Cronache di Padroni e schiavi III
di
Mordred
genere
dominazione
Il paese è diviso in 7 Signorie ciascuna con un Signore a governarla, al di sotto nell’ordine Duchi, Marchesi, Conti, Visconti e Baroni, nessuno di questi ha proprietà ma vengono loro concesse dal Signore. Nella scala sociale vengono poi i Mastri delle corporazioni e l’esercito, ultimi tra i liberi i servi ed infine gli schiavi. I Nobili non si sposano ne formano coppie o famiglie, generano un solo erede che viene allevato nelle accademie per prendere il posto del genitore, non ci sono distinzioni tra uomini e donne.
La Viscontessa aveva superato da tempo i 50 anni, appesantita nel corpo non aveva perso il guizzo negli occhi capaci di immobilizzare la preda con un solo sguardo. Osservò di nuovo i resoconti delle tenute a sud, per verificare che non ci fosse un errore visti i risultati scadenti dell’ultima annata. Era stato prodotto un 30% in meno di vino e olio rispetto all’anno precedente e questo la fece decisamente irritare. Conosceva bene i territori e non c’erano state particolari condizioni climatiche tali da giustificare un rovinoso declino della produzione. Fece immediatamente chiamare i servi perché preparassero la macchina: sarebbe partita immediatamente.
La schiava al suo fianco gemette quando la trascinò per la catena che aveva intorno al collo, costretta a seguirla a 4 zampe la giovane ragazza aveva le ginocchia arrossate e dolenti, strattonata all’interno dell’auto la cagna si stese a terra e la Padrona si mise comoda calpestandola. La schiava sentiva i tacchi conficcarsi nella pancia, contrasse i muscoli per resistere al dolore sperando che la sua Signora si distraesse con altro ma non fu così, presa dalle scartoffie dei conti non badò neppure ai seni sodi e turgidi che sballonzolavano con le vibrazioni della macchina.
La macchina fermò davanti all’abitazione del mezzadro, le donne della casa intente alle faccende domestiche si fermarono stupite, evidentemente il loro arrivo non era stato annunciato quando videro uscire la Marchesa si profferirono in un inchino formale.
La schiava veniva strattonata per la catena e seguì la Sua Signora:
“Dov’è tuo marito?”
Tuonò la Viscontessa alla moglie del mezzadro che balbettò qualcosa ed indicò l’interno dell’abitazione
Un tanfo di sporco e vino di bassa qualità riempì le narici della nobildonna, accasciato su un tavolaccio il mezzadro continuava a bere.
“Che diavolo stai facendo maledetto idiota”
L’uomo senza veramente vederla si alzò barcollando e quasi cadde sostenendosi al tavolo.
“Prendetelo e fatelo rinvenire”
Le guardie che erano al seguito della Viscontessa presero il mezzadro e lo portarono nel cortile riempiendolo di secchiate d’acqua per svegliarlo. Le donne della famiglia singhiozzavano , la madre stringeva le due figlie una ragazza ed una bambina entrambe sudice come topi di fogna.
“Ecco dunque il motivo di tanto scempio” la Nobildonna furente si piazzò davanti all’uomo ubriaco che si stava riprendendo.
“Signora vi chiedo perdono…” biascicò l’uomo paonazzo, barcollò e cadde in ginocchio.
“Delle tue scuse non me ne faccio niente, pretendo risarcimento del danno subito dalla tua negligenza”
“Non ho niente Signora”
“Qualcosa ce l’hai verme schifoso…hai la tua libertà, ma di un rottame come te non so che farmene prenderò lei piuttosto” indicando con la punta del frustino la figlia più grande.
Un coro di pianti ed urla disperate si alzò dal gruppo di donne, si gettarono a terra, chiesero pietà e si prostrarono strisciando. La Viscontessa le lasciò fare godendosi lo spettacolo di quello strazio, assaporando l’umiliazione ed il dolore.
“Spogliala” ordinò alla madre.
