†hê Våmþïrê Ìñ¢ê§†

di
genere
incesti

La vecchia villa di famiglia era un labirinto di stanze buie e polverose, un luogo dove il tempo sembrava essersi fermato. Ogni angolo, ogni mobile portava con sé l’eco di un passato remoto, un passato che ignoravamo fino a quel fatidico pomeriggio. Regina e io, cugini, figli di due sorelle, avevamo solo qualche mese di differenza ed eravamo legati da un'infanzia fatta di giochi sulla spiaggia e di segreti condivisi. Ci ritrovammo a diciannove anni, immersi, nella libreria di famiglia, in un mondo di libri antichi e mappe ingiallite.
Fu proprio tra gli scaffali polverosi della libreria che accadde. Un bacio, un gesto spontaneo, segnò l'inizio di un cambiamento radicale.
Regina era un turbine di fuoco. I suoi capelli rossi, ondulati e fluenti, incorniciavano un viso delicato con occhi verdi che sembravano scintillare di una luce interna. Alta e prosperosa, aveva una bellezza selvaggia e un'energia contagiosa. Io, Nico, ero il suo opposto: alto e magro, con capelli corti e neri che mi incorniciavano uno sguardo scuro e intenso.
Decidemmo di fare una pausa e di andarcene al mare. Sdraiati sui teli iniziammo a stuzzicarci a vicenda, la prima ad iniziare, come al solito fu Regina, quel giorno indossava un bikini rosso che le copriva a malapena le parti intime, le natiche erano tutte scoperte, come anche i seni, che erano coperti solo sull'area dei capezzoli, il resto era tutto a vista. Dato che in quel inizio d'estate eravamo soli nella zona in cui ci trovavamo, lei non si faceva nessun problema a portare un costume così succinto, tanto potevo guardarla solo io. Iniziò quindi a farmi il solletico nelle parti più sensibili, il collo, l'addome, l'interno coscia, e così via, al quale io risposi subito ricambiando. Dopo un poco che ci solleticavamo, iniziammo a coccolarci con baci e abbracci. I baci si fecero sempre più spinti sulle labbra e sul collo, fino ad arrivare da parte sua sul mio petto e da parte mia sui suoi seni. Tra i baci e gli strusciamenti dei nostri corpi, la parte superiore del bikini di Regina si slacciò lasciando i suoi seni praticamente nudi, lei non si fece alcun problema, non si imbarazzò per nulla, ne tanto meno tentò di riallacciarselo, anzi mi spinse per farmi sdraiare sulla schiena e mi appoggiò i suoi seni nudi in faccia. Io rimasi frastornato, non sapevo che fare, un conto erano i soliti giochi che facevamo coccolandoci, ma questo!? Lasciai prendermi dall'istinto, cominciai a baciare prima un seno poi l'altro mentre lei me li appoggiava in faccia, alternando una volta il destro poi il sinistro, iniziai a mettere tra i baci anche la lingua, con delle leggere leccatine, poi davo piccoli morsetti senza stringere troppo, Regina cominciò ad ansimare. D'un tratto mi trovai le sue labbra sulle mie, ci baciammo e finimmo col cercare con la lingua ognuno nella bocca dell'altro, era il primo vero bacio che ci davamo senza limitarci alle sole labbra. Ritornai con la bocca sui suoi seni grossi e candidi, i capezzoli erano come due bottoncini di un rosa chiaro, la voglia di succhiarli mi prese d'improvviso, mi avvicinai con le labbra baciando piano fino all'areola e poi i capezzoli. Baciavo e leccavo mentre lei continuava ad ansimare, presi un capezzolo in bocca e cominciai a succhiare, passavo da un capezzolo all'altro, mi piaceva da impazzire, spalancavo la bocca cercando di far entrare tutto il seno che stavo succhiando e leccando, avrei voluto mangiarli entrambi, ma quando ci provavo li sentivo grossi e morbidi sulle mie labbra. Anche a Regina, che sentivo godere, piaceva troppo, mi faceva continuare senza fermarmi un istante. Fermai la bocca su un capezzolo, e non so cosa mi prese, ma cominciai a succhiare forte e con le labbra mordevo il capezzolo, lo stringevo piano poi feci un poco più forte, tanto che Regina diede un piccolo grido:
«Ahi! Ma vuoi che ci esca il latte?»
«Si! Magari!»
