I sacrifici di una mamma
di
Tiche
genere
etero
Sono un uomo molto impegnato. Di bell'aspetto, elegante, ricco. Ho una azienda che funziona alla grande. Frequento posti esclusivi. Mi diverto con giocattolini costosi come motoscafi, macchine ed orologi di lusso.
Il mio tempo vale molto.
Ho tutte le donne che voglio e di solito mi fidanzo per qualche tempo con gran pezzi di fica che fanno girare la testa agli ometti comuni che incrociano per strada e che sbavano di fronte a gambe chilometriche, culi perfetti, bocche carnose e tette esplosive.
Non ricordo neppure i nomi delle mie numerose fidanzate. Mi sembrano tutte uguali. Stessa storia, stesso copione tutte le volte.
Stesse scopate, stessi discorsi. Dopo un po' una noia mortale. Donne trofeo molto belle da sfoggiare e farsi invidiare dagli amici ma alla lunga insopportabili, vuote, pallose.
Quando incontrai Alessia ero nella fase prossima alla rottura con Rebecca, che era la donna trofeo che avevo all'epoca. Rebecca non era poi tanto male: mora, piu di un metro e settantacinque, una terza abbondante sparava pompini profondi e si era fatta inculare dopo che le avevo regalato un bracciale.
Incontrai Alessia quando venne a chiedere lavoro nella mia azienda. Era bassa, mora, un viso tondo, sembrava avere un culo al posto delle tette da quanto erano grandi, gambe corte. Un cesso.
Ma nonostante fosse un cesso, sentii inspiegabilemnte per lei sin dal primo momento che la vidi un'attrazione dirompente che mi induriva il cazzo, mi mozzava il respiro e mi faceva desiderare di possederla lì e subito.
La incrociai mentre la mia segretaria le prendeva nome e cognome e le diceva che l'avremmo tenuta in considerazione non appena se ne fosse offerta la possibilità e si fosse liberata una posizione. Era la formulina standard usata dalla mia segretaria per levarsi di torno soggetti evidentemente privi di qualifiche e competenze per quel lavoro.
La mia segretaria è molto meticolosa ed attenta quando si tratta di assumere personale. Tiene parecchio al suo lavoro e negli anni mi ha dimostrato il suo attaccamento: il venerdi sera quando sono in call multipla con tutti gli agenti di zona per definire le strategie commerciali da adottare a breve termine scivola sotto la mia scrivania e mi spompina con metodo, in silenzio finché non le riempio la bocca di sborra o finché non arriva una telefonata ed allora smette di spompinarmi, prende la cornetta rimanendo sotto la scrivania memtre risponde con professionalità dicendo "Robux srl, buonasera. Desidera?" e poi, mentre l'altro parla, riprende a spompinarmi dicendo ogni tanto frasi tipo "uh uh" oppure "mmm mmm" con il mio cazzo che le scivola su e giu per la gola.
Per la mia segretaria quella Alessia era un caso disperato. Mal vestita, trasandata, palesemnte non adatta al lavoro della Robux srl.
L'avrebbe liquidata subito e fatta già uscire se in quel momento non fossi passato di là.
Io sentii invece per quel cesso di donna un'attrazione fortissima, un'alchimia di emozioni, un magnetismo animale. Fissavo senza ritegno le sue tette enormi e non potevo fare a meno di tastarmi ogni tanto il cazzo che mi stava sfondando i pantaloni.
"Alla signorina ci penso io." Dissi alla mia segretaria che iniziò a guardarmi meravigliata e poi rivolgendomi ad Alessia le dissi "prego venga nel mio ufficio."
La feci accomodare, le illustrai il lavoro e quello che le sarebbe stato chiesto di fare. Le fissavo ancora con insistenza le tette e vidi con piacere che ad un certo punto si sbottonò il giacchetto quasi a farmele vedere meglio.
