Ossessione per le cosce

di
genere
bondage

La primavera stava iniziando ad arrivare, il tempo già stava migliorando, le giornate nuvolose stavano lasciando spazio a un tempo più luminoso con tanti sprazzi di sole e col cambiamento del tempo Fede voleva fare anche un cambiamento dell’outfit: basta jeans invernali e pantaloni scuri, questo sabato voleva mostrarsi in tutta la sua bellezza. Tirò fuori dall’armadio la sua gonna di seta nera, la camicia bianca elegante col colletto alto, ma soprattutto le sue Dr Martins preferite e il nuovo paio di calze in nylon scure. Quest’ultime erano il pezzo forte, in quanto esaltavano di molto la forma delle sue gambe, lunghe e affusolate. Fede era una ragazza alta, capelli castani mossi, viso bianco e delicato, slanciata, con poche forme di tette e culo ma con delle gambe assurde. Lei sapeva fossero il suo pezzo forte e non esitava due volte a metterle in mostra non appena aveva l’occasione, per far sbavare tutti i ragazzi che le venivano dietro. Tra i suoi ammiratori c’era un ragazzo particolarmente ossessionato da lei e dalle sue cosce, un certo Marco che veniva all’università: un tipo un po’ nerd di bassa statura che vestiva oversize, genietto dell’ingegneria, appassionato di basket e videogiochi. Non il tipico ragazzo cool che le interessava ma che faceva parte della sua cerchia di amici più fidati. Lei sapeva di avere un certo appeal su di lui, ogni volta che gli chiedeva un favore lui pendeva dalle sue labbra, non doveva sforzarsi per farsi mandare esercizi, appunti o farsi fare favori all’università, come ad esempio prendere il caffè o farsi portare lo zaino. Sapeva di avere il suo amico schiavetto, ma ciò che Fede ignorava era che Marco aveva intenzione di fare lo stesso con lei, in maniera diversa. Il tempo era cambiato, le giornate si stavano allungando e Fede non vedeva l’ora di andare in giro con le sue amiche vestita col nuovo outfit per l’aperitivo del tardo pomeriggio. Dopo essersi fatta la doccia ed essersi asciugata i capelli ha iniziato a sistemarsi a puntino, truccandosi per bene con ombretto marrone, mascara, un pizzico di rossetto violaceo sulle labbra, il reggiseno, la camicia bella stirata, le calze e la minigonna. Prima di uscire aveva però un impegno universitario importante: doveva sistemare la fase finale di un progetto con Marco. Il lavoro era stato fatto in gruppo ma per la fase finale del lavoro avevano preso l’impegno loro due nello specifico. Per non dover posticipare l’uscita con le amiche e non doversi incontrare in biblioteca di sabato pomeriggio, Fede aveva chiesto il favore a Marco di poter venire a casa sua per sistemare il progetto e, come d’altronde si aspettava, lui aveva accettato di farle il favore di andare da lei. Fede abitava 5-6 km fuori dalla città, in un paesino di confine in delle casette a schiera in mezzo alla campagna. Era da sola a casa, i suoi genitori sarebbero tornati il giorno dopo perché erano andati a trovare degli amici, sua sorella maggiore passava il weekend col ragazzo. Il tempo di sistemare il progetto e sarebbe uscita. Marco arrivò verso le 18 da lei, chiamò per farsi aprire e parcheggiò l’auto nello spiazzale di fronte casa. “Ottimo” pensò, “Adesso devo stare calmo, non devo fare cazzate, aspetto sto momento da troppo”. Aprì lo zaino e controllò che nella busta ci fosse tutto: corde, nastro adesivo e stracci vari erano lì, pronti per essere usati. Prese