Ci mettemmo a ridere, non ci rendevamo conto che stavamo andando oltre, il gioco stava diventando sempre più bello ma non poteva andare avanti, non eravamo più due ragazzi che giocavano e si coccolavano, seppur cugino e cugina, ci stavamo comportando come due amanti o forse è proprio questo che sono gli amanti? Due persone che giocano a coccolarsi? Ero stordito mentre lei sembrava prendere in mano la situazione e non solo quella, infatti da lì a poco si tolse anche il pezzo di bikini che le era rimasto sotto, mi abbassa il costume, prende il mio pene in erezione in mano, sta per sedersi sopra a farlo entrare dentro di lei. Ma io no, non posso deflorare mia cugina, non devo, non è una cosa che tocca a me, mi metto bene in testa questo principio. Fermo la mano di Regina che stringe il mio pene indirizzato ad entrare nella sua vagina, ci guardiamo negli occhi, nei suoi vedo improvvisamente una malinconia, come quando ad una bambina le dici di scendere dalla giostra, che il gioco è finito. Quella malinconia nel suo viso mi spiazza, non vorrei fermare quella giostra, anzi vorrei salirci anch'io, ma devo fermarla, e come faccio a non deluderla a questo punto? Mi chiedo. In quello stesso istante mi viene un'idea, non posso e non devo penetrare mia cugina, ma posso coccolarla ancora, farla divertire proponendole un altro gioco. Le chiesi di alzarsi sulle ginocchia mentre io, sempre sdraiato sulla schiena, scendevo sotto le sue cosce fino a posizionarmici con la testa. Ormai avevo la sua vagina sopra la mia faccia, le sue grandi labbra socchiuse e un accenno di clitoride sporgeva fuori, sul pube un ciuffetto di peli rossicci finissimi. Cominciai a baciare tutto, l'interno delle cosce, l'inguine, le grandi labbra fin sopra il pube. Vidi che lei guardava, che approvava, mi resi conto che avevo pensato giusto e che stavo togliendo quella delusione dal suo volto. Mentre baciavo l'entrata della sua fica sentii umido, spalancai la bocca quasi a volerla mangiare, dapprima leccai tutta la fessura che andava aprendosi sopra i movimenti della mia lingua, che incontrò a quel punto le piccole labbra che cominciai a leccare da giù in su fino al clitoride. Continuai così per un poco mentre dal buco ancora socchiuso della sua fica colava il liquido del suo orgasmo, lo succhiavo e bevevo tutto, un poco perché aveva un sapore dolciastro che mi piaceva e un poco per festeggiare quel momento, non l'avevo delusa, le avevo comunque provocato un orgasmo, mi sentivo soddisfatto e mi convincevo da solo che era come spumante che scendeva direttamente dalla sua fica. A come continuare poi ci pensò lei, mi chiese di ritornare sempre sdraiato un poco più su sui teli che ci proteggevano dalla sabbia, li sistemò per bene e si mise su di me girandosi e avvicinando il suo culo verso il mio viso, si calò poi con il busto in avanti verso il mio pene, che ormai era diventato duro come il marmo dall'eccitazione, sfiorandolo prima con i seni, poi aggiustandosi sul mio corpo, prese il mio membro con la mano destra, mentre con la sinistra appoggiata a terra si aiutava a stare in posizione. Si avventò con la bocca sul mio pene facendolo entrare tutto fino in gola, non era pratica, non sapeva come fare, ma lo fece lo stesso, quando la punta le toccò la gola, fece uno scatto con la testa in su, e con gli anelli che aveva alle dita mi fece un piccolo graffio che mi fece sentire un leggero bruciore.
Regina si scusò per l’accaduto e si mise a succhiare le piccole gocce di sangue sulla ferita, facendo fermare il sanguinamento. Alzò la testa poi si calò di nuovo. Sentii entrare ed uscire il mio pene nella sua calda bocca per un due o tre minuti, poi esplose lo sperma, come un eruzione, era inevitabile, ero eccitatissimo, il mio orgasmo era incontenibile. Le prime gocce del mio liquido le entrarono in bocca mentre il mio pene ne usciva fuori, Regina si fermò con la faccia sopra il mio membro che continuava a schizzare, con occhi e bocca chiusi, lo sperma le bagnò quasi tutto il volto. Quando si girò verso di me, vidi il liquido colarle dal viso, qualche goccia era entrata anche nelle narici e ne aveva anche sulle palpebre e tra i capelli.
«Scusami, non sono riuscito a spostarmi in questa posizione, non volevo bagnarti!»
Le dissi dispiaciuto, e Regina ancora con gli occhi chiusi, che cercava di pulirseli con le dita rispose sorridendo:
«È salato ma mi è piaciuto, solo che non sapevo che fare, dovresti scusarmi tu, visto che non sono stata brava!»
«Ma cosa dici Regina? Dai sistemati!»
Le passai un telo dal borsone da mare, lei si pulì il viso, si riallacciò il bikini e si stese affianco a me, che intanto avevo indossato il costume.
Tornammo alla villa e facemmo la doccia insieme, ci sdraiammo sul lettone nella camera grande e i nostri corpi nudi cominciarono ad attrarsi di nuovo. Questa volta, sul letto, i miei sensi di colpa dell’essere cugini carnali, non si fecero sentire e facemmo l’amore. Molto lentamente, deflorai regina che cercava di stringersi a me mentre la penetravo, cercando un modo per alleviare il leggero dolore della prima penetrazione nella sua vagina stretta che avvolgeva il mio pene come una guaina di velluto aderente e umida.