Parlò poco ma quel poco fu pessimo: sembrava non avesse capito niente di quel che gli avevo detto e mi sembrò di avere a che fare con una specie di ritardata. Non so perché ma questo mi faceva arrapare ancora di più. Che cazzo mi stava succedendo? Potevo avere le piu belle fiche della città e perdevo la testa per questo cesso ambulante.
Le dissi che la assumevo. Lei era raggiante, stupita. Cominciò a battere le mani, si alzò dalla sedia tutta contenta e mi disse: " grazie, grazie, grazie. Sono felicissima. ti posso abbracciare?"
E mi venne incontro. Io mi alzai dalla
scrivania con una erezione così potente che sentivo gocce di sborra che mi bagnavano già le mutande. Lei fece finta di non vedere e finta di non sentire il mio cazzo che le strusciavo con forza sull'addome in quell'abbraccio.
"Perché non festeggiamo a casa tua da soli domani stasera?" Le chiesi.
Le si spense d'improvviso il sorriso, divenne seria e, guardandomi negli occhi, mi disse:
"Ceniamo insieme e basta. Io non sono una ragazza facile, va bene?"
Risposi: "come vuoi tu, certo."
Mi feci dare il suo indirizzo e le dissi che sarei passato da casa sua la sera del giorno dopo. Quando se ne fu andata, tirai fuori il cazzo dai pantaloni, chiamai subito nel mio ufficio la mia segretaria e mi feci svuotare le palle con un pompino.
La sera del giorno dopo dissi a Rebecca, la mia fidanzata, che avevo una cena di lavoro, presi il porsche e mi avviai all'indirizzo che mi aveva dato.
Mentre guidavo pensavo ad Alessia ed il cazzo mi si era fatto duro: avevo intenzione di sfondarle la fica ed il culo, ficcarglielo in gola con tanta forza da farla vomitare, soffocarla di sborra, metterla a pecora ed aprirle il buco del culo facendoci passare un braccio intero. Volevo dominarla, volevo scopare all'inverosimile quella cogliona, quell'essere insulso, quella tettona ottusa. Sì, ecco, mi sarei divertito. Non più quelle scopatine di plastica con le mie superfiche da trofeo ma una scopata rozza, violenta,animale.
Quando arrivai alla casa dove abitava avevo un cazzo già duro in modo incredibile. Mi aspettavo una catapecchia di casa e non ebbi sorprese: una casa miserevole in un quartiere del cazzo.
Suonai al campanello. Mi venne ad aprire una donna di circa sessantanni. Era sicuramente la madre di Alessia, vista la somiglianza: capelli con riccioli da permanente, guance da bulldog, occhialoni, tette enormi ancora più grandi di quelle di sua figlia e vestita di un pijama grigio smunto.
Non eravamo soli, mi dissi.
"Buonasera signora, c'è Alessia?"
"Buonasera. No non c'è."
Rimasi sbalordito.
"Come non c'è? Avevamo un
appuntamento."
"Purtroppo ha avuto un problema, è dovuta uscire di corsa e non è in casa."
"Ma non mi poteva telefonare ed
avvertire?" Dissi indispettito. "Mi ha fatto venire fino qua per niente."
"Mi dispiace. Alessia è così. Poco affidabile. Una testa un po' particolare. Lei chi è, mi scusi?"
"Sono, anzi ero, il suo datore di lavoro." Risposi incazzato nero: avevo perso tempo, avevo un'erezione spaventosa in corso, ero stato preso in giro da quella troietta ed invece di scopare con la figlia avrei chiacchierato con la mamma.
La signora sembrò farsi prendere dall'entusiasmo e dal panico nello stesso tempo:
"Il datore di lavoro di Alessia???Alessia ha trovato finalmente un lavoro??? Grazie. Grazie. Lei è il nostro salvatore. Non sa quanto ci servono quei soldi."
"Non credo di voler più a che fare con sua figlia. Sono un uomo impegnato, il mio tempo è prezioso e non rispettare gli impegni mi fa proprio incazzare. Mi saluti sua figlia e le dica che non fa più parte della Robux srl." Risposi con tale freddezza e tale rabbia che mi tremavano le mani e mi avviai alla porta per uscire
La signora ebbe un gemito.