La donna sporca di terra e polvere si rimise in piedi, continuando a piangere e singhiozzare. Abituata ad obbedire a chiunque da tutta la vita iniziò a spogliare la figlia, le abbassò lentamente il vestito scoprendo il seno sodo e turgido, lo straccio sporco cadde ai piedi della ragazza singhiozzante che cercava di coprirsi.
Le mani delicate della figlia a malapena riuscivano a coprire i capezzoli rosa delle grosse mammelle, quando le furono sfilate le grosse mutande di lana e si precipitò a coprire il triangolo scuro tra le cosce. La Signora osservo il corpo inerme: i grossi seni, i fianchi larghi e ben proporzionati, le cosce sode ed il sesso selvaggio.
“Toglile le mani voglio vederla meglio”
La donna più anziana scostò le mani della figlia che cercava di coprirsi trattenendogliele dietro la schiena.
“Ho visto abbastanza! Portatela via e fate predisporre il contratto di cessione” disse la Viscontessa alle guardie che la seguivano e si allontanò trascinandosi la schiava. Non aveva intenzione di assistere ad ulteriori scene strazianti, doveva nominare un nuovo mezzadro e soprattutto dove a togliersi di dosso tutta quella povertà.
Si sedette sui sedili dell’auto lasciando i piedi fuori dalla portiera in modo che la schiava potesse pulirle con la lingua, i sandali aperti lasciavano le dita scoperte, la giovane passava la lingua su quelle unghie rosse perfette, scendendo poi sotto la suola ed ingoiando il tacco fino in gola.
Soddisfatta della pulizia la fece salire sull’auto, in ginocchio con mani dietro la schiena, la serva le offriva i seni sodi con capezzoli duri e scuri.
Le accarezzò le mammelle stringendo tra indice e pollice i bottoni duri e scuri dei capezzoli, la ragazza gemette e più gemeva e più la Signora stringeva e tirava.
“Adesso leccala”
La schiava sfilò le mutandine della sua Padrona, affondo la bocca nella folta peluria rossiccia ed iniziando la danza con la lingua percepì che era già bagnata, la leccò con maestria stimolandole il clitoride e assaporando tutti gli umori dell’orgasmo, la Padrona le spingeva ritmicamente la testa per penetrarsi con la lingua.
Giunti alla villa due schiave prepararono il bagno di latte della Padrona che entrò nella stanza con la schiava al guinzaglio. La aiutarono a spogliarsi, era una donna imponente, con gambe forti e fianchi larghi, la pelle chiarissima ricoperta di leggere lentiggini ed i capelli fulvi lunghi fino alla vita. La schiava al guinzaglio, che sul contratto aveva scritto il nome di Lexi, si stese a terra e si posizionò l’imbuto in bocca dove la Signora svuotò la vescica, una volta terminato la ragazza asciugò con la lingua la Padrona.
Il bagno caldo rilassò le membra della nobildonna, le mani sapienti di Anna e Selena, le due schiave, sapevano bene cosa fare. Anna sciolse i lunghi capelli rossi della Padrona fuori dalla vasca ed iniziò massaggiandole la cute con oli profumati, Selena intanto passava la lingua in mezzo alle dita dei piedi e stimolava con le dita i punti nevralgici sotto la pianta.
Eva venne portata negli alloggi degli schiavi, una vecchia inserviente la ripulì a fondo con una saponetta allo zolfo, lavò e districò i lunghi capelli castani acconciandoli poi secondo il volere della Signora. La depilò a fondo in ogni parte del corpo cospargendole poi tutto il corpo con olio profumato e lenitivo. Lo fece in silenzio ignorando le lacrime della ragazza, era disdicevole per un servo rivolgere la parola ad uno schiavo, sarebbe stato un po’ come parlare con una vacca.
Eva traballava sui tacchi mentre due guardie la scortavano nelle stanze della Padrona, nuda ed inerme non riusciva ancora a credere a ciò che le stava accadendo, sentiva nella testa come un ronzio che non le permetteva di pensare solo di piangere.
La Signora giaceva languida su una poltrona indossando una vestaglia di seta verde bosco ai suoi piedi Selene teneva in alto un vassoio con del the fumante mentre Anna offriva le tette mulatte per intrattenere la Padrona.
