Ricordi di un autentico tradimento I (Primo incontro)
di
F.1.0
genere
tradimenti
Ho ancora bene in mente i nitidi ricordi di quella serata d’ autunno di due anni fa in cui tutto ha avuto inizio. Ero appena rientrato a casa, un tipico monolocale adibito alla locazione di giovani universitari situato al primo piano di un palazzo nella prima periferia romana, in cui vivevo da solo. Sudato e stanco della giornata trascorsa in ateneo e appesantito dai vari soliti trasbordi negli affollati mezzi della capitale che accompagnavano le mie giornate, mi butto sotto la doccia rinfrescando il mio corpo nudo. Fisico atletico, provvisto di particolare tono muscolare su pettorali, braccia e spalle, allenate da vari anni di nuoto. I miei due occhi verdi scrutano il getto d’acqua tiepida che scorre inesorabile lungo la mia pelle, che mostra ancora i residui di una abbronzatura estiva che lentamente sta degradando verso il pallore tipico del periodo invernale. Le mie mani che accarezzano ogni centimetro di cute ammorbidito dal bagnoschiuma che profuma di olio di argan, un odore fresco e al contempo pungente che risveglia i miei sensi intorpiditi dalla routine quotidiana. Passo le dita fra i capelli biondo cenere di media lunghezza che adornano il mio viso costellato da barba curata che mi ha sempre conferito quei due o tre anni in più rispetto ai miei ventiquattro. Risciacquati via i residui della giornata appena lasciata alle spalle, mi asciugo con un accappatoio di microfibra bianco, esco dalla doccia e in piedi davanti allo specchio fisso il mio corpo, ammiro le mie forme toniche naturali, mi soffermo sulle braccia che ho allenato con pazienza negli anni, sull’ addome scolpito al punto giusto, sul basso ventre, e con un sorrisetto compiaciuto termino l’asciugatura del mio corpo rinvigorito e ristorato dalla doccia. Sono nudo, amo la sensazione di quell’arietta fresca che pervade la cute ogni qualvolta ci si incammina per casa terminata la doccia. Fisso l’orologio in camera, sono circa le 20, scosto la tenda che copre la finestra e riesco a intravedere un lembo di cielo ormai già scuro che fa capolino tra i palazzi, mi balena in mente un flash dello stesso angolo di cielo qualche mese prima ancora illuminato dai raggi caldi del sole dell’estate romana ormai terminata. Non ho voglia di cucinare, piuttosto apro il mio armadio e scelgo un paio di jeans che mi piacciono molto, una t-shirt muscle fit aderente nera che esalta i miei pettorali e i bicipiti. Dopo aver indossato un paio di slip, mi vesto in fretta, indosso il mio paio di anfibi di pelle neri ed esco di casa. L’aria non è più calda, ma per uno che soffre il caldo come me, è più che sufficiente per uscire solo in maniche corte. Non ho voglia di prendere la metro, per questo mi incammino lungo la strada principale che taglia a metà il quartiere in cui vivo, il solito frastuono romano irrompe nella mia testa, clacson, urla, svociate, i passi frenetici delle persone che colpiscono il marciapiede provocando il classico suono secco delle calzature sull’ asfalto. Un buon odore di pizza al taglio mi invade le narici, ma non ho ancora fame, preferisco fare ancora una camminata, sono rilassato. Percorro la via a testa alta con passo deciso e convinto, incrocio lo sguardo di qualche passante: una giovane mamma che spinge la carrozzina mi osserva fugacemente, lasciandosi dietro un profumo dozzinale che non attira particolarmente la mia attenzione; un anziano signore baffuto con uno sguardo dolce che accenna ad un timido sorriso; una ragazza penso più o meno della mia età con indosso un vestito lungo grigio acquistato suppongo in qualche catena di abbigliamento giovanile; una coppia di signori di mezza età, lui piuttosto alto con una camicia a quadri che lascia intravedere le forme di una pancia abbastanza pronunciata, lei bassina con un paio di occhiali con montatura nera. Continuo a camminare distolto di tanto in tanto da qualche vetrina eccentricamente