Romagna primo amore, unico amore

di
genere
masturbazione

Era vero, era tutto vero quel che si diceva della sindrome del dongiovanni, che è molto simile alla vita di un tossico (ricerca della donna/dose, adrenalina da conquista, perdita istantanea di interesse dopo averla avuta, depressione, astinenza e daccapo).
Lui ci marciava da anni, bello -non bellissimo- dotato di un fascino straordinario, idolo dei suoi amici e di tutti quegli spettatori (camerieri, receptionist, barman) che da anni lo vedevano sempre in giro con una donna diversa.
Non avevano idea di quanto profonda fosse l’infelicità che gli pesava sul cuore.
I profani, infatti, ignorano le grandi ferite che inducono un essere umano a rifiutare di vivere un rapporto vero con un’altra persona: come nella serie tv su Rocco Siffredi – che quando la vide si sentì morire- anche lui aveva avuto una madre troppo occupata a fare altro, per la quale il proprio figlio era stato invisibile.
Secondariamente, si ignorano le architetture e i rituali nascosti dietro l’apparente successo di quello che “se le scopa tutte”; ad esempio, nessuno immaginerebbe che la prima cosa, la più importante, che egli fa dopo aver salutato una delle sue amanti è buttare con disprezzo ogni tessuto da lei toccato in lavatrice per rimuovere ogni molecola di profumo; parimenti non si sospetta lo squallore che prova nel recarsi, con una frequenza anomala, presso il centro malattie sessualmente trasmissibili; la freddezza con cui deve recidere, con precisione chirurgica, ogni legame possibile.
Tanti motivi, per lo più a lui sconosciuti, concorrono a sospingerlo lungo questa strada, tenendolo incatenato al personaggio che si è costruito (in un primo momento anche con fatica): alla sua età sarebbe davvero faticoso mettersi in discussione, reinventarsi dal niente, e non ha voglia di parlare con un esperto della sua triste e solitaria infanzia.
E poi c’è un’altra cosa che spaventa chi è dotato di grande immaginazione, spaventa le persone creative con uno spiccato senso estetico, e questa cosa è la realtà.
Perché vivere in un universo in cui il sabato sera versa Dom Pérignon a una bella ragazza indossando un abito di Armani che di lì a poco finità sul pavimento vuol dire vivere in un universo diametralmente opposto a quello abitato dai suoi amici, padri di famiglia senza capelli che la sera escono in piazza indossando sandali e una t-shirt rossa che a malapena contiene l’addome strabordante.
Rabbrividisce al solo pensiero.
Lo ripugna altresì quella rete di fraintendimenti ed equivoci che inevitabilmente imprigiona le persone legate sentimentalmente, fatta di aspettative, delusioni, immagini distorte come in uno strano gioco di specchi rotti.
Se fosse dovuto accadere, avrebbe dovuto essere la migliore approssimazione possibile della perfezione, simile a come si sentiva quando viveva in un paesino di tremila anime in Romagna, e sua madre lo mandava a casa a di Claudia a portarle la spesa.
Sprofonda nella poltrona con un bicchiere di whiskey in mano; sospira e annega tra i ricordi…
Ricorda il suo sorriso angelico, le sue curve morbide e calde come le colline di sangiovese.
Claudia che apriva la porta sorridendo, che profumava l’aria di pulito soltanto muovendosi, che mentre si allontanava per prendere i soldi lui poteva guardarla ondeggiare con eleganza, visualizzare ogni suo particolare (aveva cambiato orecchini? Indossava una nuova gonna a fiori) per rievocare immagini e sensazioni la sera, da solo, nella sua cameretta, quando era certo che i genitori dormissero e si chiudeva in camera per poi tornare a letto a sdraiarsi, e immaginava Claudia nella sua cucina, di spalle, che impastava con vigore la piadina; pensava alle sue gambe nude, all’incarnato uniforme, alla pelle liscia, a quel profumo che avrebbe voluto non nei suoi sogni, ma nella sua vita.
Quando l’erezione era tale da fargli quasi male, iniziava a massaggiarlo lentamente, per mantenere il livello di eccitazione altissimo, e continuava a fissarsi sulle gambe di lei, sulla gonna a fiori che terminava al ginocchio, al caschetto adorabile, gli orecchini da signora per bene; pensava che avrebbe camminato fino ad essere a un centimetro dietro di lei, e lei senza girarsi gli avrebbe detto con quel tono gentile “vieni pure avanti se vuoi”, e lui le avrebbe sfiorato il collo con la punta del naso, immerso nel suo profumo delicatissimo, le avrebbe detto di continuare a impastare, di non badare a lui; avrebbe fatto scorrere i polpastrelli sulla pelle nuda delle gambe e delle braccia…
A questo punto di solito smetteva di massaggiare per non venire subito, senza lo stimolo fisico proseguiva solo quello mentale, Claudia eccitata ma obbediente e gentile, continuava a impastare la piadina, iniziava a modellare la prima col mattarello, mentre lui le alzava piano la gonna a fiori, un centimetro alla volta, assaporando i suoi sospiri di trepidante attesa… inventava la battaglia interiore della ragazza nell’atto di tradire il marito con il garzone adolescente, una responsabilità che si sentiva di ottemperare in virtù di un’ancestrale e immaginaria investitura a nave scuola che qualche divinità profana di quelle terre le aveva imposto.
A questo punto ricominciava a toccarsi, sempre lentamente, godendo appieno il momento in cui, sollevandole la gonna sopra le natiche, le avrebbe trovate incorniciate da lingerie di pizzo bianco.
“Claudia come sei raffinata e trasgressiva dietro al tuo viso angelico, dietro ai modi garbati da giovane signora borghese…”
Si aiutava con la saliva a scivolare meglio lungo la superficie, aumentava il ritmo, era ormai così bravo che a tratti era quasi strano dover distinguere tra realtà e immaginazione… Lei ormai china sul tavolo, lui che le accarezza il viso, la bacia a lungo strusciandosi rispettosamente su di lei; ed è poi lei a guidarlo fino all’ingresso, dove sprofonda con gioia divina, dove non dura mai più di cinque minuti, perché immagina lei godere e gemere al suo stesso ritmo, alla sua stessa intensità, e immaginarla godere lo fa impazzire.
Le esplode dentro, la ama, le giura amore eterno “ti amerò, Claudia, amerò solo te”.
A quell’epoca non avrebbe potuto immaginare che quella promessa, ripetuta all’immagine idealizzata di una compaesana nelle notti roventi della sua adolescenza, sarebbe stata mantenuta per sempre.







scritto il
2024-09-15
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