsi, affiancandolo, e gli chiesi se saremmo andati in doccia. Lui mi diede una pacca sulla palla e ci dirigemmo verso le docce. Eravamo soli, uno di fronte all'altro, e ci lavavamo, quando a un certo punto Federico si rivolse a me scusandosi di avermi fatto annusare delle mutande usate per tutto il giorno, a differenza delle calze e delle t-shirt che in genere venivano indossate solo subito prima dell'allenamento. Gli dissi che non era un problema e che anzi avevo apprezzato, spiegandogli che mi piacevano gli odori un po' più forti. Mi chiede se tra questi fossero compresi anche l'odore del pene odoroso e dell'urina stantia. Gli dissi di sì, per ciò che comunque atteneva a quello che potevo raccogliere dalle mutande. Mi domandò se non trovavo disgustosa quella "puzza di pesce". Gli risposi di no, chiarendo che comunque ciò che era possibile sperimentare con le mutande fosse imparagonabile rispetto agli odori reali che originavano dalla pelle, perché infatti sulla biancheria rimaneva solo una sorta di impronta di quello che era l'odore originale. A quel punto decisi sfacciatamente di alzare lo sguardo e cercare quello di Federico per misurare la sua reazione. Per la prima volta sul suo viso notai un'espressione vagamente sadica, per quanto ancora sorridente e divertita. Compresi allora quanto la mia pudicizia fosse del tutto superflua, perché invece era proprio la sfacciataggine con la quale alludevo alle mie istanze così scandalose che ingaggiavano Federico a voler sperimentare. Erano sempre state le mie allusioni a precedere le evoluzioni delle nostre sperimentazioni, che erano state tanto spinte quanto esplicite erano state le mie richieste. Per provare la mia tesi, non attesi che fosse Federico a propormi di sniffare direttamente i suoi piedi, le sue ascelle, i suoi genitali o il suo sedere, ma fui io a giocarmela con un "magari una volta si può provare se ti fa piacere". Da quando tutto era iniziato, quello fu il mio primo grande errore di valutazione. Federico chiuse tempestivamente l'acqua della doccia e mi si avvicinò, con un'espressione adirata in viso. Fece due passi, mi fu di fronte e disse "ricordati che è a te che piace tutto questo, io ti sto solo facendo un favore". Ed era vero. Forse Federico aveva solo goduto nell'essere il mediatore delle mie scoperte, colui che mi aveva favorito, che aveva controllato la sperimentazione delle mie perversioni. Ma, appunto, si trattava delle mie perversioni, delle mie stranezze. O, almeno, Federico ancora la pensava così ed io dovevo essere cauto nel tentare le mie forzature. Spaventato dalla sua nettezza, risposi "scusa, Fede, hai ragione, ho detto una stronzata". E lui "se vuoi provare, una volta proviamo, ma almeno non farla passare per una cosa mia". Bingo! Il raggiro che stava per tramutarsi in dramma alla fine aveva funzionato. Sebbene sbagliassi sull'approccio da adottare, su una cosa avevo ragione: Federico era appagato dalle mie stranezze e gli piaceva sapermi sottomesso a lui. Mi affrettai a rispondere "Ok, proveremo quando sarà il caso". E lui "sì, anche perché ormai ho già lavato tutto e poi avevo fatto la doccia anche ieri sera, non c'era un granché di odore". E io, chiudendo "giusto, vorrei provare sapendo che hai il pisello bello speziato". Mi presi io la responsabilità del tutto, così da tranquillizzarlo. E funzionò, Federico si fece una fragorosa risata e si allontanò. Stava ridendo di me.
(To be continued)
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