illuminata, una farmacia, una barberia, un negozio di generi alimentari. Sto per svoltare in una traversa più tranquilla e meno affollata, quando la mia attenzione è rapita da un ticchettio cadenzato di tacchi, mi fermo e cerco in mezzo alle persone di riconoscere la proprietaria di quelle scarpe che mi hanno rapito per un attimo. Scruto attento in mezzo alla folla e riesco ad individuare una coppia di ragazzi che si tengono per mano, abbasso lo sguardo verso le estremità della ragazza per individuare la tipologia di calzatura e se potesse potenzialmente corrispondere a quello che stessi cercando. Non sono un esperto di calzature femminili, ma apprezzo piacevolmente quando le ragazze indossano un bel paio di scarpe. In quel caso sandalo simil-pelle nero con punta quadrata e tacco quadrato di circa dieci centimetri, con un cinturino a cingere la caviglia e lacci incrociati che percorrono tutta la lunghezza del piede. Penso che nonostante non fosse ancora inverno, girare a piedi nudi avrebbe potuto provocarle freddo se avesse dovuto tenerli ancora per altro tempo. Mentre continuo a girovagare con la mente intorno a questo futile pensiero, quasi non mi accorgo che mi stanno passando davanti, e in quei pochi secondi che ho la coppia davanti a me, riesco a mettere a fuoco i due. Lui alto poco meno di me intorno al metro e settantacinque, lei più bassa di lui, credo sui venti centimetri di differenza escludendo lo spessore del tacco che non riusciva comunque a colmare il gap di altezza tra i due. Lui con indosso una camicia bianca con colletto alla coreana, un paio di pantaloni eleganti neri e un paio di mocassini sempre scuri. Lei molto più graziosa di lui in viso, pantaloni eleganti lunghi verde scuro più ampi sul fondo, dal quale facevano capolino i due piedi smaltati meticolosamente di nero lucido avvolti dai laccetti del sandalo nero, un top a rete nero molto corto che lasciava perfettamente intravedere un reggiseno di pizzo nero senza spalline e un piccolo piercing sull’ ombelico. Mi concentro per qualche istante sul volto di lei: fronte ampia, trucco delicato sui due grandi occhi nocciola, nasino piccolo e bocca proporzionata con un rossetto color carne per nulla volgare. Nel complesso un bel visetto, sguardo fiero e ammiccante. Occhio e croce vent’ anni lei e la mia stessa età lui. Mi sfilano davanti sempre per mano, io rimango un istante immobile e pensieroso in mezzo al marciapiede, è difficile che venga colpito da passanti per strada, ma quella sera lo sguardo di quella ragazza, come ripeto piuttosto sicuro e provocante mi aveva per un attimo lasciato interdetto. Mi volto, li seguo con lo sguardo e noto che entrano in un piccolo locale che mi ero lasciato alle spalle qualche decina di metri prima. In una manciata di secondi, realizzo che non ho ancora fame, la curiosità è troppa, mi rigiro ed arrivo di fronte al locale nel quale era entrata la coppia poco prima, un lounge bar abbastanza piccolo, non molto illuminato, noto alcuni quadri molto colorati che tuttavia non riesco ad interpretare, stupida arte moderna penso tra me e me. Mi decido ad entrare, pochi tavolini, atmosfera intima quasi surreale se paragonata al baccano dell’ambiente esterno rimasto fuori dalla porta del locale. Un tavolino occupato da tre uomini di mezza età intenti a sorseggiare dei cocktail dai colori molto appariscenti, ed un piccolo tavolino rotondo intorno al quale erano accomodati il ragazzo e la ragazza in questione. Si avvicina la cameriera che mi chiede se mi volessi accomodare, annuisco sorridendo e mi accompagna ad un tavolo poco distante da quello in cui sedeva la coppia. Dopo essermi sistemato, ordino subito mezzo litro di birra scura e mi rilasso piacevolmente ascoltando le note soffuse di una nota canzone pop che fanno da sottofondo al piccolo locale. Non perdo d’ occhio i due che nel frattempo sorseggiano due Spritz scambiandosi sorrisetti a vicenda. La cameriera che mi ha accolto nel locale mi