“Bene bene ripulita quasi non ti riconoscevo…fermati lì, divarica le gambe e metti le mani dietro la schiena…e soprattutto smettila di piangere cagna”
La ragazza abituata, come la madre, ad obbedire divaricò le gambe sentendosi ancora più vulnerabile soprattutto quando sentì il frustino sfiorargli le labbra della vulva.
“Quanti anni hai?”
“19 Padrona”
“Sei vergine?”
“Si Signora”
La Viscontessa assaporò la pelle liscia e soda dei seni della nuova schiava incredibilmente alti nonostante la grandezza, sfiorò i capezzoli turgidi e scese giù lungo il ventre fino ad arrivare alla vulva ancora infiammata dalla depilazione. La toccò con decisione facendo pressione con le dita all’interno della passera, la ragazza si ritrasse chiudendo le gambe e piegandosi in avanti. Il frustino saettò veloce schioccando sulle cosce nude per tre volte attese poi che la schiava si alzasse e di nuovo due sferzate in mezzo alle gambe. La Nobildonna attese che la Cagna si fosse ripresa per girarle intorno, le natiche abbondanti e ben proporzionate della ragazza erano invitanti e succose, la fece piegare su un tavolo esponendo le natiche ma non la frustò voleva sentire la pelle tesa e soda arroventarsi sotto il suo tocco.
“Conta cagna” ed iniziò a sculacciare il culo ma si accorse ben presto che non era in grado di contare “sei ignorante vacca schifosa” e riprese lasciando che il culo si arrossasse. La osservò da dietro il culo rosso ed il sesso esposto ed ebbe voglia di prenderla. Con due dita iniziò a sditalinarla lo fece piano, voleva godersi quel pezzo di carne fresco, la vulva era ancora secca ma lentamente la sentì umettarsi, intanto Anna le stava allacciando il cinturone con il dildo. Sfiorò il buco del culo della schiava e scese giù lungo la fica bagnata indecisa fino all’ultimo su quale pertugiò violare per primo poi con decisione appoggiò la punta del fallo artificiale e spinse dentro la vagina. La sentì contrarsi ed urlare mentre sangue e umori colavano dalla vulva in fiamme, intanto Anna leccava da dietro il culo della Padrona immersa con tutta la faccia nelle natiche carnose.
Spinse più e più volte uscendo ed entrando scopandola come nessuno sciattò marito avrebbe mai potuto farlo. Quando fu soddisfatta estrasse il dildo bagnato e si fece strada in mezzo alle natiche. Il culo era più rigido e faticò a penetrarla ma poi si aprì al suo volere e prese anche il secondo buco disponibile.
Esausta Eva si accasciò a terra con le viscere doloranti e ormai senza più lacrime da piangere.
“Legatela sul tavolo” le due schiave legarono la nuova venuta a gambe e braccia aperte con la fica ancora grondante. La Padrona iniziò con le pinze sui capezzoli togliendole e rimettendole fino a che anche le tette non furono arrossate, passo poi alla fica pinzettando le grandi labbra lasciando aperta la vagina.
La osservava umida e in fiamme aperta come un fiore, prese per i capelli Anna e le spinse la faccia tra le gambe, la schiava iniziò a leccare la vulva rossa con dedizione fino ad assaporarne l’orgasmo.
“Portate il toro”
Le guardie fecero entrare lo schiavo, alto almeno 1,90 con spalle larghe ed il petto e le gambe coperti di peli scuri, il pene in erezione raggiungeva i 25 cm largo come una lattina.
Lo vece stendere con il cazzo svettante su un divano e si sedette sopra mentre costringeva le sue schiave a leccarle piedi e clitoride. Il compito del toro era quello di rimanere in erezione senza mai venire e quando la Padrona sentiva degli strani movimenti lo colpiva con violenza sui testicoli. La Padrona venne due volte abbondante annaffiando le bocche delle due schiave ed il grosso uccello.