Arrivammo all’orgasmo insieme e poco dopo aver cominciato, stavolta però stetti attento con l’eiaculazione, mi tirai fuori da Regina e schizzai tutto sul suo ventre.
Una volta finito mi accorsi che oltre ad avere il sangue della lacerazione dell’imene della verginità di Regina, aveva cominciato a sanguinare anche la ferita che mi aveva fatto sul pene con i suoi anelli.
Andai a pulirmi in bagno e quando tornai vidi che Regina si era pulita e addormentata, mi sdraiai vicino a lei e mi addormentai anch’io.
Aprii gli occhi con fatica, la luce del mattino che filtrava dalle persiane mi accecava. Accanto a me, Regina giaceva ancora addormentata, la sua pelle pallida e lucida come la porcellana. I suoi capelli rossi, solitamente così vivaci, sembravano spenti. Un brivido mi percorse la schiena. C'era qualcosa di diverso in lei, qualcosa di... innaturale.
Mi alzai lentamente dal letto, sentendomi più leggero, più forte. Mi avvicinai alla finestra e guardai fuori. Il mondo era diverso. I colori erano più intensi, i suoni più nitidi. Ma c'era anche qualcosa di inquietante in quella bellezza. Una sensazione di distacco, come se stessi osservando tutto da una grande altezza.
Mi voltai verso Regina e la chiamai dolcemente. Lei aprì gli occhi, i suoi verdi iris dilatati dalla paura.
«Nico...» sussurrò, la voce rauca. «Cosa è successo?»
Non sapevo cosa rispondere. Le parole mi si bloccarono in gola. Ci sedemmo ai margini del letto, avvolti da un silenzio carico di tensione. Fu lei a rompere il ghiaccio.
«Mi sento... diversa», disse, toccandosi il collo e la testa.
«Più fredda. E più forte.»
Annuii, cercando di nascondere la paura che mi attanagliava.
«Io anche. È come se fossimo... cambiati.»
In quel momento, capimmo entrambi la terribile verità. Eravamo diventati quello che avevamo sempre temuto: dei mostri.
La paura mi avvolse come una morsa, ma insieme a essa c'era anche una strana eccitazione. Mi sentivo potente, immortale. Ma ero consapevole che questo nuovo potere ci aveva allontanati dall'umanità. Ci eravamo trasformati in qualcosa di oscuro, di pericoloso. Chi eravamo diventati? Cosa sarebbe stato di noi? E soprattutto, come avremmo potuto convivere con questa nuova realtà?
La paura di perdere Regina mi attanagliava. Non volevo farle del male, ma allo stesso tempo ero attratto dalla sua nuova bellezza, dalla sua forza. Sapevo che avremmo dovuto affrontare insieme questa nuova sfida, ma il futuro sembrava oscuro e incerto.
Decidemmo di tornare nella libreria, il luogo dove tutto era iniziato. Tra gli scaffali polverosi, sfogliammo antichi volumi, cercando una spiegazione. Volevamo capire come era possibile che fossimo diventati così. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, ci immergemmo in quella ricerca disperata.
Fu nei fogli strappati di un vecchio diario, nascosti tra le pagine di un libro di alchimia, che trovammo la risposta. Con la calligrafia tremante di un antenato, vi era scritto di una maledizione che affliggeva la nostra famiglia da secoli. Una maledizione che si risvegliava quando due cugini, legati da un vincolo di sangue, si amavano. Lo scambio di sangue, anche attraverso piccole quantità, avrebbe scatenato in loro la natura vampirica.
Leggendo quelle parole, un brivido mi percorse la schiena. Avevamo trovato la risposta, ma era una risposta che ci gettava nello sconforto. Eravamo destinati a vivere nell'ombra, condannati a un'esistenza eterna.
Guardai Regina, i suoi occhi verdi erano pieni di tristezza.
«È colpa nostra», sussurrò. «Se non ci fossimo amati...»
La interruppi. «Non incolparti, Regina. È successo, e non possiamo cambiarlo. Ora dobbiamo solo capire come andare avanti.»
In quel momento, qualcosa cambiò dentro di me. La paura lasciò il posto a una determinazione ferrea. Non avremmo permesso alla maledizione di distruggere le nostre vite. «Insieme, affronteremmo il nostro destino, qualunque esso fosse» le dissi.
La libreria divenne il nostro rifugio, il luogo dove studiavamo antichi testi e cercavamo soluzioni. Scoprimmo che il nostro sangue possedeva poteri straordinari, ma anche che eravamo vulnerabili alla luce del sole. Cominciammo a vivere di notte, nascondendoci durante il giorno.
La nostra storia era appena iniziata, e il futuro era incerto. Ma io sapevo una cosa con certezza: non sarei mai stato solo. Avevo Regina al mio fianco, e insieme avremmo affrontato qualsiasi sfida.






scritto il
2024-11-14
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