porta la birra scura che avevo chiesto, inizio a sorseggiare, nello stesso momento i tre uomini si alzano, pagano il conto e si allontanano dal locale. Sempre in quel momento il ragazzo fa un cenno con la mano alla ragazza indicando la toilette, si alza e si dirige verso il bagno. Nella piccola saletta siamo rimasti in due, io e la ragazza, la cameriera è entrata all’ interno di quella che suppongo possa essere una piccola cucina o comunque un ripostiglio. La ragazza estrae il telefono dalla piccola borsetta nera che porta con sé, ed inizia a scrutare lo schermo alternando dei piccoli sorrisi ad espressioni di disgusto e disapprovazione, mi strappa un sorriso spontaneo. Dopo un paio di minuti blocca lo schermo del telefono e lo appoggia sul tavolino, il ragazzo è ancora nella toilette. La ragazza alza la testa e incrocia l’unico sguardo presente nel locale, il mio. Ci scambiamo un rapido sguardo, lei si volta alla sua sinistra, passano alcuni secondi e altro sguardo, questa volta azzardo con un sorrisetto circostanziale che tuttavia contro ogni mia aspettativa viene ricambiato. Piacevolmente sorpreso rimango a fissarla, di nuovo sorpreso lei non distoglie lo sguardo dal mio, anzi inizia ad osservare la mia figura con occhiatine fugaci via via più frequenti. Inizia a divertirmi la situazione, lei lo capisce, complice la mia espressione compiaciuta, si ricompone evitando di alzare lo sguardo nella mia direzione. Trascorre meno di un minuto, ed ecco uscire dal bagno il ragazzo che raggiunge la ragazza al tavolo. Si siede accanto a lei, ma questa volta la situazione nel locale è cambiata, noto con estremo piacere che la ragazza, seduta rivolta verso di me, ricomincia a lanciarmi delle occhiate, il suo ragazzo rivolto di spalle verso di me penso non stia notando la situazione, piuttosto sembra preferire il telefono e lo spritz allo scambiare due chiacchiere con quella che presumo essere la sua fidanzata. Sono in una situazione di stallo mentale abbastanza in bilico, da una parte questa ragazza di bell’aspetto intenta a lanciarmi occhiate sempre più di frequente e sempre più lunghe noncurante del suo ragazzo, dall’ altro lato proprio la presenza di questo ragazzo a frenare le mie fantasie di un ipotetico avvicinamento a lei. Trascorrono altri cinque minuti, lui ha terminato lo Spritz, lei ancora ne ha più della metà nel bicchiere, lui la incita a terminare la bevuta, ma la vedo prendere tempo con una espressione del viso infastidita. Sorrido di nuovo, lei se ne accorge e ricambia il sorriso, questa volta non solo un accenno, un bel sorriso luminoso: se tanto mi dà tanto, non dovrei essere per nulla invisibile agli occhi della ragazza, tutto questo accresce solo la mia sicurezza, già di norma abbastanza accentuata. Aspetto una sua mossa, rimango lì a guardarla, solite occhiate da parte sua dirette verso di me, si alza, si dirige verso la toilette senza dire nulla al ragazzo, che sembra nemmeno accorgersene rimanendo incollato con gli occhi allo schermo del telefono. A questo punto penso a come comportarmi, ho ben chiaro ormai che quella ragazza sconosciuta ha in mente qualcosa, ne sono convinto, se così non fosse, dovrei ammettere a me stesso di essere rincretinito. Tuttavia opto per rimanere al tavolo ed aspettare, passano tre o quattro minuti, esce, mi guarda subito, questa volta è lei ad accennare un sorriso, non ricambio, ma rimango a fissarla, si siede al tavolo, chiede al ragazzo di uscire dal locale argomentando che si era stancata del posto. Il ragazzo come un robot si alza, finalmente riesce a riporre il cellulare in tasca. I due pagano, io un attimo disorientato pensando che tutto sta per svanire in pochi secondi e anche un po’ arrabbiato nei miei confronti per non aver approfittato della situazione precedente, rimango a fissare lei che è rivolta di spalle. L’ inatteso accade l’istante seguente, il ragazzo esce per primo, che cavaliere penso, la ragazza sulla soglia, uscendo si