Esausta ed in estasi la Viscontessa si adagiò sul letto godendosi il piacere del corpo, Eva mugolava di dolore e vergogna, fece avvicinare Anna facendosi sfiorare la bocca con le tette, lecco i capezzoli sodi e li morse strappando un grido di dolore alla schiava mulatta poi si addormentò dolcemente cullata da quei seni perfetti.
La Viscontessa aveva superato da tempo i 50 anni, appesantita nel corpo non aveva perso il guizzo negli occhi capaci di immobilizzare la preda con un solo sguardo. Osservò di nuovo i resoconti delle tenute a sud, per verificare che non ci fosse un errore visti i risultati scadenti dell’ultima annata. Era stato prodotto un 30% in meno di vino e olio rispetto all’anno precedente e questo la fece decisamente irritare. Conosceva bene i territori e non c’erano state particolari condizioni climatiche tali da giustificare un rovinoso declino della produzione. Fece immediatamente chiamare i servi perché preparassero la macchina: sarebbe partita immediatamente.
La schiava al suo fianco gemette quando la trascinò per la catena che aveva intorno al collo, costretta a seguirla a 4 zampe la giovane ragazza aveva le ginocchia arrossate e dolenti, strattonata all’interno dell’auto la cagna si stese a terra e la Padrona si mise comoda calpestandola. La schiava sentiva i tacchi conficcarsi nella pancia, contrasse i muscoli per resistere al dolore sperando che la sua Signora si distraesse con altro ma non fu così, presa dalle scartoffie dei conti non badò neppure ai seni sodi e turgidi che sballonzolavano con le vibrazioni della macchina.
La macchina fermò davanti all’abitazione del mezzadro, le donne della casa intente alle faccende domestiche si fermarono stupite, evidentemente il loro arrivo non era stato annunciato quando videro uscire la Marchesa si profferirono in un inchino formale.
La schiava veniva strattonata per la catena e seguì la Sua Signora:
“Dov’è tuo marito?”
Tuonò la Viscontessa alla moglie del mezzadro che balbettò qualcosa ed indicò l’interno dell’abitazione
Un tanfo di sporco e vino di bassa qualità riempì le narici della nobildonna, accasciato su un tavolaccio il mezzadro continuava a bere.
“Che diavolo stai facendo maledetto idiota”
L’uomo senza veramente vederla si alzò barcollando e quasi cadde sostenendosi al tavolo.
“Prendetelo e fatelo rinvenire”
Le guardie che erano al seguito della Viscontessa presero il mezzadro e lo portarono nel cortile riempiendolo di secchiate d’acqua per svegliarlo. Le donne della famiglia singhiozzavano , la madre stringeva le due figlie una ragazza ed una bambina entrambe sudice come topi di fogna.
“Ecco dunque il motivo di tanto scempio” la Nobildonna furente si piazzò davanti all’uomo ubriaco che si stava riprendendo.
“Signora vi chiedo perdono…” biascicò l’uomo paonazzo, barcollò e cadde in ginocchio.
“Delle tue scuse non me ne faccio niente, pretendo risarcimento del danno subito dalla tua negligenza”
“Non ho niente Signora”
“Qualcosa ce l’hai verme schifoso…hai la tua libertà, ma di un rottame come te non so che farmene prenderò lei piuttosto” indicando con la punta del frustino la figlia più grande.
Un coro di pianti ed urla disperate si alzò dal gruppo di donne, si gettarono a terra, chiesero pietà e si prostrarono strisciando. La Viscontessa le lasciò fare godendosi lo spettacolo di quello strazio, assaporando l’umiliazione ed il dolore.
“Spogliala” ordinò alla madre.
La donna sporca di terra e polvere si rimise in piedi, continuando a piangere e singhiozzare. Abituata ad obbedire a chiunque da tutta la vita iniziò a spogliare la figlia, le abbassò lentamente il vestito scoprendo il seno sodo e turgido, lo straccio sporco cadde ai piedi della ragazza singhiozzante che cercava di coprirsi.