la roba e uscì dall’auto, fece dei passì, la porta si aprì, Fede lo aspettava all’ingresso. La vide con quella camicia, la gonna corta e le gambe risaltate dalle calze e rimase shockato dalla sua bellezza: Marco non si aspettava di trovarla vestita così, si bloccò il respiro, iniziò a farsi rosso, il sangue iniziò a fluire verso il suo cazzo che sentiva diventare sempre più barzotto. Dopo questo momento di eccitazione improvviso riuscì a contenere le sue pulsioni e si avvicinò sempre di più a lei. “Ciao Marco” fece lei “Hei Fede”, dissero salutandosi. “Scusami se ti ho fatto allungare da me, ma ho un impegno importantissimo stasera” fece lei con la faccia di chi si sente in colpa per qualcosa, ma che è ben cosciente di quello che vuole. “Non ti preoccupare” fece Marco, “il tempo che sistemiamo il lavoro e ti libero”, disse lui, sapendo bene il perché aveva usato la parola liberare. Intanto la sua ansia era scomparsa e l’eccitazione si erano trasformata in cinismo; con lei vestita così le intenzioni di Marco sarebbero diventate ancora più piacevoli soprattutto per un feticista come lui ossessionato dalle calze e dalle cosce. Entrarono dentro, si misero in cucina sul tavolo, lui aprì lo zaino e prese il computer e i quaderni, facendo attenzione a non far vedere la busta. “è stato un casino sto progetto ma almeno lo abbiamo finito” fece lei “Non puoi immaginare che peso è stato, facciamo subito dai” “Infatti, io devo uscire tra un’oretta, passa la mia amica a prendermi. Tu che combini stasera?” “Non so, forse starò a casa, probabilmente guarderò un po’ di basket. Cazzo pensandoci sta un match proprio adesso. Magari se non avevamo nulla da fare potevamo guardarlo insieme ahah” fece Marco leggermente imbarazzato. “Magari un’altra volta” fece Fede un po’ a disagio “Già hai ragione” rispose lui, che riprese dicendo “Senti, mica puoi prendere una ciabatta per le prese, devo collegare sia il computer che il cell, sono scarichi”. “Sisi assolutamente” fece Fede, che andò con uno slancio verso il salotto. Era il momento, Marco prese la busta, le andò dietro. Lei intanto si era chinata vicino ad un mobile per prendere la ciabatta, non appena si rialzò Marco fu su di lei: di getto le prese le braccia e le bloccò col suo braccio sinistro, e le tappò la bocca con la sua mano destra. Fede sobbalzò, non si aspettava minimamente una cosa del genere “Mi sa che la partita la vedremo assieme bella mia” disse lui mentre la tirava verso il divano. Fede provava a divincolarsi e a urlare, con delle parole confuse che uscivano dalla sua bocca; nonostante fosse più alta non era molto forte fisicamente e Marco aveva parecchia forza nelle braccia. La prese e la gettò sul divano, le si scombinarono i capelli. Di getto prese un coltellino svizzero e lo puntò verso di lei. Fede era bloccata dalla paura, lui la girò di spalle e le rimise la mano sulla bocca, mentre il coltellino lo teneva ad altezza gola. “Ora farai quello che dico io, sennò potresti farti male”, Fede completamente paralizzata mugolò qualche parola incomprensibile. Il palmo della mano era a contatto con le labbra e le guance di Fede, che provava a muovere la bocca per parlare ma la vibrazione della voce e la lingua si scontravano con la sua mano, creando un effetto di tatto che faceva eccitare Marco in una maniera che non aveva mai provato, aveva sempre sognato una cosa del genere, ora doveva solo metterla in atto.