"No." disse "la prego, questi soldi sono motlo importanti per noi. Non se ne vada. Parliamone."
"No. Grazie. Arrivederci."
La signora mi afferrò per una mano e mi fece girare verso di lei.
"No aspetti, la prego. Siamo disperate. Non se ne vada."
E mi si gettò ai piedi, stringendomi tra le braccia i ginocchi.
Avevo ancora il cazzo duro che gonfiava i pantaloni e la signora che, inginocchiata, aveva il viso proprio ĺì davanti sembrò notarlo per la prima volta.
Alzò gli occhi per incontrare i miei e poi si rimise a guardarmi il cazzo. Era sceso un silenzio strano tra noi.
"Non se ne vada." Mi ripeté e chinò la testa sulla mia patta appoggiandocisi sopra.
Avevo la testa di quella vecchia sul cazzo. Ed il mio cazzo cominciò a pulsare feroce.
Mi sarei scopato la madre, vendicandomi della figlia. Avrei fatto a quella vecchia tutte le porcate che avevo pensato di fare a sua figlia.
E glielo dissi. Cominciavo ad eccitarmi davvero.
"Va bene. Troviamo una soluzione. Siamo tutti grandi ed esperti della vita. Lei ha capito che io ero venuto qua per fare delle cose con sua figlia. Io ti do lavoro e ti faccio felice e tu in cambio fai felice me. Magari iniziando con un bel pompino."
Lei stette in silenzio mentre mi sbottonavo i pantaloni e con la mano le piazzai davanti agli occhi una nerchia pulsante.
"Ciuccia." Le dissi.
La vecchia se lo prese im bocca e dopo un avvio un po' stento cominciò a darci dentro sul serio. Sbavava sul cazzo, se lo passava sul viso più volte gemendo e rantolando, slinguazzava la cappella.
"Troia, ciucciacazzi. Quanti ne hai ciucciati in vita tua?"
"Tanti. Tanti."
Glielo ficcai fondo. Soffocò e prese a tossire sputando.
"Vuoi che tua figlia lavori? E allora ingolla."
E glielo ficcai ancora. Questa volta lo resse in gola.
Andai avanti così per un altro po, poi dissi:
"Dammi la fica."
"Tutto quello che vuoi." Mi rispose.
Quel mostro di donna smise di spompinarmi, si alzò a fatica, si diresse su un divano lì vicino piegandosi a pecora e si abbassò i
pantaloni del pigiama.
Un culaccio sformato che faceva accapponare la pelle ma più era squallido più mi sentivo eccitato.
La penetrai bene e la vecchiaccia ululò.
"Trombami, trombami." Mi diceva.
"Ti trombo sì, vecchia di merda e poi ti sfondo il culo."
Presi da un comodino vicino a me un soprammobile di ceramica della grandezza di una pallina da tennis che rappresentava una testa di ragazza. Le
ficcai questa testa di ceramica su per il culo.
"Tieni troiona." Le dissi mentre lei gemeva sorpresa.
Proprio mentre la trombavo in fica con la testa di ceramica che andava avanti ed indietro nel suo culo, sentii alle mie spalle un urlo.
"Mamma!!!!!"
Ci fermammo all'istante e girammo il capo verso la porta.
Era entrata Alessia, sua figlia.
"Cosa fai?????? Fai schifo!!!! Sei una troia!!!!" Urlò a sua madre.
Io ero paralizzato.
La vecchia ebbe un momento di incertezza ma poi cominciò subito ad urlare anche lei.
"Stupida!!! Lo faccio per te!!! Lui ti da lavoro e tu non ti fai trovare neppure in casa."
"Perché non sono una troia come te!!! Hai fatto morire papà di crepacuore con tutti i tuoi cazzi."
"Non ho mai tradito tuo padre!!!! Mai!!! Mai!!! Hai capito? Mai!!!" Gridava la vecchia isterica.
