Mi hanno sorpreso a rubare in palestra (parte 4)

di
genere
feticismo

Per le due settimane che seguirono non mi allenai con Federico. Lui era fuori città per lavoro. Continuai comunque gli allenamenti, ma anticipando un po' l'orario. Adoravo aggirarmi per gli spogliatoi pieni di maschi sudati e maleodoranti, era un mix di odori che mi inebriava. Per qualche motivo a me incomprensibile, molte persone vanno in palestra già sporche e puzzolenti, forse per lavarsi una volta sola direttamente dopo l'allenamento. Io comunque apprezzavo questa scarsezza di igiene altrui. Qualche volta ero anche riuscito a sottrarre qui e lì un paio di mutande o una calza, senza neanche doverli restituire dopo averli sniffati perbene. Giorni dopo Federico tornò dalla sua trasferta e ci vedemmo per l'allenamento. Mi spiegò che sarebbe rimasto per i due giorni del weekend e che poi sarebbe dovuto ripartire per un'altra settimana, chiedendomi se eccezionalmente potessimo allenarci due giorni di fila. Io acconsentii. Ci vedemmo l'indomani al solito orario per allenarci. Quel giorno Federico ci diede davvero dentro, sembrava andare a motore. Arrivati negli spogliatoi, quando già pregustavo il mio consueto premio, Federico prese il borsone e mi chiese se per quella volta potessimo lavarci a casa, perché era di fretta e aveva promesso alla moglie una serata per farsi perdonare la lunga assenza delle settimane precedenti. Acconsentii senza replicare e senza manifestare il mio disappunto. Federico mi lasciò a casa senza fare cenno ad alcuna delle nostre ormai consolidate abitudini. Tutto questo mi stranì alquanto. Non più di quanto mi stranì mezz'ora più tardi apprendere dai social che in realtà Federico non aveva alcun impegno con sua moglie, poiché anche lei si trovava fuori città, in visita dalla sua famiglia. Era plausibile che mi avesse mentito perché la tradiva? O semplicemente non l'aveva informata del suo temporaneo rientro per qualche motivo che non mi era dato sapere? Mentre riflettevo fra me e me, ricevetti un messaggio di Federico, il quale mi chiedeva se fosse possibile per l'indomani allenarci di mattina presto. Era tutto molto strano, non lo avevamo mai fatto prima, soprattutto di domenica. Incuriosito però da questi suoi comportamenti misteriosi, nuovamente acconsentii alla sua richiesta. Decisi che era arrivato il momento di fare la doccia, quindi andai a lavarmi. In seguito cenai e dopo un po' di relax davanti alla televisione, non avendo niente da annusare, andai a dormire. La mattina seguente alle 6 ero davanti casa in attesa di Federico. Cinque minuti dopo passò a prendermi. Prima di entrare in auto notai guardando attraverso il finestrino che indossava una canottiera. Era molto strano, perché quello non era un indumento che Federico trovava pratico, ne avevamo parlato molte volte, ma soprattutto era pieno inverno e c'erano meno di cinque gradi. Mi affrettai ad aprire lo sportello ed entrare in macchina. Notai con grande sorpresa due cose: la prima fu la temperatura del riscaldamento insolitamente alta, anche per essere inverno; la seconda fu il forte, persistente tanfo di ascelle che aveva completamente invaso l'abitacolo e che quel tepore diffuso rendeva ancora più pungente. Salutai Federico, lui di risposta accennò un bel sorriso e mi disse "sentito che roba?". Sorrisi anch'io e risposi "il buongiorno si vede dal mattino!". Entrambi ridemmo. Nel tragitto verso la palestra, mentre mi godevo quel forte tanfo di ascelle e di sudore in generale, presi a guardare Federico. Aveva i capelli sporchi e, in generale, non sembrava essersi fatto una doccia di recente. Tentai di indagare chiedendogli "scaldabagno rotto?". Lui rise fragorosamente e mi disse che la sera precedente, rientrato a casa, poco prima di entrare in doccia sua moglie gli aveva comunicato che non sarebbe riuscita a prendere l'ultimo treno per rientrare e che quindi lui aveva deciso di concedersi un po' di relax sul divano, finendo per addormentarsi senza lavarsi. Concluse dicendo che normalmente si sarebbe lavato per non uscire di casa in quelle condizioni, anche se stava andando in palestra, ma che poi aveva pensato che per me non sarebbe stato un problema un po' di puzza extra. Federico sembrava stranamente eccitato in quella situazione, si capiva che era ubriaco del potere che la mia condizione di uomo inferiore e sottomesso alla sua virilità gli aveva accordato. Aveva davvero accettato di essere l'alfa e che io fossi il suo beta. Io risposi che non era ovviamente un problema e che anzi apprezzavo l'opportunità di poter sperimentare una cosa nuova. Speravo che la novità potesse tradursi nella possibiltà che lui mi accordasse di sniffare le sue molteplici puzze direttamente dalla fonte. Lui si voltò e mi disse che il motivo per cui aveva messo la canotta era sperimentare ciò che gli avevo chiesto un po' di tempo addietro. Arrivati al parcheggio della palestra, Federico spense il quadro, si voltò verso di me e poggiò il braccio dietro il poggiatesta del mio sedile, lasciando totalmente scoperta la sua ascella. Sotto l'ascella di Federico si annidava un bel cespuglio nero e ispido di peli spessi e impiastricciati di sudore stantio. La guardai e si era già inumidita alquanto per via dell'alta temperatura che si era creata in auto. In effetti eravamo entrambi molto sudati. Guardai Federico e gli chiesi il permesso di avvicinarmi. Lui me lo accordò