Prese le corde, le unì i polsi, fece più giri per esser sicuro che non si potesse liberare, poi si alzo dal divano. La guardò a metà tra l’ansia e l’estasi del piacere, che non smetteva di crescere. “Credo proprio che ti devo levare quelle scarpe”. Nel bel mezzo del panico la frase shockò Fede “Che vuoi fare, maniaco del cazzo” “Shh” fece lui, si abbassò e si avvicinò a quella meraviglia di cosce. Lei provò a scalciarlo, lui allora prese il coltellino “Hei non scherzare”, la prese e la gettò a terra dal divano, si buttò sulle sue gambe e con le corde fece subito più giri sulle caviglie, lei si divincolò ma non riuscì a impedirgli di fare quello che voleva. Finito il lavoro, decise di slacciarle quelle belle Dr Martins che aveva, rimuovendole e liberando quel bel piede affusolato che si trovava. L’aveva visto dalle storie IG che aveva dei bei piedi, ma appena le tolse le scarpe fu letteralmente preso da un senso di piacere enorme, stava quasi per sborrarsi nei pantaloni; le calze li ricoprivano ma poteva notare che erano bellissimi, osservò le dita e vide che erano smaltate di rosso, come quelle delle mani d’altronde. Iniziò a toccarle la pianta, ad avvicinare il volto per poterli annusare, ma lei provò a scalciarlo. “Sei un cazzo di maniaco, aiutmmmmphhhmpphhhh!!!”. Fede provò ad urlare ma Marco le mise la mano sulla bocca, si era stufato di sentirla parlare, così rafforzò il blocco sulle guance. I suoi urli erano diventati mugolii incomprensibili, più lei urlava più mugolava e più Marco si eccitava, col cazzo che strusciava sul fianco di lei, ma non bastava se voleva zittirla per bene: prese un pezzo di stoffa dalla busta con l’altra mano e non appena le liberò la bocca glielo infilò velocemente facendolo fuoriuscire un po’ dalle labbra, con la sorpresa di lei. Prese velocemente un altro straccio e glielo passò tra i denti, girandolo più volte attorno la testa tipo cleave-gag. Lei cominciò ad urlare ma il bavaglio stava facendo il suo compito, impedendole di esserle comprensibile, smorzandole le richieste di aiuto. La lasciò per un attimo e andò ad assicurarsi che le finestre della cucina e del salotto fossero chiuse. Spostò le tende per evitare che si vedesse qualcosa da fuori, poi andò in giro per la casa per cercare il telefono di Fede. Lo trovò in camera sua mentre caricava, intanto sbirciò tra gli scaffali dei panni per vedere dove si trovavano le mutandine e i calzini. Stava vivendo in un sogno, era al settimo cielo, tuttavia si rese conto che non doveva distrarsi dall’obiettivo. Scese giù col telefono, Fede lo vide e iniziò a mugolare di nuovo: che aveva intenzione di fare Marco? Si avvicinò a lei, le portò il telefono vicino alle dite, le prese il pollice e lo sbloccò, entro su Whatsapp, vide le notifiche del gruppo delle amiche e decise di aprire. Vide che tra i messaggi che aveva mandato mezz’ora prima c’era scritto “Sta arrivando quello sfigato di Marco a casa, il tempo che facciamo sto lavoro lo mando via e puoi passare e prendermi“ aveva scritto taggando Silvia, una sua amica. “Stasera non vai da nessuna parte troietta”, disse pieno di rabbia verso Fede. Digitò velocemente un messaggio “Raga mi è venuta una febbre a 40, mi sa che non me la sento di scendere” e lo inviò sul gruppo. Fede non capiva quello che stava succedendo, Marco si sedette a terra vicino a lei, le mise una mano sulla spalla e con l’altra iniziò a palparle le tettine. “Ho scritto alle tue amiche, adesso ti tocca fare una chiamata”. Fede mugolò, voleva provare a fermare la mano rattusa di Marco ma non poteva fare nulla di fronte alle pulsioni maialesche di lui. Lui le levò il bavaglio e le rimosse lo straccio tra i denti, che era diventato tutto imbevuto di saliva e le rimise