"E quella volta che ti vidi che lo succhiavi al falegname im cucina dopo che ti rimise a posto il tavolo? E quella volta in gita a Roma che tirasti una sega a Paolo; pensavi che fossi addormemtata sul sedile vicino ma invece sentivo tutto. E quella volta..."
"Zitta!!! Zitta!!! Come osi? A tua madre? E tu allora? Ti ricordi quando la tua amica Elena mi venne a dire che avevi spompinato e ingollato la sborra a sei tuoi compagni di classe e cje ti eri sentita male?
E quella volta che ti portasti a casa il negro che rimase incastrato con il.cazzo al tuo culo? Te lo ricordi quanto dispiacere desti a tuo papà?"
Io ero rimasto fermo immobile. La lite
comtinuava a infuriare e mi decisi che me ne sarei andato: volevo evitare scandali e casini. Avevo sempre il cazzo dentro alla fica della vecchia e le stavo allargando ancora il culo con la testa di ceramica.
Proprio quando ero sul procinto di sfilarmi, mi accorsi, dapprima impercettibilemte e poi sempre più nettamente, che la vecchia aveva riniziato a pompare. Ancora a pecora, riprese ad andare avanti ed indietro memtre litigava con sua figlia.
All'inizio non ci credevo, poi mi feci travolgere da quella nuova sensazione. Cominciai a ficcare con violenza.
"Toh troia. Toh."
Le arpionavo il culo a due mani, lasciandole la ceramica ben infilata in fondo al.culo e guardavo intanto sua figlia che ogni tanto mi fissava mentre continuava a litigare con la madre.
Era quella la sensazione che andavo cercando da tempo e che nessuna delle mie superfiche di lusso mi avrebbe mai saputo dare.
Schizzai un litro di sborra dentro la fica della vecchia, mi rivestii e le lasciai ancora a litigare.
Ho preso Alessia al lavoro e così ho voluto premiare i sacrifici della madre. Ogni tanto dico alla mia fidanzata superfica (quella che ho ora si chiama Silvia) che vado ad una cena di lavoro.
Invece vado da Alessia e sua madre che fanno a turno per spompinarmi e scopare.
Il mio tempo vale molto.
Ho tutte le donne che voglio e di solito mi fidanzo per qualche tempo con gran pezzi di fica che fanno girare la testa agli ometti comuni che incrociano per strada e che sbavano di fronte a gambe chilometriche, culi perfetti, bocche carnose e tette esplosive.
Non ricordo neppure i nomi delle mie numerose fidanzate. Mi sembrano tutte uguali. Stessa storia, stesso copione tutte le volte.
Stesse scopate, stessi discorsi. Dopo un po' una noia mortale. Donne trofeo molto belle da sfoggiare e farsi invidiare dagli amici ma alla lunga insopportabili, vuote, pallose.
Quando incontrai Alessia ero nella fase prossima alla rottura con Rebecca, che era la donna trofeo che avevo all'epoca. Rebecca non era poi tanto male: mora, piu di un metro e settantacinque, una terza abbondante sparava pompini profondi e si era fatta inculare dopo che le avevo regalato un bracciale.
Incontrai Alessia quando venne a chiedere lavoro nella mia azienda. Era bassa, mora, un viso tondo, sembrava avere un culo al posto delle tette da quanto erano grandi, gambe corte. Un cesso.
Ma nonostante fosse un cesso, sentii inspiegabilemnte per lei sin dal primo momento che la vidi un'attrazione dirompente che mi induriva il cazzo, mi mozzava il respiro e mi faceva desiderare di possederla lì e subito.
La incrociai mentre la mia segretaria le prendeva nome e cognome e le diceva che l'avremmo tenuta in considerazione non appena se ne fosse offerta la possibilità e si fosse liberata una posizione. Era la formulina standard usata dalla mia segretaria per levarsi di torno soggetti evidentemente privi di qualifiche e competenze per quel lavoro.