e prese a guardarmi in maniera divertita e sadica. Continuai a fissarlo durante tutto il mio avvicinamento. Quando fui ormai prossimo e l'odore di quel tanfo già pervadeva totalmente le mie narici, Federico aprì ancora di più l'arcata ascellare, che finì per sovrastare totalmente il mio volto. Prendendolo come un invito, mi avvicinai ulteriormente. Ormai sentivo i peli delle ascelle di Federico sul mio viso e dalla sua pelle ormai prossima saliva un caldo umido. L'odore era indescrivibile. Era un tanfo talmente fetido e pregno di testosterone che mi annebbiò la mente. Inebriato com'ero, inizia a trarre dei profondi respiri, gonfiando pienamente i miei polmoni. Diedi almeno cinque o sei boccate profondissime, emettendo dei rumori paragonabili a quelli che le persone emettono per riprendere aria dopo una apnea prolungata. Probabilmente emisi anche dei mugugni, ma non ci badai. Continuai a sniffare profondamente l'ascella di Federico per almeno un minuto, fino a che non decisi di scorgermi oltre quel pelo folto, nero e sudato, che copriva tutto il mio viso, e sbirciare il volto di Federico. Lui mi fissò e mi chiese se fossi già stanco. Il suo tono era serio. Tornai nella posizione precedente e ripresi a sniffare avidamente l'ascella di Federico, appena a qualche millimetro dalla pelle, coi suoi pelli che ormai mi entravano fin dentro al naso. Non so se fui io a sporgermi troppo o se fu Federico ad avanzare volutamente, ma a un certo punto mi dovrai col muso e il naso schiacciati contro la sua ascella. In quel momento mi bloccai in attesa di obiezioni da parte di Federico. Quando non arrivarono, presi a strusciare labbra e naso contro la sua ascella. Ormai il suo sudore era totalmente sparso sul mio viso, che puzzava come la sua ascella. Col mio naso, come un segugio in cerca della sua preda, esplorai ogni angolo della sua ascella. Federico premeva la sua ascella contro il mio viso. Io ero totalmente in trance. Non mi ero mai vergognato tanto in vita mia, eppure non mi ero mai sentito così tanto appagato. Dopo un po' in quella posizione, inizai a domandarmi che sapore potesse avere l'ascella sudata di Federico. Non ne avevamo mai parlato, ma decisi di provare. Inizialmente schiusi la labbra per boccheggiare ed espirare. Ora i peli di Federico erano nella mia bocca e la cosa non sembrava disturbarlo. Il sapore salato dei suoi peli mi tolse ogni inizibizione. Tirai fuori la lingua e diedi una bella leccata verticale. Gustai avidamente tutti i peli pregni della sua puzza e la pelle sottostante irrorata di sudore fresco. Quando ritirai la lingua, il sapore nella mia bocca era una festa. Io ormai avevo raggiunto una nuova dimensione della sottomissione, mi sentivo veramente disgustoso. Federico comunque non emise un fiato e quindi io diedi un'altra linguata, poi un'altra e infine un'altra ancora. Leccavo avidamente la sua ascella e raccoglievo nella mia bocca ogni traccia residua di sudore. Di lì a breve il tanfo si attenuò, essendo ormai tutto o nella mia bocca o sul mio viso. Mi allontanai, tornai a sedere compostamente sul mio sedile e mi voltai verso Federico. Lui si avvicinò all'ascella che avevo ripulito, la annuso e disse "meglio della doccia", scoppiando in una fragorosa risata. Io accennai un sorriso a mia volta per celare l'imbarazzo davanti all'umiliazione che stavo subendo. Federico poi aggiunse "a proposito di doccia, non dovremmo allenarci?". Io risposi di sì e poi aggiunsi che dopo l'allenamento lui avrebbe puzzato ancora di più. Lui annuì, concludendo poi che sarebbe stato un peccato sprecare tutto con la doccia. In questa affermazione vi erano tre ammissioni: Federico aveva fatto tutto per arrivare a quel momento, a lui piaceva essere adorato, avrebbe voluto che assaporassi anche altre parti del suo corpo. Presi iniziativa e chiesi se ci fosse un modo per evitarlo. Federico si fece riflessivo. Mi disse che sua moglie sarebbe tornata nel pomeriggio. Io proposi di allenarci e poi andare a casa mia, saltando la doccia in palestra. Prima di tornare a casa sua, avrebbe potuto lavarsi da me. Federico fece cenno col capo ed aprì la portiera. Fummo rapidamente in sala e seguì un allenamento particolarmente intenso. Federico ormai emanava una puzza che era perfettamente distinguibile anche dagli altri vicini, ma continuava a non badarci e continuava a sudare, reidratandosi di tanto in tanto con la sua borraccia. Finì di correre prima di me e mi disse che mi avrebbe aspettato rilassandosi nello spogliatoio. Gli chiesi se potesse darmi un sorso di acqua, ma mi rispose che la borraccia era ormai vuota e si avviò. Io continuai a correre un altro po'. Vuoi per aver leccato il sudore di Federico vuoi perché nel farlo avevo continuamente sfregato la lingua contro i suoi peli, avevo la bocca disidratata e irritata. Poco dopo Federico si palesò nuovamente e mi passò la borraccia. "Te l'ho riempita", mi disse. Accennò il suo solito sorriso gentile e andò via, dirigendosi nuovamente verso gli spogliatoi. Io decisi di riprendere un attimo fiato e reidratarmi. Fermai la macchina da corsa, stappai la borraccia e presi una bella sorsata per rinfrescarmi un po' la bocca. Appena il liquido fu nella mia bocca fui stranito dalla sua temperatura e dopo aver gustato anche l'aroma inconfondibile di quel fluido non ebbi dubbi. Quella era urina.
scritto il
2024-08-04
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