volta per chiudere la porta alle sue spalle, la guardo, mi fissa e mi fa un occhiolino con la sua “nocciola” destra, se ne va. Non vi nascondo che lo stupore, la meraviglia e un sentimento di orgoglio mi hanno pervaso nei momenti che hanno seguito il fatto. Rientro in me, guardo in faccia la realtà e ripiombo in un momento di sconsolatezza pensando sì all’occhiolino, ma pensando anche che non so nulla di quella ragazza, se non che si frequenta o è fidanzata con un coglione che preferisce guardare il cellulare piuttosto che stare con lei. Amareggiato, pago il conto, faccio cenno alla cameriera che sarei andato nella toilette, annuisce mi saluta e rientra in cucina. Entro nel bagno ancora abbastanza irritato, ovviamente nei mie confronti, mi avvicino al piccolo lavandino di marmo bianco, alzo lo sguardo verso lo specchio e noto una piccola freccia disegnata nell’ angolo in basso a sinistra con la punta rivolta verso il pavimento, quello che mi meraviglia non è tanto il simbolo che potrebbe essere stato rappresentato da chiunque, ma il colore utilizzato, un rosa carne molto tenue, mi si accende in testa una lampadina, anzi più che una lampadina un faro, penso subito al rossetto della ragazza di prima, stesso colore. A questo punto rivolgo lo sguardo verso il pavimento, noto un piccolo pezzetto di carta appallottolato, lo apro, quello che compare mi riempie di una soddisfazione incredibile e indescrivibile: “Usalo”; scritto con penna blu, e sormontato dall’ impronta rosa carne di un bacio, vicino un numero di cellulare con le cifre scritte in grassetto. Sono al settimo cielo. Ancora nel bagno, compongo il numero sulla tastiera del mio cellulare lo salvo in rubrica. Apro Whatsapp per controllare se il numero corrisponde ad un profilo, e…bingo. Compare l’immagine in costume di questa ragazza, capelli lunghi scuri, sorriso smagliante. Che dire, una gran bella botta di culo. Esco dal locale, rientro di corsa a casa, nel frattempo l’orologio in camera segna 21.30, penso che sia volato il tempo. Ceno con quello che ho in frigo, mi metto a letto stanco pensando a quanto accaduto poco prima. Mi addormento. L’ indomani non riesco a pensare ad altro, inutile dire che mi siedo solo per rappresentanza alle lezioni universitarie. Intorno alle 18 decido di scriverle, apro whatsapp e le invio un messaggio un po’ sarcastico e un po’ osando per vedere dove riesce a spingersi la ragazza. Dopo circa venti minuti mi risponde, apro la chat e di nuovo incredulo, non smette mai di stupirmi, trovo le indicazioni e l’orario per raggiungerla in quella che suppongo possa essere casa sua. Appuntamento alle 20, sono le 18:30, devo sbrigarmi, corro a prendere bus e metro, rincaso, doccia veloce, sono le 19:40, mi vesto altrettanto velocemente, questa volta indosso pantalone nero elegante con cintura di pelle nera, t-shirt bianca sempre molto aderente che mette in risalto il mio fisico, e i miei immancabili anfibi neri preferiti. Mi spruzzo sul collo e sui polsi Montale Intense Pepper. Esco velocemente di casa, prendo metro e questa volta due autobus, scendo alla fermata di una zona di Roma piuttosto centrale, mi ritrovo davanti ad un palazzo molto elegante situato in questa via del centro altrettanto elegante, ed oserei aggiungere per persone benestanti. Suono al campanello indicato sul messaggio whatsapp, controllo l’orologio che ho al polso, 20:20, non faccio in tempo a pensare nulla, mi risponde una voce calda e suadente: “Sei in ritardo, sali, quarto piano”. Impaziente come poche altre volte in vita mia, entro, salgo una manciata di scalini marmorei, arrivo all’ ascensore, entro, schiaccio “4”, alcuni interminabili secondi, esco dall’ ascensore, mi guardo intorno, vedo tre portoni, tutti in legno massiccio lavorato, uno dei tre portoni è socchiuso, mi avvicino, sto per spingere la maniglia, quando vengo anticipato, il portone viene aperto davanti a me… [CONTINUA]
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