La mia segretaria è molto meticolosa ed attenta quando si tratta di assumere personale. Tiene parecchio al suo lavoro e negli anni mi ha dimostrato il suo attaccamento: il venerdi sera quando sono in call multipla con tutti gli agenti di zona per definire le strategie commerciali da adottare a breve termine scivola sotto la mia scrivania e mi spompina con metodo, in silenzio finché non le riempio la bocca di sborra o finché non arriva una telefonata ed allora smette di spompinarmi, prende la cornetta rimanendo sotto la scrivania memtre risponde con professionalità dicendo "Robux srl, buonasera. Desidera?" e poi, mentre l'altro parla, riprende a spompinarmi dicendo ogni tanto frasi tipo "uh uh" oppure "mmm mmm" con il mio cazzo che le scivola su e giu per la gola.
Per la mia segretaria quella Alessia era un caso disperato. Mal vestita, trasandata, palesemnte non adatta al lavoro della Robux srl.
L'avrebbe liquidata subito e fatta già uscire se in quel momento non fossi passato di là.
Io sentii invece per quel cesso di donna un'attrazione fortissima, un'alchimia di emozioni, un magnetismo animale. Fissavo senza ritegno le sue tette enormi e non potevo fare a meno di tastarmi ogni tanto il cazzo che mi stava sfondando i pantaloni.
"Alla signorina ci penso io." Dissi alla mia segretaria che iniziò a guardarmi meravigliata e poi rivolgendomi ad Alessia le dissi "prego venga nel mio ufficio."
La feci accomodare, le illustrai il lavoro e quello che le sarebbe stato chiesto di fare. Le fissavo ancora con insistenza le tette e vidi con piacere che ad un certo punto si sbottonò il giacchetto quasi a farmele vedere meglio.
Parlò poco ma quel poco fu pessimo: sembrava non avesse capito niente di quel che gli avevo detto e mi sembrò di avere a che fare con una specie di ritardata. Non so perché ma questo mi faceva arrapare ancora di più. Che cazzo mi stava succedendo? Potevo avere le piu belle fiche della città e perdevo la testa per questo cesso ambulante.
Le dissi che la assumevo. Lei era raggiante, stupita. Cominciò a battere le mani, si alzò dalla sedia tutta contenta e mi disse: " grazie, grazie, grazie. Sono felicissima. ti posso abbracciare?"
E mi venne incontro. Io mi alzai dalla
scrivania con una erezione così potente che sentivo gocce di sborra che mi bagnavano già le mutande. Lei fece finta di non vedere e finta di non sentire il mio cazzo che le strusciavo con forza sull'addome in quell'abbraccio.
"Perché non festeggiamo a casa tua da soli domani stasera?" Le chiesi.
Le si spense d'improvviso il sorriso, divenne seria e, guardandomi negli occhi, mi disse:
"Ceniamo insieme e basta. Io non sono una ragazza facile, va bene?"
Risposi: "come vuoi tu, certo."
Mi feci dare il suo indirizzo e le dissi che sarei passato da casa sua la sera del giorno dopo. Quando se ne fu andata, tirai fuori il cazzo dai pantaloni, chiamai subito nel mio ufficio la mia segretaria e mi feci svuotare le palle con un pompino.
La sera del giorno dopo dissi a Rebecca, la mia fidanzata, che avevo una cena di lavoro, presi il porsche e mi avviai all'indirizzo che mi aveva dato.
Mentre guidavo pensavo ad Alessia ed il cazzo mi si era fatto duro: avevo intenzione di sfondarle la fica ed il culo, ficcarglielo in gola con tanta forza da farla vomitare, soffocarla di sborra, metterla a pecora ed aprirle il buco del culo facendoci passare un braccio intero. Volevo dominarla, volevo scopare all'inverosimile quella cogliona, quell'essere insulso, quella tettona ottusa. Sì, ecco, mi sarei divertito. Non più quelle scopatine di plastica con le mie superfiche da trofeo ma una scopata rozza, violenta,animale.