la mano sulla bocca. “Adesso chiamo Silvia e le dici che hai la febbre e non te la senti di scendere, guai a te se fai cazzate!” le disse puntando il coltellino verso il suo petto. Digitò il numero di Silvia e le appoggiò il telefono vicino all’orecchio. “Hei Silvia, senti scusa davvero tanto ma sto uccisa con la febbre, sto davvero male…........Si ho un mal di testa fortissimo mi sento morire…….....No non ti preoccupare non c’è bisogno che vieni, ho le medicine qui con me….....Eh lo so che dovevamo fare un sacco di cose sta sera, mi dispiace pure a me. Appena mi riprendo ci vediamo…..Dai divertiti, ciao.” Chiuse la telefonata “Bene, ora siamo solo io e te per tutta la serata” “Sei un maiale schifoso, liberami cazmmmpphhhhhmphphmphmphh!” La zittì con la mano, era davvero ossessionato dalla bocca e dalle guanciotte, ma ciò che lo stava facendo impazzire di più erano le sue cosce. “Zitta puttana” e le mise lo straccio in bocca. Intanto prese altre corde dalla busta e le passo attorno alle cosce, altezza ginocchia, per stringerle per bene. Impazziva all’idea di poterle toccare le gambe, da due anni almeno erano la sua fantasia sessuale maggiore, ancor di più con quelle calze in nylon, il contatto tra le calze e le sue dita gli stavano facendo esplodere il cazzo, pronto a sfondare i pantaloni e ad eruttare sborra come lava vulcanica. “Bene adesso che sei legata per bene, manca la ciliegina sulla torta!”. Prima che Fede potesse sputare lo straccio dalla bocca prese il nastro adesivo medico bianco e inizio a passarlo sulla bocca e attorno alla testa. Il microfoam è un nastro molto resistente ma flessibile allo stesso tempo, e si adattava sul volto di Fede facendole risaltare le labbra che teneva e appiccicandosi per bene attorno nuca e guance, con 5 giri circa. “Com’è bella impacchettata, è tutta per me” pensò Marco “Devo solo godermela per bene”. Fede era infastidita dal bavaglio e guardava Marco con occhi implorevoli, supplicandolo di liberarla ma ciò che usciva dalla sua bocca era solo “Mphhhmphhhmpmpmmmmmphhhh!!!!!!” Marco la guardò “Non ho capito? Vuoi che ti tocchi le gambe? Ma sei sicura?” disse lui con tono ironico mentre si adagiava su di lei comportandosi da malatone e mentre le passava una mano lungo la coscia. Fede continuava a mugolare e a lamentarsi, provando a dimenatrsi tra le corde e ad urlare con quel bavaglio che le impaccava la bocca, ma non si rendeva conto che tutto questo stava facendo eccitare Marco sempre di più, stava solo gettando benzina sul fuoco. Le mani di Marco avvolgevano le cosce di Fede in maniera sempre più ossessiva e maniacale, strusciando dai piedi fino al bacino, alzandole la gonna per vedere cosa c’era sotto. Si avvinghiò su di lei, iniziando a baciarla sul collo e a metterle le mani sulla figa; lei cercava di dimenarsi ma non poteva fare nulla in quella situazione. Iniziò ad emettere gemiti di lamento e piacere allo stesso tempo che rendevano Marco sempre più arrapato. “Cazzo è un sogno” pensava lui intanto mentre iniziò a scendere, a sbottonarle la camicetta baciandole quelle tettine che si ritrovava. Intanto le sue mani sfregavano in continuazione le calze nell’interno coscia di Fede, con lei che ormai non sapeva più cosa aspettarsi. Il naso di Marco arrivò alla figa, iniziò a baciarla sulla coscia, fino alle ginocchia, scendendo sempre più giù fino ad arrivare ai piedi. L’eccitazione era alle stelle, iniziò a baciarglieli e a leccarglieli, tra il ditone e la pianta, rimase così per 5 minuti, con Fede che implorava la smettesse mugolando. Ad un certo punto Marco non ce la faceva più, prese una delle Dr Martins di Fede, si sbottono il pantalone e ci sborrò dentro sulla soletta: lei rimase paralizzata dalla scena, non mugolava