Le mani delicate della figlia a malapena riuscivano a coprire i capezzoli rosa delle grosse mammelle, quando le furono sfilate le grosse mutande di lana e si precipitò a coprire il triangolo scuro tra le cosce. La Signora osservo il corpo inerme: i grossi seni, i fianchi larghi e ben proporzionati, le cosce sode ed il sesso selvaggio.
“Toglile le mani voglio vederla meglio”
La donna più anziana scostò le mani della figlia che cercava di coprirsi trattenendogliele dietro la schiena.
“Ho visto abbastanza! Portatela via e fate predisporre il contratto di cessione” disse la Viscontessa alle guardie che la seguivano e si allontanò trascinandosi la schiava. Non aveva intenzione di assistere ad ulteriori scene strazianti, doveva nominare un nuovo mezzadro e soprattutto dove a togliersi di dosso tutta quella povertà.
Si sedette sui sedili dell’auto lasciando i piedi fuori dalla portiera in modo che la schiava potesse pulirle con la lingua, i sandali aperti lasciavano le dita scoperte, la giovane passava la lingua su quelle unghie rosse perfette, scendendo poi sotto la suola ed ingoiando il tacco fino in gola.
Soddisfatta della pulizia la fece salire sull’auto, in ginocchio con mani dietro la schiena, la serva le offriva i seni sodi con capezzoli duri e scuri.
Le accarezzò le mammelle stringendo tra indice e pollice i bottoni duri e scuri dei capezzoli, la ragazza gemette e più gemeva e più la Signora stringeva e tirava.
“Adesso leccala”
La schiava sfilò le mutandine della sua Padrona, affondo la bocca nella folta peluria rossiccia ed iniziando la danza con la lingua percepì che era già bagnata, la leccò con maestria stimolandole il clitoride e assaporando tutti gli umori dell’orgasmo, la Padrona le spingeva ritmicamente la testa per penetrarsi con la lingua.
Giunti alla villa due schiave prepararono il bagno di latte della Padrona che entrò nella stanza con la schiava al guinzaglio. La aiutarono a spogliarsi, era una donna imponente, con gambe forti e fianchi larghi, la pelle chiarissima ricoperta di leggere lentiggini ed i capelli fulvi lunghi fino alla vita. La schiava al guinzaglio, che sul contratto aveva scritto il nome di Lexi, si stese a terra e si posizionò l’imbuto in bocca dove la Signora svuotò la vescica, una volta terminato la ragazza asciugò con la lingua la Padrona.
Il bagno caldo rilassò le membra della nobildonna, le mani sapienti di Anna e Selena, le due schiave, sapevano bene cosa fare. Anna sciolse i lunghi capelli rossi della Padrona fuori dalla vasca ed iniziò massaggiandole la cute con oli profumati, Selena intanto passava la lingua in mezzo alle dita dei piedi e stimolava con le dita i punti nevralgici sotto la pianta.
Eva venne portata negli alloggi degli schiavi, una vecchia inserviente la ripulì a fondo con una saponetta allo zolfo, lavò e districò i lunghi capelli castani acconciandoli poi secondo il volere della Signora. La depilò a fondo in ogni parte del corpo cospargendole poi tutto il corpo con olio profumato e lenitivo. Lo fece in silenzio ignorando le lacrime della ragazza, era disdicevole per un servo rivolgere la parola ad uno schiavo, sarebbe stato un po’ come parlare con una vacca.
Eva traballava sui tacchi mentre due guardie la scortavano nelle stanze della Padrona, nuda ed inerme non riusciva ancora a credere a ciò che le stava accadendo, sentiva nella testa come un ronzio che non le permetteva di pensare solo di piangere.
La Signora giaceva languida su una poltrona indossando una vestaglia di seta verde bosco ai suoi piedi Selene teneva in alto un vassoio con del the fumante mentre Anna offriva le tette mulatte per intrattenere la Padrona.
“Bene bene ripulita quasi non ti riconoscevo…fermati lì, divarica le gambe e metti le mani dietro la schiena…e soprattutto smettila di piangere cagna”
La ragazza abituata, come la madre, ad obbedire divaricò le gambe sentendosi ancora più vulnerabile soprattutto quando sentì il frustino sfiorargli le labbra della vulva.