Quando arrivai alla casa dove abitava avevo un cazzo già duro in modo incredibile. Mi aspettavo una catapecchia di casa e non ebbi sorprese: una casa miserevole in un quartiere del cazzo.
Suonai al campanello. Mi venne ad aprire una donna di circa sessantanni. Era sicuramente la madre di Alessia, vista la somiglianza: capelli con riccioli da permanente, guance da bulldog, occhialoni, tette enormi ancora più grandi di quelle di sua figlia e vestita di un pijama grigio smunto.
Non eravamo soli, mi dissi.
"Buonasera signora, c'è Alessia?"
"Buonasera. No non c'è."
Rimasi sbalordito.
"Come non c'è? Avevamo un
appuntamento."
"Purtroppo ha avuto un problema, è dovuta uscire di corsa e non è in casa."
"Ma non mi poteva telefonare ed
avvertire?" Dissi indispettito. "Mi ha fatto venire fino qua per niente."
"Mi dispiace. Alessia è così. Poco affidabile. Una testa un po' particolare. Lei chi è, mi scusi?"
"Sono, anzi ero, il suo datore di lavoro." Risposi incazzato nero: avevo perso tempo, avevo un'erezione spaventosa in corso, ero stato preso in giro da quella troietta ed invece di scopare con la figlia avrei chiacchierato con la mamma.
La signora sembrò farsi prendere dall'entusiasmo e dal panico nello stesso tempo:
"Il datore di lavoro di Alessia???Alessia ha trovato finalmente un lavoro??? Grazie. Grazie. Lei è il nostro salvatore. Non sa quanto ci servono quei soldi."
"Non credo di voler più a che fare con sua figlia. Sono un uomo impegnato, il mio tempo è prezioso e non rispettare gli impegni mi fa proprio incazzare. Mi saluti sua figlia e le dica che non fa più parte della Robux srl." Risposi con tale freddezza e tale rabbia che mi tremavano le mani e mi avviai alla porta per uscire
La signora ebbe un gemito.
"No." disse "la prego, questi soldi sono motlo importanti per noi. Non se ne vada. Parliamone."
"No. Grazie. Arrivederci."
La signora mi afferrò per una mano e mi fece girare verso di lei.
"No aspetti, la prego. Siamo disperate. Non se ne vada."
E mi si gettò ai piedi, stringendomi tra le braccia i ginocchi.
Avevo ancora il cazzo duro che gonfiava i pantaloni e la signora che, inginocchiata, aveva il viso proprio ĺì davanti sembrò notarlo per la prima volta.
Alzò gli occhi per incontrare i miei e poi si rimise a guardarmi il cazzo. Era sceso un silenzio strano tra noi.
"Non se ne vada." Mi ripeté e chinò la testa sulla mia patta appoggiandocisi sopra.
Avevo la testa di quella vecchia sul cazzo. Ed il mio cazzo cominciò a pulsare feroce.
Mi sarei scopato la madre, vendicandomi della figlia. Avrei fatto a quella vecchia tutte le porcate che avevo pensato di fare a sua figlia.
E glielo dissi. Cominciavo ad eccitarmi davvero.
"Va bene. Troviamo una soluzione. Siamo tutti grandi ed esperti della vita. Lei ha capito che io ero venuto qua per fare delle cose con sua figlia. Io ti do lavoro e ti faccio felice e tu in cambio fai felice me. Magari iniziando con un bel pompino."
Lei stette in silenzio mentre mi sbottonavo i pantaloni e con la mano le piazzai davanti agli occhi una nerchia pulsante.
"Ciuccia." Le dissi.
La vecchia se lo prese im bocca e dopo un avvio un po' stento cominciò a darci dentro sul serio. Sbavava sul cazzo, se lo passava sul viso più volte gemendo e rantolando, slinguazzava la cappella.
"Troia, ciucciacazzi. Quanti ne hai ciucciati in vita tua?"
"Tanti. Tanti."
Glielo ficcai fondo. Soffocò e prese a tossire sputando.
"Vuoi che tua figlia lavori? E allora ingolla."