più, lui cacciava gemiti dalla bocca tutto soddisfatto. Dopo un po’ si riprese, si alzò e andò a prendere un bicchiere d’acqua. Passarono 15 minuti e tornò da Fede, sdraiata a terra, appena lo rivide iniziò a mugolare, lo supplicava di levarle il bavaglio. Marco si era ripreso, deciso a continuare la sua opera con Fede, tuttavia si rese conto che era appena iniziata la partita della sua squadra di basket del cuore. “Cazzo è quasi ora. A pensarci ho un po’ di fame. Fede vuoi qualcosa da mangiare?” Lei fece uno sguardo di sfida e mugolò. Prese il cordless chiamò la pizzeria di paese ordinando una diavola. Intanto accese la tv e sintonizzò sul canale di interesse. Sollevò Fede, la fece sedere sul divano, poi la avvicinò, prese le sue gambe e le poggio sul suo pube. Cazzo sembrava davvero una scena da film per Marco. La partita iniziò, tra uno sguardo alla partita e una scrollata al telefono, non disdegnava di passare le mani sulle cosce di Fede, la quale era visibilmente infastidita ma ormai rassegnata al destino di prigioniera nelle grinfie di quel rattuso di Marco. Arrivò il ragazzo delle pizze, bussò al cancello, Marco si alzò e fece cenno a Fede di non fare rumore, ma lei cominciò ad urlare e mugolare. Capì che se avesse lasciato la porta aperta si sarebbe sentita, decise così di prenderla e di portarla nel bagno. Caricò la troia sulle spalle, la trasportò nel bagno e la adagiò sul pavimento, poi chiuse la porta e uscì. Andò a ritirare la pizza fuori al cancello e si scusò col fattorino per il contrattempo. Si mise sul divano, mangiò la pizza gustandosela per bene e godendosi la partita, intanto in sottofondo si sentivano i mugolii di Fede. Decise che era ora di darsi da fare con lei. Entrò nel bagno e la vide accasciata a terra come un sacco di patate, con la gonna che si era alzata tutta a furia di divincolarsi: mamma come la eccitava! La sollevo sulle ginocchia, iniziò a levarle i vari strati di nastro bianco e una volta rimossi le tolse lo straccio in bocca: era diventato un blocco unico di stoffa e saliva, toccarlo lo eccitò. Lei iniziò a sputare saliva, e a lamentarsi “Fottuto maniaco, pensi che te la farò passare liscia?” e lui le ritappo la bocca con la mano “Non è il momento di parlare, è il momento di succhiarmelo” disse sbottonandosi il pantalone e cacciando il suo pisellone in faccia a Fede. Per prima cosa glielo strusciò sulle guance, con lei disgustata e irritata. Poi lo prese, le bloccò la testa e glielo mise in bocca; se lo fece succhiare per bene fin quando decise di venire, liberando una cascata di sborra nella gola di Fede. Lei ormai non ce la faceva più, ingoiò controvoglia. Non appena finì Marco prese delle mutandine che si trovavano ad asciugare nel bagno, le appallottolò, le pulì le labbra e gliele infilò nella bocca, prese due asciugamani, uno lo passò in mezzo ai denti per stringere il bavaglio, l’altro per coprirle la bocca e impaccare per bene tutto quel ben di Dio. Fede era lì per terra, scossa, umiliata, non aveva mai provato una senso di turbamento del genere, ma sotto sotto sapeva che essere stata la schiava di quel rattuso malatone di Marco le aveva fatto provare delle pulsioni di piacere che non si sarebbe mai aspettata di avere. Marco la guardò, poi deciso si girò, uscì dal bagno lasciando la porta socchiusa. Fede non capiva cosa stava facendo, ma ad un certo punto rientro con un coltello da cucina nella mano destra, lo prese e lo poggiò sul lavandino. “Bene io me ne vado, ora sta a te liberarti” fece lui, abbassandosi per darle un bacio sulla guancia dove stava il bavaglio e solleticandole la pianta del piede. Si girò, prese la roba e uscì di casa.
scritto il
2024-09-04
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