“Quanti anni hai?”
“19 Padrona”
“Sei vergine?”
“Si Signora”
La Viscontessa assaporò la pelle liscia e soda dei seni della nuova schiava incredibilmente alti nonostante la grandezza, sfiorò i capezzoli turgidi e scese giù lungo il ventre fino ad arrivare alla vulva ancora infiammata dalla depilazione. La toccò con decisione facendo pressione con le dita all’interno della passera, la ragazza si ritrasse chiudendo le gambe e piegandosi in avanti. Il frustino saettò veloce schioccando sulle cosce nude per tre volte attese poi che la schiava si alzasse e di nuovo due sferzate in mezzo alle gambe. La Nobildonna attese che la Cagna si fosse ripresa per girarle intorno, le natiche abbondanti e ben proporzionate della ragazza erano invitanti e succose, la fece piegare su un tavolo esponendo le natiche ma non la frustò voleva sentire la pelle tesa e soda arroventarsi sotto il suo tocco.
“Conta cagna” ed iniziò a sculacciare il culo ma si accorse ben presto che non era in grado di contare “sei ignorante vacca schifosa” e riprese lasciando che il culo si arrossasse. La osservò da dietro il culo rosso ed il sesso esposto ed ebbe voglia di prenderla. Con due dita iniziò a sditalinarla lo fece piano, voleva godersi quel pezzo di carne fresco, la vulva era ancora secca ma lentamente la sentì umettarsi, intanto Anna le stava allacciando il cinturone con il dildo. Sfiorò il buco del culo della schiava e scese giù lungo la fica bagnata indecisa fino all’ultimo su quale pertugiò violare per primo poi con decisione appoggiò la punta del fallo artificiale e spinse dentro la vagina. La sentì contrarsi ed urlare mentre sangue e umori colavano dalla vulva in fiamme, intanto Anna leccava da dietro il culo della Padrona immersa con tutta la faccia nelle natiche carnose.
Spinse più e più volte uscendo ed entrando scopandola come nessuno sciattò marito avrebbe mai potuto farlo. Quando fu soddisfatta estrasse il dildo bagnato e si fece strada in mezzo alle natiche. Il culo era più rigido e faticò a penetrarla ma poi si aprì al suo volere e prese anche il secondo buco disponibile.
Esausta Eva si accasciò a terra con le viscere doloranti e ormai senza più lacrime da piangere.
“Legatela sul tavolo” le due schiave legarono la nuova venuta a gambe e braccia aperte con la fica ancora grondante. La Padrona iniziò con le pinze sui capezzoli togliendole e rimettendole fino a che anche le tette non furono arrossate, passo poi alla fica pinzettando le grandi labbra lasciando aperta la vagina.
La osservava umida e in fiamme aperta come un fiore, prese per i capelli Anna e le spinse la faccia tra le gambe, la schiava iniziò a leccare la vulva rossa con dedizione fino ad assaporarne l’orgasmo.
“Portate il toro”
Le guardie fecero entrare lo schiavo, alto almeno 1,90 con spalle larghe ed il petto e le gambe coperti di peli scuri, il pene in erezione raggiungeva i 25 cm largo come una lattina.
Lo vece stendere con il cazzo svettante su un divano e si sedette sopra mentre costringeva le sue schiave a leccarle piedi e clitoride. Il compito del toro era quello di rimanere in erezione senza mai venire e quando la Padrona sentiva degli strani movimenti lo colpiva con violenza sui testicoli. La Padrona venne due volte abbondante annaffiando le bocche delle due schiave ed il grosso uccello.
Esausta ed in estasi la Viscontessa si adagiò sul letto godendosi il piacere del corpo, Eva mugolava di dolore e vergogna, fece avvicinare Anna facendosi sfiorare la bocca con le tette, lecco i capezzoli sodi e li morse strappando un grido di dolore alla schiava mulatta poi si addormentò dolcemente cullata da quei seni perfetti.
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