E glielo ficcai ancora. Questa volta lo resse in gola.
Andai avanti così per un altro po, poi dissi:
"Dammi la fica."
"Tutto quello che vuoi." Mi rispose.
Quel mostro di donna smise di spompinarmi, si alzò a fatica, si diresse su un divano lì vicino piegandosi a pecora e si abbassò i
pantaloni del pigiama.
Un culaccio sformato che faceva accapponare la pelle ma più era squallido più mi sentivo eccitato.
La penetrai bene e la vecchiaccia ululò.
"Trombami, trombami." Mi diceva.
"Ti trombo sì, vecchia di merda e poi ti sfondo il culo."
Presi da un comodino vicino a me un soprammobile di ceramica della grandezza di una pallina da tennis che rappresentava una testa di ragazza. Le
ficcai questa testa di ceramica su per il culo.
"Tieni troiona." Le dissi mentre lei gemeva sorpresa.
Proprio mentre la trombavo in fica con la testa di ceramica che andava avanti ed indietro nel suo culo, sentii alle mie spalle un urlo.
"Mamma!!!!!"
Ci fermammo all'istante e girammo il capo verso la porta.
Era entrata Alessia, sua figlia.
"Cosa fai?????? Fai schifo!!!! Sei una troia!!!!" Urlò a sua madre.
Io ero paralizzato.
La vecchia ebbe un momento di incertezza ma poi cominciò subito ad urlare anche lei.
"Stupida!!! Lo faccio per te!!! Lui ti da lavoro e tu non ti fai trovare neppure in casa."
"Perché non sono una troia come te!!! Hai fatto morire papà di crepacuore con tutti i tuoi cazzi."
"Non ho mai tradito tuo padre!!!! Mai!!! Mai!!! Hai capito? Mai!!!" Gridava la vecchia isterica.
"E quella volta che ti vidi che lo succhiavi al falegname im cucina dopo che ti rimise a posto il tavolo? E quella volta in gita a Roma che tirasti una sega a Paolo; pensavi che fossi addormemtata sul sedile vicino ma invece sentivo tutto. E quella volta..."
"Zitta!!! Zitta!!! Come osi? A tua madre? E tu allora? Ti ricordi quando la tua amica Elena mi venne a dire che avevi spompinato e ingollato la sborra a sei tuoi compagni di classe e cje ti eri sentita male?
E quella volta che ti portasti a casa il negro che rimase incastrato con il.cazzo al tuo culo? Te lo ricordi quanto dispiacere desti a tuo papà?"
Io ero rimasto fermo immobile. La lite
comtinuava a infuriare e mi decisi che me ne sarei andato: volevo evitare scandali e casini. Avevo sempre il cazzo dentro alla fica della vecchia e le stavo allargando ancora il culo con la testa di ceramica.
Proprio quando ero sul procinto di sfilarmi, mi accorsi, dapprima impercettibilemte e poi sempre più nettamente, che la vecchia aveva riniziato a pompare. Ancora a pecora, riprese ad andare avanti ed indietro memtre litigava con sua figlia.
All'inizio non ci credevo, poi mi feci travolgere da quella nuova sensazione. Cominciai a ficcare con violenza.
"Toh troia. Toh."
Le arpionavo il culo a due mani, lasciandole la ceramica ben infilata in fondo al.culo e guardavo intanto sua figlia che ogni tanto mi fissava mentre continuava a litigare con la madre.
Era quella la sensazione che andavo cercando da tempo e che nessuna delle mie superfiche di lusso mi avrebbe mai saputo dare.
Schizzai un litro di sborra dentro la fica della vecchia, mi rivestii e le lasciai ancora a litigare.
Ho preso Alessia al lavoro e così ho voluto premiare i sacrifici della madre. Ogni tanto dico alla mia fidanzata superfica (quella che ho ora si chiama Silvia) che vado ad una cena di lavoro.
Invece vado da Alessia e sua madre che fanno a turno per spompinarmi e scopare.
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